Gli ingegneri francesi dell’Ottocento se ne intendevano di valutazioni numeriche: furono loro a inaugurare l’applicazione della matematica alle questioni sociali, economiche e gestionali, e proprio per questo erano disincantati. Affermavano che i numeri possono essere usati per neutralizzare decisioni politiche scomode e per rendere accettabili le affermazioni più contraddittorie, producendo statistiche inconsistenti «perché nulla è più elastico dei numeri». Con i numeri si può convalidare tutto e il contrario di tutto.
Abbiamo già parlato qui delle conclusioni contraddittorie che emergono dalle varie classifiche delle università e delle scuole. Si aggiungono ora i risultati Ocse-Pisa che attestano la superiorità delle scuole statali italiane su quelle private e paritarie. L’Invalsi è arrivato alla conclusione opposta… Inoltre, su queste pagine, il governatore lombardo Formigoni ha sottolineato l’ottimo risultato conseguito dalle scuole della regione nei test Ocse-Pisa, e si sa che la Lombardia ha un elevato numero di scuole private e paritarie. E allora? Oltre alla contraddizione – certamente dovuta all’uso di parametri e test differenti, il che ridicolizza ancora una volta il mito della tanto vantata “oggettività” – siamo di fronte statistiche del genere “pollo di Trilussa”, che informano sulla frazione di pollo che mangia “in media” ogni persona in un dato periodo. In realtà, qui interessa sapere esattamente quanti polli vengono mangiati da ciascuno. Altrimenti, dando retta a Ocse-Pisa, una famiglia rischia di iscrivere il figlio a occhi chiusi a una scuola statale di infima qualità, oppure, dando retta all’Invalsi, di iscriverlo a una pessima scuola paritaria.
Ne segue che l’unica cosa sensata e utile non sono queste statistiche, bensì una valutazione capillare dei singoli istituti scolastici e anche dei singoli insegnanti. Il problema è però come fare questa valutazione. Uno dei metodi suggeriti da coloro che inseguono l’“oggettività” è di far ricorso ai test. Un progetto sperimentale varato dal ministero dell’istruzione propone di valutare le scuole misurando il livello di miglioramento degli apprendimenti degli studenti mediante i test Invalsi: in parole povere, si tratta di proporre dei test all’inizio e alla fine dell’anno per constatare l’esistenza di un miglioramento. Questo metodo ha due difetti. In primo luogo, i test servono a stimare il miglioramento degli apprendimenti in ambiti molto ristretti, come l’ortografia o la grammatica, ma già in matematica non rispondono affatto allo scopo di valutare le capacità di ragionare matematicamente, di formulare e risolvere un problema, bensì non vanno oltre il dar conto dell’esattezza della risposta, che è poca cosa. Non parliamo poi di materie come la storia o la letteratura. Vi è inoltre il rischio di indurre le scuole a limitarsi alla funzione di addestramento a superare i test, riducendo gli studenti a risolutori di quiz, magari abili allo scopo specifico pur essendo autentici ignoranti e incapaci. Il secondo difetto è che i test non piovono dal cielo: sono formulati da persone con una specifica preparazione e vedute personali, talvolta persino da ditte di dubbia competenza. In definitiva, essi non danno alcuna garanzia di serietà ma servono soltanto a creare un’aria di rigore “scientifico”, nascondendo la “spazzatura” della soggettività sotto il tappeto. Si apprende poi che si terrà conto di altri indicatori come il rapporto scuola famiglia – e chi non sa che purtroppo molte famiglie di fronte a un brutto voto schiaffeggiano il professore anziché lo studente? – e che il risultato verrà valutato da un team composto da un ispettore e da due esperti indipendenti, senza dire come sarà certificata la competenza di questi “esperti”.
Ancor meno convincente è il metodo di valutazione proposto per i singoli docenti. Essa dovrebbe essere condotta da una commissione composta dal dirigente scolastico e da due docenti dell’istituto eletti dal collegio dei docenti. È sconcertante l’idea che coloro che debbono essere valutati eleggano i loro valutatori. Ancor di più che a presiedere tale nucleo sia il dirigente scolastico. Non dubitiamo che la maggior parte dei presidi siano persone rigorose. Ma coloro che non lo sono, e certamente esistono, e che hanno la tendenza a creare cordate e “camarille” di docenti “amici”, troveranno un’opportunità per favorirle e per penalizzare le “pecore nere” che potrebbero anche essere i docenti più validi. Senza contare che questa modalità di valutazione si incrocia con la tendenza a trasformare il preside in manager, che tende a promuovere in tutti i modi l’immagine della propria scuola, come un’azienda di biscotti promuove la qualità del proprio prodotto. Inoltre, anche qui si propone di usare come criterio di valutazione il giudizio di famiglie e studenti e persino il curriculum presentato dal docente (come dubitare che vi sarà chi avrà il coraggio di parlar male di sé?).
