giovedì 4 settembre 2008

CONSERVATORISMO

Farebbero meglio a scorrere i sondaggi dei maggiori quotidiani secondo cui il ripristino del voto in condotta e dei voti in pagella viene approvato con percentuali fino al 90% e la reintroduzione del maestro unico con percentuali dell’ordine del 60%. Farebbero meglio a sentire quel che dicono tante famiglie e tanti insegnanti. Invece, hanno preferito partire a testa bassa e ricorrere a forme di demagogia pacchiana – come nel caso de L’Unità – parlando di “rabbia dei genitori”, “attacco alle famiglie”, “assalto alla scuola pubblica”, “privatizzazione”. Hanno preferito ignorare le dichiarazioni del ministro Gelmini («Il tempo pieno non è affatto incompatibile con il ritorno del maestro unico») e che si sta parlando di misure volte a ridare rigore e dignità educativa a una scuola pubblica in sfacelo. Certo, sono in gioco dei tagli. Ma si faccia avanti chi ha il coraggio di sostenere che la scuola e l’università italiane non siano il luogo di inauditi sperperi di risorse e del loro impiego in attività futili a detrimento di quelle essenziali. Si tratta di finanziare innovazioni volte a ridare qualità alla scuola tagliando ciò che merita di essere tagliato.
Chi si sta sollevando con tanta furia? Il solito fronte conservatore. Conservatore, s’intende, dei propri interessi di potere o di bottega che non sopporta di vedere intaccati. Si tratta di una buona parte dei sindacati della scuola, di certe congreghe di pedagogisti e didatti – già in subbuglio per la soppressione dei loro orticelli, le Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario – e delle associazioni che hanno fatto della scuola il terreno di sperimentazione della didattica dell’autoapprendimento. A ciò si aggiungano le proteste degli editori che farebbero bene ad assumere un atteggiamento più riflessivo: non è anormale che in Italia si sfornino trenta volte più libri di testo di matematica che in Francia, ovvero nel paese matematicamente più avanzato d’Europa? È strano che i paladini del “pubblico” siano indifferenti alla valanga consumistica che sommerge la scuola di prodotti la cui durata è inferiore a quella di un cellulare. Dicono che mantenere ferma l’edizione di un libro per cinque anni sia troppo. Ebbene, se un libro di matematica per le scuole è buono è meglio che resti fermo anche per vent’anni: i volumi di Enriques e Amaldi di più di mezzo secolo fa sono ancora largamente superiori alla stragrande maggioranza dei testi circolanti.
Stupisce la leggerezza con cui si ripetono luoghi comuni privi del minimo fondamento. Si parla di un colpo a una scuola che ci invidierebbero tutti i paesi europei. La senatrice Bastico parla di una scuola elementare che costituisce «il punto più alto riconosciuto a livello italiano e internazionale». Non stupisce che vi sia chi difende il proprio orticello parlando del ritorno al maestro come una «perdita della dialettica pedagogica». Ma che si possa leggere su un giornale (ancora L’Unità) che «oggi in terza elementare i nostri figli parlano inglese come noi alla fine del liceo» supera ogni immaginazione (a meno che non si tratti di un’autoironica allusione alla propria totale ignoranza dell’inglese…). Ma dove vive questa gente? È mai entrata in una scuola elementare? Davvero credono che la scuola primaria di oggi sia quella di trent’anni fa, che era davvero una delle migliori del mondo? Se sono in buona fede, per rendersi conto della realtà leggano il libro di una maestra come Clementina Melotti Boltri, “C’era una volta… la scuola elementare” (Ares, 1996). E, se non basta, si leggano le Indicazioni ministeriali per il curricolo del 2007. Questa è la scuola in cui si possono trascorrere cinque anni senza mai udire la narrazione di un fatto storico reale. Pochi giorni fa un maestro mi scriveva che la sua dirigente scolastica lo aveva incitato a raccontare qualcosa sui Fenici e limitarsi a questo. Difatti, non si fa altro che discettare sulle “durate temporali”, sul “prima” e sul “poi”, “usare cronologie”, “rappresentare concetti appresi mediante grafismi, racconti orali e disegni”. Prima delle vacanze ho visto mio figlio che ritagliava un orologio in cartone e gli ho chiesto cosa facesse. “Studio storia”, è stata l’esilarante risposta… Altrettanto dicasi per la geografia. Si possono trascorrere anni senza vedere un mappamondo, in un tormentone infinito di “orientazioni”, di “davanti” e “dietro” e dei “concetti cardine delle strutture logiche della spazialità”. E mentre ci si impantana in questo ciarpame parolaio, i bambini non apprendono neanche a tenere la penna in mano, mostrano carenze gravissime di lettura e scrittura e di calcolo mentale.
Questo sarebbe il pregevole “intreccio di competenze” da preservare a ogni costo? Se lo tengano. Di fronte a questo disastro la figura di un maestro unico capace di introdurre in modo sintetico la dimensione linguistico-matematica (inscindibile in una fase formativa primaria) costituisce un vero progresso pedagogico.
Quando il segretario della Cgil scuola Panini dichiara con toni truculenti che «si sta assestando un calcio nei denti dei bambini» e che «riuscire a distruggere la quinta scuola per qualità del mondo rappresenta la concreta attuazione di un attacco spietato al diritto dei più piccoli», conviene consigliargli pacatamente di calmarsi e di tornare alla ragione. Difatti, dichiarazioni simili costituiscono un’autentica offesa a tante famiglie e insegnanti che non ne possono più di assistere da anni alla raffica di calci sui denti inflitta ai bambini da parte di chi ha ridotto la scuola italiana a una barca sfondata, con riforme sconsiderate, demagogia sessantottina, clientelismo, ideologismo e subculture parolaie.
(Libero, 4 settembre 2008)

