martedì 27 novembre 2012

Premio Nobel per la pace all'Europa: l'ennesima pagliacciata



V’è chi dice che ormai è meglio non ottenere il premio Nobel per non fare una brutta figura entrando a far parte di una cattiva compagnia, soprattutto se si tratta del premio Nobel per la pace: anche gli altri Nobel sono caduti di livello ma non come quello per la pace, dopo che è stato conferito a Jimmy Carter, Yasser Arafat, Mohamed el Baradei e “a prescindere” (cioè prima che si sapesse cosa avrebbe fatto) a Barack Obama. Ma con il conferimento del premio Nobel per la pace all’Europa si è oltrepassato ogni limite: una tragica buffonata che poteva essere soltanto il frutto di un “politicamente corretto” privo di senso del ridicolo. Cosa credono (o vogliono farci credere) che sia la “pace” i signori del Comitato Nobel? “Pace” sarebbe sinonimo di assenza di qualsiasi forma di conflitto bellico? Anche in questa versione semplificata non ci siamo proprio, perché l’Europa è stata teatro, in tempi non lontani, di conflitti sanguinosi e stragi bestiali nella ex-Jugoslavia. Si risponderà che il premio Nobel è relativo ai tempi più recenti, anzi all’anno in corso. Già, ma così si trascura un piccolo fatto: e cioè che l’Europa è appena reduce da un intervento armato sulla Libia, con cui ha preso parte attiva a un conflitto volto ad abbattere la dittatura del colonnello Gheddafi. E non si venga a raccontare che si è trattato di un intervento di pace, a scopi umanitari. Per anni e anni l’Europa si è voltata dall’altra parte di fronte alle malefatte e ai delitti del dittatore libico. Anzi, egli veniva ricevuto con tutti gli onori, fino a sopportare le situazioni più umilianti. Ci si è forse dimenticati di quando venne invitato a tenere una “lectio magistralis” all’Università di Roma “La Sapienza”? Chi ebbe lo stomaco per andarla a sentire si sentì propinare come alta dottrina la tesi che la parola “democrazia” sarebbe il composto di due parole arabe che assieme vorrebbero dire “il popolo sta seduto”… Poi, quando si è profilata la possibilità di buttare giù il “rais” e la speranza di avere un regime amico con cui fare affari migliori, alcune potenze europee (la Francia in primis) si sono date a bombardare a più non posso. Missione umanitaria? E allora perché mai non si muove un dito davanti alle inaudite stragi che stanno insanguinando la Siria? Eh no, in questo caso la patata è troppo bollente ed è preferibile girare la testa dall’altra parte. Altro che sentimenti umanitari, altro che “pace”: è il trionfo del più ipocrita cinismo.
Ad ogni modo la “pace” è qualcosa di molto più ampio che non la semplice assenza di interventi armati. Sostenere che l’Europa sia un continente in pace di fronte alla crisi economico-sociale che la sta devastando più di qualsiasi altra parte del mondo sviluppato, e non soltanto di quello, è il colmo. Piuttosto, bisognerebbe dire che questa crisi sta aggravando disuguaglianze all’interno del continente che rischiano di condurre a esiti drammatici. La forbice che separa Grecia e Germania è una misura queste disuguaglianze. Qualcuno ha detto brutalmente che la Germania sta vincendo a tavolino sul terreno economico la Terza guerra mondiale: sarà esagerato, ma di certo è il sentimento che si sta diffondendo in molti paesi, e che è testimoniato dall’accoglienza a base di bandiere con la svastica che è stata riservata alla cancelliera Merkel nel corso della sua recente visita in Grecia. Questa crisi sta sgretolando la politica democratica in molti paesi, e sta aprendo la strada a movimenti estremisti, che vanno dal qualunquismo più sfrenato al recupero di tematiche di destra estrema e persino nostalgiche del nazismo.
È inevitabile che il termometro più sensibile di tale pericolosa situazione sia il riemergere dell’antisemitismo. Mentre le manifestazioni esteriori di “lotta” all’antisemitismo sono numerose e persino si moltiplicano, nei fatti la malattia si diffonde alle radici come una gramigna. La vera domanda da porsi è: di questo passo che cosa rimarrà dell’ebraismo in Europa entro un lasso tempo non lungo? Nella tripla tenaglia del politicamente corretto filopalestinese, dell’antisemitismo di estrema destra e dell’antisemitismo di marca islamista, numerose comunità europee, in particolare in Svezia e in Francia, sono sotto una pressione insostenibile e vedono crescere il fenomeno di emigrazione. Ricevo sistematicamente notizie da amici francesi sulla situazione in quel paese e sono sempre più sconfortanti. L’ultima riguarda una richiesta urgente da parte dell’Union des Étudiants Juifs di France a Twitter-Francia di trovare il modo per arginare una vera e propria valanga di tweets di carattere antisemita che dilaga sulla rete. E questo sarebbe vivere “in pace”? Almeno non si aggiunga al danno la beffa.
(Shalom, novembre 2012)

1 commento:

Alessandro Marinelli ha detto...

Jimmy Carter, Arafat e Obama, per non parlare di Al Gore. I miasmi del politicamente corretto stanno veramente cominciando a rendere l' aria irrespirabile. L' ultima buffonata è quella dei "ritocchi" alla moneta slovacca da due euro: via le aureole ai santi Cirillo e Metodio e vesti a tinta unita (senza quell' orribile motivo a croci greche). Chissà poi perché ci teniamo la bandiera con le dodici stelle dorate... E non va meglio sul fronte della questione israelo-palestinese. Qualche giorno fa su facebook si poteva notare come molte persone avessero rimosso l'immagine abituale per inserire una bandiera israeliana e una grossa X rossa sopra...