Il
ministro Profumo lancia un “patto” per la scuola. Un “patto” è qualcosa che
presuppone un confronto, un accordo e allora è sembrato che fosse venuta l’ora
del dialogo e, in questo spirito, ho commentato l’intervista del ministro al
Messaggero in cui egli lanciava questa idea del “patto”.
Poi
ho letto la frase pronunciata dallo stesso ministro alla convenzione Diesse e
commentata sul Sussidiario da Fabrizio Foschi: «La scuola, come luogo fisico,
diventerà un ambiente di interazione allargata e di confronto, che mano a mano
supererà gli spazi tradizionali dell’aula e dei corridoi. La immaginiamo come
un vero e proprio Hub della conoscenza. Aperto agli studenti e alla
cittadinanza, centro di coesione territoriale e di servizi alla comunità, un
vero e proprio centro civico».
L’ho
letta e mi sono detto che è troppo, francamente troppo.
Dice
cortesemente il titolo dell’articolo di Foschi che al centro civico di Profumo
mancano le parole “educazione” e “docente” . Nel testo si dice che la scuola è
un’altra cosa. Infatti, al “centro civico” di Profumo manca semplicemente la
scuola.
Sarebbe
impietoso riferire i commenti di quei giovani che egli vuole sedurre (alla
maniera di quegli anziani descritti nella Repubblica di Platone) alla lettura
di questo brano. Un luogo fisico che supera gli spazi delle aule e dei
corridoi? Per allargarsi a che? Alla palestra, ai gabinetti (possibilmente meno
intasati e puzzolenti di quanto lo siano in media attualmente), al cortile,
fino a finire in strada? E quali servizi verranno prestati alla comunità?
L’emissione di carte d’identità, qualche piatto caldo, la visita medica per il
rinnovo della patente? “Hub della conoscenza”... Davvero inedita – ma per nulla
sorprendente – la contaminazione tra linguaggio ingegneristico e linguaggio da
centri sociali. Già, perché lasciando da parte le facili ironie, è proprio
questa contaminazione che costituisce il segno delle politiche ministeriali
dell’istruzione.
Basta
vedere il recente video zuccheroso e privo del più elementare senso dell’humour
affidato dal Miur al cantante Roberto Vecchioni (ma è proprio il caso di
buttare dalla finestra così i pochi quattrini disponibili?). Sfilano immagini
di inesistenti classi supermoderne, con un computer per banco (pardon,
tavolino), lavagne interattive multimediali, mentre si alternano volti
improbabili di ragazze e ragazze che si sganasciano in sorrisi da pubblicità di
dentifrici. Tutto così dolce, sereno e tecnologico. La voce suadente del
cantante “democratico” per definizione ricorda che «c’erano un tempo i libri di
carta, c’erano le lavagne col gesso» e - udite, udite – «un tempo si credeva
che si potesse imparare soltanto dalle maestre e dai professori»... Un tempo
c’erano i trogloditi, che insegnavano con carta e gesso, bastonando con la
mazza chi non ascoltava e obbediva. Oggi apprendiamo dalla vita... C’è
internet, ci sono i libri elettronici, le lavagne digitali e «noi insegnanti»,
mettendo via la mazza da trogloditi, abbiamo persino capito che abbiamo da
imparare dai ragazzi.
Viene
in mente l’inossidabile commento di Platone sul «bello e baldanzoso principio
da cui si genera la tirannia»: «che il maestro tema e aduli gli scolari, e gli
scolari facciano poco conto dei maestri e dei pedagoghi; e in tutto i giovani
si mettano alla pari con gli anziani e con essi gareggino a parole e in atti; e
i vecchi cedendo ai giovani si mostrino pieni di arrendevolezza e imitino i
giovani per non sembrare né sgraditi né autoritari». È la fotografia delle
visioni del nostro ministero.
Quanto
precede apre territori sterminati al sarcasmo ma con quale utilità? Lo
spettacolo non è serio, ma la situazione è grave e c’è poco da ridere. Per
imbastire discussioni costruttive occorre un terreno minimo di serietà. Si può
parlare di tutto, confrontare dottrine pedadogiche diverse, anche dibattere
sulla figura dell’insegnante tra “maestro” e “facilitatore”, ma quel che non è
ammissibile è proporre come base una rappresentazione caricaturale al limite
dell’autolesionismo per cui tutto finora sarebbe stato un colossale errore e
soltanto adesso avrebbe inizio la storia di una vera scuola moderna e
“democratica”. E quale incosciente pretesa farlo dal fondo di una crisi epocale
del sistema dell’istruzione su cui pure hanno avuto campo libero da qualche
decennio proprio quelle teorie sventolate come toccasana! Nessuna discussione
seria è possibile se si prende come punto di partenza la derisione della scuola
della carta e del gesso, che dava un ruolo troppo centrale a maestre e
professori, come se quella scuola non avesse prodotto il meglio della cultura
nazionale di fronte al quale l’immagine del presente desta un senso di pena.
È
semplicemente penoso confrontare le barriere sociali che pone la scuola di oggi
– tanto più quanto più solletica idee ludiche e si prostra davanti al soggetto
studente – di fronte all’ascensore sociale che era possibile nella scuola
italiana postunitaria; quando il futuro “signor scienza italiana” Vito
Volterra, figlio di una vedova indigente e destinato al mestiere di impiegato,
riuscì a farsi valere in un Istituto Tecnico sotto la guida di un professore di
fisica che ebbe l’autorità (quale professore di Istituto Tecnico l’avrebbe
oggi?) per farlo entrare alla Normale di Pisa.
Nessun
rimpianto per vecchi modelli ma, per favore, lasciar sfottere un passato
rispettabile da un canzonettista, con slogan di una retorica vuota e bolsa,
indica il livello culturale cui è giunto il nostro ministero, capace ormai
soltanto di un dirigismo statalista e di operazioni di propaganda che indicano
la discendenza dal modello autoritario costruito da Giuseppe Bottai. Cosa di
buono può venire da tutto ciò?
Il
ministro Profumo è da poco al ministero e non è responsabile di tante cose
negative accumulatesi nei decenni e di cui portano la massima responsabilità
diversi suoi predecessori. Ma è ormai il caso di chiedersi cosa abbia fatto di
buono in questa breve permanenza.
1)
Si è trovato davanti al dossier del nuovo regolamento per la formazione degli
insegnanti e invece di implementarlo ha dato spazio alla guerra della dirigenza
ministeriale contro i numeri proposti dalle università per le lauree magistrali
e per il Tirocinio Formativo Attivo.
2)
Ha definitivamente affossato le dette lauree magistrali per la formazione degli
insegnanti, che erano uno degli aspetti più innovativi di quel regolamento e la
cui preparazione aveva stimolato un inedito coinvolgimento delle università nel
rapporto con le scuole.
3)
Ha lasciato che le prove di ammissione al TFA fossero gestite nel modo più
contrario allo spirito del regolamento e cioè con batterie di test che, anziché
servire a una scrematura iniziale, sono state una esibizione indecorosa di
nozionismo e di errori sesquipedali.
4)
Anziché cassare queste prove, chiedere scusa e ricominciare in modo serio, ha
fatto “aggiustare” la baracca da una commissione in forme a dir poco
discutibili.
5)
Alla vigilia dell’esame di maturità, di fronte alla richiesta di pronunciarsi
contro la prassi del “copiare”, ha nicchiato ed ha evitato di prendere
posizione. Basterebbe questo a dire quanto sia “internazionale” la posizione
del ministro, ove si pensi a quanto sia considerato scandaloso copiare negli
USA, dove si è scatenato un dibattito acceso circa le vie oblique che
offrirebbe al copiare la procedura del “copia e incolla” da internet.
6)
Ha preso posizione con grande leggerezza sul tema dei compiti a casa, che
merita riflessione e non dichiarazioni estemporanee e su cui, comunque, il
ministero non deve mettere becco, lasciando al docente la libertà di
metodologia didattica, a meno di non tornare a stili autoritari di stampo
“bottaiano”.
7)
Ha fatto dichiarazioni a ruota libera sulla scuola che deve diventare web community,
con la sostanziale abolizione dei libri, mentre le conoscenze debbono essere
costruite attraverso lo studio collettivo e in rete degli studenti,
“verificate” in classe con l’aiuto dei docenti, in un’alternanza
docente-studente sulla cattedra. Il tutto per finire con la proposta della
scuola come “centro civico”.
8)
Ha promosso un concorsone per la scuola il cui bando sulla Gazzetta fa
inorridire: sembra un esame per la patente di guida, con la pretesa di
verificare con test le competenze “logiche e deduttive” e un esame per
discutere come si gestisce una classe. Ciò si accompagna alla ripetuta
affermazione del ministro secondo cui le conoscenze sono meno importanti dello
“stare in classe”. Il ministro dovrebbe avere il buon gusto di rendersi conto che
egli non è Aristotele e che non basta affermare una cosa (tanto discutibile)
perché sia vera e tantomeno per farne l’ossatura di un concorso di stato (torna
ancora Bottai).
