sabato 31 dicembre 2011

TANTI AFFETTUOSI AUGURI DI UN BUON 2012 AI LETTORI DI QUESTO BLOG !

Serve un bel po' di ottimismo per sperare... ma...
«la speranza è il più potente e il più elementare germe che si possa deporre nell'animo dell'uomo» (Filone Alessandrino)

mercoledì 28 dicembre 2011

Sperperi europei


Chi può contestare l'opportunità di tagliare le spese della politica italiana? È un'esigenza talmente nota, discussa e condivisa che appare superfluo aggiungere una sola parola per difenderla. Ma perché non si parla mai delle spese folli e degli sperperi della immensa baracca buro-tecnocratica dell'Unione Europea? Alla fin fine, si tratta di costi che gravano sui bilanci dei singoli stati e non sono sostenuti da un intervento divino.
Una sommaria passeggiata sul portale dell'UE è sufficiente a provocare il capogiro: un numero incredibile di istituzioni, uffici e agenzie. Le sole agenzie settoriali sono 24, dall'agenzia per il controllo della pesca a quella per l'uguaglianza di genere, dall'ufficio delle varietà vegetali a quello per i diritti fondamentali. Chi voglia compilare il Curriculum in formato europeo rischia di perdere la testa tra le tante opzioni di Europass e può dilettarsi con le schede di autovalutazione. È facile immaginare quale impiego di personale abbia comportato mettere in piedi questo barocco marchingegno. Si può anche scoprire che accanto al più noto programma Erasmus di istruzione e formazione ve ne sono molti altri: Leonardo da Vinci, Comenius, Grundtvig, Jean Monnet, Tempus, Erasmus Mundus. Molte notizie si possono trovare anche sull'"Official Journal of the European Union", il quale - si badi bene – è redatto in 22 lingue.
Già, perché il problema delle lingue è uno dei più onerosi dell'UE. Gli ingenui immaginavano che si sarebbe progressivamente andati verso la prevalenza delle lingue principali, senza fare tante assurde ipocrisie: mettere tutte le lingue sullo stesso piano non è una cosa seria e sarebbe stato ragionevole chiedere che i cittadini europei, nel corso dei decenni, si sottoponessero allo sforzo di riferirsi ad alcune delle lingue più importanti. Ma l'UE è il regno del politicamente corretto e tutto va messo sullo stesso piano: casomai è da attendersi che alle lingue ufficiali se ne aggiungano altre, come il catalano e il basco, per poi aprire la strada ai dialetti. Poiché le lingue sono quasi quante sono i paesi aderenti, un semplice conto mostra che sono necessari quasi 350 traduttori, uno per ogni coppia del tipo "polacco-spagnolo", "portoghese-lituano", "italiano-ungherese", "olandese-greco", "romeno-francese", ecc. Ma di traduttori ne servono alcuni multipli di 350, se non altro per diversità di mansioni e turni di lavoro. Di qui un capitolo di spesa folle e lautamente remunerato, come tutti gli stipendi e i contratti dell'Unione, che rappresentano una pacchia ambitissima per ogni comune mortale.
V'è poi il capitolo sprechi legato alla pesantezza delle procedure burocratiche. Chi ottenga un finanziamento europeo per la ricerca scientifica è meglio che vi rinunci se non ha uffici di supporto. Dovrà impiegare buona parte del tempo in adempimenti formali e in viaggi per rendicontare l'attività; il tutto secondo il principio delirante per cui invece di valutare l'esito finale dell'attività, la si controlla continuamente, col risultato che invece di far ricerca ci si occupa di farsi monitorare.
A ciò si aggiungano gli sprechi dovuti alle lotte indispensabili contro le scelte demenziali e i soprusi dell'eurocrazia, dal tentativo di vietare la pizza a legna, di equiparare il parmigiano al "parmesan", alla chiusura delle malghe montane per assenza di piastrelle di dimensione prestabilita, alla politiche agricole che hanno massacrato l'ambiente agricolo del continente.
Soltanto gli imbecilli possono considerare che sia euroscetticismo chiedere un robusto ridimensionamento di questo apparato di stile sovietico: i nemici dell'Europa sono a Bruxelles.
(Tempi, 30 dicembre 2011)

