L’abolizione degli esami di riparazione autunnali per i licei, quindici anni fa, fu la conclusione di un processo iniziato da anni, ma la decisione del ministro D’Onofrio aprì una faglia che è andata sempre più allargandosi. Non che non vi fossero ragioni serie per modificare una situazione piena di inconvenienti, a partire dal costo delle ripetizioni estive per le famiglie. Ma fu una leggerezza scassare un sistema collaudato senza disporre di un’alternativa ben pensata e applicabile; e, di fatto, l’alternativa non l’aveva in mente nessuno. L’assenza di regole non poteva non determinare una caduta del rigore e non poteva non solleticare tendenze demagogiche al lassismo. Chi ricorda il clima di quegli anni sa bene che il mondo degli insegnanti lo aveva capito e che ha sofferto di sentirsi sottrarre uno strumento importante sia per stimolare il rendimento scolastico sia per mantenere la disciplina in classe. Di fatto, col crollo della spinta a far bene anche tra gli studenti migliori, si creò un appiattimento generale. Il messaggio stimolava l’opportunismo: «chi me lo fa fare di studiare se anche l’ultimo della classe va avanti lo stesso?». Tutti i marchingegni escogitati negli anni successivi – dall’invenzione dei nefasti “debiti formativi” che non venivano mai recuperati, a quella del “6 rosso”, erede dei famigerati “6 politico” e “18 politico” di sessantottina memoria – hanno continuato a trasmettere quel messaggio opportunista e lassista.
Ha trionfato una demagogia permissiva ispirata da un’ideologia imperniata su due principi: tutti debbono andare avanti allo stesso modo e l’obbiettivo di riferimento non è il rendimento massimo (ovvero il primo della classe), bensì un rendimento minimale o, come fu detto con una penosa locuzione, la “media minima”; la scuola deve gestire i nuovi problemi in base al principio dell’“autonomia”, di per sé ottimo ma realizzato in modo da travolgerla sotto una valanga di burocrazia e di adempimenti formali. Il modo con cui è stata concepita l’autonomia scolastica – come quella universitaria – lungi dall’alleggerire la struttura l’ha appesantita enormemente con una miriade di organismi e adempimenti che la distolgono dalla sua funzione istituzionale. Ciò non è strano, perché è tipico delle concezioni costruttiviste rimpiazzare i contenuti con le metodologie – organizzative e didattiche – che invece di liberare la struttura la soffocano in una rete esasperante di regole che deresponsabilizzano la persona (e la frustrano) nella pretesa di oggettivizzare ogni comportamento. Il 6 rosso è una tipica manifestazione di questa visione: sostituire una regola “oggettiva” alla scelta responsabile degli insegnanti di attribuire o no un’insufficienza.
Come rimediare ai guai derivanti da queste politiche sbagliate? E si noti che ciò va fatto perché nessuna persona responsabile può giocare su due tavoli, la mattina sventolando le statistiche internazionali che sanzionano l’insuccesso della nostra scuola e il pomeriggio difendendo le metodologie e le regole fin qui adottate, addirittura facendo credere che il rimedio sia propinarne un’overdose.
Rimediare è difficilissimo perché tanti anni di lassismo hanno alimentato le peggiori abitudini, la tendenza a pensare la scuola come una baby-sitter che deve rendere al massimo con il minimo di problemi. Ciò è anche frutto della visione dello studente e della famiglia come “utenti” e della valutazione della scuola in termini di “customer satisfaction”. Troppe famiglie si sono pigramente trasformate in sindacato dei figli e trovano inconcepibile che l’estate possa essere “rovinata”: se il pargolo non studia è colpa della scuola. Una vignetta comparsa di recente in Francia da conto magistralmente della trasformazione avvenuta in quarant’anni: nel 1969 papà e mamma si rivolgono corrucciati al figlio chiedendo «cosa sono questi voti?», nel 2009 rivolgono la stessa domanda con un’espressione infuriata, ma stavolta all’insegnante…
L’altra difficoltà è che si tende ad affidarsi troppo alla normativa. Nel campo dell’istruzione, esistono infiniti modi per interpretarla e aggirarla. Inoltre, come si è detto, l’eccesso di normativa è deresponsabilizzante e umiliante per chi deve applicarle. La normativa deve essere concepita soprattutto come un preciso segnale di indirizzo. Gli insegnanti – noi insegnanti, perché il problema si pone in termini identici in tutto il comparto dell’istruzione – sono funzionari pubblici che hanno un ruolo di altissima responsabilità sociale: ciò significa che, da un lato, essi debbono interpretare fedelmente le richieste che la società rivolge loro attraverso le sue strutture istituzionali, e dall’altro debbono essere liberi di applicarle nella loro piena responsabilità pena una condizione che avvilisce la loro professionalità. Oggi quel che ci si chiede – ed è una richiesta che viene chiaramente da tutti i settori responsabile della società che sentono un profondo malessere per il degrado della scuola – è una ripresa forte di rigore e di responsabilità.