Ritorna la questione iniziale: come valutare? Non c’è dubbio che l’unica modalità valida sia quella delle ispezioni. Ma, sia ben chiaro, non alla maniera dell’autoreferenziale corpo di ispettori in vigore in Inghilterra che, di certo, non può vantare di aver contribuito al miglioramento della scuola inglese, il cui sfascio è ormai denunziato da ogni lato. Di recente, in una riunione di “esperti” scolastici, ho assistito a un’interminabile presentazione delle virtù del sistema inglese di valutazione. Dopo un’ora di ascolto posi una piccola domanda: «Secondo voi com’è la scuola inglese?». Coro unanime: «Fa letteralmente schifo!». E tuttavia l’elogio riprese come se nulla fosse. Così ragionano gli “esperti”: a loro interessa solo la metodologia. Peraltro, una delle ultime prove del disastro della scuola inglese è data dalla constatazione che un numero crescente di famiglie, pur di non mandare i figli in scuole in cui non si apprende nulla e regna la violenza, affittano a ore docenti qualificati in tutte le materie. I costi oscillanti tra 30-50.000 mila l’euro l’anno vengono coperti quasi completamente dai voucher che le famiglie ricevono.
Tornando alle ispezioni, l’unico sistema che appare appropriato è quello in uso in diverse università straniere: farle eseguire da commissioni composte da insegnanti provenienti da scuole di diverse città, da un ispettore ministeriale, e anche da insegnanti in pensione. La commissione ispettiva si installa in un istituto scolastico per un periodo di una decina di giorni rivoltandolo come un calzino, assistendo alle lezioni, esaminando libri di testo, registri, interrogando docenti, studenti e famiglie, e raccogliendo il suo giudizio finale in un rapporto di valutazione concernente sia l’istituto nel suo complesso che i singoli insegnanti, il quale verrà sottoposto agli Uffici scolastici regionali e al ministero. La valutazione potrà investire soltanto una quota annua degli istituti che sarà tuttavia sufficiente ad avviare un processo virtuoso. Il punto fondamentale è che la valutazione non deve essere concepita come una tecnica gestionale bensì come un processo culturale. I rapporti di valutazione saranno inevitabilmente oggetto di commenti incrociati, a differenza del sistema dei test che nasconde dietro una falsa oggettività scelte operate da soggetti incontrollati. Ma questo è altamente positivo poiché avvia nell’insieme delle scuole e nella comunità degli insegnanti un vasto processo di controllo interno alla dinamica dell’istituzione scolastica, rigoroso, indipendente e alla luce del sole, che è l’unico modo per produrre un’autentica crescita culturale e della qualità dell’insegnamento e per favorire l’emergere delle scuole e degli insegnanti migliori.
Giorgio Israel (Il Giornale, 27 dicembre 2010)
38 commenti:
Caro professore,
ho letto il suo articolo col sorriso sulle labbra, contento che le cose fossero così chiare e che la prospettiva di una valutazione sensata degli insegnanti prendesse corpo quantomeno nella sua proposta. Poi, a un certo punto, ho letto una parola che mi ha fatto sussultare, come Lady Macbeth nel delirio verdiano della visione orrenda: “Una macchia... è qui tuttora, via ti dico, oh maledetta”. Una visione orribile: la parola “registro”. Se un ispettore controllasse il mio, per valutarmi, arriverei in batter d'occhio in Siberia. Posso chiederle il favore di cancellare quella parolaccia? Guardi che il registro, a scuola mia, ce l'hanno tutti ordinatissimo, con i puntini incasellati. Eppure, forse, questo non vuol dire nulla. Ma, se dicesse qualcosa, la saluto dalla Siberia.
Francamente, a me l'idea che l'ordine del registro sia un elemento di valutazione dell'insegnante non mi è passata neppure per la controcassa dell'anticamera del cervello (come diceva Mussolini...). E un ispettore che mandasse in Siberia qualcuno perché non ce l'ha disordinato sarebbe lui da cacciare a pedate. Mi pare soltanto che, se debbo rendermi conto dell'andamento di una classe, un esame dei voti o valutazioni dati è un elemento essenziale, comprese cancellature, revisioni, cambiamenti di idea, che anzi testimonierebbero un atteggiamento critico del docente, responsabile e riflessivo, a differenza dei fessi che hanno sempre le idee molto chiare e definite. È evidente che bisognerebbe definire un regolamento preciso delle ispezioni. Consentirà che in un articolo questo non era possibile. Ma sarebbe un'ottima cosa rimboccarsi le maniche.
Viviamo un periodo storico, nella scuola, in cui non si riesce più ad organizzare concorsi. Quello per Presidi, tanto per citare il più atteso, il Ministro Gelmini aveva promesso che lo avrebbe bandito entro il 2010, ma questa si è rivelata una promessa da marinaio. Evidentemente c'è un "horror concurrere" che pervade le stanze del nostro ministero. Eppure non vedo altro modo, se non attraverso un concorso rigoroso e trasparente nelle procedure, per selezionare gli insegnanti che dovrebbero far parte delle commissioni di valutazione.