24 commenti:

feynman ha detto...

sono nato in un paesino del Lago di Como. Ho studiato Fisica a Milano e lì mi sono laureato. Il concorso ordinario per l'insegnamento l'ho regolarmente fatto e superato in Lombardia a Pavia. Leggo da http://www.corriere.it/cronache/08_settembre_04/stella_dbaef098-7a47-11dd-a3dd-00144f02aabc.shtml che la nostra "ministra" non sostenne l'esame di abilitazione per diventare avvocato a Brescia, ma si trasferì nella molto più "accogliente" Reggio Calabria. Dove oltre il 90% dei candidati otteneva, come ottenne lei, l'abilitazione. Un caso di migrazione che dovrebbe far riflettere.

paniscus ha detto...

Francamente, trovo di un semplicismo quasi offensivo la curiosa idea che le trasformazioni della scuola elementare siano legate in primis al numero delle maestre, e che quindi ritornando all'insegnante unico si riporterebbero le cose come alle origini.

E' come dire che riportando per legge la televisione a due soli canali in bianco e nero con quattro o cinque ore di programmazione al giorno, e per il resto monoscopio e nuvolette... la televisione tornerebbe ad essere la stessa di quarant'anni fa.

Lo trovo seriamente improbabile.

saluti
Lisa M.

Giorgio Israel ha detto...

Ma chi ha detto che sia legato al "numero" delle maestre?... La crisi della scuola elementare è dovuta a una modificazione dei programmi delirante di cui ho parlato a lungo e in dettaglio nel mio libro. Uno degli aspetti di tale "riforma" è stata l'idea balzana di introdurre un approccio disciplinare simile a quello delle medie inferiori e superiori, strutturando l'insegnamento con diverse insegnanti anziché con il maestro unico, che è bene sia unico in una fase formativa di base in cui l'introduzione al simbolismo linguistico-matematico non può essere spezzettata. Prima di sparare epiteti (semplicismo offensivo) bisogna capire di cosa stanno parlando gli altri. Questa dovrebbe essere la regola elementare di un insegnante (casomai lei lo fosse).

piddipi ha detto...

Gentile professore,
dando per scontato che un solo maestro "capace di introdurre in modo sintetico la dimensione linguistico-matematica" sia meglio di tre o piu' maestri incapaci, non mi risulta chiaro se per Lei il passaggio da piu' maestri ad uno solo sia un vantaggio, uno svantaggio, oppure sia indifferente dal punto di vista dell'appredimento degli studenti.

Giorgio Israel ha detto...

Per me è un assoluto vantaggio anche per evitare i casi in cui i maestri plurimi litigano sulla pelle dei bambini per imporre i loro diversi approcci pedagogici. Conosco casi di famiglie che hanno dovuto cambiare scuola ai figli per evitare situazioni spiacevolissime.

Carlo Scognamiglio ha detto...

Egr. professore, solo per capire meglio le sue posizioni, posso chiederle dove e come ha maturato le sue convinzioni pedagogiche? Quali ricerche e autori le ispirano?

Giorgio Israel ha detto...

