venerdì 5 giugno 2009

Il razzismo neurologico e l’egualitarismo stroncatalenti

Apprendiamo dalla stampa che la paleoantropologa Dean Falk dell’università della Florida ha elaborato e studiato le immagini della materia cerebrale di Albert Einstein arrivando alla conclusione che sui lobi parietali di solito associati alle abilità matematiche si presenta una decina di variazioni rispetto alla norma: rilievi e solchi che potrebbero essere connessi alle capacità eccezionali dello scienziato. La signora è male informata. Difatti, è indubbio che Einstein sia stato uno dei più grandi fisici di tutti i tempi e, come tale, era certamente assai forte in matematica, ma non in modo superlativo. Lo ammetteva lui stesso. Difatti, scriveva al matematico italiano Tullio Levi-Civita: «Quando ho saputo che lei attaccava la dimostrazione che mi è costata fiumi di sudore mi sono preoccupato non poco» perché «lei va a cavallo della vera matematica mentre uno come me è costretto ad andare a piedi». Perciò, se Einstein aveva dei solchi nella zona dei numeri, Levi-Civita doveva averne di profondità doppia. Non parliamo poi di Henri Poincaré o di John von Neumann: in quei cervelli doveva esservi il Grand Canyon… Ma che volete? Questo genere di baggianate sulle basi cerebrali del pensiero sono pane quotidiano almeno quanto le chiacchiere sulle veline.
Tanto più sorprende leggere un articolo di David Brooks sul “falso mito del talento naturale” che spiega che non esiste alcuna predisposizione alla genialità. Come esempio egli adduce quello di Mozart che si esercitò al pianoforte fin dalla più tenera età accumulando in pochi anni 10.000 ore di pratica. Insomma, Mozart non possedeva alcun talento particolare ma studiò tanto e tanto e poi tanto da diventare un portento. Scrivere – dice Brooks – è una «pratica lenta, laboriosa e spietata». Chi impiega ore e ore a fare versioni in prosa o, viceversa, a mettere prosa in poesia diventerà un grande scrittore. Pare che in Russia esista una scuola di tennis in cui si gioca indefessamente senza pallina, studiando al rallentatore le mosse. «Procedure di esercitazione consapevoli, inflessibili e ripetitive» sono la chiave del genio. Brooks non dice che questo punto di vista va direttamente in rotta di collisione con il precedente. Se la prende piuttosto con le «idee romantiche» della gente a proposito del genio, con chi crede che esso sia «prodotto di una scintilla divina» e che le «doti» siano conseguenza di un «dono spirituale innato». Insomma, comunque la si metta, le bastonate sono sempre riservate allo “spiritualismo”, anche se è evidente che le teorie materialistiche secondo cui il pensiero è una secrezione del cervello sono inevitabilmente nel mirino delle tesi di Brooks. Peraltro egli esagera perché l’evidenza mostra che la verità sta nel mezzo. È chiaro che senza studio e applicazione non si combina nulla ma è innegabile che esistano anche predisposizioni personali: vi sono persone stonate come una campana che possono senz’altro migliorare ma non al punto di diventare Mozart. D’altra parte l’idea che Einstein fosse un genio per qualche conformazione cerebrale costituisce una giustificazione perfetta della nullafacenza scolastica. «Cari genitori, va bene prendo sempre zero in matematica. Ma che ci volete fare? Avete visto la mia zona dei numeri? È piatta come la pianura padana. Non posso costituzionalmente imparare niente di matematica…». Insomma, in futuro i voti in pagella li metterà direttamente un neuroscienziato dopo un check del cervello.
Nel linguaggio del politicamente corretto si dovrebbe dire che il determinismo cerebrale materialistico è razzismo allo stato puro. Ma il politicamente corretto è un alleato di ferro del materialismo.
(Tempi, 4 giugno 2009)

17 commenti:

Gianfranco Massi ha detto...

Se dovessimo star dietro a tutti gli "studi" dei diversi ricercatori riportati quotidianamente dalla stampa o dal "cazzeggio" di chiusura di tutti i Telegiornali come potremmo salvarci dal relativismo o dal riduzionismo?
David Brooks poi, sembra che ignori la statistica e ... il monachesimo. "Procedure di esercitazioni consapevoli, inflessibili e ripetitive" sono da secoli praticate nei monasteri e nei seminari al fine di raggiungere la santità.. Ma con quali risultati? Il numero dei santi è dello stesso ordine di grandezza di quelli che lasciano il saio o l' abito talare. La media degli altri, il grosso, mi sembra conforme alla normalità, in fatto di "santità".

