Quando è stato
pubblicato il rapporto governativo su “La buona scuola” abbiamo parlato di un
progetto coraggioso con luci e ombre, spingendoci a valutare come positiva la
decisione di cancellare dalla scuola italiana i precari e le Gae (Graduatorie a
esaurimento) per poter finalmente dar corpo a un piano di sviluppo intenso e di
dimensioni inusuali, come promesso più volte. Altre voci avevano invece
criticato come contraddittorio con il tanto declamato premio al merito fare
l’ennesima immissione in ruolo di migliaia e migliaia di docenti che non hanno
mai superato un concorso e, in certi casi, non insegnano da anni. Ora che è
possibile mettere l’uno accanto all’altro il rapporto su “La buona scuola” e la
legge di stabilità e quindi confrontare le intenzioni con i fatti, la delusione
è totale. Cosa dice uno sguardo anche sommario alle cifre? Che la legge di
stabilità destina circa un miliardo di euro per il 2015 e 3 miliardi a partire
dagli anni successivi per attuare gli interventi previsti nel piano “La buona
scuola”, con prioritario riferimento a un piano straordinario di assunzione di
docenti e al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro. Ma tale somma non
deriva da stanziamenti freschi bensì da tagli realizzati nello stesso comparto,
e nei campi più disparati (incluso quello stesso dell’alternanza
scuola-lavoro), senza un criterio riconoscibile se non quello di far cassa per
la detta assunzioni di precari. Uno di questi tagli ha sollevato un’immediata e
vasta reazione ed è stato fortunatamente ritirato: si trattava dell’idea
peregrina di ridurre le commissioni per la maturità a membri tutti interni. Ora
nessuno nega che gli esiti dell’esame di maturità non depongono a favore del
sistema in corso, visto che praticamente tutti vengono promossi, ma questo
rientra in un generale andazzo permissivista che solleva un problema generale
di rigore e di responsabilità nel giudizio e che non può essere certamente
risolto riducendo le commissioni a soli membri interni, che non fa che andare
nella direzione opposta, e oltretutto è pura ipocrisia, perché tanto varrebbe
dire chiaro e tondo che si vuole cancellare l’esame di maturità riducendolo
allo scrutinio finale. Questo taglio è stato ritirato ma non c’è affatto da
star certi che non venga riproposto in altra sede e che si cerchi anche di far
cassa con una sconsiderata riduzione dei licei a quattro anni, presentata come
una “riforma”.
Diversi esperti
hanno analizzato i due documenti mettendone in luce le contraddizioni e non
intendiamo entrare nei dettagli tecnici evidenziati. Ci limitiamo ad alcuni
casi emblematici. Il documento “La buona scuola” critica i tagli al Fondo per
il miglioramento per l’offerta formativa mentre la legge di stabilità lo riduce
di 30 milioni a partire dal 2015. Altri fondi volti alla valorizzazione dei
docenti che si dimostrano attenti al miglioramento della qualità
dell’insegnamento in classe sono tagliati. In linea generale, i pomposi
propositi del piano “La buona scuola” vengono ridotti dalla legge di stabilità
a una serie di tagli a pioggia in cui è difficile riconoscere alcun criterio
razionale se non quello di rastrellare denaro per l’assunzione di precari. In
tal modo, si da ragione a chi sostiene che tutto rischia di ridursi a
un’operazione clientelare con cui si conquista il consenso di alcune centinaia
di migliaia di persone, con le loro famiglie, a spese di un sistema allo stremo
che viene ulteriormente affamato e umiliato.
Resta l’aspetto
della valutazione e del premio al merito su cui le intenzioni governative
destano ampie riserve, non solo perché il premio al merito dovrebbe avere
effetti concreti sugli stipendi soltanto tra diversi anni producendo intanto
altri cospicui risparmi a spese del comparto, ma perché non crediamo
minimamente nel valore delle autovalutazioni basate su una massa enorme di
scartoffie (sia pure informatiche). Chiunque non voglia ingannare sé stesso e
gli altri sa benissimo che non vi sono indicatori per autovalutarsi – quale che
sia la competenza dei tecnici dell’Invalsi in merito, finora tenuta al riparo
da qualsiasi valutazione – che non possano essere agevolmente aggirati. Tutta
questa gigantesca operazione si ridurrà assai probabilmente nel precipitare
sulla testa della scuola l’ennesimo aggravio di un’inutile burocrazia, a spese,
come al solito, dell’impegno didattico, che sembra ormai divenuto l’ultimo
degli optional. E oltretutto c’è da capire se anche questo discutibile sistema
vedrà la luce nei tempi previsti, dato che oggi scade al termine per la
consegna degli indicatori. L’unico sistema accettabile, e cioè quello dei
nuclei di valutazione ispettivi è rinviato al 2015/16 per massimo del 10% degli
istituti, il che è quanto dire che siamo nella nebbia più fitta.
Questa deprimente
situazione si verifica in un contesto in cui il ministero dell’istruzione
sembra essere allo sbando. Ne è testimonianza l’ultima surreale vicenda dei
numeri del TFA (Tirocinio formativo attivo) che sono fissati dal ministero e
ripartiti tra le università da apposite commissioni. Risulta che in alcune
regioni l’intero numero sia stato occupato da un’università on-line, che
ovviamente non ha problemi di aule e può offrire anche rette convenienti, col
risultato che il numero previsto dal ministero è raddoppiato e ci si trova di
fronte a un caos ingestibile, con il prevedibile contorno di ricorsi e di
blocchi infiniti.