Le discussioni accanite che si stanno intrecciando attorno all’interpretazione della legge 169 richiedendo che sia univoca e applicabile quasi meccanicamente, e i tentativi di cavarsela ripristinando il ricorso al 6 rosso, manifestano una gran confusione. Si dice che sia contraddittorio da un lato enunciare un principio rigido come quello dell’obbligo fatto allo studente di ottenere la sufficienza in ogni materia e, dall’altro, lasciare libero il Consiglio di promuovere lo studente in casi in cui si ritiene che qualche insufficienza non sia irrecuperabile in modo semplice, ma non di farlo usando il 6 rosso. Invece non c’è alcuna contraddizione. Difatti, da un lato la norma trasmette un segnale forte volto a stimolare la serietà e il rigore nello studio; dall’altro non si vuole negare il ruolo che l’insegnante e il Consiglio nella loro autonomia e competenza possono esplicare nella valutazione dei casi particolari. Le due cose messe assieme non significano affatto un invito a promuovere tutti. Al contrario. Ciò potrebbe essere pensato soltanto da chi sia comunque intenzionato al lassismo. In tal caso, non c’è barba di normativa che possa porre rimedio: quella lassista verrà preferita in quanto darà copertura a una prassi lassista, quella rigorosa verrà aggirata alzando i voti massicciamente.
Considero importante un suggerimento venuto dai docenti del Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, autore di un appello che venne anche raccolto dal ministro Gelmini fin dal suo insediamento. Il suggerimento è di mettere accanto alla sufficienza non effettiva attribuita a una materia, per la decisione responsabile del Consiglio di non bocciare un allievo che si ritiene opportuno mandare avanti nonostante qualche carenza giudicata recuperabile, la dicitura: «Voto di Consiglio». Sembra un formalismo e invece è un fatto di sostanza. Basta misurare la differenza tra questa dicitura e un 6 rosso: nel secondo caso si maschera la scelta dietro una norma – che peraltro non esiste più ed è quindi inapplicabile – nel secondo caso si esplicita la scelta del corpo insegnante che si assume a viso aperto la sua responsabilità bilanciando le esigenze di rigore con la valutazione specifica della persona e al contempo indica esplicitamente la necessità del recupero.
Gli insegnanti italiani sono nella loro stragrande maggioranza funzionari di grande responsabilità, altrimenti una scuola soggetta a tante sperimentazioni scombinate sarebbe crollata da un pezzo. Essi sono capaci di bilanciare un’esigenza di rigore che viene richiesta da ogni lato, con una valutazione ponderata caso per caso. Nella loro funzione dovrebbero cercare sempre più l’appoggio delle famiglie responsabili, che sono tante. Anche i mezzi di comunicazione dovrebbero fare la loro parte non andando sempre a intervistare i vocianti sindacalisti dei figli. Il merito va premiato non soltanto tra gli studenti ma anche tra le famiglie.
(Il Messaggero, 13 giugno 2009)
34 commenti:
Ho sempre ritenuto che sarebbe assai semplice se la scuola rilasciasse un diploma dove siano ben certificate le insufficienze.
Condivido il principio per cui la bocciatura all'esame di stato non può essere giustificata da una sola insufficienza. Ma
chi, ad esempio, non ha raggiunto un livello di approfondimento sufficiente in matematica, si prende comunque il suo titolo e con esso può iscriversi ad una facoltà ad indirizzo letterario. Se poi vuole frequentare una facoltà ad indirizzo matematico dovrà sostenere obbligatoriamente un esame di "matematica zero", magari gestito dalle stesse scuole.