9)
Ha fatto una proposta di aumentare l’orario dei professori a 24 ore che non merita
altro commento se non quello del professor Ferratini sul Corriere della Sera:
“chiacchiere da bar”. Le quali però rischiano di diventare realtà, di provocare
un altro sconsiderato taglio proprio sul fronte su cui andrebbe evitato e di
produrre un ulteriore degrado della figura dell’insegnante verso quella
dell’“istruttore”, che passa di classe in classe come una sorta di badante (il
che sembra essere voluto, perché è plateale la coerenza con i propositi di cui
al punto 7).
10)
Sul fronte universitario il ministro Profumo ha lasciato che l’Anvur (Agenzia
nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca) si arrogasse
poteri non previsti dalla legge di riforma, in particolare quello di definire
mediante criteri numerici chi ha o non ha diritto di essere commissario per
l’abilitazione nazionale e di presentarsi al concorso. Ha lasciato che l’Anvur
definisse criteri basati su un calcolo della “mediana” a livello nazionale, che
non sono adottati in nessun paese del mondo, ignorando con intollerabile
supponenza le critiche pur fondate su un’ampia letteratura internazionale. Ha
patrocinato la messa in opera di un sistema di valutazione di stato sotto il
controllo di un ente irresponsabile, il che ancora rappresenta un caso unico al
mondo di dirigismo che può essere spiegato soltanto con l’inossidabile eredità
di stile bottaiano.
11)
Ha ignorato gli innumerevoli errori commessi dall’Anvur nei suoi calcoli, il
fatto stesso che il ripetuto cambiamento di algoritmo della mediana indicava il
carattere totalmente arbitrario (altro che “oggettivo”!) del procedimento
adottato. Ha ignorato lo scandalo di decine e decine (ma il numero continua ad
aumentare) di riviste per nulla scientifiche che l’Agenzia ha accreditato come
scientifiche. Ha ignorato il fatto che con i calcoli dell’Anvur sono state
escluse a priori dal ruolo di commissari persone riconosciute in Italia e
all’estero come di grande prestigio, magari ammettendone altre che tale
prestigio non hanno.
12)
Non ha fatto quel che doveva, ovvero sconfessare e sciogliere l’Anvur, e in tal
modo si è reso corresponsabile delle sue imprese.
Vi
sarebbe dell’altro ma quanto precede basta e avanza. Il ministro Profumo è
riuscito nell’impresa di fare un numero incredibile di cose sbagliate e
perniciose in un tempo ristrettissimo. Dovrebbe avere almeno la sensibilità di
ritirarsi prima di provocare altri guasti.
41 commenti:
Quando penso a tutto quello che c' è stato fino a un paio di anni fa per la Gelmini, la distruttrice di scuola e università...
Da standing ovation. Soprattutto, dal mio punto di vista, quando fa rilevare la concordanza tra i punti 7) e 9): è questo il miglior commento possibile alla questione delle 24 ore di cattedra, e mi deprime (ma, purtroppo, non mi sorprende) che tendenzialmente i sindacati e anche altri commentatori riducano la faccenda alla mancata contrattazione e al mancato aumento di stipendio.
Bottai, però, accanto ai torti elencati, e a quello assai più grave e imperdonabile del sostegno incondizionato alle leggi razziali, ebbe almeno il merito di portare avanti le idee di Argan e Brandi sulla tutela del patrimonio artistico (per il comportamento dell'attuale Governo in proposito, basta leggere l'articolo di Carandini sul Corsera di oggi).
Inoltre, a giochi finiti, ebbe gli attributi per espiare (almeno parzialmente) le sue colpe arruolandosi nella Legione Straniera (certamente così si mise al sicuro, ma non si può dire che abbia scelto una soluzione facile). Non credo si possa sperare di vedere un giorno l'attuale Ministro fare altrettanto.
Ma è proprio quello il guaio. Bottai, in otto anni di ministro dell'Educazione nazionale ha creato un modello autoritario allucinante, con strutture come la commissione per la bonifica del libro (anche e soprattutto scolastico). Poi, da vero furbacchione, con la rivista Primato ha riciclato una gran quantità di fascisti, creando un ponte da destra a sinistra. E così si è salvato e il suo "magistero" pesa ancor oggi su di noi. Mentre Gentile, che è stato ministro solo due anni e hanno commesso molte meno malefatte, è finito sparato. Questo è il paradigma di tutti i mali italiani.
Questo è vero, non ci avevo mai pensato in questa chiave. Tuttavia io non mi riferivo tanto a "Primato" quanto alle leggi 1089 e 1497 del 1939 e all'Istituto Centrale del Restauro.
Per quanto riguarda il confronto con Gentile, non ci sono dubbi, eppure la vulgata vede ancora quest'ultimo come causa dei mali della scuola fascista, mentre di Bottai (e persino di De Vecchi) si parla assai meno.
Credo c'entri la coda di paglia dei successori di chi favorì l'agguato a Gentile e di chi, appunto, si riciclò a sinistra. Oltre al fatto che, come Lei dice, certe concezioni correnti trovano assai maggiori affinità nei due successori di Gentile.
Ma perche', da tanti governi a questa parte, di destra e di sinistra, quello dell'Educazione-Ricerca-Universita' e' SEMPRE il ministero piu' sfigato? Gli altri ministeri, almeno, alternano, uno bene, uno male, uno bene, uno male. "Noi" no: sempre male! E che dire: col senno di poi, la bistrattata Moratti, alla fine, non era poi il fondo del barile ...
Lucio Demeio.
Mi sembra che ogni nuovo ministro dell'istruzione faccia rimpiangere quello precedente, per quanto male se ne sia detto a suo tempo.
Segnalo un articolo sugli effetti esilaranti delle valutazioni ANVUR: http://www.unipd.it/ilbo/content/come-diventare-un-cattedratico-di-latino-allinsaputa-del-latino
La retorica degli insegnanti che imparano dagli alunni passa candidamente nello spot con Vecchioni.
Questa ideuzza, volgarmente ammiccante verso un implicito, sottaciuto, capovolgimento dei ruoli e delle funzioni, è un paradosso che, sostenuto dall'ironia, sarebbe divertente. Ma il paradosso, in se stesso, è soltanto un'idiozia, è tutt'altro che spiritoso. (Questo è il motivo per cui “I viaggi di Gulliver” è un testo che, in genere, non diverte i ragazzini: un paradosso dietro l'altro annoia, se non si è grado di cogliere l'ironia, che richiede doti intellettuali).
Tuttavia, questa ideuzza dell'imparar dai fanciulli potrebbe essere impugnata e diventare l'arma della rivolta, nel caso in cui passasse l'altra idea, gloriosa, delle 24 ore ai docenti.
Considerata la mia stanchezza di insegnante che antiquatamente non fa che spiegare, stroncato dalla fatica di ore 18 di impegno lavorativo anacronistico, userò l'arma del nemico: gambe a cavallo, impugnerò test, quiz, aperture al sociale, un po' di cognitivismo, un po' di Lim, e soprattutto starò comodamente in ascolto di quelle verità mai sospettate che i miei alunni saranno in grado di sviscerare, o meglio, di scervellare, alimentandomi alle fonti multiple dei loro molteplici saperi: gli alunni si auto-alimenteranno e la nuova dieta, ne sono certo, darà ottimi risultati, li prevedo già in perfetta forma.
Per favore, non mollate tutti, altrimenti è la fine...
Professor Israel,
Grazie per averlo detto Lei: "Non mollate". Faccio parte della categoria dei "genitori qualunque", perciò non osavo esprimere questo pensiero, soprattutto perchè comprendo le ragioni del legittimo sfogo dei tanti bravi insegnanti che la seguono.
Posso solo aggiungere che in questo periodo storico tutti siamo chiamati a dare molto di più.
I titolari della mia azienda, a parità di guadagno (se va bene), sono costretti a rincorrere i clienti in ogni angolo del mondo, e ciò comporta soggiorni all’estero sempre più lunghi e sempre più frequenti. Impiegati ed operai, a parità di stipendio (quando ce l’hanno), spesso lavorano molte più ore rispetto alle 40 settimanali, per soddisfare clienti sempre più esigenti o semplicemente per mantenere il proprio posto di lavoro.
Nessuno di noi deve mollare, secondo me. Un nuovo equilibrio va ricercato, senza mai smettere – ognuno nel proprio ambito - di dare il massimo.
Comunque mi riesce difficile pensare che chi per tanti anni ha svolto la professione di insegnante con tanto amore possa ad un certo punto “resettarsi”, per quanto motivate siano le sue ragioni.
Pare che questa idiozia delle 24 ore di lezione settimanali sparirà. Meno male.