giovedì 22 dicembre 2011

AGENDA PER L'ISTRUZIONE

Cosa può fare il governo Monti in tema di politica dell'istruzione entro l'orizzonte di un anno e mezzo? In sintesi: chiudere i dossier aperti più urgenti e adottare sulle questioni più delicate una linea mediana e prudente.
Tra i dossier aperti il primo della lista è lo sblocco della formazione dei nuovi insegnanti. Nonostante da tre anni sia pronto un nuovo regolamento per la formazione tutto è fermo da allora. È un'interruzione inconcepibile per un paese avanzato, che riduce l'appello quotidiano "apriamo le porte ai giovani" a un insopportabile esercizio di retorica. Il pretesto principale per la paralisi è la richiesta di vincolare la formazione al reclutamento. Da questo punto di vista, va salutato con molto favore il proponimento espresso dal ministro Profumo di riavviare i concorsi per le scuole di ogni ordine e grado. Questa può essere la via per tagliare il nodo gordiano. Tanto più occorre evitare a tutti i costi che i ritardi del ministero blocchino il nuovo processo di formazione per un quarto anno, anche perché si rischierebbe di creare materia di contenzioso sui concorsi.
Un altro dossier importante è quello della riforma universitaria. È urgente avviare un meccanismo di reclutamento che fronteggi le massicce ondate di pensionamenti. La riforma universitaria, per diventare operativa, richiede molti decreti attuativi e, in particolare, la definizione dei criteri di valutazione per l'abilitazione scientifica nazionale. È noto che l'Anvur (Agenzia di valutazione dell'università e della ricerca) e il Cun (Consiglio Universitario Nazionale) hanno espresso in materia opinioni divergenti. In attesa di conoscere la scelta finale è opportuno ricordare che il principio ispiratore della riforma che più ha ottenuto consensi era ispirato a un'idea liberale: le valutazioni si fanno a valle e non a monte. In parole povere: le università assumano autonomamente nuovi docenti e poi si valuterà la bontà delle scelte fatte, premiando e penalizzando di conseguenza. Purtroppo si è fatta avanti la solita tendenza alla regolamentazione burocratica basata su una rete di norme stabilite a priori (e basate su rigidi e discutibili parametri bibliometrici) che trasformerebbero le commissioni in meri organi esecutivi, diciamo pure in passacarte. È da augurarsi che la versione finale del regolamento concorsuale ci riservi la gradita sorpresa di un approccio liberale e alieno da dirigismi.
La problematica della scuola è ancor più delicata e dovrebbe essere affrontata senza ideologismi. Le nuove Indicazioni Nazionali per i licei furono ispirate al principio di fissare le conoscenze imprescindibili lasciando la massima libertà metodologica. È il modo di concepire correttamente l'autonomia: il principio opposto – propugnato dal pedagogismo costruttivista – è invece il disinteresse per i contenuti e l'imposizione di rigide prescrizioni metodologiche, ovvero un'altra forma di dirigismo dissonante con i principi di una società liberale. Sarebbe auspicabile che la revisione delle Indicazioni nazionali per il primo ciclo (elementari e medie) seguisse la stessa impostazione non ideologica. Preoccupano invece, e non poco, le nuove linee guida per gli istituti tecnici e professionali che hanno un ruolo strategico nel rapporto tra il mondo della scuola e il mondo della produzione. Difatti, esse sono state costruite pesantemente sulle idee postmarxiste di Edgar Morin circa la mente umana "ologrammatica" e "sistemica"; da cui la dissoluzione delle ripartizioni disciplinari, che ha prodotto l'idea di accorpare scienze della terra, biologia, chimica e fisica nelle cosiddette "scienze integrate". Non è qui la sede per discutere le perplessità che in tanti abbiamo circa questa impostazione. Ma va detto che la scuola non può essere il continuo terreno di sperimentazione di teorie pedagogiche ispirate a ideologie universali. Ciò può essere gratificante per lo sperimentatore ma il terreno di sperimentazione rischia di esserne segnato per lungo tempo, come è avvenuto per certe scelte avventate compiute nella scuola primaria.
Infine anche qui vi è il capitolo valutazione. È nota la tendenza a un ruolo crescente dell'Invalsi (Istituto per la valutazione del sistema dell'istruzione). Ma occorre intendersi: l'Invalsi può valutare il sistema nel complesso, essere usato per valutare gli insegnanti, e addirittura per valutare gli studenti, sostituendosi agli insegnanti. Sarebbe auspicabile che il ministro proceda con i piedi di piombo per il secondo aspetto e si astenga assolutamente dal terzo. L'idea che la prova di terza media in matematica venga sostituita da un test Invalsi è raccapricciante. Raccontava un insegnante di aver sentito dire da un editore: «Stiamo "invalsando" tutti i nostri libri» (voce del verbo "invalsare"…). Per favore, ministro Profumo, difenda la cultura, la scienza, l'italiano e il buon senso. Evitiamo di sostituire l'insegnamento con l'addestramento ai test ("teaching to the test"), ascoltando le tante voci che si levano all'estero contro i pessimi esiti delle valutazioni automatiche. Evitiamo la solita commedia all'italiana di raccogliere i resti di quello che altrove viene scartato dopo averne sperimentato gli effetti dannosi.
(Il Messaggero, 20 dicembre 2011)

