venerdì 18 luglio 2008

Forse per colmare i debiti formativi in matematica basterebbe studiare

3 commenti:

Ann Isabel Auersdy ha detto...

Egregio Professore,
è certo che sarebbe sufficiente studiare per colmare i debiti formativi in matematica, così come in italiano, in storia, in latino, in greco, in filosofia...
Tuttavia, ritengo che sia anche colpa -solo in parte, certamente, ma non meno fermamente- di un approccio errato alla materia. Come del resto avviene per qualsiasi altra: professori incapaci massacrano Dante e Manzoni fino a farli odiare, riducono i maggiori sistemi filosofici ad una serie ripetitiva di concetti apparentemente privi di senso e del tutto alieni dalla vita quotidiana, la storia, beh, lasciamo perdere, greco e latino sono strumenti di tortura non fianlizzati alla conoscenza delle due civiltà che hanno fondato l'Occidente con l'apporto della cultura ebraico-cristiana ma ad un non meglio specificato sadismo...
Molti studenti studiano senza essere consapevoli di quello che stanno facendo e conoscendo. E la materia che più ne fa le spese è proprio la matematica, intelligente, fantasiosa e sognatrice materia ridotta alla pura aritmetica e all'applicazione di quattro formule.
Rammento di non aver mai visto qualcosa di più bello di uno studio di funzione riprodotto su grafico (io poi ci mettevo del mio, con le matite colorate), di più filosofico e teologico, se vogliamo: nell'infinito matematico, che pure è finito nel mondo reale, ritroviamo gli stessi concetti di Infinito-Divino e fi finito-umano.
Il che mi è sempre parsa un'ottima dimostrazione dell'esistenza di Dio (Odifreddi permettendo).
Non so come la pensi Lei, ma io ritengo che un simile approccio sarebbe preferibile, non crede?

Cecilia Rabà

www.ceciliaraba.ilcannocchiale.it

vanni ha detto...

Egregio professor Israel, La leggo sulla stampa ed anche sul blog di frequente. Vorrei solo dire (superbia e azzardo per un estraneo ignorante di problemi di insegnamento e di Scuola?) che mi pare surreale che si debba insistere sul concetto che lo studente deve studiare, anzi ci si debba difendere dalla sufficienza supponente dell'"intellettualità colta", quando non addirittura fronteggiare derisione o anatema. Boh... ai tempi della Scuola, come tutti i miei amici - più o meno dotati - ho sudato sangue sui libri (si fa per dire, bei tempi!), con professori bravissimi ed esigenti, che pretendevano il giusto tanto. La matematica... ricordo al liceo il silenzio quasi religioso della classe incantata dinanzi alla lezione piena di luce di un professore livornese - piovuto oltre Appennino per la fortuna di tanti studenti emiliani - che ci mostrava come la logica piena di magìa di Eulero svelasse prodigiosamente l'incredibile parentela fra l'esponenziale e il trigonometrico. Non so che metodo usasse nell'insegnamento, ma era grande, formidabile in ogni senso, anche etimologico. E aveva questo difettuccio: pretendeva che gli studenti studiassero.

coccinella ha detto...

Chiarissimo Professore,
ho letto il Suo “Forse per colmare i debiti formativi in matematica basterebbe studiare” e ho riflettuto sulla situazione scolastica, che mi preoccupa, tanto più che sono un’insegnante.
Ho riflettuto sulla matematica (mi dispiace che il “buco nero” sia nella scuola media, dove insegno) ed ho riflettuto soprattutto sulla grammatica, perché sono insegnante di lettere.
Mi è piaciuto sempre ricercare il modo migliore per insegnare con efficacia e stimolo i ragazzi a lavorare in prima persona (seguo in parte il costruttivismo didattico che applico anche attraverso un blog), perché penso che nell’età in cui li incontro, sia la maniera più valida per interessarli e per far loro interiorizzare meglio quello che apprendono. Certo devono impegnarsi e mettere sforzo in quello che fanno, altrimenti tutto è vano. È vero, devono anche studiare: operare e studiare. Ben detto, ci sto anch’io.
Quanto alla “totale liberalizzazione del sistema” vorrei capirci di più, ma ci andrei molto cauta.
A proposito del commento di “vanni” , ricordo che anch’io ho avuto dei Professori un po’ singolari: mi facevano studiare; e ancora li ringrazio.
Maria Luisa Necchi.