Riguardo l'ANVUR: non intendo difendere il Ministro e i componenti dell'ANVUR, ma mi pare che Lei dimentichi di prendersela con una categoria: i suoi colleghi. Se la lista delle riviste scientifiche comprende Yacht Capital et similia, la colpa è in primo luogo dei docenti universitari.
Premetto che sono una Pedagogista e di conseguenza ne so più di un Matematico riguardo la scuola!!!! Il fatto che si voglia rimodernare la scuola con le lavagne interattive e i libri non più di carta non è poi così sbagliato... Il voler opporsi a tutti i costi è come dire che il bucato si deve continuare a farlo a mano perchè la lavatrice è un oggetto tecnologico che funziona a casa nostra senza bisogno di portare i panni al fiume!!!! Se la tecnologia è accompagnata comunque dai valori non c'è nulla di male a portarla avanti!!La scuola si deve rimodernare, basta con i vecchi e preistorici programmi scolastici...fuori dalle mura scolastiche ci sono miriadi di problemi che invadono i giovani in continuazione, e quando un giovane si pone una domanda bisogna dare delle risposte, non imbottirlo di Divina Commedia e lasciarlo poi completamente sbandato e confuso una volta finite le 5 ore scolastiche!!! Sa che il tasso di abbandono scolastico cresce sempre di più??? In termini di "pratica" e di educazione alla vita cosa offre la scuola di oggi??? Come sono educati i giovani di oggi?? Mi piacerebbe che i "Professori" si avvicinassero di più al mondo giovanile e li ascoltassero per accompagnarli nella loro crescita invece di restare chiusi nel proprio mondo, perchè quest'ultimo è in movimento e non immobile!!!
Sono d'accordo in linea di massima con grilloparlante. Certo che la scuola si deve ammodernare e rinnovare anche in termini di ausili tecnologici ed informatici. Non vedo perche' le "lavagne interattive ed i libri non piu' di carta" non possano rappresentare un miglioramento sul piano didattico. Vedo pero' due critiche legittime. La prima e' l'edilizia scolastica. D'accordo con le LIM, ma prima facciamo che non piova in classe e che non ci siano i topi! La seconda e' una critica piu' sostanziale: la civilta' dell'immagine e dell'interazione virtuale ha prodotto, come danno collaterale, una carenza nella capacita' di prestare attenzione e di concentrazione, quelle che servono per imparare. I giovani di oggi sono disabituati all'attenzione continuativa, devono vedersi cambiare immagine ogni pochi minuti. E' una qualita' che la lettura tradizionale e lo studio tradizionale alimentano molto meglio. Forse, alla fine, dipende molto dalla preparazione del docente nell'utilizzare gli strumenti tecnologici.
Cordialmente,
Lucio Demeio
Condivido in toto il commento di Lucio Demeio. Casa mia è piena di tecnologia e i miei figli usano computer e iPad, ma quel che conta sono i contenuti, cosa ci si mette dentro. E non mi pare una buona idea cominciare col buttare al secchio la Divina Commedia. Osservo che può accadere che un pedagogista ne sappia più di matematica di un cattivo matematico e viceversa. E non è che aumentando il numero di punti esclamativi e interrogativi si rende più convincente un argomento.
A Mac67 dico che che attaccando l'Anvur attacco proprio quei (non "i", se permette) docenti universitari che si macchiano di poca serietà. Intanto, vorrei notare che il Cineca consente di mettere qualsiasi pubblicazione, e quindi si può inserire anche una pubblicazione rispettabile, ma non scientifica, su una rivista rispettabile ma non scientifica, e anche cose poco rispettabili. Stava all'Anvur fare una selezione. Altrimenti che ci stanno a fare a suon di 200.000 euro annue? Di docenti universitari poco seri ce ne sono, eccome, come in tutte le categorie: insegnanti di ogni ordine e grado, magistrati, medici, ecc. ecc. Ripeto che le selezioni si fanno proprio per scartare gli immeritevoli. Ma se proprio l'Anvur si presta a coprire le porcherie, allora è molto più colpevole dei colpevoli. Sarebbe un poliziotto che si gira dall'altra parte vedendo un furto. E si noti che, mentre la prima volta si sono scusati dicendo che era una svista e che aveva corretto tutto, ora che è saltato fuori che le riviste non scientifiche sono quasi un centinaio, e ne stanno uscendo fuori continuamente altre, cos'hanno fatto: hanno scandalosamente e spudoratamente difeso il loro operato, avvallando la scientificità di riviste impresentabili. Prego di leggere l'autodifesa di Ribolzi e Castagnaro sul Sussidiario. Un vero scandalo. Se non fossimo in regime di sospensione della democrazia, il Parlamento avrebbe dovuto mandarli via a pedate. Quindi, ripeto: la colpa dell'Anvur è di essersi fatta specchio e complice del peggio che c'è all'università.
Egr. ilgrillopensante,
premetto che la premessa, o l' assunto, secondo cui un pedagogista ne saprebbe più di scuola di un matematico solo per il fatto di essere un pedagogista non è affatto evidente, neanche lontanamente. Inoltre (opinione personale) questa ouverture è davvero deprimente.
Certo volersi opporre a tutti i costi alle innovazioni tecnologiche in fatto di didattica non ha senso, ma non si tratta sempre di opposizioni "a tutti i costi" (cioè di principio). Spesso le critiche sono sensate e circostanziate (per esempio, quella del prof. Demeio), e non ricevono mai risposta nel merito delle questioni sollevate. Mai. In certi casi, addirittura, si ha la netta impressione che LIM e compagnia bella non siano neanche mezzi o strumenti per migliorare la didattica di questa o quella disciplina, ma un fine in sé stessi. Non a caso, parte del suo intervento può sintetizzarsi con «basta con i vecchi programmi, sì alle lim e tutti a discutere sui problemi dei giovani» (neanche dovessimo diventare tutti psicologi o assistenti sociali): contenuti riservati al sapere e alla cultura autentica, zero. Dato che una scuola impostata così non è mai esistita in alcun tempo e in alcun luogo, viene da chiedersi come avranno fatto i giovani del passato a darsi delle risposte, (anzi a riuscire a compiere qualsiasi cosa) così sbandati e confusi come erano, e se il passato non sia in realtà solo un' immenso vuoto, totale assenza di senso e di utilità.
Mi trovo invece d' accordo sul fatto che la scuola di oggi in molti casi (e salvo benemerite eccezioni) non offra molto ai giovani, ma questo avviene precisamente nella misura in cui essa non trasmetta contenuti autentici, non incrementi la conoscenza, non educhi allo sforzo dello studio organizzato e paziente. Insomma, quando non fornisce ai giovani quegli strumenti essenziali per tenersi a galla in quell' oceano tempestoso e spietato che ormai lambisce le sponde di tutte le nazioni, il mondo del lavoro.
P.S.: quella dei programmi «preistorici» mi fa sempre sorridere. Forse che ad un bambino delle elementari non si debba più insegnare a leggere o a scrivere, o non si debba iniziarlo ai primi rudimenti di matematica e grammatica solo perché questo approccio è "vecchio"? Che facciamo, partiamo direttamente dalla poesia del '900 e dalla teoria delle categorie?
l'ho già scritto e lo ripeto, se passa questa porcheria delle 24 ore io mollo, mi resetto senza pensarci un minuto, e non mi importa niente se nell'azienda della signora raffaella lavorano di più per affrontare la crisi. lo spirito di rivalsa dell'italiano medio contro l'insegnante fannullone non merita altro.
lo stesso nulla merita pure la pedagogia propugnata da grilloparlante, un programma di una miseria intellettuale e umana da farmi sospettare che sia una beffarda caricatura del pedagogista medio
Gentile Grilloparlante, qui nessuno afferma che si debba tornare alla penna d'oca e al calamaio. Nessuno vuole opporsi a tutti i costi ad alcunché. Tuttavia, poiché sono un insegnante di una materia progettuale e sto in laboratorio informatico per almeno sei ore alla settimana con i miei alunni, mi consentirà di dire la mia anche se non sono un pedagogista.
Innanzitutto, quella dei nativi digitali è una grandissima balla nella quale può credere soltanto chi ha un complesso di inferiorità nei confronti del computer perché non lo sa usare. I miei alunni (intorno ai 16 anni di età, quest'anno), mediamente, saranno anche bravissimi a postare immagini e cliccare "mi piace" su FB. Ma non conoscono l'uso del computer al punto che inseriscono un file dalla mia chiavetta USB senza copiarlo, poi la staccano per restituirmela e si sorprendono se il computer si impalla. Non sanno navigare nel senso di fare ricerche metodiche utilizzando i motori di ricerca e individuando i siti appropriati. Certamente saranno in grado di imparare tutto ciò con maggiore rapidità di quanto abbia fatto io a suo tempo, ma l'idea di un cervello multitasking in simbiosi con l'elaboratore è una pura fesseria.
Poi, quando sento dire che dovrei usare il registro elettronico portandomi il mio notebook da casa e quando si promettono LIM a scuole le cui aule non hanno i requisiti di visibilità previsti dalla legge vigente per l'uso di videoterminali, mi consenta di sentirmi un po' preso in giro.
