domenica 30 marzo 2008

A proposito della "lectio magistralis" di Umberto Eco

Nella sua “lectio magistralis” al Festival della Matematica di Roma Umberto Eco ha attaccato gli «usi perversi della matematica» – cabala, numerologia, paranormale – «usi che si danno ogni qual volta si vuole attribuire ai numeri un significato che va al di là del loro essere quel che sono, o del loro stare in rapporto ad altri numeri». Beato lui che conosce la vera essenza dei numeri. Speriamo che non gli sia chiara quanto lo è il misterioso concetto dell’andare al di là dello stare in rapporto dei numeri con altri numeri. Che la manipolazione dei numeri per prevedere il futuro o vincere al lotto sia una cialtronata estranea alla matematica, è ovvio. Ma fare carrellate storiche a sensazione mettendo nello stesso sacco Pitagora e le speculazioni numerologiche sull’11/9 delle Torri Gemelle non coltiva lo spirito critico. È stato dimostrato che la celebre formula di Spinoza “Deus sive Natura” fu ispirata da un’equazione numerologica kabbalistica: le vie della ragione sono molto complesse e talora certe idee arrivano dalle fonti più inattese. L’eliocentrismo non nacque dall’osservazione astronomica bensì dal recupero di antiche tradizioni mistiche. Il percorso di Keplero verso la formulazione delle sue tre leggi matematiche del moto dei corpi celesti passò attraverso il panpsichismo e l’idea dell’armonia cosmica. Il suo primo grande trattato, Mysterium Cosmographicum (si noti il titolo), calcolava le orbite e le distanze relative dei pianeti come riflesso di una struttura del cosmo basata sull’inclusione l’uno nell’altro dei poliedri regolari. Magistrali testi di storia della scienza – scritti da specialisti e non dal Mago di Napoli – spiegano come queste speculazioni abbiano stimolato lo sviluppo dell’astronomia moderna.
Leibniz mirava a costruire una «lingua esatta» con cui ricondurre ogni idea a «una sorta di alfabeto dei pensieri umani» e con cui scoprire le verità mediante «una specie di calcolo». Scrisse che «quella lingua vera potrebbe essere o una cabbala dei vocaboli mistici o un’aritmetica dei numeri pitagorici, o una caratteristica dei maghi, cioè dei sapienti». Proprio così. E aggiunse: «Sospettai l’importanza di questa cosa quasi ancora fanciullo e ora sono in grado di dimostrare con certezza geometrica che un tale compito è possibile e che entro un certo numero di anni può essere assolto». Così non è stato ma quella visione ha avuto effetti straordinari sullo sviluppo della matematica. Le relazioni di Leibniz con ambienti mistici e cabbalistici sono note. Anche lui era un ciarlatano? E che dire di Newton? Il celebre economista Keynes – dopo averne acquistato all’asta e letto i manoscritti teologici e alchimistici – disse di aver scoperto che il primo dei razionalisti era in realtà l’ultimo dei maghi. Anche Newton era influenzato da correnti mistiche: il suo filosofo di riferimento era il cabbalista cristiano Henry More. La scienza moderna non è nata dal razionalismo aristotelico medioevale (antimatematico), bensì dalla riscoperta del pitagorismo, del neoplatonismo, dallo sviluppo della numerologia come passo decisivo per affermare l’idea che “il libro della natura è scritto in lingua matematica”. Tutto ciò non ha nulla a che fare con l’uso “perverso” dei numeri o con la “smorfia”. La storia del pensiero è bella, interessante e istruttiva se fa comprendere, laicamente, la complessità delle vie della ragione che talora attraversano territori inattesi. Il fumetto pseudorazionalista di Eco può servire soltanto a creare ostacoli allo sviluppo dello spirito critico. E poi dicono che questi “eventi” festaioli servono a diffondere il razionalismo scientifico.
(Tempi, 27 marzo 2008)

6 commenti:

pollo fritto ha detto...

