mercoledì 17 maggio 2006

Risposta ad Alberto Asor Rosa

Lettera inviata al Corriere della Sera e non pubblicata

La lettera di Alberto Asor Rosa al Corriere della Sera (16 maggio 2006) è basata sul seguente ragionamento: "la causa ebraica non coincide con quella dello Stato d'Israele"; quindi egli ha diritto di criticare il secondo senza essere accusato di ledere la prima; invece, i suoi critici non fanno che confondere le due cause e così lo fanno oggetto di una forma acuta di intolleranza. Così messa sembrerebbe ineccepibile. Se non fosse che colui che ha fatto confusione è proprio Asor Rosa quando, nel suo libro, ha dedotto dalla critica allo Stato d'Israele conclusioni pesantissime nientemeno che nei confronti della "razza ebraica" - espressione che non dovrebbe uscire dalla penna di un intellettuale contemporaneo, tenuto a sapere che il concetto di razza non ha basi scientifiche ed è soltanto un aggregato di pregiudizi dalle tragiche conseguenze -, una "razza" che da perseguitata sarebbe diventata persecutrice, e altre consimili deduzioni riguardanti gli ebrei nel loro complesso che è soltanto triste ricordare. Ad Asor Rosa è stato chiesto ripetutamente di rivedere questa infelice uscita. Al contrario, qui, con un gioco dialettico, per nasconderla egli ne scarica la colpa sui suoi critici. In tal modo, egli ha dato soltanto prova della fondatezza della tesi secondo cui la manifestazione attuale dell'antisemitismo è l'antisionismo. Sta a lui, se e quando vorrà finalmente farlo, correggersi e dimostrare di essere soltanto vittima di questa manifestazione, e combattere ora e qui l'antisemitismo nel modo che serve.
Tralascio per brevità di entrare su altri aspetti di merito, come il richiamo all'"ingiustizia della fondazione dello Stato d'Israele" cui - per sua grazia - non si deve porre rimedio con la sua distruzione. E' davvero curioso che si debba parlare di ingiustizia soltanto nel caso della fondazione dello Stato d'Israele e non di innumerevoli altri casi analoghi di cui è intessuta la storia. Per esempio, la fondazione della Grecia è stata pagata al prezzo di ingiustizie, come quella della famiglia di chi scrive, deprivata di case e averi. Eppure viviamo qui tranquilli senza rivendicare diritti al ritorno, come non li rivendicano il milione e passa di ebrei deprivati di case e averi nei paesi arabi. Se dovessimo rifare le bucce alla storia trasformeremmo la terra in uno scannatoio.
Infine, se il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche non ha il diritto di esprimere perplessità di fronte a chi parla (e in termini così negativi) di razza ebraica, tanto vale sciogliere l'Unione e mandarne a casa organi e presidenza. In tal caso, sarà stato Asor Rosa ad aver esercitato una pressione indebita e intimidatoria volta a inibirne la libertà di espressione.


Giorgio Israel

5 commenti:

Nessie ha detto...

Francamente è un po' di tempo che non capisco il New Deal del Corriere che oramai ho soprannominato ironicamente il CorServa e che compro solo al lunedi quando esce con Paperino. E nemmeno gli irritanti articoli di Sergio Romano nella pagina delle lettere dei lettori.
L'intervista (a dir poco provocatoria) di Asor Rosa è stata messa bene in vista, mentre la replica di Yasha Reibman era giù di taglio basso. Evidentemente in Via Solferino, erano paghi di questo, perciò non hanno ritenuto pubblicare la sua lettera. E oggi (ndr. domenica 21), il bigio Biagi non aveva niente di meglio che inveire contro il solito Berlusconi. Qualcuno dovrebbe ricordargli che è cambiato il governo, visto che si ostina a perdere i colpi.

GiuseppeR ha detto...

La convinzione dell'"ingiustizia della fondazione dello Stato di Israele" è ben radicata nella cultura di sinistra.

E' qualcosa che mi ha sempre procurato un notevole turbamento perchè, leggendo i fatti della Storia, non è difficile trovare molteplici buone ragioni che ne giustificano l'esistenza.

Da dove nasce il pregiudizio odioso contro questa grande avventura umana ?

Mi aiuta a trovare una risposta l'affermazione di Israel nel precedente post:

"Perché l’ebreo, anche quando non è religioso, vive di utopia"

La cultura occidentale cd "progressista" non è più in grado di immaginare, di sognare una utopia.

E' talmente protesa verso l'omologazione e l'indifferenza che trova insopportabile l'idea di un Popolo che afferma il valore della propria Identità.

Nessie ha detto...

Attento, la cultura di sinistra ha recato anche troppi danni all'umanità per avere vagheggiato e inseguito un'insana utopia: l'internazionalismo proletario comunista. C'è utopia e utopia. E io non sono contraria all'utopia in sé. Ma quella comunista è stata tutta il contrario dell'identità. Direi piuttosto che l'identità la nega e non la vuole vedere nemmeno negli altri. E' questo il suo principale lato oscuro.

GiuseppeR ha detto...

L'utopia comunista nega la natura umana perchè ne coglie solo alcuni aspetti, magari importanti, ma non quelli che danno un senso alle nostre esistenze.

Sono d'accordo nel considerarlo un suo "lato oscuro" che purtroppo continua a fare ombra anche ora, nonstante i comunismi reali siano quasi tutti morti.

Nessie ha detto...

Sì, i comunismi reali sono quasi tutti morti (non tutti, per la verità, vedi Corea del Nord, Cina, Vietnam, Cuba), ma in Ue e in particolare in Italia, ci sono in circolazione gli stessi uomini d'apparato. Inutile cambiare bandiere, stemmi, loghi se poi gli uomini sono sempre quelli. Gli steccati mentali sono ancora più duri da abbattere di un Muro.