Per avere opinioni in merito non c'è bisogno di essere un seguace di una corrente pedagogica. Sulla pedagogia contemporanea (da Dewey in poi) la penso comme Hannah Arendt.

Carlo Scognamiglio ha detto...

Quindi se non capisco male lei ammette di essere privo di formazione pedagogica. Ora, a parte la Arendt, posso chiederle quali letture di pedagogia le hanno fatto maturare l'idea dell'inutilità di questo settore disciplinare per legiferare e disquisire (che è diverso dal semplice avere opinioni) sulla questione educativa?

Giorgio Israel ha detto...

Ho detto e ripeto che non sono un pedagogista e non appartengo ad alcuna corrente delle tante in cui si divide la pedagogia, il che non significa affatto che non conosca la materia. Ho detto che la penso in merito più o meno come Hannah Arendt che pure non era una pedagogista ma aveva la cultura sufficiente per esprimere un'opinione in materia. Non ho mai detto che questa disciplina sia inutile in materia educativa per il semplice motivo che non ho nulla contro la pedagogia in quanto tale (anche Socrate era un pedagogo...) bensì contro la pedagogia dell'autoapprendimento e quella che pretende di fondarsi su metodi mutuati dalle scienze esatte. Non ritengo che alcuna disciplina possa arrogarsi un ruolo speciale nella funzione legislativa (quanto a disquisire, non vedo chi lo possa o lo voglia impedire). Sarebbe forse meglio cercare di capire cosa penso, e magari, se non è troppo chiedere, leggermi, prima di chiedere conto delle mie letture.

Carlo Scognamiglio ha detto...

Egregio Professore,
sono rammaricato per il tono un pò seccato della sua risposta, ma attribuisco la sua irritazione a un mio difetto di comunicazione.
Le chiedevo conto delle sue letture perché proprio leggendo le sue note - che mi interessano molto dal momento che lei partecipa attivamente al tavolo ministeriale in cui si dispone della formazione dei futuri insegnanti -
ho notato dei passaggi controversi. Volevo ad esempio capire la sua tesi secondo cui orientarsi nello spazio e nel tempo (come insegnante delle scuole superiori le garantisco che la maggior parte degli studenti scolasticamente più deboli, soprattutto in passato, avevano enormi difficoltà proprio in tale competenza) sia secondario (così mi pare di capire, anche se lei ha preferito l'espressione piu truce "ciarpame parolaio") alla "narrazione di un fatto storico reale". Forse cosa sia un fatto storico reale è comunque questione troppo complessa, e non rientra nei suoi interessi attuali.
Insomma, siccome il dibattito teorico su cosa sia la storia è assai articolato, volevo capire quale idea della storia e soprattutto di didattica della storia ispira la sua penna (la prego di non citare ancora la Aredt, che di fronte a quest'assalto alla diligenza della cultura e della formazione sarebbe rimasta sconvolta).
Ma mi ha colpito soprattutto la seguente sentenza: "Di fronte a questo disastro la figura di un maestro unico capace di introdurre in modo sintetico la dimensione linguistico-matematica (inscindibile in una fase formativa primaria) costituisce un vero progresso pedagogico." Ecco, vorrei conoscere le argomentazioni che sorreggono la sua nozione di progresso.

Caro Professore, vede, ciò che io sospetto, ma probabilmente mi sbaglio, che al di là della macchiettistica caricatura dell'insegnante fannullone e sindacalizzato (come se ciò non fosse sacrosanto), lei ignori o finga di ignorare che nella scuola italiana negli ultimi anni si sono moltiplicate, con impegno enorme del personale docente, soprattutto della primaria, la ricerca e la sperimentazione didattica, pedagogica e psicologica. E' con questi risultati che bisognerebbe confrontarsi prima di parlare di progresso e regresso, non con l'esperienza personale di un padre che vede il figlio disegnare l'orologio.

Il ministro Gelmini ha maldestramente mascherato i tagli con una sovrastruttura teorica pseudo-pedagogica, che proprio non sta in piedi, ma il più serio Tremonti ha ammesso: certo la scuola elementare con più insegnanti per classe è meglio, ma "non ce la possiamo permettere" . Capisco che si debbano regalare soldi al comune di Catania, capisco che si vogliano spedire più armi in Afghanistan, capisco anche che non si aboliscono le province (si cancellano solo molte scuole di provincia), e infine che propagandisticamente si sguinzaglino i soldati per le città (i quali neanche ci vorrebbero andare, perché non sanno cosa farci).... quello non che non capisco è perché bisogna a tutti i costi inventarsi un'ideologia - che è poi il trito ritrito antisessantottismo - per giustificare i propri progetti di risparmio.