Cordialmente Mignucci Ermete
E' indubbio: la buona scuola la fanno i buoni insegnanti, e le statistiche attuali non dicono niente.
La valutazione proposta dal Prof.Israel per i docenti mi piace: controlli incrociati più numerosi possibili dando particolare importanza a quelli "dal vivo", lezioni, famiglie, studenti.
Una condizione: escludere dalle commissioni ispettive i pedagogisti, sennò voto contro, come Junco per il registro. Ho già dato e una volta nella vita basta.
“La commissione ispettiva si installa in un istituto scolastico per un periodo di una decina di giorni rivoltandolo come un calzino, assistendo alle lezioni, esaminando libri di testo, registri, interrogando docenti, studenti e famiglie, e raccogliendo il suo giudizio finale in un rapporto di valutazione”.
Proprio perché non le passa per la controcassa, bisognerebbe cancellare la parola registri dal periodo sopracitato. Anche perché, in tutto il complesso contesto in cui un'ispezione si troverebbe ad operare (verifica del valore dei libri di testo, interrogazione dei docenti, degli studenti e delle famiglie, controllo reale dello svolgimento delle lezioni), il registro sarebbe l'unico elemento “oggettivo”, non alterabile dalla soggettività dell'interpretazione. E con i tempi che corrono, con questa fame planetaria di saperi oggettivamente verificabili, tra i complessi giudizi soggettivi, su cui una commissione ispettiva si troverebbe ad affannarsi – e ad esser soggettivamente contestata – il registro potrebbe diventare la pietra d'inciampo, per alcuni, la pietra di paragone, per altri. E accanto al registro ci metterebbero, ne sono sicuro, come altro dato obbiettivo della valutazione, la partecipazione documentata ai “progetti”.
Siamo lì, il mio lavoro di insegnante è soggettivo, e se devo essere valutato, vorrei che ciò avvenisse soggettivamente, senza nessuna falsa pretesa di obbiettività. Ma questo è anche il nodo: che “tipo” di ispettore può valutarmi? Un burocrate? Un pedagogista? (Ha ragione Nautilus, Dio ce ne scampi). Nella prospettiva di un sistema di valutazione degli insegnanti, che si sviluppi come “un processo culturale” e non come “una tecnica gestionale”, la definizione dell'autorevolezza del soggetto valutante è presupposto fondamentale. Bisognerebbe occuparsi del “chi?”, prima del “come?” e del “cosa?”. Se il “chi” è autorevole, il “come” e il “cosa”, probabilmente, non saranno un problema.
OK, ma non esageriamo, queste non sono le tavole della legge, ma una proposta di principio. La richiesta di cancellare una parola da un articolo già pubblicato è alquanto esagerata, direi... Abituiamoci a discutere con calma, per favore. A partire dal principio generale poi si possono elaborare le modalità, discutendo e confrontando le varie ipotesi. In tal senso, queste osservazioni sono benvenute. Ma stiamo calmi: sospettare proprio me di voler affidare le ispezioni ai pedagogisti... beh, finiamo nel surreale... Se deve essere un processo culturale interno al mondo della scuola è evidente che le commissioni debbono essere composte da insegnanti, insegnanti in pensione, un ispettore ministeriale e magari anche un docente universitario. Il problema è come selezionare queste persone. Non può essere certamente un sistema a sorteggio!... Ma non credo neppure al corpo di ispettori stabile, indipendente, stile Ofsted. Il processo di selezione iniziale è il punto davvero delicato, perché una volta avviato il processo, poi su questa base dovrebbero emergere man mano i migliori che, a loro volta, dovrebbero diventare gli elementi propulsivi della valutazione.
Vorrei chiedere a Junco cosa pensa dei medici che scrivono ricette indecifrabili persino dal farmacista di rione.
Professore,
non avanzo alcuna pretesa, ci mancherebbe. Ritenevo, pacatamente, che la parola “registri”, dato quel che ha scritto, fosse una svista.
Sui pedagogisti che incombono so bene qual è la sua posizione, ma io non ho certo pensato, né scritto, che lei voglia metterli in mezzo. Il pericolo viene dallo spirito del tempo.
Invece, il problema dell'autorevolezza di chi dovrebbe valutare resta aperto.
Una piccola, banale, aggiunta alla discussione: ma non dovrebbe essere valutato anche il curriculum di ciascun insegnante? Ci sono insegnanti con importanti pubblicazioni scientifiche (un mio amico, matematico e insegnante, vanta 40 pubblicazioni in importanti riviste, con risultati di rilievo), ci sono poeti, scrittori, ecc.
Capisco che non è detto che, tanto per fare un esempio, un bravo matematico sia anche un bravo insegnante di matematica, ma non sarebbe il caso di dare al curriculum il giusto peso? (Sperando che siano esclusi (o quasi) dalla valutazione i "master" on-line...)