Inoltre, e soprattutto, il computer è uno strumento. Potentissimo e in grado di aiutarci a compiere operazioni che prima erano inimmaginabili, ma uno strumento.
Ora, anche senza scomodare McLuhan, è ovvio che l'uso di uno strumento non è indifferente e che uno strumento così potente modifica strutturalmente l'attività per la quale è impiegato. Ma senza conoscere determinate basi e fondamenti che non si trovano nel computer stesso, ma vanno appresi - preliminarmente o contestualmente, ma vanno appresi - si finisce presto come il cap. Schettino.
Inoltre la formazione culturale di base è imprescindibile. L'ing. Dante Giacosa, il genio che ha progettato le più belle automobili Fiat prima che quest'ultima facesse la fine che ha fatto (e che ha inventato lo "schema Giacosa", modello strutturale ancor oggi applicato in tutte le auto dei segmenti inferiori), era solito ripetere che il suo segreto era quello di possedere una cultura classica. Più di recente, per rimanere nello stesso ramo, il capo del design della Renault ha affermato che chi progetta soltanto con il computer è in grado di modellare soltanto patate informi, anche se magari sullo schermo hanno un bell'aspetto.
E se questo vale in un settore tecnico come la progettazione automobilistica, figuriamoci quanto può valere in discipline come l'Italiano e la Matematica.
Per quanto riguarda la Divina Commedia, eviterei proprio di chiamarla in causa. Se la scuola italiana non ha la capacità di far amare opere come quella di Dante, perde qualsiasi ragione di essere.
Infine, se io ho potuto imparare (a mie spese) a usare il computer in modo da poter guidare i miei alunni, è stato perché il mio orario di cattedra mi ha lasciato il tempo di farlo. In futuro, a quanto pare, ciò non mi sarà più possibile.
Certo, in futuro dovrò essere un facilitatore che assiste ammirato ai loro progressi spontanei; ma chi sa perché, al momento, appena li lascio senza guida per qualche minuto si mettono a giocare.
Perdonatemi, ma il grillopensante ci stava prendendo in giro? Si faceva due risate alle nostre spalle? Non posso credere che un simile commento sia serio e firmato da un vero pedagogista: altrimenti dovrei pensare che ciò che si dice in giro della superficialità e della scarsa cultura dei pedagogisti sia pura verità, e non mi permetterei mai di formulare simili ipotesi. A parte il fatto che un esordio come: "Sono una Pedagogista e di conseguenza ne so più di un Matematico riguardo la scuola!!!!" è gratuitamente spiacevole, alquanto immodesto (e nel caso specifico certamente fuori luogo), e soprattutto puerile (neanche mia figlia di sette anni si esprime così quando discute con le amichette), e a parte il fatto che sarebbe il caso di dire "riguardo alla scuola" (perché anche sapere l'italiano è importante, quando si danno lezioni agli altri), ciò che stupisce di più è la frase successiva: "La scuola si deve rimodernare, basta con i vecchi e preistorici programmi scolastici...fuori dalle mura scolastiche ci sono miriadi di problemi che invadono i giovani in continuazione, e quando un giovane si pone una domanda bisogna dare delle risposte, non imbottirlo di Divina Commedia". Ma la nostra grillopensante ha mai pensato che la Divina Commedia risponde da sola a un bel po' di domande importanti? Certo, ad averla letta, s'intende... Si figuri la nostra Pedagogista che perfino leggere un certo Sofocle - ben più ammuffito di Dante, roba di 17 secoli prima - è un cospicuo aiuto non tanto a darsi delle risposte quanto a porsi delle domande più sensate (perché già Sofocle aveva capito che dare risposte definitive ai grandi problemi della vita è cosa piuttosto ardua e un tantino in odor d'arroganza). I problemi che a miriadi (marcata tendenza all'iperbole) "invadono" a passo di carica i giovani, sono appunto problemi che la lettura di classici come quelli che lei giudica così antiquati aiuta a porre nella luce migliore: che sia perché sono dilemmi universali che l'uom si pone da millenni? In base a quali dati in suo possesso asserisce apoditticamente che i professori siano chiusi in un mondo a parte, che non ascoltino i giovani e non li accompagnino nella crescita? È chiaro che lei non è un professore, se dice cose siffatte. Io lo sono e le assicuro che non frequento gli intermundia e non ho accesso, ahimé, all'Iperuranio (anche se mi piacerebbe tanto): ma posso garantirle che i miei alunni mi ascoltano con interesse quando parlo di Lucrezio, Euripide e Seneca; che discutiamo spesso animatamente sulle cose che questi autori dicono, perché sono le stesse cose su cui si interrogano anche i giovani ogni giorno. Anzi, i giovani sono ben felici che ci sia qualcuno che li stimoli a interrogarsi sulle grandi questioni, sulle grandi sfide dell'esistenza, che non sono come le sfide dei videogiochi. Che il mondo sia in movimento e non immobile, mi duole dare questa notizia ma è mio dovere professionale, l'aveva già detto il filosofo Eraclito: dunque è verosimile che i docenti abbiano qualche contezza del fatto e si siano a suo tempo interrogati sull'enigmatico "panta rei", ricavandone forse qualche linea-guida nel loro relazionarsi col mondo. Come sono educati i giovani d'oggi, lei si chiede. Ebbene, io spero meglio che con qualche esile chiacchiera a buon mercato e con superficiali proteste di "modernità" che non hanno la minima cognizione delle radici dalle quali dovrebbe scaturire l'ammodernamento. P. S. Anch'io uso la lavatrice e il computer, ho un corso on line dedicato ai miei studenti, conosco la rete e navigo piuttosto bene. Uso anch'io - e faccio usare - i testi interattivi; però ci penserei molto bene prima di mandare al macero i libri di carta e i vocabolari da sfogliare. E anche le matite con cui prendere appunti sui testi originali, e il confronto con una lavagna di ardesia inesorabilmente vuota e impermeabile ad ogni clic, qualora a fare clic non sia il funzionamento del cervello di chi le sta davanti col gesso.
Fare legna: forse mi sbaglierò, ma il tono del Suo commento fa pensare che lo "spirito di rivalsa" sia invece un pò Suo, evidentemente e comprensibilmente stanco dei soliti luoghi comuni. Per quanto mi riguarda, non ho mai ritenuto che la Sua fosse una categoria di fannulloni, anzi. Dico solo che i cambiamenti (lavorare di più e guadagnare di meno) riguardano oggi, se non tutti, sicuramente molti.
Non ho ovviamente nessuna pretesa che Lei dia ascolto all’”italiano medio”, ci mancherebbe, mi limito a condividere l’invito a non mollare giunto dal Professor Israel.
Poi ovviamente ognuno fa come crede, con la differenza che se a Lei non gliene frega niente di come le aziende affrontano la crisi, a me invece di come gli insegnanti reagiscono alle varie riforme, ivi compresa questa trovata delle 24 ore, interessa abbastanza; spero infatti che i miei figli non trovino mai sulla loro strada un insegnante “resettato”, per quanto valide e legittime possano essere sue le ragioni, e in questo, Le assicuro, non c’è alcun desiderio di rivincita da “italiano medio”. Nutrirebbe la stessa speranza anche Lei per i Suoi cari.
Gentilissima Raffaella, ha ragione. Ci perdoni se alle volte sembriamo un po' bruschi, ma capita che ci sentiamo esasperati. Lo siamo davvero, in questo periodo, noi docenti. Apprezzo moltissimo i suoi toni pacati e cortesi e vorrei che tutti i genitori dei miei alunni fossero come lei, ma comprendo anche lo sfogo del collega Fare legna, perché pureoppo un pensiero come quello che lui ha fatto - gettare la spugna e buona notte - in effetti l'ho fatto anch'io; e sono veramente delusa da come il governo pensa di poterci trattare mostrandosi corrivo ai più beceri e ignoranti luoghi comuni sul lavoro degli insegnanti. Mi conforta invece moltissimo che ci sia gente come lei e come il prof. Israel col suo: "Non mollate", che mi ha commosso per la considerazione e il rispetto che dimostra per l'importanza del nostro lavoro e del nostro impegno quotidiano in classe.
Sono dalla parte di entrambi. Anch'io, come insegnante, ho provato tante volte il desiderio di buttare tutto all'aria, di fronte a uno sfacelo inarrestabile: all'università accadono cose non molto diverse da quelle che accadono nella scuola. Come genitore e come cittadino penso che se tutti mollassero sarebbe la fine. Un insegnante di scuola ha un ruolo molto più importante di un docente universitario per la funzione che ha sui ragazzi e sono convinto che, sebbene vi siano parecchie mele marce (come ovunque) è nella categoria degli insegnanti che si trovino veri e propri "eroi" che resistono con quattro soldi sulla breccia. Spero che si riesca a fermare questa deriva folle. Spero che si riesca a farlo anche per l'università dove - me lo lasci dire Mac67, se passa la linea anvuriana è il trionfo di un potere baronale di un arbitrio e di una prepotenza da far impallidire quello di un tempo (e oltretutto molto ma molto più ignorante).