Che poi i sondaggi siano a favore del maestro unico mi pare poco significativo. Probabilmente in Germania sul finire degli anni Trenta anche le discriminazioni razziali erano assai popolari, eppure ciò non prova la loro bontà. Anzi, direi che la popolarità in molti casi è sospetta.

Scusi per la lunghezza.

Giorgio Israel ha detto...

Tra chi frequenta questo blog c'è chi si lamenta che io mi seccherei o risponderei male. Provi a rileggere il suo post come se l'avesse ricevuto lei. È molto elegante l'alternativa che mi propone, tra ignoranza e malafede (ignoro o fingo di ignorare). Un vera apertura alla discussione... Molto divertente anche l'accusa di sentenziare senza conoscere, producendo una serie di sentenze che più apodittiche e polemiche non possono darsi. Già che ha tirato fuori l'Afghanistan, poteva tirar fuori uno striscione "No dal Molin", contro i termovalorizzatori in Campania e il nucleare. Lei è fatto per parlare con chi è d'accordo con lei, anzi forse soltanto allo specchio.

Pietro Spina ha detto...

premetto per onestà che non sono un pedagogista e non ho alcuna nozione in materia. del resto non voglio esprimere altro che una preoccupazione, sull'argomento che affrontato nel post del professore. il mio timore, confermato anche da esternazioni come quella del ministro Tremonti, è che il ritorno al maestro unico non sia una scelta di "progresso", seppure dettata da presupposti politici che posso non condividere, bensì una triste necessità di cassa e quindi un arretramento. da questo punto di vista non mi confortano affatto i sondaggi sulle opinioni degli italiani (con tutti i limiti dello strumento statistico) perchè ricordo, dalle mie nozioni di economia politica, che il valore dell'istruzione non è immediatamente percepibile da un popolo; come diceva Stuart Mill, che attribuendo grande importanza all'istruzione come strumento di crescita economica e produttiva, riteneva che lo Stato avesse il dovere di investire risorse in tale campo anche contro la volontà degli individui i quali, ancorati al retaggio della loro stessa formazione, non sono in grado di valutare l'importanza dell'innovazione e del progresso in tale campo e il giusto apporto di risorse da dedicarvi. insomma è probabile che molti pensino che sia meglio risparmiare sugli insegnanti e tornare ai "tempi belli di una volta", tanto se "ci siamo imparati noi" ripetendo a memoria le tabelline, andrà bene anche per i nostri figli. io vengo da una scuola di provincia in cui ancora venti anni fa la mi amaestra (unica) bacchettava sulle mani (letteralmente) i miei compagni che avevano difficoltà a ripetere a memoria il 5 maggio di Manzoni (poesia di cui non capivano naturalmente nemmeno una frase) e che amava ripeterci che per studiare la storia dovevamo apprendere il "fatterello", cioè la narrazione di un fatto, per cui molti di noi riuscivano a raccontare la storiella di MAsaniello senza sapere collocare la vicenda nel medioevo o nell'800 (io stesso l'appresi molto più tardi) e a maggior ragione ignorando del tutto il motivo per cui tale "fatterello", pure curioso in sè, avesse avuro una rilevanza storica. del resto non è un mistero che la maggior parte degli italiani ignori beatamente cosa sia avvenuto nel 1799 a Napoli (la città da cui scrivo). ecco, io vorrei che i miei figli sapessero piuttosto ricostruire gli eventi storici comprendendo l'importanza degli stessi in relazione alle premesse ed alle conseguenze che hanno avuto, e non sarei contento solo perchè sanno ripetere i "sepolcri" a memoria. e siccome a me così l'hanno insegnata i maestri unici, speravo che con i 3 si facesse un passo avanti. mi sbaglio?
mario mastrocecco

ps. la mia maestra rimpiangeva i tempi in cui si potevano picchiare gli alunni ignoranti e si poetvano anche bocciare quelli che non sapevano le tabelline. alcuni, qaundo ero alle superiori, rimpiangevano le classi non miste...

Nazarin ha detto...

Non appartengo al mondo della scuola, non ho dunque nè la competenza nè l'esperienza intellettuale ed emotiva per partecipare come vorrei al vostro dibattito.
Spero non vorrà accusare anche me, Professore, di essere sordo al dialogo, ma converrà che anche rispondere sempre "Arendt" non è particolarmente convincente.