In questo modo non saremmo più costretti a dichiarare il falso assegnando un 60 all'esame di stato che sulla carta attesta la piena sufficienza in tutte le discipline.
Non sarebbe meglio direttamente abolire il "Voto di Consiglio"? Se l'insegnante decide che lo studente si merita il cinque (rosso, blu, giallo, non importa), ebbene, che cinque sia. E si fa l'esame a settembre.
Sono troppo ingenuo?
Lucio Demeio.
dopo aver visto il vergognoso attacco a Mario Giordano, a cui è stato impedito di presentare il suo libro, sinceramente inizio a perdere le speranze...
Se poi si va sul sito de Il Giornale e si leggono alcuni commenti all'editoriale in cui lo stesso Giordano si lamenta del fatto che gli sia stato impedito di parlare, beh... lo sconcerto da spazio ad una grande preoccupazione!
Si può pensare quello che si vuole, basta essere d'accordo con loro!
un articolo di Repubblica che commenta il boom di bocciature di quest'anno...
CLICCA QUI PER VISUALIZZARLO
Io sono rimasto senza parole... si giudica il risultato in termini ECONOMICI!!!
Al di là delle responsabilità politiche assolutamente alla pari tra destra e sinistra nel disastro della scuola italiana, quello che il prof. Israel mette molto bene in rilievo è l'altrettanto rilevante responsabilità delle famiglie. Finché non cambierà questo atteggiamento ogni riforma sarà vana, temo. Salvo miei errori od omissioni, il prof. Israel è una voce assolutamente isolata in questa denuncia sacrosanta. L'università versa in uno stato (leggermente) migliore perché, grazie a Dio, le famiglie ne stanno al di fuori (fino a quando?).
Caro omonimo, si sorprende? Il Cremlino, ai tempi dell'Unione Sovietica mandava davanti al plotone di esecuzione per motivi economici. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Quando si diceva di boicottare "Repubblica", non si scherzava. Ho segnalato la cosa all'associazione cattolica americana "C-Fam", perché invitino le famiglie italo-americane a non comperare quel giornale. Perché quello non è un giornale, essenzialmente, ma un partito. Ed un partito eversivo.
Da parte mia farei un appello affinchè ristoratori e baristi si rifiutino di servire clienti con "Repubblica" in tasca, alberghi e stabilimenti balneari non diano loro stanze e cabine ecc., questo almeno finchè la magistratura, preso atto che si tratta di giornale eversivo perchè osa non essere d'accordo col governo, non ne impedisca la pubblicazione.
Ma essendo la magistratura in mano alle toghe rosse mi fido di più dei baristi.
Carissimo Lucio, la sua "ingenuità" mi sorprende. Il voto di consiglio se non sbaglio è un retaggio dei Decreti Delegati e come tale è intoccabile. Me la vedo già la CGIL in piazza a protestare contro il provvedimento "antidemocratico" che eliminasse questa vera e propria porcheria. Si parla tanto di laicità, ma a me pare che di dogmatici ce ne siano anche tra i cosiddetti "laici".
Nessuna risposta. A Nautilus non rispondo più.
Nautilus... siamo un po' a corto di argomenti o sbaglio?
Vedo che il numero di persone cui Caroli non rispondera' piu' sta salendo esponenzialmente. Alla fine, povero Caroli, parlera' solo ... con se stesso!
Ad Agapetos: essere laici e di sinistra non vuol dire accettare certe cose "in toto" e tantomeno identificarsi con quella parte politica in tutto e per tutto (a parte che al momento non c'e' rimasta piu' nemmeno una boa galleggiante come punto di riferimento). Io cerco di giudicare su ciascun argomento con la mia testa (ammesso che ce l'abbia ancora), e mi trovo piu' spesso d'accordo con quella parte. Ma il "Voto di Consiglio" e' una stupidaggine colossale.
Cordialmente,
Lucio Demeio.
Scherzi a parte, caro Nautilus, mi sembra che lei segua il ragionamento:
critica a La Repubblica => berlusconiani convinti
Lei non mi conosce, non sa cosa posso aver votato e non sa nemmeno quale possa essere il mio "background" (che va tanto di moda...) culturale.
Eppure io, con la sua battuta, sono già stato etichettato. Non le sembra di aver tratto conclusioni un po' affrettate nei miei riguardi?
