giovedì 28 ottobre 2010

BESTIARIO MATEMATICO N. 9


o della sistematica violazione del principio del “rasoio di Occam”

"Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem"

In matematica la violazione di questo principio si traduce in un diluvio di definizioni inutili che ingombrano la testa. E poi ci si stracciano le vesti sul nozionismo, lo studio trasmissivo, istruttivo, le “teste piene” e non ben fatte”!...

Abbiamo già parlato qui della famigerata “legge dissociativa dell’addizione”, anche se in tal caso più che di definizione inutile si tratta di una definizione insensata, diciamo pure idiota.

Un esempio di definizione inutile è quello della divisione per ripartizione e divisione per contenenza.
In realtà si tratta soltanto di procedimenti empirici per introdurre l’idea di divisione: in un caso un bambino distribuisce 15 caramelle a 5 bambini una per volta, nell’altro invece prova a dare a ciascuno 3 caramelle (oppure 2 o 4) e poi vede cosa succede.
Ovviamente è del tutto naturale procedere con simili esperienze con i bambini. Ma di qui a voler dare le definizioni matematiche di queste due divisioni come se fossero cose distinte, ne corre!...

La divisione è una soltanto ed è semplicemente stupido attribuire un nome a quello che è soltanto un modo di pensare la divisione, o anche un modo di farla.

L’aspetto comico della faccenda è che nei libri o negli appunti in rete in cui si cerca di dare queste definizioni poi si ammette candidamente che la “ripartizione” si “riconduce” alla “contenenza”. Ma pensa un po’ che scoperta…. Chi ha fatto questa pensata sarà diventato calvo… C'è chi ammette pure (bontà sua) che in fondo queste definizioni sono artificiose. Però la follìa definitoria non si arresta e mi sono imbattuto persino in tentativi di definizione matematica del concetto di “contenenza”.....

Tra le definizioni più esilaranti che ho trovato cito questa: «La divisione di contenenza può essere vista come divisione di una grandezza per una grandezza di una stessa specie, il risultato è un numero puro; la divisione di ripartizione può essere vista come divisione di una grandezza per un numero puro, il risultato è una grandezza della stessa specie.» Non sapevo che esistessero i numeri “impuri” (un’altra definizione?!...). 
Oppure, la via maestra è rifugiarsi nella teoria degli insiemi per sentenziare che «divisione per contenenza vuol dire ripartire un insieme in sottoinsiemi equipotenti». Facile, in seconda elementare, no?

E questa sarebbe la scuola aperta, delle teste ben fatte, la scuola non nozionistica?...

Mi si consenta di concludere con una battuta. Nel seminario del celebre matematico tedesco Felix Klein si svolse una conferenza (siamo a fine ottocento) per dimostrare la differenza delle razze nel pensare la matematica. Il conferenziere spiegò che il modo di ragionare dei tedeschi è intuitivo e concreto, mentre quello degli ebrei è astratto, formale e uniforme. Per esempio, a suo dire, un tedesco se deve sottrarre ¾ da / e ¼, procede sottraendo da entrambe le frazioni ¼  e poi calcola 7 – ½ = 6 ½. Invece l’ebreo riduce le frazioni a comun denominatore e poi fa la sottrazione ottenendo 26/4.
Bene – a parte il grottesco razzismo – si potrebbe definire la somma delle frazioni secondo la procedura della riduzione a comun denominatore come “addizione delle frazioni con il metodo ebraico”…. L'altra, quella che ricorre ad artifici intuitivi e ad hoc è "l'addizione delle frazioni con il metodo ariano"....


9 commenti:

Nautilus ha detto...

Dico la verità..razzismo a parte, come diavolo faceva questo Klein a sapere che un tedesco avrebbe genialmente sottratto 1/4 da (28/4 + 1/4) ecc. e l'ebreo avrebbe invece usato pedissequamente il comun denominatore?
Aveva le statistiche invalsi del tempo?
Ma anche se era cent'anni fa, non eran tenuti a giustificare con un minimo di scientificità alle loro affermazioni?
Vero che il razzismo di scientifico non ha nulla e quindi volendolo sostenere è normale non ricorrere a dati ma solo pregiudizi.
Storiella divertente, la racconterò.
Sulla questione del'aumento di inutili definizioni: molti ritengono che addobbare la scienza di paroloni e complicazioni la renda (o li renda) più autorevole/i.
Sul numero "puro" son costretto a fare autocritica, lo si dice correntemente in fisica per ribadire ai ragazzi che di tratta di un valore senza alcuna unità di misura.
Si convincono meglio a prezzo di un inesattezza.