Frattanto, c’è chi
è andato alla Leopolda a dire che la cultura umanistica ha fatto il suo tempo e
la scuola deve diventare “cool” e “figo”. Purtroppo è una profezia già
avverata: qui di cultura, umanistica e non, non resta più nulla. Ma non c’è
neppure nulla di “cool” e di “figo”. Non c’è affatto bisogno di essere un gufo,
ma soltanto a un allocco può scappare da ridere ignorando la depressione che
invade l’intero settore dell’istruzione, incluso quello dell’università che,
come se non bastasse, è anch’esso sottoposto a ulteriori tagli a pioggia.
(Il Messaggero, 2 novembre 2014)
5 commenti:
Condivido buona parte dell'analisi.
Vorrei solo intervenire su un punto: dire che "gli esiti dell’esame di maturità non depongono a favore del sistema in corso, visto che praticamente tutti vengono promossi" non mi pare corretto. In primo luogo, perché diversi alunni che si iscrivono in prima non arrivano alla conclusione del percorso; in secondo luogo, perché non tutti ci arrivano in 5 anni; infine, perché c'è un'ammissione all'Esame da parte del consiglio di classe, il quale, se lavora seriamente, non ammette all'Esame chi non ha la preparazione per superarlo. Ben più preoccupante sarebbe il caso di non promozione all'Esame di un 20% degli studenti che i loro docenti hanno giudicato, poche settimane prima, pronti ad affrontarlo. A meno che non si voglia sposare una linea analoga a quella della sedicente "Buona Scuola" (secondo la quale il 66% dei docenti merita per legge l'aumento di stipendio, a prescindere), per cui "deve" esserci un contingente più o meno nutrito di bocciati.
Infatti, a non deporre a favore del sistema non è tanto il ridotto numero dei bocciati, quanto l'elevato numero dei cento e cento e lode concentrati in talune zone d'Italia.
Ma se l'esame non è serio, i casi sono due: o si cerca di renderlo tale oppure lo si sopprime (con la necessaria modifica costituzionale); non lo si rende ancor meno serio.
Infatti i sostenitori della proposta governativa hanno avuto gioco facile a sostenere che l'esame attuale ha poco senso, ma assai meno facile a illustrare quale senso potrebbe avere che un esame con soli commissari interni - gli stessi che hanno scrutinato gli studenti pochi giorni prima - a parte quello di simulare il rispetto dell'art. 33 della Costituzione.
Il punto è che una sigla dell'attuale modo di governare sembra essere diventata la seguente: si taglia dove si può, ma ogni taglio va "venduto" all'opinione pubblica come un investimento o un miglioramento strutturale. Finché ci sarà qualcuno che ci crede ...
Francamente viene da rimpiangere Tremonti.
Sulle “due culture” si discute da un bel pezzetto, anche con un po’ aggressività, e l’idea ‘vincente’ oscilla da una parte e dall’altra.
Rispetto ad oggi, forse il pendolo cinquant’anni fa era nell’altra estremità dell’oscillazione: tale Luigi Campedelli (credo Ordinario di Geometria in quel di Firenze), dopo aver osservato con un sorriso come - allorchè si intenda porsi in contatto con intelligenze lontane e aliene - venga naturale ai più di optare per una comunicazione in linguaggio matematico, definisce (forse con un po’ di durezza) la matematica delle quattro operazioni:” Una tecnica modesta, od anche - in alcune applicazioni - complessa e ingrata, ma comunque circoscritta e tale che ad essa si può restare indiffferenti senza che ne soffra la propria formazione mentale” (che sia la leopoldana matematica oggi detta “cool & figo” ?). Poi il matematico Campedelli, con parole una ad una ponderate, subito afferma che:”… nella matematica è la genesi e la sintesi di un pensiero essenziale alla mente umana”.
E per non lasciar posto al dubbio più avanti conclude:” L’equivoco sta nel voler vedere nella cultura umanistica e in quella scientifica le espressioni di due diverse forme di pensiero, anziché due differenti modi di manifestarsi di un’unica facoltà della mente”.
Altri tempi, forse. In questo caso altri Maestri e altra cultura. O magari semplicemente cultura, e basta.
Campedelli, se non erro, insegnava Geometria descrittiva alla Facoltà di Architettura di Firenze. Una scelta che conferma quanto credesse in quelle affermazioni.
Un po' di depressione me l'ha procurata mio nipote che ha visitato alcuni scientifici di punta durante gli open days: uno propaganda il corso di teatro, l'altro la LIM in tutte le classi, un terzo il "bilinguismo" (ore aggiuntive su un orario strapieno). Il primo accoglie i visitatori con un simpatico striscione scritto a pennarelli colorati. Le parole "studio", "matematica e fisica" non sono mai state pronunciate.
Mi chiedo come i docenti, le scuole e i presidi possano svendersi i queste pagliacciate che mostrano davvero come la scuola odierna si stia suicidando per niente.
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