Ho criticato l'articolo, ma ho invitato tutti ad andarlo a leggere. Se trova qualcosa di positivo nel valutare i rendimenti delle scuole (=> degli studenti) in basi a fattori esclusivamente economici difenda le sue idee! Credo che qui non si inviti a fare altro.
Ma se preferisce buttarla sulla rissa verbale, io passo...
Non so come la veda Nautilus, ma l'intolleranza militante, quella le cui battute non sono solo motti di spirito, la vedo piuttosto a sinistra che altrove.
In quanto all'inconsistenza dell'assunto (boh?) dell'articolo segnalato da Alessandro, un futile mix di superficialità varie, è imbarazzante e preoccupante, anche se vividi sprazzi di grande giornalismo muovono sia alle lacrime sia - grazie a Dio - al buonumore, che so:”... illustri (e ci mancherebbe, dico io) pedagogisti ed esperti del settore ecc.”.
Egregio professor Israel, chissà perché, leggendo questo articolotto di Repubblica, mi è venuto da pensare che - così come io sono un provocatore - Lei sia un uomo dotato di grande disposizione all'esercizio della pazienza, e che in molte occasioni debba attingere con generosità a questa sua dote. Una bella gara sul filo di lana con Giobbe.
Egregio Prof. Demeio,
credo proprio che, pur essendo spesso in disaccordo con le sue posizioni, il fatto di saperle difendere con passione, competenze e (perché no?) ironia sia sintomatico del fatto che lei ragioni con la sua testa.
Quando, da una parte o dall'altra, si smette di farlo... beh, si cade nell'intolleranza.
Però mi conceda un commento che è a mezza via fra un complimento e una provocazione: lei è fra i pochi laici di sinistra (auto-definizione, se non sbaglio) che riesco a leggere senza avere un travaso di bile!
Forse perché è uno dei pochi che ragiona con la sua testa?
L'articolo di Repubblica mi pare raggiunga il fondo dell'imbecillità e della faccia tosta. Il che non implica che debba essere vietata la diffusione e vendita del giornale... Ma possibile che si debba sempre ragionare in questi termini? Quanto al voto di consiglio, forse appartengo alla categoria degli stupidi colossali, ma mentre trovo del tutto onesto che un consiglio, dopo una valutazione complessiva e ascoltato il docente della materia incriminata, decida per un atteggiamento più indulgente - si faceva pure ai tempi miei! - trovo ipocrita e disonesto trincerarsi dietro la "normativa" del sei rosso per non agire a viso aperto. L'eccesso di normativa è tipica da regimi totalitari. Per questo ho parlato di costruttivismo, che è la imbellettatura "intellettuale" del burocratismo totalitario.
L'articolo di Repubblica mi pare raggiunga il fondo dell'imbecillità e della faccia tosta. Il che non implica che debba essere vietata la diffusione e vendita del giornale... Ma possibile che si debba sempre ragionare in questi termini? Quanto al voto di consiglio, forse appartengo alla categoria degli stupidi colossali, ma mentre trovo del tutto onesto che un consiglio, dopo una valutazione complessiva e ascoltato il docente della materia incriminata, decida per un atteggiamento più indulgente - si faceva pure ai tempi miei! - trovo ipocrita e disonesto trincerarsi dietro la "normativa" del sei rosso per non agire a viso aperto. L'eccesso di normativa è tipica da regimi totalitari. Per questo ho parlato di costruttivismo, che è la imbellettatura "intellettuale" del burocratismo totalitario.
Prendo atto Caroli che non mi risponde, la posso capire.
Le dirò che una parte di me è dispiaciuta per aver fatto dello "spirito" su quel che ha scritto, ma lo trovo troppo grave per chiederle scusa.
Mi spiego: io non sono d'accordo su NULLA di quel che dice "Repubblica" in quell'articolo, ma c'è un principio liberale che più o meno recita:"Non son d'accordo su ciò che dici ma lotterò perchè tu possa dirlo".
Lei è già due volte consecutive che propone una censura.
Ecco, io sto lottando, si fa per dire.
