Finora non pare che sia servita la denuncia di Angelo Panebianco né l’iniziativa promossa dalla Fondazione Liberal per risvegliare l’attenzione sullo scandalo delle persecuzioni e dei massacri di cristiani che si svolgono da ogni parte del mondo. Troppi, mentre sono pronti a sollevarsi strepitando di razzismo genocida quando si propone di prendere le impronte ai bambini dei campi nomadi, voltano lo sguardo dall’altra parte di fronte ai massacri concreti di cristiani. Una delle cause principali è stata identificata da Angelo Panebianco nell’«atteggiamento farisaico secondo il quale non conviene parlare troppo delle persecuzioni dei cristiani se non si vuole alimentare lo “scontro di civiltà”. Come se ignorare il fatto che nel mondo vari gruppi di fanatici usino la loro religione (musulmana, indù o altro) per ammazzarsi a vicenda e per ammazzare cristiani ci convenisse». Il “politicamente corretto” ipocrita e suicida porta a tacere e persino a giustificare ogni crimine compiuto dall’“altro” e a considerare il massacro di cristiani come un normale prezzo da pagare per le colpe della civiltà occidentale.
Questo atteggiamento è testimoniato da tanti fatti tra cui va sottolineata l’asimmetria che porta a condannare le vignette danesi su Maometto come un’efferata provocazione che avrebbe giustificato lo scatenamento di un’autentica guerra di religione da parte di gruppi fanatici musulmani di mezzo mondo, mentre si giustificano e difendono a spada tratta le “opere d’arte” che rappresentano una rana crocefissa o un’erezione di Gesù in croce. Nel primo caso si deplora l’offesa a una figura sacra per i musulmani, di fronte alla quale la libertà di espressione deve inchinarsi e sapersi limitare. Nel secondo caso, il simbolo sacro e il valore che esso ha per i cattolici deve inchinarsi di fronte alla libertà di espressione e all’assoluta indipendenza dell’“arte” che non può limitarsi di fronte a nulla e nessuno, anche se nei fatti questo “nulla e nessuno” ha nomi e cognomi ben precisi: è lecito fare strame della croce o paragonare la verga di Mosé a un fallo ma tutti debbono inginocchiarsi di fronte al sacro turbante di Maometto.
Quel che è tragicamente penoso in questa faccenda è il richiamo alla libertà “artistica” e che professori universitari di storia dell’arte o conservatori di musei parlino con sussiego di opere d’“arte” è un segno dello sfacelo della nostra cultura, del modo in cui vengono svenduti senza dignità le nozioni più elementari in nome della cupidigia di asservimento all’“altro”. Occorrerebbe ricordare a questi solerti “intellettuali” che un oggetto per essere definito un’opera d’arte deve soddisfare alcune caratteristiche minime, tra cui la messa in opera, per la sua produzione, di una maestrìa non alla portata di chiunque e una finalità espressiva che miri a trasmettere significati universali. Non basta prendere una tazza di gabinetto, una cacca, disegnare o scolpire un fallo in erezione – secondo la migliore tradizione della grafica da cesso pubblico – mettervi sotto una scritta ermetica e riuscire a esporlo in una mostra perché realizzare un’opera d’“arte”. Perché, in tal caso, l’unica “arte” che viene messa in atto è quella dell’astuzia mediatica e dell’abilità nell’intrallazzare per inserirsi nei circuiti espositivi. Non si sa se ridere o piangere sentendo uno di questi “intellettuali” paragonare la rana di Bolzano alla Cappella Sistina di Michelangelo. Questa cupidigia di asservimento che fa strame dell’arte in nome di una cultura che non merita più di essere chiamata tale è uno dei terreni su cui si alimenta l’indifferenza per le stragi e i massacri dei cristiani.
(Tempi, 17 settembre 2008)
9 commenti:
Se, come alcuni studiosi dicono, l'opera d'arte è anche un modo per "glorificare l'essere umano", gran parte dell'opera degli artisti contemporanei rappresenta la rinuncia a questo obiettivo così alto.
