Il “Corriere della Sera” ha pubblicato oggi la mia “letterina” (vedi prima), e ringrazio di ciò, con una replica di Andrea Ichino che riporto integralmente:
«Apprendo con timore che la “Storia secondo Israel” non ammette alternative.
Quanto agli scienziati che hanno fatto il classico c’è da solo da chiedersi che cos’altro avrebbero scoperto se avessero vissuto in una società (e studiato in una scuola) che non considerava la scienza come un optional.
Lasciamo perdere gli aneddoti. Puntiamo invece a migliorare l’evidenza statistica e ad andare oltre il “processo al classico” verso una scuola che consenta mix personalizzati di scienza, tecnica e umanesimo».
Non so da cosa Ichino deduca che esista una “Storia secondo Israel” e dove io o qualcuno abbia scritto che essa non ammette alternative. Le alternative ce le fornisce lui, libero di farlo – nessuno glielo impedisce né chiede di impedirglielo – dicendo cose che non stanno né in cielo né in terra, proprio gli aneddoti che vuol lasciar perdere quando gli fa comodo, salvo aggiungere altre “Storiografie secondo Ichino” non meno campate in aria. Per esempio dicendo che nel passato la scienza era un optional. Secondo lui, nell’Ottocento e Novecento, la scienza, in paesi intrisi di cultura classica come la Germania, la Francia e l’Italia postunitaria la scienza era un optional… Ma dove ha studiato? Non sa che due terzi della scienza mondiale si concentrava in questi paesi, e in Gran Bretagnia la cultura classica non era meno centrale? In Italia, Luigi Cremona era di formazione un ingegnere pratico, aveva conosciuto la cultura classica come un optional, eppure l’aveva ritenuta talmente fondamentale da apprendere il latino al punto da conoscerlo come l’italiano. Ha idea di quanto amasse la cultura classica un Vito Volterra (conosciuto all’estero come il “Signor Scienza Italiana”) che aveva frequentato un istituto tecnico?
Ma – appunto – lasciamo perdere e andiamo a scuola di storia, semplicemente di storia, non secondo questo o quello. Quanto alla proposta – che vuole evitare processi sgraditi perché finiti male, immagino che fanfara avremmo udito se il processo al classico fosse finito con una condanna – è esilarante il mix personalizzato di scienza, tecnica e umanesimo. Che cosa è mai l’“umanesimo” come materia? Avrà voluto dire “materie umanistiche”. E perché mai la storia o la filosofia sarebbero qualcosa di distinto e magari contrapposto a scienza e tecnica? E figuriamoci la realizzabilità di “mix personalizzati”… Io studente vorrei fare molta matematica, un po’ di fisica, niente storia e un po’ di latino. Io invece poca matematica, molta chimica, storia ma solo quella moderna e niente latino. Io invece sarei curioso di studiare un po’ di greco, fisica e informatica… Con i “mix personalizzati” la programmazione dell’insegnamento occuperà due terzi degli impegni organizzativi delle scuole.
Non ci si rende conto che il mix c’è già: classico, scientifico, altri licei, istituti tecnici, professionali. ecc.? E non si predica ogni giorno che il ragazzo deve fare le sue scelte il prima possibile? Magari dalla nascita con l’aiuto di una diagnosi neuronale? E se l’analisi neuronale rivelasse che ha bisogno di fare un liceo classico, che faremo dopo averlo soppresso?…
Il vero problema è salvare la scuola dal feticismo degli adepti della statistica e dell’econometria che considerano la cultura come un optional.
4 commenti:
A me questa storia degli aneddoti e dell'aneddotica, con la loro contrapposizione alla presunta verità delle statistiche, comincia a infastidire seriamente. Mi sembra una forma di violenza verbale introdotta in molte discussioni.
Non è il mio campo, perché di statistica non so nulla, ma mi sembra assurdo affermare che le statistiche diano responsi oggettivi, è chiaro anche a un profano che possono operare soltanto sulla base di quello che si ritiene importante misurare.
Se si afferma che la scuola di certi Paesi (sempre gli stessi) è la migliore su basi statistiche, mi sembra chiaro che ciò può avvenire sollo sulla base di una definizione a priori di quello che si considera utile che la scuola insegni.
E chi garantisce che questa definizione a priori - stabilità da autorità autoqualificatesi come tali e che non possono essere messe in discussione - sia corretta e oggettiva, anche ammesso che ciò sia in astratto possibile?
Quindi: se gli studenti formati in un determinato sistema migrano in massa, trovandovi lavoro, in nazioni i cui sistemi scolastici sono migliori secondo le statistiche, superando magari molti studenti formati nei sistemi stessi, questa è solo aneddotica che non dimostra nulla, mentre i rilevamenti statistici non possono essere posti in discussione. E' davvero troppo comodo ragionare così.
Gli dà fastidio, ma proprio fastidio, che un ragazzo si affatichi su Omero e Platone. Quale inciviltà! Quale antimodernismo! La scuola serve per imparare a leggere i bollettini e le ricevute, lo dice il dio OCSE, a cui tutti ci inchiniamo con la lingua di fuori. Ma che mandi i suoi figli a scuola di contabilità e ci lasci in pace! (PS: non ho niente contro la contabilità in sé).
Altro insignificante aneddoto: Fabiola Gianotti, nuova direttrice del CERN, ha fatto il Liceo Classico. E' anche diplomata in pianoforte al Conservatorio, quanto tempo perso in vecchie concezioni della formazione!
Vorrei segnalare un altro paio di contributi sull'argomento "liceo classico" (il secondo è mio):
http://www.imille.org/2014/11/bersagli-sbagliati-ovvero-il-liceo-classico-immaginario/
http://www.imille.org/2014/11/il-problema-del-classico/
Grazie dell'attenzione e di qualsiasi commento vogliate fare.
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