Se ho scritto certe cose è perchè vedo una realtà scolastica un pò diversa... quando un preside di una scuola media superiore(anni più critici e delicati della formazione di un ragazzo/a) suddivide le classi facendo in modo che i "figli di papà" stiano in una e i "figli di nessuno" stiano in un altra, mi cadono le braccia a terra. Quando nella stessa classe si concentrano ragazzi con famiglie in estrema povertà, ragazzi con famiglie appartenenti a giri malavitosi, ragazzi che nemmeno mettono un piede dentro la scuola perche "costretti" a lavorare dalla stessa famiglia, come si fa a fare lezione proponendo poesie di Manzoni, Leopardi o Dante? Io non sono contro l'istruzione (e mi dispiace se è questo che è passato) ma la mia era una provocazione. Ma proporre la Divina Commedia a un ragazzo che "da grande" vuole <> non mi sembra il programma più "azzeccato" per rispondere alle problematiche che quel ragazzo ha. Come si fa a lavorare in queste condizioni? Ci sono realtà dove le famiglie sono praticamente assenti e il fatto che la scuola faccia altrettanto mi fa rabbrividire. Gli insegnati di questa classe si sono praticamente arresi, e non fanno nulla per recuperare i ragazzi perchè tanto <>. Bisogna invece coinvolgere i giovani, farli innamorare della scuola, fargli capire che è davvero bello oltre che utile andare a scuola e la tecnologia a mio modo di vedere è (forse oggi) l'unica cosa che riesce a trascinare i ragazzi e la loro voglia di fare. Quindi quando il Ministro Profumo dice che <> io non ci trovo niente da criticare anzi che ben venga una scuola così.
Quindi caro Pat z per sua sfortuna ho letto (e anche molto) la Divina Commedia e mi dispiace per lei ma conosco anche il buon vecchio Sofocle, caro amico di Pericle, ed entrambi si dedicarono moltissimo alla politica e all'idea di una partecipazione democratica alla vita sociale. Peccato che nella realtà in cui opero io i "professori" pensano che sia inutile recuperare i ragazzi perchè quello che a loro interessa è svolgere la regolare attività scolastica e finire "il programma" entro i tempi stabiliti...il resto non conta. Cordiali saluti a tutti.
Caro Professore, intanto concordo sulla precisazione "quei", non voglio certo fare un discorso qualunquista.
Mi vorrei mettere un attimo nei panni di un componente dell'ANVUR. Sul sito CINECA trovo riviste bizzarre. Per i settori che non sono miei, chiedo ai colleghi: mi dicono che sono riviste importanti (avrà letto anche lei quanto attribuito al presidente Fantoni, stimato scienziato: era perplesso, ma gli hanno detto che Yacht Capital è una rivista di riferimento per chi si occupa di costruzione di barche). Ma supponiamo che io non mi fermi qui e faccia piazza pulita: il mio telefono squillerebbe senza sosta perché la gran parte dei colleghi si troverebbero tagliati fuori, avendo pubblicato solo su "Etruria Oggi". Non devo spiegarle io i meccanismi universitari, li ha visti in azione per anni. E infine, possiamo dare tutta la colpa a chi per anni ha pubblicato su "Suinicultura", e anzi su quelle pubblicazioni ci ha costruito una carriera, senza darne almeno un po' ai colleghi che lo hanno messo in cattedra con quei titoli o hanno accettato quell'andazzo?
Per concludere: componenti ANVUR e buona parte dei docenti universitari (maggioranza o no, non saprei) hanno, a mio avviso, le stesse responsabilità nella faccenda, che è il risultato di decenni di gestione personalistica dei posti universitari.
Per l'intervento del nostro grillo parlante, mi permetto di fare finta di non avere letto.
Mi sono accorta che non appare quello che ho scritto tra virgolette, non so perchè. Comunque per non lasciare il discorso a metà elenco cosa c'era scritto. Virgoletta
1) rivendicare la morte del padre
2) è tutti gli anni così
3) Cit. (riportata dal Prof. Israel) del Ministro Profumo.
Gentile ilgrillo parlante, mi permetto soltanto un consiglio. Veda il film LES CHORISTES (I RAGAZZI DEL CORO in versione italiana). Illustra come meglio non si potrebbe che la ricetta vincente nelle situazioni difficili è la poesia. Quelle perdenti sono l'autoritarismo violento e il sociologismo. Non c'è nulla che possa penetrare nei cuori come la poesia (o la musica, nella fattispecie). Tutto dipende da come la si propone... Certo, che se uno propone Sofocle per la sua idea di partecipazione democratica alla vita sociale, anziché per il dramma universale della trilogia, stiamo freschi. Una bella pizza di sociologismo tardosessantottino.
Gentile mac67, sarei tentato di dire che lei ha un po' di spirito di contraddizione :) Ma come fa a sostenere che se qualcuno dice a Fantoni che Yacht Capital è una rivista di riferimento per la costruzione di barche lui la beve... Lei è certamente una persona intelligente. Non faccia fare a Fantoni la figura del deficiente o del rimbecillito, pur di tenere il punto. Secondo lei la costruzione di barche è ricerca scientifica?!... Ma per favore... Fantoni sa benissimo e si vergogna e si arrabatta. Altri, che hanno come unico titolo "Nonna Papera", hanno la faccia tosta di difendersi. Il telefono squilla senza sosta? E allora che ci stanno a fare? Sono dei vili o cosa? Prendono 200.000 euro per questo gran coraggio? I meccanismi universitari li conosco bene e non è vero per niente che gran parte del mondo universitario ha costruito la carriera su Suinocoltura. Non esageriamo. Questo di sparare a palle incatenate sull'università è diventato uno sport inaccettabile, come lo è quello di chi urla che i professori debbbono fare 24 ore perché son nullafacenti. Nell'università c'è una certa percentuale (20% direi) di nullafacenti. L'Anvur ha fatto la doppia porcheria di ricorrere ad algoritmi deliranti che hanno condotto all'esclusione di molta gente seria e d'altro lato ad aver fatto una politica delle riviste che li ha schierati con il peggio del peggio. E hanno posto le premesse per una gestione ancor più personalistica del reclutamento universitario. Perché? Perché sono stati attaccati da tutta la gente seria e pur di rimanere attaccati alla sedia si sono lasciati difendere dal peggio del peggio. È una vergogna nazionale, e fare di ogni erba un fascio è controproducente.
Caro Professore, in genere non intervengo per dire "sono d'accordo", quindi è normale che mi trovi dotato di spirito di contraddizione.
A me pare che siamo più d'accordo che in disaccordo sulla faccenda ANVUR. Non era mia intenzione fare di ogni erba un fascio e se ne ho dato l'impressione, ci tengo a chiarirlo. Devo però anche aggiungere che mentre nei settori delle "scienze dure" (matematica, fisica, chimica, ...) c'è comunque una tradizione scientifica che porta i più a evitare riviste di dubbio valore, in altre facoltà la fantasia non ha limiti e non si va per il sottile.
Per quanto riguarda Fantoni, mi sono limitato a riportare, anche se non testualmente, quanto ho letto in un articolo su Repubblica (la frase era virgolettata). Se Fantoni ci fa la figura del deficiente, come dice lei, la colpa non è mia. Per me è tipico di una certa mentalità: non ci si pesta i piedi tra colleghi, specie se di aree diverse, anche se si nutrono perplessità. Sia chiaro: non lo difendo mica questo modo di fare, ma mi pare molto diffuso, all'università come altrove.
Anch'io non vedo materia di gran disaccordo. Ma, se vuole che le dica chiaramente quel che penso, e a ragion veduta, non credo proprio che ci si evita di pestarsi i piedi se si appartiene a settori diversi. Casomai è il contrario. (E non insegua troppo il mito delle scienze dure...). L'Anvur è completamente in mano (per quel che riguarda il settore bibliometrico) a un paio di ingegner Stranamore e, per quanto riguarda l'altro, a un accordo tra alcuni membri dell'Anvur e personaggi che erano prima ostili all'Anvur e ora lo sostengono avendo ottenuto di far mettere in pole position le riviste che interessano a loro. Fantoni sta là come un re travicello e cerca di placare le acque sperando che tutto si calmi. Vuole che le dica chi, a mio avviso, è il vero responsabile? Il ministro. Dopo quello che è successo il direttivo Anvur non reggerebbe un minuto senza la copertura del ministro e il fatto che il governo è intoccabile, grazie anche alle ignobili forze politiche che abbiamo. Siamo in sospensione della democrazia.
In ogni categoria ci sono deficienti (nel senso originale latino).