Concordo,
come già detto un corpo ispettivo numeroso ed efficiente ed esami di ammissione all'anno successivo per gli studenti (ogni anno) con commissioni esterne (e per contenere i costi rivedere il contratto per prevedere la partecipazioni a dette commissioni come compito dei docenti, certo più lavoro ma anche un restituire dignità e funzionalità alla scuola e alla professione di docente) questo per dare a tutti gli attori della scuola lo stesso obiettivo.
Sul sito de Il Giornale, dove ho letto l'articolo qui riportato, ho lasciato il seguente commento, rimasto inevaso. Provo a riportarlo qui, sperando di avere una esauriente risposta: in quale documento INVALSI emerge la conclusione che le scuole private siano migliori di quelle statali?
Grato ringrazio e saluto augurando un sereno 2011.
Sul tema della valutazione del curriculum proposta da Kummer, non ho obiezioni a considerarlo, ma lo metterei in guardia dallo svalutare i "master on line". Ci sono master in presenza validi e master meno validi, cosi' come ce ne sono on line di validi e di non validi. In ogni caso è impossibile, dati i CFU riconosciuti ai Master, indipendentemente dalle modalità di erogazione, distinguerli in sede di valutazione, a meno di non sottoporsi a contenziosi facilmente immaginabili.
Cfr. ad es. l'articolo di Tommaso Agasisti sul Sussidiario del 21 dicembre
Grazie al prof. Israel della risposta. Ho letto l'articolo segnalato (http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2010/12/21/SCUOLA-Le-statali-migliori-delle-paritarie-I-dati-dicono-il-contrario/1/135811/) e mi permetto qualche considerazione.
Mi pare che all'autore pubblicato su Il Sussidiario non siano giunte le eco delle polemiche relative agli "aiutini" variamente somministrati dagli insegnanti.
A seguito di questi comportamenti scorretti, INVALSI ha provveduto a selezionare un campione monitorato, quello da valutare per ogni considerazione seria, il resto è affetto da problemi di attendibilità.
Proprio le prove dell'Esame di Stato, riflettendosi sulla valutazione finale, sono state le più martoriate e non sfuggono di certo, al lettore "uomo di mondo", le motivazioni delle "aziende-scuola" e della relativa "soddisfazione del cliente".
Non è altro che l'ennesima conferma della inattendibilità del sistema dei test, viziati da innumerevoli fallacie, dalla disomogeneità dei test, dall'assurdità di alcuni di essi, agli "interventi" esterni, ecc. ecc. ecc. Insomma, inutile nascondere la "spazzatura" sotto il tappeto.
La domanda è del tutto fuori tema, ma inspiegabilmente mi si è formulata spontanea seguendo questa discussione:che rapporto c'è tra Teoria della complessità e Ricerca Operativa? Potrei pensare che la prima sta all'altra come la geometria piana sta all'agrimensura?
Gentile Professore,
la sua proposta lascia finalmente intravedere uno spiraglio di luce in quella che è stata finora per me cieca speranza: una seria e sensata valutazione degli insegnanti.
Interrogare gli alunni, interloquire con i genitori, trovo che sia molto più sensato di un qualsiasi test e , finalmente, la " soggettività " potrebbe prevalere sul dato " oggettivo ", tanto amato dai pedagogisti.
Per quanto riguarda il giusto peso da dare al curriculum, penso a quella " dolce " filautìa, caratteristica di coloro che quanto più sono ignoranti, tanto più si compiacciono di se stessi e tanto più si gonfiano e si vantano e...immaginate quanti bei curricula!
Certo, concordo con chi dice che rimane aperto il problema dell'autorevolezza degli insegnanti che dovrebbero far parte di un comitato di valutazione e, con "timore e tremore" , penso a ciò che la Follia dice riguardo ai "grammatici" in quell' ELOGIO DELLA FOLLIA di Erasmo da Rotterdam:
" Che soddisfazione atterrire col viso e con la voce minacciosa quella turba spaventata di scolari e malmenare quei disgraziati con bacchette, sferze, verghe, e incrudelire in tutti i modi a loro arbitrio, imitando il famoso asino di Cuma! ...Quello però che maggiormente li rende felici è la convinzione di essere dotti. "
E Le assicuro che ne conosco di simili colleghi!
Barbara
Salve, io sono un insegnante di lettere e sto curiosando tra i blog ora che ne ho avviato uno io.
E ho cominciato proprio con un post sul rifiuto opposto alla sperimentazione Gelminini sulla valutazione.
A me questa cosa dispiace profondamente. Il metodo scelto per la valutazione mi pare un po' rozzo (un po' tanto?) ma non del tutto peregrino: si evitano quelle batterie di test i cui risultati sono così azzardati.