Giorgio Israel ha detto...

Un Tizio mi scrive un paio di post di due righe il cui tono supponente invita a risposte telegrafiche. Poi Tizio ne scrive uno assai più lungo e aggressivo. Gli significo brevemente che chi si parla addosso è bene che continui da solo. A quel punto, sul blog di Tizio compare l'annuncio cubitale che "è in corso una vibrata discussione con il prof. Israel" (vibrata... ma dai?...) assortito dall'invito a partecipare al dibbbbbattito. Così arrivano post supporter e viene diffuso in rete il corposo testo della "vibrata discussione" con il "microcefalo reazionario" (sarei io) la cui assenza di titoli a parlare dei problemi dell'insegnamento sarebbe testimoniata dalle sue opinioni su... la scuola? ma quando mai?... sul conflitto israelo-palestinese.
Ragazzi, non avete soltanto formazione pedagogica ma tutti i titoli per mettere in piedi un serial televisivo. Con tanto di spot pubblicitari.

Carlo Scognamiglio ha detto...

Egregio Professore, presumo che non pubblicherà questa mia, come non ha pubblicato la replica precedente, per cui le scrivo a titolo privato. Vorrei solo precisare che il sottoscritto non ha nulla a che fare con la cirolazione on-line del nostro scambio, né i riferimenti alle sue posizioni sulla questione palestinese, che tra l'altro ignoro.
Certo ho pubblicato un link sul mio blog, in modo che i miei lettori possano prenderne visione e discuterne... ma è proprio questo lo scopo dei blog. Se uno non ama ricevere commenti sgraditi o in generale non vuol discutere è preferibile fare direttamente un sito in cui non si può intervenire con commenti personali.

Concludo dicendomi molto rammaricato per non aver visto pubblicata la mia replica, che ovviamente renderò nota - ne sono costretto, visto il modo in cui si rivolge alla mia persona - sul mio blog.

Ho letto e riletto le mie parole, ma non ho trovato un livello di aggressività verbale superiore alla sua. Forse è la velocità della comunicazione on line che produce questi effetti.

Cordialmente,
Tizio.

Carlo Scognamiglio ha detto...

Comunque, se per caso la mia replica non le fosse arrivata per qualche ragione tecnica, e dunque non sia stata volutamente trascurata, la trascrivo nuovamente.
Grazie:


Mi scusi, proprio mi sfugge il rapporto tra il mio post e la base americana di Vicenza... forse ha ragione lei, sono stato troppo apodittico, del resto succede quando si pongono delle domande :-)

Comunque non ho trovato il mio post particolarmente offensivo. Dunque, se proprio non le dispiace interloquire, lasciando perdere lo specchio, potrebbe cortesemente dischiudere le sue idee in merito alla didattica della storia e al progresso pedagogico, così come mi sono permesso di domandarle? Alfine mi considero socratico al punto da preferire l'esser confutato al confutare. E' possibile che i suoi argomenti siano più forti di quelli da me costituiti in (non molti) anni di studio. Senza ironia, sono seriamente interessato a conoscere la sua opinione su questi due punti.
Poiché se v'è vero progetto pedagogico negli attuali processi di riforma della scuola, è bene che emergano.

Cordialmente,
c.s.

Nazarin ha detto...

Le sue risposte sarebbero state più credibili se avesse pubblicato il mio post nella versione integrale. In questo modo, invece, il mio intervento appare del tutto privo di senso.
Forse la parte sulla "demagogia" le è andata di traverso.
Non la disturberò oltre

Nazarin ha detto...

Le sue risposte sarebbero state più credibili se avesse pubblicato il mio post nella versione integrale. In questo modo, invece, il mio intervento appare del tutto privo di senso.
Forse la parte sulla "demagogia" le è andata di traverso.
Non la disturberò oltre

Giorgio Israel ha detto...