Caroli ha detto...

Mia figlia, quando era bambina, aveva necessità di disegnare un'aquila. Le presentarono come modello un dollaro USA. Dopo due minuti fece un'aquila perfetta nella sua maestosità. Una sua amica, che si era cimentata poco prima nell'analoga cosa, stava disegnando un piccione. Allora? Avevano otto anni tutte e due. Quindi? Quindi smettiamola con le idiozie.

Celer ha detto...

Mi permetto di intervenire fornendovi alcune informazioni un po' aggiornate in campo psicologico, o meglio, neuro-psicologico, da insegnante che si occupa di formazione degli educatori/maestri della prima e della seconda infanzia. Ricerche e prospettive sono profondamente mutate negli ultimi 15 anni e indicano, in breve, quanto segue:
-il cervello dei piccoli d'uomo è, per ragioni evolutive, fortemente immaturo alla nascita;
-l'immaturità cerebrale nella specie umana neotenica si traduce in enormi possibilità di adattamento all'ambiente sociale e culturale cioè in un potenziale senza pari di apprendimento;
-il cervello matura fino ai 20/23 anni, è fortemente plastico e, quindi, il cambiamento, in una prospettiva rigorosamente probabilistica e multicausale,caratterizza sostanzialmente tutto l'arco di vita individuale;
-apprendimento, esperienza e ambiente, quindi società e cultura si "incarnano" letteralmente nel cervello degli individui modificandone profondamente la funzionalità;
-ciò che rende unica e irripetibile la persona è la sua esperienza;
-educare-insegnare significa scrivere dentri i cervelli di persone che sono solo geneticamente predisposte ad imparare.
La trasmissione tra le generazioni è culturale, non genetica, e chi educa-insegna ha enormi responsabilità. Chi educa gli educatori ha responsabilità raddoppiate o elevate alla seconda, come preferite. Responsabilità enormi.
PS: scelte politico-ideologiche descolarizzatrici e neoliberiste hanno voluto leggere il contributo di psicologi come Gardner, per esempio, a proprio uso e consumo, ma sono devianti e prive di qualsiasi riscontro scientifico.
Stefania Fabris

Giorgio Israel ha detto...

Mi lasci cortesemente osservare che asserire che società e cultura si "incarnano" letteralmente nel cervello degli individui e che educare-insegnare significa scrivere dentro i cervelli di persone che sono solo geneticamente predisposte a impare è privo di qualsiasi riscontro scientifico, È soltanto metafisica materialistica estrema.

Celer ha detto...

Non capisco da dove il Prof.Israel deduca che quanto da me riportato sul blog corrisponda ad un'opzione "materialistica estrema" visto che, tutto al contrario, semmai implica un radicale superamento della scissione materia/spirito, mente/corpo per quanto riguarda le scienze dell'uomo. Personalmente se proprio devo pronunciarmi su una metafisica scelgo Spinoza...
Per quanto riguarda invece i riscontri scientifici ovviamente occorre fornire precisi e rigorosi riferimenti.Come insegnante ho trovato moltissimi riferimenti derivanti da ricerca, accademica e non,fermo restando il fatto che si tratta di un settore attualmente molto in espansione e che comunque "scientifico", diversamente da metafisico o religioso, vuol dire sempre provvisorio e aperto a nuovi sviluppi. Inoltre conosciamo tutti (?) gli studi di Bruner e di Gardner, ad esempio.Infine i siti internet di neuroscienze, persino in lingua italiana, sono numerosissimi e penso possano fornirci molti spunti di riflessione e molte speranze per la formazione delle nuove generazioni, anche quelle degli insegnanti. Ah, dimenticavo: in alcune SSIS (vedi Bologna, Prof.Franzoni, 2003, da convegno di neurologia pediatrica) gli esiti delle ricerche a cui stiamo alludendo sono stati divulgati. Il Prof.Israel ritiene che tale informazione sia "malsana"? Perchè? Stefania Fabris

Caroli ha detto...

Papa Giovanni Paolo II imparò il portoghese già da Pontefice. Non mi risulta che sia stato eletto a 20/23 anni (infatti ne aveva 58). Almeno evitassero, i materialisti metafisici di incappare in simili gaffes verso chi non ha la memoria corta...
(Scusatemi tutti, ma io sono e sarò sempre abituato a citare esempi).