Quel che trovo triste, però, è che sia stata cassata l'idea della valutazione in quanto tale: e questa cosa, a mio avviso, è grave. I prof. italiani sono autoreferenziali fin quasi all'autismo. La loro reazione sembra puramente istintiva, non nel merito. Se così fosse si discuterebbe di come migliorare il sistema, non di quali argomenti trovare per cassarlo.
Vorrei spezzare una lancia in favore dell'Ofsted: tutti i suoi ispettori sono ex insegnanti. Un sistema simile vige anche in Olanda, la cui scuola, stando almeno agli Ocse-Pisa (unico dato che ora posso offrire), è molto buona.
Concordo sul fatto che famiglie e studenti non possono decidere sul merito dei professori, però penso che possa essere utile ascoltare la loro voce, sia pure filtrata dal vaglio di ispettori o valutatori competenti.
Io penso addirittura che le famiglie potrebbero avere un ruolo positivo nell'assuzione degli insegnanti, nel caso si decidesse, come io spero, di arrivare all'assunzione diretta degli insegnanti da parte delle scuole. Molti temono favori e nepotismi da parte dei presidi: le famiglie, poco interessate a veder sistemati i nipoti dei presidi, potrebbero avere una funzione di trasparenza e controllo. Ciò peraltro avviene i sistemi come quello finlandese, generalmente considerato ottimo.
Buona serata
Francesco Rocchi
www.francescorocchi@splinder.com
Pur trovando sempre molto ragionate e ragionevoli le Sue considerazioni e opinioni, specie nel campo scolastico, condivido lo scetticismo di un lettore del Giornale a firma Aleramo, che dice (spero sia lecito riportare opinioni altrui): "Nel nostro paese superpoliticizzato e iperantagonistico non si rischierebbe che l'inevitabile margine di discrezionalità dei valutatori finisse per sconfinare nella persecuzione degli avversari, per esempio quelli che spiegando storia non elogiano questo o quel movimento politico, o quelli che spiegando filosofia non valorizzano questo o quel filosofo?"
Ritengo che fin quando perdura l'onda lunga del '68 ("Tutto è politica"), non ci possiamo illudere. Anche perché i valutatori sarebbero in buona parte "sessantottini", cioè figli o nipoti del '68. Occorrerebbe nei valutatori un alto senso del dovere, quello che si è perso appunto dal '68 in poi. A mio parere urge una "rivoluzione culturale" anti-rivoluzionaria.
Caro Professore,
ho ricevuto tramite il mio sindacato (GILDA Insegnanti) il Suo testo sulla valutazione.
Mi sono permesso di riproporlo nel mio Blog integralmente e non tanto o non affatto perché ne condivida la quasi totalità, ma per il buon senso e l'equilibrio e la logica che Ella dimostra nel trattare la questione...
i miei umili complimenti e ringraziamenti.
qui il post relativo:
http://faustpatrone.blogspot.com/2011/01/tanto-di-cappello-giorgio-israel.html
mi permetta una battuta: ma come ha fatto una come la Gelmini a trovarsi in sintonia con Lei?
mistero... secondo me mistero.
Rispondo, con un po' di ritardo, a Barbara-S. per quanto riguarda la valutazione dei curriculum (curricula?) degli insegnanti.
Concordo sul fatto che esistano persone "gonfie" come i loro curriculum. Ne conosco anch'io, a scuola e all'università.
Qui però si dovrebbe discutere di valutazione "oggettiva" del curriculum e non dei tratti del carattere degli insegnanti.
Comunque, l'amico che ho portato a esempio è secco come un chiodo...
Caro Francesco, l'unico limite dell'Ofsted è la sua autoreferenzialità e l'ideologia che lo ispira. Vi sono ormai vari articoli che illustrano i suoi insuccessi. Caro Myosotis, non possiamo sempre stare fermi temendo il peggio. Se non si discute su un sistema serio di valutazione passeranno quelli peggiori, aziendalisti, basati sui test. Già ci siamo presi la certificazione delle competenze. Vogliamo continuare su questa strada? Grazie a Furio Detti per l'apprezzamento. Semplicemente dico quel che penso e se non sta bene mi ritiro. A Kummer: per pietà, lasciamo perdere questa storia: l'oggettività della valutazione NON ESISTE.
Io penso addirittura che le famiglie potrebbero avere un ruolo positivo nell'assuzione degli insegnanti, nel caso si decidesse, come io spero, di arrivare all'assunzione diretta degli insegnanti da parte delle scuole. Molti temono favori e nepotismi da parte dei presidi: le famiglie, poco interessate a veder sistemati i nipoti dei presidi, potrebbero avere una funzione di trasparenza e controllo. Ciò peraltro avviene i sistemi come quello finlandese, generalmente considerato ottimo.
gentile Francesco
in un Paese che dai Papi ai Principi ha fatto del nepotismo la logica portante del suo sistema dirigente/produttivo/gestionale vedo già le famiglie fare il tifo per un prof che passa anche gli incapaci assoluti con l'8 magari (e magari peggio....), fare pressioni sul preside o fare voto di scambio: io ti ho dato la cattedra, tu tratta bene ciccino.