Ho pubblicato assolutamente TUTTO quel che ho ricevuto e non ho tagliato nulla. Un po' di decenza, quantomeno, prima di fare accuse di censura. Fin qui l'ho presa a sorridere, adesso credo che la sceneggiata debba finire, visto che si scende su questo terreno menzognero.
Non ho alcuna difficoltà a "dischiudere" il mio pensiero, visto che l'ho fatto in decine di articoli e in un libro che ha al centro la questione educativa. Credo però che sia elementare capire che non si può chiedere di riscrivere tutto ad personam. La cortesia vorrebbe che si legga almeno quel che c'è nel blog, non soltanto questo articolo, perché in un breve articolo inevitabilmente si assume un tono apodittico, per ragioni di spazio, come del resto sono assolutamente assertori i vostri messaggi.
Il signor Scognamiglio non capisce cosa ci sia di offensivo in quel che ha scritto? Ebbene, ripeto che non è un modo di discutere - non dico "socratico", povero Socrate, non cadiamo nel comico - dire dell'interlocutore che o non capisce o fa finta di non capire. Tertium datur: che l'interlocutore conosca e creda in quel che dice e con buone ragioni. Una discussione che inizia invece su quelle basi è chiusa prima di iniziare ed è soltanto una provocazione polemica. Nel frattempo aveva già definito il mio articolo "dissennato", epiteto che è notoriamente un complimento... Figuriamoci che succede quando lei decide deliberatamente di insultare... Provi a riflettere con modestia. Per esempio al fatto che, quando ci si rivolge a qualcuno si risponde nel merito e non si inizia chiedendogli conto della sua preparazione. Non è una questione di differenza d'età o di ruoli, è una questione di non essere indisponente. Avrei potuto semplicemente risponderle: "Prima di tutto si presenti e mi dica lei che titoli ha per farmi una simile richiesta"? Sarebbe stato del tutto legittimo.
La relazione tra la base di Vicenza e il suo post è ovviamente inesistente come quella tra il tema della scuola e l'Afghanistan, che proprio lei ha stabilito, tanto per fare quella "demagogia" che mi sarebbe stata rimproverata in un post che io avrei censurato.
Un po' di senso del ridicolo. Così come sul resto. Ognuno è ovviamente libero di scrivere quel che vuole sul proprio blog, ma presentare quelle quattro frasette come una "vibrata discussione" (con tanto di sostenitori in appoggio che inviano messaggi "censurati" e fans che applaudono chi ha messo a posto il microcefalo sionista) è irresistibilmente ridicolo. Tutto qui.
Davvero questa sceneggiata è chiusa e non ci saranno altri spunti per farsi pubblicità.

Pietro Spina ha detto...

egregio professore,
mi permetto di scrivere ancora perchè sono profondamente e sinceramente dispiaciuto per l'esito della discussione che, fuori da ogni mia intenzione, si è trasformata in una disputa. se avessi saputo che di ciò si trattava e soprattutto se avessi avuto contezza dell'uso di epiteti spregiativi (tra cui l'aggettivo "sionista" usato in senso offensivo, cosa per me inaccettabile) non sarei certo intervenuto. tuttavia nè prima nè adesso trovo riscontro a quanto da lei denunciato, nè nel blog di Carlo Scognamiglio nè altrove. Ammetto, ma non mi sembra affatto di dovermene scusare, che ho avuto notizia del suo post e della discussione che ne è seguita dal blog del suddetto, che seguo da tempo per interesse personale (ma ciò non implica che ne condivido le idee, anzi; di solito mi piace leggere cose che non cindivido del tutto ma sono scritte bene e da persone che reputo competenti). non ci vedevo e non ci vedo niente di male, anzi, lo trovo un valido modo di espandere le mie e le altrui conoscenze attraverso la dialettica.
nel mio commento ho espresso con chiarezza delle perplessità e delle differenze (diaciamo pure diffidenze) verso le posizioni espresse da esponenti del governo e, mi è sembrato di capire, da lei condivise. mi sembra di averlo fatto in buona fede, senza offendere nessuno e senza pretese di essere dalla parte della ragione; non ho spacciato pre-concetti per giudizi ponderati ma ho dichiarato che le mie erano pre-occupazioni che partivano da posizioni mie pre-cedenti e che volevo sottoporre al vaglio della sua (e di altri) opinione. se sono stato inopportuno, le chiedo scusa, ma non mi ha fatto per niente piacere essere considerato una specie di "claque", senza la minima considerazione per quello che ho detto. da un intellettuale come lei avrei preferito essere stroncato, l'avrei trovato meno umiliante.
solo per inciso (e per irresistibile amore della discussione) le dico che ho letto anche altri suoi post, trovando ancora più interessante quello dal titolo "la rivoluzione pedagogica che fabbrica teste vuote". sia chiaro che non lo condivido nella gran parte, ma non è questo che lo rende interessante, quanto il fatto che noto una certa contraddittorietà delle sue argomentazioni, in parte riflessa anche nei commenti. cioè da un parte ella considera totalitaria la pretesa di formare le teste, anzichè riempirle (e su ciò concordo) ma dall'altra attribuisce questa linea che definisce metodologista ai regimi comunisti ed a quella ideologia alla quale però imputa contemporanemanete la volontà di indottrinamento, che si attua principalmente attraverso la trasmissione di nozioni e non già di "metodo critico" (lo metto apposta tra virgolette). qualcuno richiamava la Russia degli anni 20 e 30, ma non mi risulta che allora si formassero teste anzichè riempirle, ma piuttosto il contrario. così come nella Cina maoista, il libretto rosso si imparava a memoria, altro che metodo critico. e (per allargare il concetto di totalitarismo) non mi sembra che far scrivere "Mussolini ha sempre ragione" ai bambini delle elementari fosse una pratica mirante a trasmettere un metodo. personalmente, considero giuste molte delle sue obiezioni a certo metodologismo (e non mi riferisco solo alla pedagogia, di cui sono un profano) ma trovo sbagliato imputarla al pensiero di sinistra o addirittura, come lei fa, al marxismo o al comunismo. si tratta di uno dei tanti errori di "ideologizzazione" forzata e un po' manichea di cui in Italia soffriamo molto (in generale, mi ci metto anche io).
forse avrei fatto meglio a commentare direttamente l'altro post, ma del resto lo devo a scognamiglio l'aver individuato il suo blog e mi sarebbe piaciuto che il confronto tra le vostre posizioni fosse continuata (senza voler nascondere quale delle due sia più vicina alla mia).
se lo ritiene può benissimo non pubblicare questo commento, dato che non sono affatto in cerca di pubblicità e mi premeva esclusivamente chiarire la mia posizione nei suoi confronti.
per onestà intellettuale
mario mastrocecco