Celer ha detto...

Gli esempi che porta il Signor Caroli sono perfettamente coerenti con quanto stamattina ho cercato di dire per arricchire l'interessante dibattito aperto dal Prof.Israel. La ricerca scientifica in campo psicologico e neuropsicologico evidenzia proprio le grandi possibilità di apprendimento del nostro cervello. Il cervello è un organo fortemente plastico che attraverso l'interazione/relazione con altre persone impara, si adatta e si modifica per tutta la vita. Il mondo è pieno di nonni che stanno imparando dai nipoti a comunicare tramite le nuove tecnologie: basta che siano motivati, che non abbiano una grave malattia degenerativa, che abbiano nipoti affettuosi e disponibili. Se tali possibilità ci sono state donate da Dio, invece che dall'evoluzione naturale, o magari da entrambi, non è questione a cui possa rispondere definitivamente alcuna scienza, ma, secondo la scienza, gli esseri umani hanno tali grandi possibilità. L'insieme dei fattori in gioco (fattori relativi ai 3 mondi della psiche, del cervello e della società)rende ciascuna persona unica e irripetibile. Qualsiasi ipotesi deterministica, tanto più se su base genetica ( intendendo riferirsi a razzisti destini individuali invece che ad umani vincoli biologici)è allo stato attuale della ricerca, per quanto mi consta, priva di alcun seguito in ambito scientifico.Spero di aver espresso meglio il mio pensiero e che il Prof.Israel non mi censuri di nuovo. Stefania Fabris

Giorgio Israel ha detto...

Io non l'ho censurata affatto. Ma sono fermamente convinto che non si discute di temi così complessi con quattro righe su un blog. Quando mi capita di parlarne in un articolo è sempre e soltanto per stigmatizzare la superficialità con cui certi temi vengono affrontati con quattro formulette dogmatiche. Se voglio parlarne a fondo mi misuro con la scrittura di un libro. Lei parla continuamente di "cervello" dando per scontate cose che non lo sono e su cui non si studia informandosi in rete. Quanto a basare le metodologie pedagogiche e di apprendimento sulle neuroscienze, ebbene sì, ne penso male. Le neuroscienze non sono in grado di dire nulla circa i contenuti e il significato delle idee e dei concetti ma soltanto qualche (molto generica) informazione circa i processi fisici che si accompagnano alle operazioni mentali.

Gianfranco Massi ha detto...

Quella del cervello come un sistema reologico sottoposto a forze (interazioni con altre persone)è per me una novità assoluta

Celer ha detto...

Caro Prof.Israel, la formazione pedagogica non s'improvvisa come per qualsiasi ambito del sapere. Vedrà che approfondendo gli studi in questo settore finirà per convenirne. Non sono nè una ricercatrice nè un'accademica, ma ho una solida formazione che mi permette di insegnare con buoni risultati da più di vent'anni, di aggiornarmi e, grazie anche alle risorse della rete, di soddisfare quella curiosità intellettuale che peraltro cerco di trasmettere ai miei allievi. Credo sia possibile, utile e persino etico godere dei frutti di una buona divulgazione scientifica e, limitatamente ai settori di più specifica competenza, contribuirvi. Un blog è certamente solo uno stimolo per discussioni vere e per percorsi personali di studio. Non sono però d'accordo sul fatto che certe discussioni debbano essere solo appannaggio di una ristretta cerchia di addetti ai lavori, ma anzi credo nella possibilità di una società più civile grazie ad una buona scuola, ad una buona università e ad una buona divulgazione scientifica. Se poi di fondo non c'è da parte sua, su tematiche come quelle da lei portate all'attenzione di persone interessate a vario titolo, la motivazione ad entrare nel merito delle questioni, francamente credo che lei debba fare una più approfondita riflessione sul significato stesso del suo blog. Ovviamente, per parte mia, intervenire solo per esprimere un generico assenso o dissenso a critiche che lei porta avanti senza rendere partecipe il blog delle motivazioni scientifiche, mi sembra senza senso.E comunque - ma certamente non ho bisogno di dirglielo - etichette e stigmatizzazioni non hanno mai prodotto buona cultura, al massimo moda e pericolose ideologie. Stefania Fabris

Giorgio Israel ha detto...

Lei ragiona esattamente in quel modo che stava per indurmi a chiudere il blog - e può consultare in merito i post relativi inclusi tutti i commenti che ne sono seguiti. La riflessione sul significato del blog l'ho fatta e se non coincide con la sua non è un dramma.