già assisto a cose turpi e ribadicsco "turpi", in un sistema in cui teoricamente è una selezione a monte - già inficiata da varie gabole in graduatoria - a stabilire chi debba essere assunto, figurarsi in un sistema in cui la "famigghia italiana" detti le regole di trasparenza e faccia pressioni o controlli per far assumere dai presidi.
per tacer di certi presidi e delle loro personali simpatie/antipatie, per tacer di certi paesini in cui i vari "clan" familiari di amici-degli-amici trasmettono lo stesso clima nelle aule...
guardi in Finlandia funziona.
ma la Finlandia non ha avuto i suoi bravi Papa Borgia, Valentino e simili.... o se li ha avuto sono stati incidenti e non la regola.
Potrei raccontare esperienze dirette di gestione mafiosa di presidi, con le loro camarille di insegnanti (i peggiori) e le famiglie che li sostengono perché non danno compiti a casa e danno buoni voti a tutti (e poi vanno pure a farsi la pizza insieme).
Quanto alla Finlandia, lasciamo perdere. Ho già iniziato a documentare come questo gran successo sia un grande bluff. Del resto, dove stanno tutti questi grandi scienziati e intellettuali finlandesi?...
A Furio Detti
Va bene, abbiamo avuto i Borgia. Aggiungo che abbiamo anche la mafia, la camorra e la 'ndrangheta. Va bene tutto. Però allora è proprio inutile discutere di nulla. Nessuna idea si auto-realizza. Tutte dipendono dagli uomini che la realizzano. Se un preside è "mafioso" (ma perché poi partire dall'idea che i presidi siano tutti mafiosi?), non ci sarà regola o sistema che tenga.
Un sistema, ben congegnato, di responsabilità e riscontri mostrerà però quella "mafiosità", dandole nomi e cognomi.
In un sistema di automatismi al contrario non vi è responsabilità, e quindi neanche etica. Ad oggi nella scuola (e non solo) non ci sono margini di autonomia, ma la mafiosità impera (come lei drammaticamente descrive). Dando voce all'autonomia decisionale, ovvero creando un sistema opposto all'attuale, si teme che diventi "mafioso".
L'effetto precede la causa, in questo ragionamento.
Una domanda retorica: gli attuali presidi "mafiosi" sulla loro poltrona chi ce li ha messi? Come mai prosperano? O pensa veramente che prosperino "nonostante" un sistema che nei suoi mille cavilli permette di giustificare ogni cosa?
La Finlandia, infine, professore, è un paese con un tasso di sviluppo umano altissimo. Un paese che ha riformato la scuola nell'85 ed è passato dalle segherie alla Nokia.
Il fatto di non conoscere i suoi intellettuali, se mi permette, non vuol dire che non ci siano.
Ma chi ha mai detto che "tutti" i presidi siano mafiosi? Se si discute così meglio lasciar perdere.
E lei si è documentato sull'insegnamento della matematica in Finlandia, sulla base di quel che loro stesso dicono? Ottimo per risultare primi nei sondaggi Ocse-Pisa, pessimo per l'apprendimento della matematica propriamente detta. Ne ho accennato in un articolo e ho una documentazione al riguardo. Non nutriamoci di luoghi comuni.
Se si ritiene che un sistema aperto quale quello che io suggerisco non possa funzionare perché in Italia le pressioni indebite, i nepotismi, "la mafiosità" creerebbero le distorsioni di cui diceva Detti, devo presumere che si ritiene il numero dei presidi "mafiosi" abbastanza grande da creare disastri diffusi.
In altre parole: avrebbero senso le critiche che mi sono state sollevate se i presidi "mafiosi" fossero uno su mille? Ovviamente no. Evidente si ritiene che tali presidi sono tanti.
Io, peraltro, non parlo per luoghi comuni ma per averle lette, le prove dell'OCSE-PISA, che non riguardano solo la matematica, ma anche l'insegnamento delle altre scienze e la literacy (approssimativamente, la capacità di comprensione scritta). Però sono più che interessato a qualsiasi tipo di informazioni, questo è ovvio.
@Prof. Israel
Aarto Pasilinna, le basta?
Poi devo aggiungere che non è tanto questione di intellettuali "noti" ma di aver cervelli buoni. di questi tempi raramente chi è sulla cresta dell'onda vale qualcosa...