Giorgio Israel ha detto...

Pubblico il suo post perché lo ritengo sostanzialmente estraneo a questa "disputa" e le riconosco di essere intervenuto (prima e ora) in modo assolutamente civile. Infatti, non pensavo specificamente a lei come parte della "claque". Figuriamoci se ho niente contro le discussioni, ma credo di aver sufficientemente spiegato che non si può definire qualcuno "dissennato", chiedergli la lista delle letture, trattarlo di ignorante o in malafede e poi pretendere il dialogo. Spero che questo serva come "educazione" di vita a qualcuno.
So benissimo che non si è responsabili per quanto circola in rete, ma tenere un tono non troppo "alto" serve ad allontanare da sé l'applauso di certi figuri che hanno commentato in rete la mia nomina a presidente della commissione dicendo che c'era da attendersi il peggio visto che la religione ebraica è la più schifosa che esista...
Nel merito, le obiezioni che lei solleva sono interessanti. La risposta si riconduce a una vasta letteratura antitotalitaria tra cui potrei citare Furet e che ho ampiamente discusso nel mio libro "Liberarsi dei demoni". Detto in modo ipersemplificato, l'alternativa è tra una concezione "rivoluzionaria" e "conservatrice" dell'educazione, tra chi pretende di rifare le teste (e il mondo) e chi, al contrario, pensa che la condizione fondamentale della libertà è conoscere, e quindi conoscere il mondo com'è. Il motivo per cui cito Arendt è che condivido in toto la sua idea che una buona educazione - anzi la sola possibile educazione - è conservatrice. Nel senso che fornisce i mezzi per conoscere il modo qual è e quindi acquisire gli strumenti per trasformarlo. La condizione essenziale per poter cambiare il mondo (anche in modo radicale) è conoscerlo. E a questo non basta il metodo. In tal senso, l'atteggiamento "rivoluzionario" di chi rifiuta il mondo qual è, e la sua cultura, mirando a offrire un metodo che poi dovrebbe consentire di muoversi liberamente, in realtà imprigiona e produce un totale sbandamento, l'incapacità di comprendere e orientarsi.
Lei dice che il totalitarismo riempiva le teste piuttosto che formarle. Non è esatto. Diciamo che iniziava (inizia) prima a svuotare le teste, a lavare i cervelli, e poi ci mette quel che vuole dentro. Non soltanto nozioni, ma anche un metodo, che è per lo più un modo di ragionare schematico e per precetti che indirizza la persona verso un esito predeterminato.
Riguardo alla pedagogia dell'autoapprendimento va notato che essa si basa su un paradosso singolare: e cioè che, mentre predica lo svuotamento delle teste, per metterci un metodo sulla base del quale poi riempirle "correttamente", in realtà si basa su un sistema concettuale e contenutistico forte - proprio l'ideologia dell'autoapprendimento e tutti i suoi minuziosi e ossessivi precetti - che non si riduce a metodologia. È un inevitabile paradosso perché dei contenuti non si può fare a meno. Ma quale arroganza (e prepotenza) nel voler scacciare tutti i contenuti salvo uno, il proprio. Che è poi esattamente quel che osservo quando dico che questi signori pretendono di distruggere la figura dell'insegnante, salvo una categoria di insegnanti: loro...
Tutte queste cose le ho argomentate meglio nei miei libri che non in questo modo sgangherato. Ma un post è quel che è...