Celer ha detto...

Non mi capacito delle motivazioni di un giudizio così tranchant sulla serietà del mio intervento che evidentemente lei liquida come uno di quelli "sparati" a caso da persone che serendipitano nel web senza avere gli strumenti critici che invece, come è ovvio, sono necessari. Le idee comunque hanno anche vita propria e quello di cui parlavo penso possa essere interessante a prescindere dal fatto che la mia persona possa risultarle in tutti i casi non meritevole di attenzione. Ho fatto scuole gentiliane nella migliore tradizione italiana grazie alle quali so bene come rapportarmi per raccogliere qualche sfida sul piano intellettuale. E' quel tipo di formazione, la mia, che ti attrezza per la vita a confrontarti costruttivamente con l'autorità. Prometto che non interverrò mai sulla matematica e nemmeno su Israele, che per molti versi ho sempre nel cuore, ma se lei sparerà stigmatizzazioni, come le chiama lei, nell'ambito delle scienze umane e della scuola troverà i miei meditatissimi commenti. Si rassegni.A proposito: ha pubblicato libri o articoli su riviste scientifiche in ambito psico-pedagogico? Stefania Fabris

Caroli ha detto...

Non riesco a capire dove sta la coerenza tra quanto affermavo nel mio esempio, e le teorie della persona a pseudonimo Celer. Mi spiego, al solito, con un esempio: non mi sentirei di chiedere al prof. Israel, che so, di essere un filatelico, di appassionarsi per un incontro di rugby o di impegnarsi in un progetto elettromeccanico (ho citato due mie passioni e il mio lavoro). Questo per dire che concordo con la visione sulle neuroscienze del Professor Israel. Quindi le "spiegazioni" della signora Fabris (solo adesso ho notato che si firma) sono quanto di più lontano esista dalla mia mentalità e dal mio vissuto quotidiano. Altro che "coerenza"!

RICCARDO SEGRE ha detto...

Gentile Professore Israel,
volevo iniziare a leggere dei libri sulla logica matematica. Ha qualche autore da consigliarmi?

Grazie

Riccardo

Giorgio Israel ha detto...

Per la verità la logica matematica non è la mia specialità e non sono aggiornato sulla letteratura specializzata recente. Im ambito italiano ho apprezzato molto "Le ragioni della logica" di Carlo Cellucci (Laterza) che consiglierei per entrare nel dibattito attuale. Una posizione frontalmente opposta è quella di Gabriele Lolli, esposta nei suoi libri. Personalmente simpatizzo con il punto di vista di Cellucci, ma questi sono fatti miei... La cosa migliore è leggere entrambi.

peppe ha detto...

"La scienza è lavoro, e il lavoro non è improvvisazione. Non vogliate aggiustar fede a quel mito psicologico della genialità, che serve spesso a nascondere tanta ciarlataneria; e non vogliate credere al previlegio di razza, in fatto di ingegno. Son queste le illusioni nelle quali si cullano i decadenti e i decaduti. Noi fummo una cosa e l’altra per secoli, e ora pare che basti». Antonio Labriola 1896.

Giorgio ha detto...

Concordo sulla segnalazione fatta dal prof. Israel del libro di Carlo Cellucci: “Le ragioni della logica” (la quinta edizione Laterza è del 2008).
Assunto centrale del libro è che la Logica non debba considerarsi una disciplina meramente astratta e formale, deputata solo alla giustificazione e alla sistemazione di conoscenze già acquisite, ma abbia un ruolo fondamentale anche nella produzione di nuove conoscenze - e in questo intervengono in modo essenziale l’intuizione, l’induzione e l’analogia - nei campi più svariati (oltre che in quelli tradizionali della Matematica e delle Scienze Naturali, anche in Informatica, Intelligenza Artificiale, Linguistica, Scienze Cognitive, Economia, Sociologia, Giurisprudenza, Teologia [i primi otto settori sono citati esplicitamente dallo stesso Cellucci, gli ultimi due li ho aggiunti io]). Ciò è giustificato oltretutto, come osserva Cellucci, da alcuni risultati “limitativi” ottenuti all’interno della stessa Logica Matematica (negli anni Trenta del XX secolo), come il teorema di indefinibilità della verità di Tarski, i due teoremi di incompletezza di Gödel, il teorema di indecidibilità di Church-Rosser.

cordialmente e razionalmente (perché anche il cuore ha le sue ragioni…)
Giorgio Della Rocca