Caro Professore

a proposito di festival e COnvegni, cosa le sembra del lavoro della commissione interministeriale , nota come commissione "berlinguer" sulla Scienza?

i lavori sono stati presentati anche in un convegno, tenutosi al CNR nei giorni scorsi e che si puo' rivedere in audio e video dal sito di Radio Radicale.

grazie

Giorgio Israel ha detto...

Ne penso molto male e ho spiegato il perché nel mio libro anche con riferimento a una dettagliata e pungente confutazione fatta dal noto matematico Enrico Giusti e pubblicata sul Notiziario dell'Unione Matematica Italiana e di cui riporto alcuni passi significativi sempre nel mio libro (Chi sono i nemici della scienza?).

gelubra ha detto...

Caro Professore,
torno adesso da un Collegio dei docenti dove il Dirigente Scolastico, con il suo staff, ci ha illustrato una serie di documenti relativi alle norme in materia di adempimento dell'obbligo formativo (legge 296/2006, Regolamento attuativo DM 139, Documento tecnico annesso al Regolamento attuativo, Linee guida della legge sull'obbligo di istruzione del 27-12-2007) che dovrebbero ridisegnare gli assi culturali del biennio ( a partire dai quali ridefinire, sfruttando il 20% del monte ore orario che la legge sull'autonomia conferisce alle scuole, i curricula e i percorsi di studio) a partire dall'anno scolastico 2009/2010.
La retorica pedagogista era come al solito abbondante. Di tutto il mare di questioni sollevate ciò che mi ha sfavorevolmente colpito era l'insistenza sulla "scuole delle competenze" che dovremmo varare. Questa circostanza cade per me proprio nel momento nel quale sto leggendo proficuamente il suo libro, per cui mi sono immediatamente "allergizzato" rispetto alla gragnuola di pedagogismi che mi è calata sulla testa. Io penso che la scuola debba essere innanzitutto una "scuola delle conoscenze" e debba considerare le competenze come gli strumenti, le tecniche per passare dei contenuti. Invece qua vedo rovesciato l'ordine delle priorità.
Lei cosa pensa di tutto ciò?
Con cordialità
Gennaro Lubrano Di Diego

Giorgio Israel ha detto...

Lei coglie perfettamente il punto: scuola delle conoscenze che costruisce le competenze, ammesso e non concesso che tale ultimo termine abbia senso (e al riguardo metterò presto a disposizione un documento significativo). Penso che se non ci ribelliamo tutti con decisione e senza quartiere a queste follie - ognuno dove e come può - siamo tutti perduti. Ne va dei nostri figli e del nostro futuro.

gelubra ha detto...

E allora, caro Professore, sarei curiosissimo di conoscere e leggere questo documento.
Ci dia l'oppurtunità di leggerlo.
Grazie
Gennaro Librano Di Diego

JackAction ha detto...

«usi che si danno ogni qual volta si vuole attribuire ai numeri un significato che va al di là del loro essere quel che sono, o del loro stare in rapporto ad altri numeri».

Spero che Umberto Eco abbia una vaga idea di come vengono definiti i numeri naturali partendo o dagli insiemi e poi via via come vengono cotstruiti interi, razionali, reali...
Spero conosca il concetto di numerabile, più che numerabile...

..."essere quel che sono"...
Bah, io personalmente ho fatto molta fatica a capire cosa sono e non non sono ancora convinto di saperlo.

"...stare in rapporto..."
Cosa significa?


I fondamenti della matematica sono allucinanti.
Soprattutto è incredibile come concetti all'apparenza banali generino una complessità totalmente inaspettata.
I numeri non li abbiamo inventati noi, i numeri in qualche modo esistono, sono uno strumento della mente per contare e misurare, però esistono. Poi i reali, quelli secondo me sembrano scaturire dal linguagio ma hanno comunque una esistenza propria.
Se uno ci pensa bene è impressionante come la matematica, procedendo in modo autonomi per deduzione a partire da semplici assiomi, funzioni così bene in tutte le scienze pratiche.
Penso ad una celebre scienziata per la quale "esistono solo atomi e molecole"...
Provate a dimostrare le proprietà numeriche a partire dagli atomi e dalle molecole....