Nazarin ha detto...

Noto tuttavia con piacere che abbiamo una cosa in comune: la passione per Battlestar Galactica. Temo tuttavia che diverse siano le nostre simpatie relativamente ai personaggi...Gaius Balthar nel mio caso. Nel suo...è Adama, non è vero?
Perdoni la facezia

Angelo Urfalino ha detto...

Esimio Professore
Leggo dal suo profilo che la Divina Commedia è uno dei suoi libri preferiti, lo è anche per me, assieme al Convivio. Su quest'ultimo ho imparato a studiare, fondando il mio corso di studi sul "Trivio" e "Quadrivio". Ora, domandare è lecito, rispondere è cortesia: crede Lei che la "riforma" del Ministro Gelmini abbia come fine la formazione (i Romantici tedeschi la chiamavano bildung) di studenti che, in silenzio acusmatico, dedicheranno le loro esistenze di futuri cittadini allo studio dell'astronomia, della geometria, dell'aritmetica, della musica, e, passando al trivio, della grammatica, della retorica e della dialettica, per vincere il frastuono di uno spazio sociale inteso come un unico e globale centro commerciale, luogo del negotium, e contro la volgarità dei contenuti di tutte le reti televisive e giornalistiche, alcune delle quali appartengono al Primo Ministro della Repubblica Italiana?
Il mio modello scolastico tende ad imitare lo stile di vita della Scuola di Pitagora, dove per accedere si dovevano osservare tre anni di silenzio, in alternativa, per non affaticare più del dovuto il mio spirito, lo stile meno severo dell’Accademia di Platone. Io ho criticato con tutto il mio rigore intellettuale la "riforma" Berlinguer, e la pedagogia che la sottende, ciò che io chiamo pedagogia del gioco, la via maestra verso il Paese dei Balocchi. Forse non ho capito, forse il modello di vita della Signora Ministro e del Consiglio dei Ministri cui appartiene, è quello della Scuola di Chartres, destinato a consegnare alla società monaci anacoreti, che non ha nulla a che vedere col modello aziendale guidato da operatori di marketing, per questo le chiedo, gentilmente, di illuminarmi, di aiutarmi a credere che la Scuola della Signora Gelmini sta agli antipodi dal modello culturale televisivo a me somigliante ad un’officina di divertimentificio, che non sia, detto in altri termini, fabbrica di futuri consumatori abitanti di un tolk show, mi perdoni i barbarismi.
Distinti saluti
Angelo Urfalino

Giorgio Israel ha detto...

Egregio Signore,
con la cortesia richiestami rispondo che io non sono il portavoce del Ministro Gelmini. Né credo che il decreto del Ministro Gelmini (impropriamente chiamato riforma) e che tocca alcuni punti importanti quanto circoscritti (condotta, rigore scolastico, maestro prevalente) possa mai indurre quel clima che lei auspica. Ci vorrà ben altro - a partire da una radicale riforma dei programmi - per colmare i guasti di quel pedagogismo e di quel modello aziendalista, promosso da Berlinguer e proseguito da Moratti e dai loro ineffabili consiglieri e che con piena identità di vedute deploriamo.
Speriamo.
Io non l'aiuto a credere a niente.
Per parte mia, ho un solo punto di vista e quello perseguo, senza deflettere. Collaboro con tutte le iniziative che mi pare possano indirizzare le cose verso un sia pur modesto miglioramento. Così ho fatto partecipando alla (inutile) commissione Fioroni, apprezzando la timida iniziativa del ministro verso il ripristino del rigore. Apprezzo il decreto Gelmini e lavoro nella commissione per la riforma della formazione degli insegnanti. Non presterò mai la mia opera ad alcunché vada nella direzione che detesto e appena avrò sentore di non poter fare nulla di utile mi ritirerò prontamente continuando a esprimere il punto di vista che sostengo da anni.