Fra l'altro in quell'articolo si riporta un fatto: se il fatto fosse una falsità si potrebbe stigmatizzare il giornale ma è indubbio che le bocciature comportano un'aggravio di spesa: sarà difficile tagliare il personale docente visto che i ripetenti determineranno un aumento delle classi. Come argomento contro le bocciature per me è specioso, son d'accordo con Alessandro che l'ha proposto,
ma il pubblico deve saperlo o no?
Quanto al fatto che "Repubblica" sia eversivo: perchè complotta contro il PdC? Non è colpa dei giornali se Berlusconi ama le giovanissime ed è disposto a compensarle per il disturbo.
"Mignottocrazia" non l'ha coniato un giornale ma Paolo Guzzanti, già senatore di fiducia del Cav.
Fino agli anni 50-60 (mi sembra perchè parlo di ricordi dei miei genitori..) gli insegnanti potevano alzare le mani sui propri studenti: i classici righelli sulle mani o altro. Non mi sembra che l'Italia sia cresciuta male.
E' vero la bocciatura è vista come un disonore ancora adesso ed è per quello che gli studenti non vogliono essere bocciati. Ma la promozione si conquista durante l'anno studiando e non arrivando un mese prima della fine sperando che ci sia un buco nel bilancio scolastico.
Riccardo
Ciao Alessandro, quando ho scritto il post precedente avevo letto solo Caroli...no, non penso affatto che lei sia un "berluscone", a dir la verità non lo penso di nessuno finchè non me lo dice lui.
E per la battute avete ragione, lei e Vanni, e sarebbe meglio evitarle, ma l'intervento di Caroli, propugnante la censura del giornale...concordo con quel che dice il prof.:"possibile che si debba sempre (io interpreto "ancora") ragionare in questi termini?"
E ricordiamoci che il PdC ier l'altro ha chiesto agli industriali di boicottare "Repubblica", meno liberale di così...
Ringrazio Alessandro per i suoi commenti molto gentili; se riesce a leggermi e' probabilmente perche', qualunque opinione io esprima, cerco sempre di argomentarla, nei limiti del possibile si capisce; e quando mi trovo a corto di argomenti, invece di sparare insulti preferisco cedere le armi. Ma non credo proprio di essere l'unico "di sinistra" a fare questo.
Sul voto di consiglio: professor Israel, quello che lei descrive non e' - a mia memoria, almeno - il voto di consiglio. E' chiaro che, di fronte ad una valutazione globale positiva del consiglio di classe, alcuni insegnanti possono di propria volonta' alzare il voto (succedeva anche a me, da studente, in ginnastica ed in disegno). Il voto di consiglio si ha invece quando l'insegnante mantiene la sua insufficienza ed il consiglio di classe forza tale voto a salire di uno o due gradini (senza l'accordo del docente in questione). Almeno, questo e' quello che mi ricordo succedeva, tanti anni fa, durante la mia breve esperienza di professore di matematica alle superiori. E questa e' una stupidaggine.
Sull'articolo di Repubblica non sono d'accordo con nessuno di voi. Nel bene, e nel male. Intanto, mi chiedo: come si fa a divulgare pubblicamente quei dati, a scrutini non ultimati? Intendiamoci, l'ha fatto il Ministero, e Repubblica ha semplicemente ripreso la notizia. Ma mi pare una prassi scorretta. Sulla questione economica, invece, sono stato troppo tempo nei peasi di cultura anglosassone per vederla come voi. Due anni fa, discutevo con un collega italiano che - all'epoca - stava all'Imperial College di Londra. Non esiste la "serie infinita" di appelli concessi agli studenti, nelle nostre universita', per ogni corso che seguono. C'e' un esame secco alla fine del corso, se non lo si supera c'e' una (e solo una) prova d'appello, se si fallisce anche quella si va via. Alla mia osservazione che il metodo "mi sembrava un po' troppo rigido", la sua risposta fu che "qui si ha una coscienza ben precisa dell'impiego del denaro pubblico". E la stessa cosa vale nelle universita' americane. So che l'universita' e' un mondo diverso da quello della scuola superiore, ma il concetto rimane. Il sistema educativo, dall'asilo all'universita', e' un bene comune nel quale lo stato investe risorse pubbliche. Non trovo nulla di scandaloso se, accanto al problema culturale che certamente si propone, si considerano le bocciature anche da un punto di vista economico.
Ma forse e' un discorso troppo lungo per stare dentro un commento di un blog ...