Ciò non sorprende più di tanto, perchè e'la logica conseguenza della deriva materialista che considerare l'uomo come un essere non "speciale", la vita come un "insieme di reazioni chimiche" e la storia goevrnata dal cieco Caso.
A partire dai primi del secolo scorso, quando Duchamp esponeva un orinatoio dicendo che compito dell'artista era creare scandalo, non cercare il Bello. Finendo, oggi, con lo sberleffo per i simboli più alti dell'Amore traducibile, evidentemente, come espressione del'odio di sè.
Riusciremo a recuperare il rispetto per noi stessi?
Si, però, professor Israel, il sinistro multikulti è un bersaglio fin troppo facile. Che ne direbbe di ribadire, placidamente, che in occidente è diritto inalienabile sfottere tanto Maometto quanto il Papa? E che, dunque, la nostra libertà passa tanto per le vignette danesi quanto per la Rana di Kippenberger, arte o non arte che sia?
Viltà è il termine giusto. E fa rima con stupidità...
Questa volta tocca un tasto molto doloroso. A mio parere il sentimento che sta alla base degli atteggiamenti che lei denuncia, con riferimento sia al rispetto dell’islamismo sia al rispetto della libertà di espressione in questo tipo di “arte”, è un profondo astio nei confronti della Chiesa Cattolica. E forse la parola “astio” è ingenerosa! Secondo me “il richiamo alla libertà artistica” o questo esclusivo rispetto verso l’islamismo, anzi direi meglio questo rispetto servile, imprescindibile, a priori per tutte le religioni (con esclusione di quella ebraica e quella cattolica) deriva, forse anche inconsciamente, dal desiderio di andare contro, di ferire proprio il cattolicesimo e l’ebraismo.
La cosa che addolora di più è riscontrare questi atteggiamenti all’interno degli stessi cattolici, o professantisi tali.
Noi cattolici non siamo particolarmente affezionati alle nostre verità di fede, non le conosciamo bene e se anche le conosciamo non sappiamo cosa significano e cosa comportano, così basta che Cristo venga dipinto come una bava persona per farsi abbindolare da un libro o da un film fatto da gente di dubbia cultura. Non manca occasione per colpire la chiesa rappresentandola corrotta, falsa, ingiusta.
Del resto non mi pare che questi atteggiamenti abbiano nulla di originale, è storia di sempre e credo di potere affermare che è il prezzo che paghiamo per la nostra infedeltà al nostro battesimo. Troppo spesso la nostra testimonianza rimane all’interno delle nostre case e delle nostre chiese. Al di fuori di questi porti sicuri ci adeguiamo all’idea dominante e ci trasformiamo in silenziosi spettatori davanti a dissacrazioni e denigrazioni, nascondendoci dietro il "rispetto della libertà altrui".
Diceva Pascal:
"En verité. il est glorieux à la religion d' avoir des hommes si déraisonnables; et leur opposition lui est si peu dangereuse, qu' elle sert au contraire à l' établissment de ses vèrités. Car la foi chrètienne ne va presque qu' à établir ces deux choses: la corruption de la nature, et la rédemtion de Jèsus-Christ. Or, je soutiens que s' ils ne servent pas à montrer la veritè de la rèdemtption par la sainteté de leur moeurs, ils servent au moins admirablement à montrér la corruption de la nature par des sentiments si dénaturés."
Gianfranco Massi
Mi sfugge il nesso con il quale metti insieme la (per me giusta) critica alla volontà di prendere le impronte ai bambini dei campi nomadi con lo sgomento (altrettanto giusto) per i massacri di cristiani. Personalmente sono contro tutti i tipi di massacro, siano le vittime cristiane, di religione ebraica o musulmana o anche atee.
Non uso dare del tu a chi non conosco
Complimenti: come argomento di discussione è a dir poco impressionante!
Infatti non è un argomento
Posta un commento