Caro Rocchi
la legge di causa-effetto non c'entra. c'entra invece la profonda incapacità degli Italioti di essere mediamente obiettivi e di preferire le comode scorciatoie del fare il meno possibile.
comunque non parlo di presidi "mafiosi" quanto di presidi paurosi. penso che i presidi capaci di sostenere una posizione autonoma, specie se non condivisa dalle famiglie, si contino sulla punta delle dita in Italia. i presidi e a cascata gli insegnanti hanno una paura matta. per loro meno si creano attriti fra scuola e famiglie e per attriti intendiamo qualunque cosa sia passibile di discussione, meglio è.
problemi = rogne
rogne = guai con le istituzioni
si ha paura di far incavolare i genitori; si ha paura di affrontare problemi veri e delicati, si ha paura persino della propria ombra. risultato? ognuno sceglie la via più facile e siccome a memoria d'uomo non si è mai avuto un genitore il cui figlio uscisse con un 7-8, protestare per abbassargli il voto, o protestare perché il figlio è troppo disciplinato e perfetto (ma una nota sul registro, mai?), ma semmai il contrario... indovinate un po' quale è la via maestra per evitare le rogne?
ecco che creare un sistema in cui la scelta dei docenti poggi su un semplice gradimento dell'utenza senza dei considerevoli distinguo significa creare un sistema peggiore dell'attuale. saremmo 100 volte più ricattabili come docenti e presidi di quanto non siamo già con le mani praticamente legate.
e pensi che io ho la fortuna di insegnare attualmente in un luogo che reputo tutto sommato un'isola abbastanza felice, ma ho visto anche scuole messe veramente male.
al di là della "mafiosità" che quando c'è davvero son dolori. io mi riferisco a rogne ben più ordinarie e meno delinquenziali ma non per questo non paralizzanti.
No, non mi basta affatto. Anche perché - concordo - se cominciamo con i nomi ne rovescio dieci volte di più di italiani e come la mettiamo? È giusto, è un problema di menti (non cervelli) buone. Ma proprio questo è il punto. La didattica finlandese funziona bene per avere successo nei test Ocse-Pisa, malissimo per formare a una vera cultura. Lo stanno dicendo loro, ma noi continuiamo a ragionare con i paraocchi Ocse-Pisa.
Caro Detti
Un preside pauroso e' un preside ricattabile, che deve il suo posto alle bizze di un burocrate e non ad un sistema trasparente di assunzione e valutazione.
Pero' e' vero: la paura e' un fatto diffuso. Passiamo il nostro tempo temendo ispettori (che in Italia sono ridicolmente pochi), superiori, ricorsi e genitori.
Cmq, per quanto riguarda l'assunzione dei docenti, io non ho detto che andrebbero assunti "dai genitori". Ho detto semplicemente che le assunzioni dovrebbero essere locali (da parte di presidi, collegio docenti, dipartimento e le autorita' scolastiche congiuntamente, credo io) e che i genitori potrebbero avere una funzione di *controllo*, in quanto sarebbero i primi a non essere interessati a cugini, suocere, generi del preside o dei colleghi.
Caro prof. Israel
Proprio perche' non si tratta di fare una lista di cervelli io parlavo di sviluppo umano, e questo credo sia incontrovertibilmente piu' alto in Finlandia che in Italia (con una certa coerenza di fondo con gli ocse-pisa, quindi). Ma a meno di non voler fare generalizzazioni banali, possiamo soltanto esprimere dei giudizi su dati che, nei limiti dell'umano e sia pure con approssimazione, siano oggettivi.
Il che ci riporta a bomba al problema della valutazione e della sua oggettivita'.
Con molta cordialità, mi viene da dire "incontrovertibilmente" un corno... Se questo è un modo di ragionare critico... Francamente sono anni che rifletto e scrivo sul tema dell'oggettività scientifica - abbiamo anche fatto un convegno alla Statale di Milano di recente sulla valutazione "scientifica" - per accettare di risolverla a battute "a bomba". Dire "oggettivo" è molto impegnativo e Ocse-Pisa non è oggettivo ... un corno...
Ai ben argomentati post di Detti e Rocchi (e avendo il prof.Israel già loro replicato in modo per me “incontrovertibile“ J) mi tocca rispondere con un caso personale, e me ne scuso in anticipo anche per lo scarso valore di prova. Però…
Agli inizi della carriera trovai lavoro come ins. di radiotecnica in una scuola professionale della Regione, in cui era il preside a scegliere gli insegnanti, col poco che pagavano non c’era la fila, fui assunto su semplice presentazione del mio predecessore. Erano corsi pomeridiani che di solito duravano pochi mesi per progressiva rarefazione degli allievi. Il mio durò due anni, cominciò con 15 allievi e terminò con 18. Un caso, eran ragazzi straordinari, ma insomma fu un risultato non comune. Chiesero un terzo anno, fu concesso dal nuovo preside, ma il sottoscritto venne licenziato e sostituito. Dal fidanzato della figlia del preside. Dopo il rituale paio di mesi il corso ritornò deserto. Per me non fu un danno, al contrario, avevo nel contempo trovato posto nella statale, ma l’amarezza (e lo stupore!) di veder funzionare così le cose non fu piccola.
Era un mafioso quel preside? Non mi risulta, ma di fronte al futuro genero neolaureato e disoccupato chi ero io e gli allievi?
