giovedì 7 settembre 2006

IN LIBRERIA



"Liberarsi dei demoni. Odio di sè, scientismo e relativismo", Editore Marietti 1820, Milano-Genova, 2006, pp. 332, € 20,00

DALLA PREMESSA:

I “demoni” sono il mito della palingenesi sociale e il mito della gestione scientifica dei processi sociali. Essi hanno alimentato le ideologie dei totalitarismi del secolo scorso, sono all’origine delle tragedie che hanno squassato l’Europa e l’hanno condotta verso un declino di cui è da temere l’irreversibilità. Tanto più il timore è fondato quanto più i demoni sono ancora vivi e vegeti e contagiano l’Occidente sotto la forma dell’ideologia del relativismo assoluto, di uno scientismo meccanicista che mina alle basi una visione umanistica della società e di un corrosivo “odio di sé”. Quest’ultima manifestazione ha origine nell’idea aberrante che l’umanità debba essere ricostruita dalle fondamenta ed esprime un male caratteristico dell’Occidente moderno: si tratta di quella capacità – così bene descritta da François Furet – di generare uomini che odiano l’aria che respirano senza averne mai conosciuta un'altra. Le manifestazioni più estreme di questa malattia – Lager e Gulag – esprimono nel modo più evidente quei miti fondatori: mitologie palingenetiche (politica razziale o programma di purificazione sociale), gestione scientifica dei processi sociali (deportazione, lavoro forzato, sterminio di massa). Purtroppo l’Europa compie continue azioni di penitenza per i mali commessi ma non sembra aver compreso le cause della malattia. L’“odio di sé” si manifesta in forme marcate nelle ideologie del postcomunismo e del pacifismo alterglobalista e anti-occidentale; mentre l’adesione acritica all’ideologia scientista assume le forme di un relativismo di radicalità estrema che nega ogni spazio all’etica, alla morale e alla religione nella vita pubblica, e oltretutto nega il valore conoscitivo della scienza, contribuendo così ad un ulteriore degrado culturale e civile.
I demoni rappresentano oggi la quinta colonna di un attacco all’Occidente di cui è protagonista l’integralismo islamico. Sconfiggerli è una condizione necessaria perché questo attacco non abbia successo e perché il tragico cammino verso la barbarie iniziato nel Ventesimo secolo venga interrotto. È una sconfitta che richiede una battaglia culturale, civile e morale che ha come fronte primario quello dell’educazione, oggi sempre più in preda a spinte distruttive. Si può obbiettare che i temi qui sviluppati sono troppo astratti rispetto all’urgenza delle drammatiche sfide che ci stanno di fronte. A ciò rispondiamo che il richiamo alla “concretezza” è l’ideologia della mediocrità che, sfiorando i problemi in superficie, porta a ignorare la realtà e quindi alla peggiore astrattezza.
Il libro si compone di due parti. La prima è costituita da un saggio che sviluppa queste tematiche nella loro generalità. La seconda parte raccoglie una serie di contributi più specifici che spaziano dall’analisi delle forme dello scientismo, al rapporto tra scienza, etica e religione, con particolare riferimento al recente dibattito sui temi della procreazione assistita e delle biotecnologie.

4 commenti:

GiuseppeR ha detto...

Ho finito da poco di leggere il libro (di difficile reperibilità, ho dovuto ordinarlo dopo averlo cercato invano sugli scaffali) e, manco a farlo apposta leggo oggi nella pagina culturale della "Repubblica" la recensione del nuovo saggio di un noto professore "fisico e storico della scienza" che propone "un approccio darwiniano ai temi della cultura (..) contestando la separazione fra biologico e culturale". L'estensore dell'articolo afferma che i concetti di "idea", "mente" e "progresso" sarebbero frutto di una processo darwiniano di selezione naturale e non una approssimazione ad una "sorta di verità nascosta nelle pieghe del mondo reale". Si riporta con malcelato entusiasmo che, secondo l'autore "Verità è semmai adattamento, e l'adattamento non ha a che fare con le cose in sè". Si conclude affermando che "l'universo delle idee è riconducibile alle risposte che le assemblee di neuroni forniscono all'ambiente che li ospita e che il criterio di "verita" corrisponde al successo che ottengono nel garantire la sopravvivenza".

Non riesco a seguire il filo logico dell'illustre professore.

Se nel mondo non esiste alcuna finalità, se è illusorio e infantile provare a confrontarsi con il mistero della vita, se siamo dei meri esecutori di una procedura che determina la sopravvivenza del più forte, che cosa potrà dare significato alla vita dei nostri figli, cosa potrà convincerli a lottare, a sacrificarsi, a migliorarsi?

E' evidente che un mondo basato su quei principi è destinato all'autodistruzione, semplicemente perchè non sarebbe in grado di trovare alcun motivo per amarsi mentre ne avrebbe molti per odiarsi.

In definitiva, mi sembra una enorme sciocchezza.

E' illuminante la sua illustrazione della "malattia" della modernità, questo ripetuto tentativo di "impacchettare" l'Uomo in una visione totalitaria che, mirando alla palingenesi della società, ha provocato, e provocherà, degrado, lutti e distruzioni.

Ma, francamente, pensavo potesse applicarsi ai no-global, agli eco terroristi, al limite ai gruppuscoli della sinistra radicale. Non riesco a capacitarmi di come illustri divulgatori, scienziati e professori non siano in grado di riconoscere gli effetti inquietanti di queste visioni farneticanti.

Giorgio Israel ha detto...

È quasi superfluo dire quanto sia d'accordo...
Purtroppo ieri mi sono perso La Repubblica.
Mi può dire, per favore, chi è il noto fisico e storico della scienza, tanto non è un segreto... e l'autore della recensione. Forse riesco a trovarla in rete.
Grazie. GI

GiuseppeR ha detto...

La costruzione di una teoria
di F.Prattico
recensione del libro "L'origine delle teorie" di Enrico Bellone.

La Repubblica del 27/12/2006

Se le può essere utile le posso mandare una copia elettronica dell'articolo.

Saluti

Giorgio Israel ha detto...

Grazie. Certo che è utile. Nel frattempo avevo capito trattarsi di Enrico Bellone. Siccome Bellone è autore di un altro libro "La scienza negata" in cui difende accanitamente l'oggettivismo scientifico - e di cui mi sono occupato in dettaglio in un articolo sul Foglio -, è interessante capire come diamine riuscirà mai a conciliare questa tesi con quest'ultima che conduce a un relativismo assoluto...
Perciò, riservando un commento più dettagliato a una lettura del libro, se mi spedisce una copia elettronica dell'articolo posso fare qualche prima osservazione.
Saluti e grazie ancora