Cordialmente,
Lucio Demeio
Formalmente il voto è *sempre* attribuito dal consiglio di classe. Ma è invalso l'uso di chiamare "voto di consiglio" solo quello attribuito in discordanza alla valutazione effettiva.
Quando parlavo di dogmatismi non mi riferivo certo a lei, carissimo Lucio, ma converrà con me che su certi temi vi sono sostenitori della "laicità" che si comportano in modo per nulla "laico".
La sensibilità economica anglosassone "... c'e' una (e solo una) prova d'appello, se si fallisce anche quella si va via". Vuoi vedere che Mariastella, dal punto di vista economico, ha una cultura anglosassone!
E' saltato un mio commento precedente all'altro, in cui rispondevo a Caroli. Lo riassumo:
Non condivido NULLA delle opinioni di chi ha scritto l'articolo di "Repubblica" (opportunamente segnalato da Alessandro), ma c'è un principio liberale che recita più o meno così:"Non sono d'accordo con ciò che dici ma lotterò perchè tu possa dirlo"
Mi pare che Caroli siano già due volte consecutive che invoca la censura, per me non è accettabile.
Nel merito dell'articolo, separando le opinioni dai fatti: è un fatto che bocciando di più sarà difficile tagliare i docenti, visto che i ripetenti andranno ad aumentare il numero delle classi, i cittadini devono essere messi al corrente o no?
A proposito di voti e bocciature, ho trovato l'opinione di un blogger (per me a volte geniale), tale Leonardo, che fa l'insegnante nella media inferiore e spiega che i professori bocciano molto malvolentieri, finchè:
"Al di là di tutte le comunicazioni fumose sui cinque e sui sex, c'è un punto su cui Maria Stella Gelmini è stata sempre chiarissima sugli insegnanti: gli organici. Tagli pesanti, che rimandano i precari storici sul marciapiede, e minacciano le scuole dei piccoli centri. Di fronte a un'offensiva del genere, gli istituti si difendono come possono. A questo punto bocciare può essere un sistema per salvare una classe: in fondo due respinti per sei classi di scuola media sono già dodici alunni in più che restano iscritti anche l'anno prossimo. A volte basta anche meno, per salvare una cattedra.
Nulla di consapevole, s'intende..."
L'intero interessante articolo è qui:
http://leonardo.blogspot.com/
Io non invoco nessuna censura. Mi tengo la libertà di non leggere "Repubblica", di cambiare posto in treno se ho davanti qualcuno che legge "Repubblica", di non andare ad un bar dove tra i giornali messi a disposizione c'è "Repubblica". Questo per me. È poi ovvio che suggerisca la non lettura di "Repubblica" visto che sono su posizioni diametralmente opposte. Poi ognuno fa quello che gli pare. Le persone a cui non rispondo sono tre: Sammartino, Lucio e, ora, Nautilus. Non mi sembra tanto "esponenziale" la crescita. E comunque - forse qualcuno non ci ha fatto caso - ma se su un certo argomento non ho da dire, taccio. Il che non significa che non legga anche quello.
Ribadisco che ho usato il verbo "BOICOTTARE" e non quello "CENSURARE". Bisogna aver fatto olocausto del proprio discernimento per confonderli. Oppure bisogna fare una sacrosantissima spesa: quella di un dizionario della lingua italiana.
Caro Nautilus, il fatto che certe promozioni avvengano per salvare delle cattedre (o aumentarle, perché l'utenza gradisce premia assai scuole "facili") è invalso già da parecchio tempo.
Nihil sub sole novum.
Le persone a cui non rispondo sono tre: Sammartino, Lucio e, ora, Nautilus. Non mi sembra tanto "esponenziale" la crescita.
Non sara' esponenziale, ma e' di sicuro un bel record! Giuro che non ho mai visto nulla di simile in rete. Pero', ad essere sincero, mi ricorda quel dolcissimo silenzio stampa del luglio 1982 ... chi di voi se lo ricorda?
