domenica 8 giugno 2008

UDITE, UDITE!...

Mi sono imbattuto in un commento alla trasmissione di sabato scorso su Otto e Mezzo che parlava di scuola prendendo spunto dal mio libro, non perché sia particolarmente significativo ma perché emblematico.
È una reazione inviperita alla messa in discussione del pedagogismo. E non è certamente un caso che sia stata ripresa sul sito della Federazione dei "Lavoratori della Conoscenza" della CGIL.
Ne sottolineo alcuni punti:

1) Ricorso agli insulti: Don Ferrante, pistoleri, incompetenti, disinformati, ecc. rivolti a Pietro Citati, me e Mario Pirani (se ne facciano una ragione, la lista è molto ma molto ma molto più lunga). E si tratta di persone rispettabili: soltanto dei poveracci (veri professori di bullismo) possono pensare di liquidare una persona autorevole come Citati definendolo come un Don Ferrante pistolero. Senza contare la valanga di lettere che arrivano da ogni parte quando si esprimono critiche nei confronti dei pedagogisti. L'insofferenza giunta a livelli massimi è frutto di una congiura? O non sarebbe il caso di farsi un esame di coscienza?

2) L'elencazione di una lista di "ipse dixit" - in cui compare ridicolmente persino Feyerabend, perché non anche Einstein? - che dovrebbe tappare la bocca a priori ai critici. Chissà chi è don Ferrante... Non era proprio un aristotelico dello stile "ipse dixit"? Ahi, la trave nell'occhio...

3) L'affermazione "udite, udite! osano mettere pure in discussione la metodologia dell'autoapprendimento". È esilarante questo scandalo, come se nessuna persona ragionevole potesse pensare altrimenti, come se si fosse davanti a una bestemmia in luogo sacro... Ebbene, se ne facciano una ragione, non si tratta di un dogma di fede. C'è chi ritiene e con buoni argomenti che si tratti di una metodologia da gettare nel cestino in quanto disastrosa - e sono tanti, più di quanti credano, in particolare tra gli "operatori scolastici". Ma si sa, quando si dice questo, lorsignori rispondono che è tutta colpa degli insegnanti che "resistono".

4) Non è lecito neppure ipotizzare che qualcosa del disastro attuale derivi da trentacinque anni di dominio incontrastato dei pedagogisti di stato. Bisogna avere l'onestà di mettersi in discussione. Nessuno possiede a priori il diritto all'intoccabilità.

5) Cavarsela accusando gli altri di incompetenza. Come se chi vive da 40 anni nel sistema dell'istruzione non abbia diritto a parlare. Insomma la solita solfa: solo loro "sanno". La dittatura degli esperti... Esperti che non sanno cosa sia l'aritmetica ma pretendono di importi come insegnarla, magari con la legge "dissociativa" (arrivano lettere di insegnanti che confermano che ci sono in giro perfino emerite facce di bronzo che sostengono che la legge dissociativa ha senso!). E ci fanno pure la lezione di filosofia della scienza.

Infatti questo è il punto: siamo di fronte a una corporazione che ha il terrore di discutere e di confrontarsi, che ha il terrore di essere espropriata del potere di cui gode. E che reagisce, di conseguenza, in un modo che nulla a che fare con la discussione critica, con lo spirito scientifico, insomma con il metodo caratteristico di chi sa che cosa sia la cultura e l'educazione allo spirito critico. Dovremmo continuare a lasciare l'istruzione in queste mani?

Ad atteggiamenti così villani si può soltanto - cortesemente - rispondere con la celebre frase con cui Oliver Cromwell sciolse il parlamento inglese nel 1653: «Siete stati seduti qui per troppo tempo per quel poco di bene che avete fatto. Andatevene e liberateci dalla vostra presenza. In nome di Dio, andatevene».
Meno cortesemente un lettore di questo blog ha commentato dicendo che si tratta di patetici orfani del comunismo che, non avendo speranza di imporre la dittatura "sul" proletariato, vogliono consolarsi imponendola sugli insegnanti.

4 commenti:

Gianfranco Massi ha detto...

Forse sono un ingenuo, ma la reazione del pedagogismo imperante all' analisi argomentta del suo libro e delle sue conclusioni, deve aver colpito a fondo l'intera corporazione dei parolai qualificati. Non saprei come meglio definire questa tribù di sacerdoti che si arroga il diritto di sostituirsi al lavoro quotidiano degli inseganti. Il quale è soprattutto ispirato da una vera e propria vocazione: quegli stipendi non riuscirebbero ad attrarre personale così qualificato.
Nel campo economico e indusriale (e militare) l' organizzaione si basa sulla distinzione netta della "line" e della "staff". Alla prima appartiene il personale operativo, cioè il personale a cui compete la decisione sul campo. Alla seconda appartiene il compito di elaborare e "proporre" al "decision maker" la strategia o il comportamento. Sarebbe opportuno non confondere mai queste due funzioni fondamentali; specialmente nella scuola, dove è sul campo delle aule che si svolge l' attività dell' "istruzione".
Gianfranco Massi

Giorgio Israel ha detto...

A proposito di quella polemica mi segnalano un piccolo dettaglio significativo: l'attribuzione a don Ferrante dello slogan "dalli all'untore"... Questa è la cultura dei sacerdoti della pedagogia. Ma tanto loro se ne infischiano: al diavolo le conoscenze, quel che importa sono le competenze, ovvero la capacità di dare un contributo creativo, anche inventando pallonate.

marco simone ha detto...

Eppure... non riesco a non meravigliarmi del fatto che anche a una persona della sua cultura sia sfuggito il dettaglio di Don ferrante e dell'untore. Come è potuto accadere? Era così semplice...

Giorgio Israel ha detto...

Che vuol fare... sarò anch'io un ignorante...