Credo che qualche vibrata critica da vari colleghi insegnanti - soprattutto da quelli sulle sue stesse posizioni di fondo - avrebbe dovuto piovere sull'autore delle righe sguaiate (per me, naturalmente) e controproducenti per insegnanti e Scuola che riporto sotto, righe tratte dai commenti, pubblicati su un giornale on line, ad un articolo sull'aumento delle ore d'insegnamento.
Quanto segue fra virgolette mi ha fatto uscire dai gangheri: non l'ho sentito come una provocazione, né come una descrizione iperbolica per sostenere con efficacia più plastica la propria tesi. L'ho sentito come uno sfogo da lavativo.
“Ecco il solito crampo allo stomaco: sto per entrare in quella classe dove nessuno riesce mai a fare nulla di buono. Scimmie che saltano da tutte le parti, un melting-pot eterogeneo, se mi occupo di uno gli altri si mangiano vivi, se qualcuno si fa male sono guai grossi (per me, naturalmente). Se provo a “spiegare” qualcosa, a parlare con loro suscito solo urla e sghignazzi. Lo so, mi vogliono provocare, vogliono vedere fino a quando resisto o se do fuori di matto come ha fatto il mio collega la settimana scorsa. E poi al pomeriggio riunioni, incontri udienze programmazioni … ore e ore buttate, e a casa non ho tempo per nessuno perchè “domani cosa faccio con le signore Scimmie?”. È così ogni settimana, per dieci mesi all'anno, per quanti anni fino alla pensione? Datemi un ufficio, 36 ore alla settimana, col mio pc e la possibilità di andare al cesso quando voglio (non come adesso che rischio sempre di farmela addosso perchè, chi me le guarda le signore Scimmie?)”.
Trascritto a diverso titolo per Pat Z 10/22/2012 08:57:00 m. , Raffaella10/22/2012 02:13:00 m. , fare legna 10/21/2012 09:52:00 p. ... ma no... trascritto per me e per tutti.
a quest'ultimo intervento,rispondo che non mi interessa niente dell'impressione che fa il pezzo riportato. di situazioni come quella descritta ne esistono e ne ho vissute, e bisogna viverla in prima persona per sapere quanto esaspera e logora i nervi ora dopo ora, giorno dopo giorno, mese dopo mese, addirittura anno dopo anno per chi è fisso in certi posti. se a vanni sembra lo sfogo di un lavativo, è un problema dei gangheri di vanni, che non capisce.
in ogni caso, non è un problema mio.
mi capisco da solo e me lo faccio bastare. se per essere convinto di quello che faccio dovessi aspettare di aver convinto tutti gli altri, quelli che adesso berciano che siamo lavativi, farei prima a spararmi.
per lo stesso motivo, non mi interessa nemmeno il commento della gentilissima signora raffaella. ci appoggia? bene. non ci appoggia? fa lo stesso.
davvero.
sarà spirito di rivalsa, come dice lei, sarà qualcosa di peggio, come penserà qualcun altro, fatto sta che se non mi fossi abituato a pensare che decido io quel che devo fare -a prescindere dall'opinione di CHIUNQUE- non potrei resistere allo stress di questo lavoro.
Caro vanni, non so se lei ha esperienza di scuola in questi anni. Io sono in un liceo e me la passo discretamente, ma so che in altri istituti la situazione è quella descritta da quel collega che lei cita.
Personalmente non me la sento di dare del lavativo al collega. Lo dico perché la frase "a casa non ho tempo per nessuno perché "domani cosa faccio?"" indica che lavativo non è; 15 anni fa mi è capitata una supplenza in un magistrale, con una terza classe composta da alunne "difficili" (mi sia consentita una sbrigativa definizione visto lo spazio) e diverse volte, poco prima di entrare in classe, ho avuto la voglia di essere altrove.
Quel collega che scrive quelle frasi è un insegnante impotente, al quale genitori e dirigenti hanno tolto ogni possibilità di svolgere il suo lavoro. Ce ne sono tanti, sa?
Per Vanni: non so se si tratti dello sfogo di un lavativo. Il tono è sicuramente volgare e sgradevole, ma richiama l'attenzione su un punto che ha la sua importanza nel dibattito sulle 24 ore di insegnamento e che fin qui non è stato messo in luce.
I bei commenti degli autorevoli colleghi che sono intervenuti fino ad ora, infatti, hanno volato giustamente alto e non sono scesi a considerare alcuni aspetti "terra terra" come quelli della indisciplina e della scarsa abitudine al rispetto delle regole da parte degli alunni.
Però proprio questi aspetti stanno rendendo ogni giorno più logorante il nostro lavoro.
Anche nelle classi cosiddette buone si verifica ogni giorno una notevole quantità di comportamenti "inopportuni". Non sto a dire quali, ma tali comunque da scandalizzare chiunque non abbia dimestichezza con la scuola di oggi, per il contrasto con i ricordi della propria vita scolastica passata.
La trascuratezza nell'educazione dei figli da parte di molte famiglie e l'abbandono sempre più diffuso in tutti i ceti sociali e a tutte le età delle più elementari regole della buona creanza (salutare, rispondere al saluto altrui, alzarsi quando un'adulto entra in una stanza, cedergli il passo sulla porta, ecc.) e il comportamento oggettivamente ancora più scorretto di alcuni alunni, rendono ogni giorno più gravoso e frustrante il nostro compito di educatori.
Per contrastare l'indisciplina non abbiamo altro strumento che il nostro stesso ascendente sugli alunni. Ma non siamo tutti leader carismatici ed, in ogni caso, è una cosa delicata, che si deve costruire con fatica e nel tempo. ( Tutte le fanfaronate della Gelmini sul rigore, i grembiulini e il voto di comportamento sono aria fritta e a norma di regolamento si può dare 5 in condotta solo ove vi siano state delle sospensioni della durata di 15 gg., che si possono infliggere solo in caso di...omicidio?)
L'alleanza educativa fra la scuola e la famiglia è molto in crisi e ciò anche grazie alle dichiarazioni irresponsabili del nostro attuale ministro (ma non resta indietro neanche Hollande in Francia).
Le ore di cattedra non sono equivalenti alle ore d'ufficio. Ho fatto entrambe le cose e comprendevo che è così ben prima di diventare insegnante.
Non occorre chiamare in causa le ore di attività funzionale all'insegnamento o quelle impiegate nelle riunioni e non si deve spiegare che si fanno più di 18 ore alla settimana. Bisogna affermare risolutamente che diciotto ore di insegnamento sono di per sè adeguate e tuttavia mal pagate. Perché quando si fa lezione, nei molteplici aspetti che essa può assumere, si investe una grande quantità di energia in termini emotivi e fisici e si dà un servizio essenziale alla società che non può essere valutato a cottimo.
Il fatto che lo spot del Ministero sulla scuola pubblica italiana sia stato girato in una scuola privata tedesca è un autogol dal significato profondo monumentale.
Quanto alla scelta di Vecchioni come testimonial, allego un interessante link d'archivio: http://archiviostorico.corriere.it/1995/novembre/08/Via_prof_Vecchioni_dice_parolacce_co_0_9511087127.shtml
Egregi insegnanti e non insegnanti, va bene: il “lavativo” me lo ingoio.
Ma gli insegnanti nella Scuola pochi non sono, la loro funzione è vitale e insostituibile. Il loro peso può diventare quello risolutivo, come dev'essere, e qui lo scrivo pensandolo da sempre. Del futuro di una nazione tantissimo si trae dalla Scuola, e questo le conferisce una dignità ed un valore speciale nella società. Vengo da una famiglia di insegnanti, ma sono morti e sepolti da lunga pezza, e le loro esperienze, che indirettamente ho vissuto, non sono certo in sintonia con l'oggi. Idem per la mia remota esperienza diretta.
Non è che si miglioreranno le cose con una solidarietà chiusa, figuriamoci con l'autocommiserazione, soprattutto se sguaiata e controproducente - qui insisto - di quello sfogo sciagurato, il cui tono costituisce il “messaggio che passa” per il primo vanni che cammina per la strada lì sotto.
Non so fino a che punto l'ambiente scolastico sia apparentabile con quello di qualche film con Sidney Poitier o con l'Hellzapoppin ottuso e prepotente descritto in quelle righe che mi hanno imbestialito. So invece che tanti miei colleghi (parlo di ingegneri) hanno ad un certo punto preferito e preferiscono tuttora - questo lo so - migrare in parte o in toto verso la Scuola, abbandonando il precedente impegno. Sicurezza economica, stress, carico lavorativo inferiore, rischio, responsabilità, vicinanza a casa...? Tanti fattori da soppesare.
La società deve pretendere tanto dalla Scuola, ma è la Scuola che deve aver chiaro e indicare in quale ambito le pretese siano congrue alla sua missione. Gli insegnanti puntino a farsi valere cominciando già dal non permettere che il loro tempo sia svalutato, a cominciare “... dalle riunioni, incontri udienze programmazioni … ore e ore buttate...”. E so pure che la famiglia viene prima della Scuola, ma...