lunedì 19 dicembre 2011

Valorizzare il merito, la "meritocrazia" lasciamola perdere



La tentazione del "governo dei saggi" è di antichissima data. Nella modernità essa è stata tradotta in programma concreto dall'Illuminismo e potrebbe essere riassunta con il motto del celebre marchese di Condorcet: «Ogni società che non è governata da filosofi è condannata a cadere nelle mani di ciarlatani». E qui "filosofo" è sinonimo di "sapiente". È fuor di dubbio che ciò che legittima il potere è soltanto la conoscenza, il sapere, la competenza (diremmo oggi). Il sapere è il solo strumento che può consentire di adattare le norme alle sinuosità e complessità del reale e quindi a realizzare una conciliazione tra le istanze particolari e l'oggettività delle leggi, ma soltanto in linea di tendenza. Una simile conciliazione non potrà mai essere concretamente realizzata in modo completo: soltanto l'onniscienza potrebbe consentirlo, e siccome l'onniscienza non è di questa terra, un governo di sapienti che ritenesse di possedere la verità sarebbe soltanto un governo di tiranni. Difatti, l'onniscienza si sostituirebbe alle leggi, le quali, per il fatto stesso di avere carattere generale non possono mai applicarsi in modo perfetto a tutte le situazioni particolari, mentre l'onniscienza sarebbe capace di farlo, per definizione. Ma – come ha osservato Alexandre Koyré – «una scienza siffatta non è cosa umana. Il politicós ideale dovrebbe essere un saggio: ancor di più, un dio. Se fosse un uomo, ovvero se un uomo si ponesse al disopra della legge, sarebbe assolutamente un tiranno».
Per questo la democrazia è – come fu detto da Churchill – la peggior forma di governo eccetto tutte le altre sperimentate finora. Quante volte ciascuno di noi, ascoltando dei commenti politici rozzi dettati da ignoranza, ha avuto la tentazione di pensare: «Ma perché mai un simile ignorantaccio dovrebbe avere a disposizione un voto al pari di altri più capaci di intendere»? Eppure da una simile tentazione le persone ragionevoli si ritraggono prontamente. Non è soltanto per lo spettacolo di tanti saggi la cui sapienza si mostra così poco saggia: si pensi ai tanti dotti di economia che dall'alto dei loro allori dispensano le ricette più banali, peggiori di quelle che avrebbe potuto escogitare la persona più incompetente nella dottrina economica. Se ne ritraggono per un motivo più profondo: la conoscenza deve avanzare in tutta la società e non essere il monopolio di un'aristocrazia di onniscienti, in quanto tali detentori ideali del potere. Per questo l'istruzione pubblica è così importante: è lo strumento che più di ogni altro fa progredire la democrazia.
Questo discorso non mira a dire che ogni governo dei "tecnici" o dei "competenti" è potenzialmente antidemocratico (anche a questo mira, s'intende), ma a un'osservazione più circoscritta. Nel documento di Comunione e Liberazione La crisi, sfida per un cambiamento ricorre un'espressione: «valorizzazione del merito». Ho riflettuto all'ambiguità profonda che è presente nel termine ricorrente "meritocrazia". Mi rendo conto di averlo utilizzato anch'io e voglio fare una promessa: non ne farò mai più uso e incito chiunque a fare altrettanto. Difatti, un conto è valorizzare il merito, cioè stimolare tutti a migliorare, a primeggiare, premiare chi fa meglio, anziché frustrarlo e umiliarlo appiattendolo sui nullafacenti. Altro conto è parlare di "meritocrazia", ovvero di governo di coloro che primeggiano. Le parole sono pietre e "meritocrazia" è una parola profondamente ambigua che, non a caso, piace ai tecnocrati. "Valorizzazione del merito" è una bella espressione, tanto lontana dall'egualitarismo di marca totalitaria, quanto aperta e inclusiva.
(Tempi, 21 dicembre 2011)