In un istituto superiore della mia città è scoppiato anni fa un piccolo scandalo finito in tribunale: il preside, volendo dotare la scuola di un sito web si è rivolto a un insegnante della scuola stessa, esperto d’informatica. Il quale venne retribuito con alcuni milioni di lire, mi pare 5. A detta di altri esperti la pagina era così misera che non poteva aver richiesto più di pochi giorni di lavoro e i milioni del fondo d’istituto eran stati sprecati. Chi era l’insegnante? Il figlio del preside.
Son sicuro che il prof. Israel avrebbe esempi ben più “turpi” da proporci, ma quel che voglio dire è che l’”etica” italiana che spera di cambiare Rocchi è questa, sedimentata in saecula saeculorum, se si affida l‘assunzione ai presidi col controllo delle famiglie anziché alle graduatorie o ai concorsi quanto ci vorrà perché il circuito virtuoso sperato si affermi? Ammesso che mai succeda. Preferisco tenermi l’attuale sistema di cui tocco con mano tutti i difetti ma che qualche essenziale difesa dall’arbitrio la dà.
Saluti cordiali.
Certo che potrei fare altri esempi, ma preferisco fare un'altra considerazione generale che allevia un po' il solito discorso sulla nostra infamia italica.
Giorni fa un collega mi ha fatto osservare che "anche negli USA" i direttori dei dipartimenti universitari vengono eletti dai docenti del dipartimento (questo succede anche qui) e poi decidono su stipendi e assunzioni. Bene. E chi ha detto che questo sistema sia ottimale? Conosco parecchi casi di colleghi messi fuori dall'oggi al domani negli USA, e non perché si comportassero male, ma perché il loro indirizzo culturale non era confacente con quello che era stato deciso come dominante. Negli USA non è certamente facile trovare un posto nel campo della fisica teorica se non si è un adepto della teoria delle stringhe. Proprio l'altro giorno parlavo con una collega francese che lavora negli USA e che non ne può più dato che la tenure track le impone una didattica bestiale, e in 6 anni 2 lavori l'anno e 2 libri. Il contenuto poco importa, basta che sia attestato dall'aderenza ai parametri bibliometrici che non sono un fatto oggettivo ma espressione dell'ideologia e delle cordate dominanti. Quindi, andiamoci piano a buttarci sempre la croce addosso.
@ Nautilus
Mi permetto di dire che la sua storia è una pezza a mio sostegno.
Se, oltre al preside, anche le famiglie, i colleghi e provveditorato (sempre con funzione di controllo ma anche per competenza) avessero potuto dire la loro, lei sarebbe rimasto al suo posto.
Più importante: il suo corso è durato ben 3 anni, finché non è arrivato un raccomandato.
Nella scuola italiana delle graduatorie, lei avrebbe tenuto quella cattedra soltanto un anno. Poi le graduatorie avrebbero rimescolato tutto, e buonanotte ai suonatori.
Sul preside che ha dato la consulenza al figlio: questa cosa è successa col sistema attuale, non con quello che propongo io! Quindi l'attuale sistema che garanzie dà? Ben poche, mi pare.
In un sistema aperto di assunzione ci starebbe bene anche un codice etico tipo quello che si danno le Università: i consanguinei non possono essere assunti.
Infine: possiamo anche preferire le (poche) garanzie attuali, ma dobbiamo essere consapevoli che la scuola italiana fa abbastanza pena, in media.
Caro Rocchi
sulle graduatorie non ha torto, però diverso è (moralmente) perdere il posto per ragioni inerenti una regolamentazione imparziale, altro perderlo per il capriccio, diciamo così, d'un dirigente.
E' vero invece che se gli allievi avessero avuto voce in capitolo forse non sarebbe successo.
Sulla consulenza: il fatto è finito in tribunale, segno che qualche controllo ha funzionato, seppure a posteriori. E comunque l'esempio serviva a illustrare con quale tipo di familismo abbiamo a che fare.
Sulla considerazione finale purtroppo concordo, il mio timore conoscendo il nostro paese è che si possa fare anche di peggio.
saluti.
Per rispondere a Furio Detti, allrgando il campo all'intera penisola scandinava più Danimarca, citerei:
- Alvar Aalto;
- Søren Kirkegaard;
- Ingmar Bergman;
- Alfred Nobel;
- Hans Christian Andersen;
- Henrik Ibsen.
Più eventualmente Roald Dahl, che era di origine norvegese. Tutto qui? Sì, tutto qui. In Italia c'è stato ben di più, mi pare...
Il personaggio citato dal sig. Detti, tale Pasilinna è per me un illustre sconosciuto: cosa ha fatto, da essere menzionato? Grazie.
Approfitto dell'ultimo post per porgere attraverso Lei le mie condoglianze a tutti gli Ebrei per la morte dell'ex presidente delle Comunità israelitiche Tullia Zevi. Non saprei come comunicarle altrimenti.
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