(tanto era dovuto: ho una grande stima e simpatia per la Scuola e per gli insegnanti, anche se non lo faccio capire).
Gentile Vanni, tempo fa ero in una classe di "Signore scimmie", sono stati i due anni peggiori della mia carriera scolastica. Nella classe il tempo si dilatava: un'ora diventava tre ore. Bastava lavorare due ore di fila per tornare a casa in uno stato di logorio psicofisico che prima non avrei mai potuto immaginare, con terribili emicranie che si prolungavano sino a tarda sera. L'utenza non era certamente selezionata, ma quella situazione - e qui sono d'accordo con te, se è questo che volevi dire - era in gran parte voluta dai docenti stessi. Mio malgrado mi accorsi che quella situazione di caos e di indisciplina che spesso diventava inciviltà conveniva a molti, altrimenti non si spiegherebbe la permanenza di molti docenti di ruolo il cui punteggio avrebbe loro consentito di andare altrove senza difficoltà, o dei colleghi precari che sceglievano quella sede pur potendo accettare l'incarico in altre. Per molti la sede era comoda, era vicina alla propria abitazione. La scuola era piccola, e si stava ben attenti a non perdere iscritti. I ragazzi l'avevano capito chiaramente e se ne approfittavano, e lo facevano con tutti, non solo con la prof giovane e inesperta, ma anche con colleghi uomini che facevano paura solo a guardarli. I ragazzi provenivano per la maggior parte da famiglie normali, magari sprovvedute culturalmente, ma in maggioranza molto agiate (proprietari terrieri, piccoli imprenditori, negozianti ecc...). Loro non temevano (e non temono) nulla perché sanno di essere protetti. Da chi? Dal preside, vice-preside e collaboratori. Il preside non era quasi MAI presente, ma in sua presenza la classe diventava una classe di angeli. Segno che gli studenti capivano chiaramente quando varcare i confini e quando no. Erano intimoriti solo dall'autorità, ma senza l'arma della paura era pressoché impossibile tenerli a bada per un tempo ragionevole tale da insegnare loro qualcosa. Preside e collaboratori sapevano, ma se osavi lamentarti eri tu che non sapevi insegnare. Allora è tutta colpa di preside &C? Certamente no. La responsabilità era (è) anzitutto dei docenti. Che preferiscono subire e stare zitti pur sapendo che certe situazioni sono offensive per la loro dignità. Io nel mio piccolo qualcosa ho fatto. Erano mesi che questa situazione andava avanti, le note disciplinari non servivano a nulla, né il nostro ingegno nel cambiare modalità di insegnamento: portandoli fuori per condurre delle osservazioni, farli lavorare maggiormente in gruppo senza far "subire" loro per troppo tempo la classica lezione frontale, portandoli più spesso in laboratorio (rischiando in prima persona dati i comportamenti imprudenti...) nella speranza che un approccio più pratico potesse catturare la loro attenzione. Nulla. A un certo punto ho visto, nell'arco di una settimana, il collega di matematica assentarsi dietro presentazione di certificato medico per esaurimento nervoso, la collega di inglese uscire dall'aula piangendo, quello di disegno con gli occhi rossi spalancati nel vuoto dopo aver passato due ora lì dentro. Esagerazioni? Non provo neanche a spiegare cosa succedeva, le parole non basterebbero...Allora, visto che il coordinatore non si muoveva, ho raccolto TUTTE le firme dei colleghi per indire un consiglio straordinario e prendere i giusti provvedimenti. I colleghi hanno firmato, tutti (eccetto la collega di religione).
Arriviamo in riunione e il preside comincia a difenderli, dicendo che la responsabilità è di chi ha formato le classi, che dobbiamo farci domande su "cosa effettivamente stiamo dando a questi ragazzi", che si trovano in una età difficile e bla bla bla, elencando tutte le disgrazie familiari di ognuno di essi, dalla scomparsa del nonno alla separazione dei genitori (!), ben sapendo che in quella classe uno di questi ragazzi problematici è uno spacciatore che si sta portando dietro quei pochi più disciplinati ma dalla personalità più debole. Poi ha cominciato a chiedere, nel tentativo di dividerci, se tutti noi avevamo problemi con la classe o se qualcuno ne avesse più di altri. Devo dire che non avevo mai visto un consiglio di classe così unito: la situazione era estrema, e il preside non si aspettava tale coesione. Allora è passato alle minacce dirette, anzitutto rivolte a me che ero in anno di prova, ma con parecchi anni di insegnamento alle spalle. Poi ha cominciato a colpire alcuni colleghi precari, che è più facile intimorire, non avendo questi la certezza di un posto fisso come gli altri. Posso garantire che i colleghi presi di mira erano degli ottimi insegnanti, molto più motivati dei molti di ruolo che avevano vivacchiato per anni in quella scuola ed ora accettavano di riunirsi perché la situazione era diventata insostenibile anche per loro. Ebbene, nessuno dei nostri colleghi, insegnanti in quella scuola da molti anni, ha detto una sola parola per sostenerci, se non il giorno dopo, in assenza del preside. Ci hanno detto: "fate bene a essere così, ma state attenti, dovete passare di ruolo, vivere tranquilli ecc... ecc...". Allora ho capito quello che in realtà avevo compreso già da tempo, ma con minore chiarezza: certe situazioni esistono perché qualcuno le vuole, non bisogna parlarne perché infliggere delle sospensioni è cattiva pubblicità per la scuola che perde iscritti; soprattutto, al di là del comportamento discutibile di preside&coll, molti colleghi sanno di non fare il loro dovere fino in fondo, ed è per questo che non fanno valere il loro diritto a lavorare in un ambiente salubre per i loro nervi. Non voglio dire che questi colleghi sono lavativi: magari sono preparati, fanno il loro dovere, ma hanno poca coscienza del loro valore, o ce l'hanno ma si comportano da opportunisti. Si recano nella scuola vicina a casa e tutto ciò che temono è perdere il posticino così comodo, il privilegio di poter andare a lavoro a piedi. Pretendo forse che gli insegnanti siano degli eroi? Assolutamente no, come non lo ero e non lo sono io. Ma sarebbe bastato dire una sola parola, votare a maggioranza per un provvedimento, far capire chiaramente a chi fa finta di non capire che certe situazioni sono lesive della propria dignità, darsi da fare, insieme per trovare vie di uscita anche con una offerta formativa in parte cucita sull'utenza e che non sia semplicemente fumo negli occhi. Ecco, bastava un po' di coesione, di spirito di corpo, un guizzo di dignità. Da lì si poteva cominciare col cambiare dal basso alcune scelte discutibili nella politica dell'istituto. Ho capito mio malgrado che in certi ambienti il semplice fatto di voler lavorare è controproducente. Rompi un equilibrio, un sistema che sta in piedi per interessi convergenti, anche se i tuoi colleghi docenti ti sembrano vittime, molti di loro non lo sono, sennò non accetterebbero tale stato di cose per anni pur non rischiando il posto di lavoro come un dipendente del settore privato. Inutile dire che a fine anno tutti i ragazzi di quella classe di istituto tecnico, per l'80% gravemente insufficienti, sono stati promossi con VOTO DI MAGGIORANZA, eccetto i pochi il cui limite di assenze era stato superato. Sennò avrebbero promosso pure quelli. Io appena ho potuto ho cambiato scuola, portandomi dietro gli strascichi di quella situazione umiliante, di quella solidarietà meschina tra colleghi che si esprimeva solo nei corridoi e non durante le riunioni ufficiali.
Carissimi tutti,
è vero che talvolta sono presenti situazioni complicate nelle Scuole e l’insegnante incontra difficoltà nell’affrontarle e soprattutto nel risolverle, ma un insegnante considera sempre i suoi alunni delle persone. Solo così è possibile un insegnamento proficuo. Purtroppo, qualche volta, si sente impotente di fronte a certi atteggiamenti ed è proprio allora che deve funzionare il Consiglio di Classe. I colleghi devono collaborare per controllare le situazioni, capirle e risolverle insieme. Anche i genitori devono essere coinvolti per offrire un apporto consapevole e costruttivo ed educare in sintonia con la scuola al rispetto e alla responsabilità.
Il docente deve avere molta pazienza, una buona preparazione e… la vocazione per l’insegnamento. Tutti noi siamo chiamati ad educare i nostri giovani dando loro certezze e sicurezza, ma il ruolo dell’insegnante, dopo quello della famiglia, è fondamentale, perché i ragazzi possano credere nelle persone che sono poste loro accanto per credere in se stessi.
Anni fa, mi è capitato di trovarmi a dover mediare un rapporto violento tra madre e figlio, in cui la mamma accusava il ragazzo di taluni comportamenti chiamandolo “questo bastardo” e il figlio rispondeva alla mamma con un insulto. Dissi ad entrambi che non sarebbero riusciti ad ottenere niente di buono fino a quando non avessero azzerato il loro linguaggio, perché un linguaggio violento non è solo uno sfogo immediato, ma un modo di vedere i rapporti con il prossimo. E' una prospettiva che, se può funzionare in un rapporto di inimicizia, annulla nella sostanza il rapporto tra madre e figlio.