Cordialmente,
Lucio
Dal prossimo anno saranno le competenze e non le conoscenze di un alunno ad essere valutate. Personalmente non ho ancora capito se questo mi permetterà di bocciare un ragazzo, se non conosce la mia materia. Infatti sembra che il ragazzo andrà valutato in maniera traversale, collegiale...e anche la programmazione verrà fatta non per argomenti ma per competenze che il ragazzo dovrà raggiungere. Quali sono queste competenze e come utilizzarle, soprattutto per una materia scientifica?...nessuno lo sa fino ad ora, e a settembre si comincia. Nessuno sembra sapere se rimarranno i voti, oltre al giudizio su queste fantomatiche competenze che si dovranno definire. Non se sono io a non capire o il tutto che non ha senso (sono propensa alla seconda ipotesi).
Professore, non so se lei è a conoscenza di questo cambiamento "epocale" (così ci han detto). Nel caso, potrebbe dire cosa ne pensa?
Vedo che per lei Caroli c’è una gran differenza fra “boicottare” e “censurare”, ed è certamente così se si boicottano i prodotti di un azienda. Ma nel caso in cui il prodotto è l’informazione, a me pare che si equivalgano, nel significato finale. Ma non c’impuntiamo sulle parole: in sostanza lei vorrebbe che “Repubblica” non venisse letto o sparisse dalla faccia della terra e questo è proprio il contrario del principio liberale di cui parlavo. Vorrei sapere lei in cosa si distingue da certi miei conoscenti di sx che vorrebbero Ferrara o Feltri nell’impossibilità di scrivere, perchè dà loro noia.
Ma certo, se “Repubblica” fosse eversivo come scrive lei, allora bisognerebbe intervenire. Ma perchè sarebbe eversivo? Caldeggia la lotta armata? Fiancheggia le BR? Vuol sovvertire l’ordine costituito? Oppure vuol mettere il bavaglio alla stampa? Alle TV? La camicia di forza alla magistratura? Eliminare la separazione dei poteri? Ecco, questa riconosco che sarebbe eversione.
Parlare delle “amichette” del PdC non mi pare invece eversione, ma stampa libera o di opposizione (cosa sempre più rara in Italia) che sembra quello che a lei dia noia.
E nel caso del tutto ipotetico che il Cav. fosse costretto a dimettersi, sarebbe colpa di “Repubblica” e dei suoi complotti coi poteri forti o dei personali comportamenti di Berlusconi?
Signor Caroli, alla fin fine io ritengo che lei abbia un grado di aggressività e intolleranza superiore alla media, per questo la capisco se mi ignorerà e neanche mi dispiace, cercherò (lo sto praticando anch’io da parecchio) di farle la cortesia di non commentarla, ma certe affermazioni contrarie non alle mie idee ma al vivere civile non si possono passare sotto silenzio.
Infatti agapetòs, solo che fino a ieri per salvarle si promoveva oggi, a sentire Leonardo, si boccerebbe. Quindi d’accordo con lei:”Nihil ecc...”
Molto valido il Suo articolo sulla didattica, come sempre, ma potrebbe chiarire per piacere il suo uso del termine ``costruttivismo''? piu` precisamente, il termine, per come viene usato nel suo articolo, si chiarisce appunto attraverso il suo uso, ma mi sembra di capire che Lei lo usi come userebbe altri ismi, e non sapevo che esistesse anche questo ismo, in ambito pedagogico (probabilmente per mia ignoranza).
Per me che sto fuori dalla babele dei riformatori e degli operatori della scuola,al punto in cui siamo arrivati la proposta del prof. Israele mi pare l' estremo puntello di salvezza che si possa concepire. Se nemmeno la maggioranza dei "costruttori" riesce più a parlare con una lingua comune significa che le lesioni dell' edificio interessano ormai le fondamenta.
Nautilus: lei mi fa dire quello che non ho detto. Per questo non perdo più tempo a risponderle. Se "la Repubblica" per lei è informazione, si accomodi pure. Per me non lo è, per questo lo considero "eversivo". E comunque "l'informazione" è una merce del mercato, esattamente come i sofficini o le automobili, sia per qualità che per importanza. Detto questo, credo che per un periodo più o meno lungo mi limiterò a leggere i post del Professore. Non ho tempo da perdere in polemiche sterili.
A proposito di boicottaggi di "Repubblica", cfr. Giampaolo Pansa "Il Revisionista", ed. Rizzoli 2009, pagg. 276-281. Non sapevo di trovarmi in compagnia di Emanuele Macaluso, Sandro Curzi ed Alessandro Cardulli... Non si finisce mai di imparare (basta leggere).
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