mercoledì 7 dicembre 2011

PROPOSTA PER LE NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI PER LA MATEMATICA NELLE SCUOLE PRIMARIE

L'anno scorso facevo parte di una Commissione del Ministero per l'Istruzione incaricata di riscrivere le Indicazioni Nazionali per l'intero ciclo scolastico. Il lavoro fu fatto per quanto riguarda i Licei e, in effetti, ormai le nuove Indicazioni Nazionali per il Secondo Ciclo sono operative.
La Commissione passò quindi al lavoro relativo al Primo Ciclo e qui le cose iniziarono a impantanarsi. Era evidente che non esisteva la volontà di toccare né la legge Moratti né le Indicazioni di Fioroni. Quantomeno le resistenze erano evidenti e, di fatto, il lavoro della Commissione iniziò a impantanarsi nella richiesta di una consultazione di massa che praticamente avrebbe richiesto qualche anno. Alla nostra commissione si chiese di fare dell'ultimo anno delle Elementari il primo delle medie, del primo delle Medie l'ultimo delle Elementari e dell'ultimo delle Medie il primo dei Licei. Il suggerimento fu rigettato ed è probabile che questo abbia segnato definitivamente la sorte della commissione.
Per parte mia, completai la redazione della parte riguardante la Matematica per le Scuole Primarie, ma fu un lavoro inutile. La Commissione iniziò a essere convocata sempre più di rado, poi subentrò il processo di sgretolamento politico e non se ne fece più nulla.
Ho sempre tenuto per me la bozza - peraltro più che una bozza, un lavoro finito - senza farla conoscere all'esterno.
Vengo a sapere che proprio poco prima della caduta del governo precedente è stato costituito un Gruppo di lavoro "tecnico" - la tecnica è di moda, ormai... - incaricato di rivedere le Indicazioni Fioroni. Non ne sapevo nulla, nessuno mi ha mai detto nulla. Sospetto che tale revisione rispetterà il desiderio di non toccare l'impostazione di quelle Indicazioni o addirittura di rafforzarle in senso più marcatamente pedagogistico. Forse anche si mira - in conformità alle indicazioni della Fondazione Agnelli - a muovere verso una fusione della Scuola Media e della Scuola Elementare. 
Non ho quindi più alcuna remora a far conoscere il lavoro che avevo fatto.
Forse può essere di qualche utilità, in particolare a chi insegna nella Scuola Primaria.


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domenica 4 dicembre 2011

LEGGETE…. Soprattutto voi insegnanti, e in particolare professori di filosofia...


Non intendo commentare. 
Qualsiasi persona ragionevole e rispettabile non può che avere un solo giudizio di questo "fumetto" pubblicato su Focus junior (n. 95). 
È così che vogliamo educare i nostri ragazzi all'amore per la cultura, al rispetto per gli insegnanti, per la scuola? Avanti così. Come diceva Szent-Gyorgy, «il futuro sarà come sono le scuole oggi».