Forse, attraverso l'insulto, l'abbassamento dell'immagine dell'altro, il nemico, abbassato, è ancor più sentitamente nemico. Esattamente, come madre e figlio sono tali, ancor più che in virtù del legame naturale, nel reciproco prendersi cura.
Ora, esiste anche una cura dell'insegnante nei confronti dei propri alunni, una cura che non è niente di sentimentale o di sdolcinato, ma è il senso di responsabilità che deve motivare l'insegnamento. Responsabilità è semplicemente dare delle risposte ai problemi e ai bisogni degli altri. La maleducazione è (come l'ignoranza) una domanda implicita a cui l'educatore deve rispondere, non l'occasione per andar fuori di testa.
Se a tavolino, mentre scrivo e sono consapevole, chiamo “scimmie” i miei alunni, c'è qualcosa che non funziona, non tanto nell'esteriorità del linguaggio, quanto nella predisposizione che dal linguaggio trapela.
E' anche vero, poi, che esistono contesti scolastici particolarmente disagiati e problematici, dove occorrerebbero insegnanti fortemente motivati, equilibrati, di tempra robusta e dalle idee chiare. Invece, in quei contesti, tutto è affidato alla casualità, che si traduce, in sostanza, nella disgrazia di un docente malcapitato che ha poco punteggio e si trova scagliato lì, e nella disgrazia degli alunni.
La risoluzione ci sarebbe: selezionare insegnanti disponibili, in grado di affrontare situazioni “estreme”, e incentivarli. Ma in questi tempi di miseria...
E a proposito delle ipotetiche 24 ore previste, questo è un problema per gli insegnanti che lavorano, non certo per i “lavativi”. Per questi ultimi, o 18 o 24, fa lo stesso. Chi sente la responsabilità degli alunni sa quello che il legislatore non ha interesse di sapere. Sono tagli, per un verso, e dall'altro, gravami al senso di responsabilità degli insegnanti.
Perché Dante? Perché Manzoni e Leopardi?
Provocatorie domande, che evocherebbero uno sdegnato eloquente silenzio, come quello di Aiace agli Inferi. Tuttavia, vedo Aiace ripensarci, tornare indietro e rispondere al torto della sottrazione imposta.
Perché Dante, Manzoni, Leopardi?
Perché “nella sintonia tra l'autore e il lettore si rispecchia l'unitas humani generis, la superiore solidarietà di tutti quegli uomini d'ingegno che, al di là delle differenze di tempo e di condizione, consentono unanimi alla grandezza di un testo, perché appunto si riconoscono nei valori perenni della humanitas”(Giovanni Lombardo, “L'estetica antica”).
Ma la “grandezza di un testo”, agli alunni, va spiegata (agli alunni, dico, agli alunni). Questo è quel che si dovrebbe, dove si può, fare.
Mamma mia, mamma mia..
1)Il sig./ra Grillo sarà pensante ma non molto ben parlante: che vor dì "problemi che invadono i giovani", è neoitaliano? Se a questo conduce l'abbandono dei programmi preistorici e l'uso delle LIM andiamo bene. Dice ma son minuzie...in fin dei conti:
a scuola ci sono "scimmie" le cui "famiglie sono praticamente assenti", a che serve la Divina Commedia e il corretto italiano in queste condizioni? Meglio la "tecnologia che è (forse oggi) l'unica cosa che riesce a trascinare i ragazzi".
E' l'invenzione dell'acqua calda: si abbassa il livello delle pretese per star dietro al livello sempre più basso degli studenti: è quel che fanno anno dopo anno i miei colleghi, chissà, quando anche le LIM perderanno il "wow effect" toccherà passare alle playstation.
"quando un giovane si pone una domanda bisogna dare delle risposte" Ah sì? E quali? Lei le sa? Beato/a lei!...io so solo un po' di fisica..quello posso dare ai ragazzi. Non gli serve perchè la vita è altrove? E che ci posso fare? Cercare di interessarli alla materia, abituarli a un ragionamento scientifico rigoroso, quello so fare e credo passabilmente, se hanno bisogno di altro, se sono sbandati e confusi, se vogliono abbandonare la scuola...non è tanto che non mi compete..è che proprio non so cosa farci. Se lei sì, bravissimo/a, mi sta nel cuore, ma non mi dica che ci riesce grazie alle LIM, non le crederei.
2)Vanni, Vanni...tanti anni fa mi inviarono a fare tirocinio in una media di periferia disastrata: apro la porta della IID..e trovo una barricata fatta coi banchi sovrapposti, arrivava fino all'architrave. Era un modo gentile per farmi capire che non ero gradito.
Bene o male (più male che bene) finii le 18 infinite ore richiestemi per il corso abilitante, poi ci riunimmo fra aspiranti insegnanti per commentare le nostre esperienze. C'era un tipo molto ideologico, un grillopensante di allora che ci catechizzava su come fosse importante recuperare questi ragazzi per lo più di famiglie disagiate e bla e bla. Alla fine gli chiesi:"Ci sei stato in IID?-Sì-E cosa ne pensi?-Che se questo lavoro è così è meglio andare a fare stracci."
Con tutto ciò, se Grillopensante riesce in qualche modo a recuperare davvero i ragazzi con problemi, tanto di cappello.
Mamma mia, mamma mia..
1)Il sig./ra Grillo sarà pensante ma non molto ben parlante: che vor dì "problemi che invadono i giovani", è neoitaliano? Se a questo conduce l'abbandono dei programmi preistorici e l'uso delle LIM andiamo bene. Dice ma son minuzie...in fin dei conti:
a scuola ci sono "scimmie" le cui "famiglie sono praticamente assenti", a che serve la Divina Commedia e il corretto italiano in queste condizioni? Meglio la "tecnologia che è (forse oggi) l'unica cosa che riesce a trascinare i ragazzi".
E' l'invenzione dell'acqua calda: si abbassa il livello delle pretese per star dietro al livello sempre più basso degli studenti: è quel che fanno anno dopo anno i miei colleghi, chissà, quando anche le LIM perderanno il "wow effect" toccherà passare alle playstation.
"quando un giovane si pone una domanda bisogna dare delle risposte" Ah sì? E quali? Lei le sa? Beato/a lei!...io so solo un po' di fisica..quello posso dare ai ragazzi. Non gli serve perchè la vita è altrove? E che ci posso fare? Cercare di interessarli alla materia, abituarli a un ragionamento scientifico rigoroso, quello so fare e credo passabilmente, se hanno bisogno di altro, se sono sbandati e confusi, se vogliono abbandonare la scuola...non è tanto che non mi compete..è che proprio non so cosa farci. Se lei sì, bravissimo/a, mi sta nel cuore, ma non mi dica che ci riesce grazie alle LIM, non le crederei.
2)Vanni, Vanni...tanti anni fa mi inviarono a fare tirocinio in una media di periferia disastrata: apro la porta della IID..e trovo una barricata fatta coi banchi sovrapposti, arrivava fino all'architrave. Era un modo gentile per farmi capire che non ero gradito.
Bene o male (più male che bene) finii le 18 infinite ore richiestemi per il corso abilitante, poi ci riunimmo fra aspiranti insegnanti per commentare le nostre esperienze. C'era un tipo molto ideologico, un grillopensante di allora che ci catechizzava su come fosse importante recuperare questi ragazzi per lo più di famiglie disagiate e bla e bla. Alla fine gli chiesi:"Ci sei stato in IID?-Sì-E cosa ne pensi?-Che se questo lavoro è così è meglio andare a fare stracci."
Con tutto ciò, se Grillopensante riesce in qualche modo a recuperare davvero i ragazzi con problemi, tanto di cappello.
Professore,
spesso non sono stata d'accordo con lei, ma sulla disamina dell'operato di Profumo concordo punto per punto e mi permetto di aggiungere che, in un anno, a parte lanciare questo folle concorso, che esclude i giovani ma permette a chiunque abbia fatto tutt'altro per anni di provare ad entrare nella scuola, sputando in un occhio a chi, come me, questa scuola sgarruppata la tiene in piedi da 10, 15, 20 anni,, il Ministro non ha fatto assolutamente nulla.
A meno che non si voglia citare l'inutile progetto Generazione Web, che forse però è frutto della precedente gestione del dicastero, per cui in scuole che cadono a pezzi, alcuni fortunati possono studiare, lavorare, e chi più ne ha più ne metta, sui tablet. Cosa che peraltro non sono mica convinta sia proprio una genialata.
Per questo noi precari della scuola continueremo ad opporci a questa politica delirante sulla scuola, non ultima la geniale idea Pddina di tagliare il V anno delle superiori...
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