mercoledì 30 aprile 2008

La "grande politica estera" del governo Prodi

2 commenti:

Gianfranco Massi ha detto...

Lei ha trascurato la Teca dell' Ara Pacis tra gli innumerevoli misfatti del modello romano durato quasi un ventennio, tra il radical-cattolico e il ma-anche. Quella Teca è un mostriciattolo architettonico che ricopre, annullandola, la maestosità dell' Ara Pacis Augustae. Quella nota stonata è il frutto di una arrogante cultura appiccicaticcia ricavata da un parolaio che si limita a divorare le sole prefazioni dei libriche non legge.
Ma purtroppo neanche per questo la sinistra farsesca romana è crollata. Io temo che il crollo sia dovuto soltanto alla noia, che da secoli afflige i romani. Ora i romani chiedono al nuovo Cesare l' abbattimento del mostro, ma resterebbero delusi perchè non può essere fatto con le tcniche spettacolari americane tipo Ground Zero. E qull' opera squallida e bianchiccia resterà a perenne memoria di una delle tante cicatrici della Città Eterna.
Gianfranco Massi

francini ha detto...

Sono anche io d'accordo che la politoca estera dalemiana sia stata contrassegnata da un equilibrismo che tentava di mascherare una sostanziale ostilità verso Israele. D'altra parte il sentimento antiisraeliano è tuttora fortissimo a sinistra, è anzi il senso comune prevalente, e chi non lo condivide è visto con sospetto ed è tenuto a giustificarsi. La verità è che Veltroni ha scelto la cesura con la sinistra antagonista, ma l'egemonia culturale nella sinistra intellettuale "diffusa" ce l'ha ancora quest'ultima.

La cosa fu chiara quando i dirigenti del PD condannarono i gesti di intolleranza vero Ratzinger invitatao alla Sapienza, e al contempo gli intellettuali di sinistra, e molti docenti universitari, si aggiungevano spontaneamente alla lista dei 67 firmatari, i quali (lungi dall'essere una manciata di esaltati) rispecchiavano in realtà i sentimenti di quel ceto intellettuale diffuso.

E qialcosa di siomile potrebbe dirsi della contestazione del salone del libro.

Lo scacco di Veltroni è dunque tra il rinunciare al rapporto di questa intellettualità (senza però essere capace di acquisire altri consensi sostitutivi né riuscire ad individuare una classe dirigente credibile e alternativa) ed il lasciarsi da costoro portare a fondo. Ci vorrebbe un grande politico per uscire da simili strettoie.