Giorgio Israel ha detto...

Ma certo, in fisica è chiaro...
Ma qui si sta parlando di divisioni, di numeri...

AstroLab-Liceo Euclide ha detto...

Quando chiedo ai miei studenti di prima liceo cosa significa dividere un numero intero "a" per un secondo intero "b" diverso da zero, si ascoltano le più disparate "definizioni e misconcetti" risalenti appunto alla scuola primaria e alla scuola media inferiore: le risposte variano dalla definizione appunto per ripartizione a quella per contenenza, altri invece mi illustrano semplicemente l'algoritmo della divisione, ma quasi nessuno riesce ad esprimere veramente cosa sia l'operazione della divisione ossia trovare due numeri q ed r tali che a=b*q+r, anzi per sviare gli studenti gli si dice che ciò è la "prova" della divisione? Ma che razza di prova!!! E' la divisione vera e propria. Ricordo che il concetto di divisione è di fondamentale importanza per la scomposizione in fattori di numeri e di polinomi.
Ma è possibile che nei primi gradi dell'istruzione si continui in quest'opera di "disconoscenza" che tanto danno arreca alla costruzione dei concetti matematici più complessi??

Gianfranco Massi ha detto...

Non sarà che essendo costretti da bambini a imparare l'aritmetica con quelle astrusità strampalate, poi da ragazzi non vogliono più sentir parlare di "quelle cose là"?

Caroli ha detto...

Beh, io avevo alle elementari un maestro che più che un maestro era un musicista. Però quando sono arrivato alle medie, non era in stato di handicap cognitivo sui numeri verso quelli che avevano avuto altre persone. Ero semmai discriminato perchè da Faenza mi ero trasferito a Forlì, ma questa è un'inimicizia molto antica.

Jo ha detto...

cerco di non commettere tutte queste nefandezze nel mio insegnamento, i libri di testo quindi li uso solo per gli esercizi. La cultura matematica degli insegnanti è frutto di una "matematica minore" insegnata agli istituti magistrali. Per sopperire spesso i libri di testo fanno la lezione alle maestre perchè la spieghino agli alunni (almeno a me pare così). Ho imparato a riconoscere questi errori attraverso corsi di formazione e letture e studio personale, non posso colmare le mie lacune ma cerco almeno di non "rovinare" troppo le menti dei miei alunni. Sarebbe però interessante vedere all'opera i professori universitari in classi di 25 alunni di 8 anni di eterogenei livelli cognitivi ad insegnare la divisione. Se gli universitari sono rimasti fermi al concetto appreso, male, alla scuola primaria vuol forse anche dire che nel percorso scolastico successivo nulla ha inciso su questa misconcezione

Caroli ha detto...

Una volta mi era capitato di avere sentito come definizione di "numero puro" una grandezza priva di unità di misura, quale potrebbe essere in geometria pi greco, oppure e.
In fisica mi viene in mente il coseno di fi (non ho caratteri greci sulla tastiera), ossia lo sfasamento tra potenza attiva e reattiva in elettrotecnica.

Myosotis ha detto...

Tra il serio ed il faceto, prof. Israel, non le sembra che occorrerebbe inserire un seguace di Guglielmo di Occam nel ministero dell'economia, e in tutti i suoi uffici, sia centrali che periferici, mettere ben in mostra la scritta "Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem"? Sa che bel repulisti delle migliaia di enti inutili consentirebbe il "rasoio di Occam"! Un bell'aiuto al risanamento dei conti pubblici.

Dag ha detto...

Anche a livelli universitari, ove non si può nemmeno avere la scusa dell' "artificio a scopo didattico", si riscontrano violazioni del rasoio di Ockham. Un esempio: il prodotto diretto di gruppi. Perché parlare di prodotto diretto "interno" vs. "esterno"? Non basta definire "il" prodotto diretto AXB dati A e B gruppi? E se il problema assegna un gruppo C con suoi sottogruppi A e B, e chiede di verificare che C è isomorfo ad AXB (in fondo il prodotto diretto "interno" è nient'altro che questo), ciò motiverebbe una nuova definizione? Allora dovremmo definire come oggetti distinti lo stesso oggetto se è nel ruolo di risolvere problemi distinti? Buona battaglia!