martedì 22 marzo 2011

Nell'inferno della "tecnodidattica" la lezione si valuta con un click


Alcuni giorni fa un ricercatore universitario mi ha trasmesso un messaggio a lui inviato da una società informatica che si occupa di “tecnodidattica”, e di cui ometto il nome per non farne una questione personale, poiché da un esame sommario si può constatare che il problema è (purtroppo) generale. Nel messaggio si propone un sistema informatico per la valutazione automatica e “oggettiva” (e dalli…) del “livello di apprendimento degli studenti” direttamente in classe durante la lezione. Ecco alcuni passaggi:
«Gentilissimo professore, da tempo si parla di qualità della formazione ed in generale della qualità delle Università in Europa ed in Italia. Ciò che viene chiesto in maniera insistente è la valutazione continua dell’apprendimento del discente. In un’aula colma di studenti capire nel giro di pochi secondi se la platea ha compreso l’argomento svolto per un docente non è cosa facile. Il tutto può essere realizzato solo con l’ausilio di sistemi automatici di verifica, dove al semplice click di un telecomando, di cui ogni studente è dotato, si può verificare la comprensione dell’argomento trattato. Su questo principio si basa il funzionamento di risponditori che con la sicurezza del segnale di radio frequenza (non ad infrarossi, la cui portata è molto breve), riesce a testare il livello di apprendimento dell’aula. Durante la fruizione del test il docente non è costretto a rimanere vicino al suo PC per gestire l’avanzamento delle domande visualizzate sul proiettore, perché può far uso di una tavoletta wireless. […] In questa maniera si rende standardizzata la metodologia di verifica su ogni sede, lasciando all’utente una sicura immagine di oggettività nella fruizione del test, anche dal punto di vista formale».
Il mio corrispondente osserva che, in tal modo, si è disceso un ulteriore gradino della scala che porta all’inferno della valutazione “standard”, “oggettiva”, “esatta”.
Mi pare piuttosto che si sono discesi tutti i gradini che portano al sottoscala della cialtroneria e dell’abbrutimento culturale. Chi ha avuto un’idea simile ha un’idea dell’“apprendimento” degna di un allevamento di polli in batteria. Se si tratta di verificare che 7 per 4 fa 28, può anche andare. Ma, altra cosa è verificare il livello di comprensione dei versi della Divina Commedia: «L’amore di Colui che tutto move, per l’universo penetra e risplende, in una parte più e meno altrove». In tal caso i livelli di comprensione sono innumerevoli, da quello banalmente testuale a quelli che coinvolgono astronomia e teologia. Lo stesso dicasi per le equazioni di Maxwell, che uno può tornare ad approfondire per il resto della vita. Poiché si presume che la “verifica” avvenga cliccando una serie di test, ne consegue che l’insegnamento, per essere tecno-verificabile, deve essere standardizzato entro un sistema di formulette di fronte alle quali il peggiore nozionismo fa la figura della creatività più sfrenata.
Inutile dire, poi, quale farsa diventi una classe del genere, in cui l’insegnante spara sentenze e domande a pillole, gli studenti cliccano e lui controlla girando “liberamente” tra i banchi con il tablet in mano. Davvero un ambiente altamente “riflessivo”, adatto alla concentrazione e ai pensieri più profondi…
Non riesco a ricordare chi osservò che il mondo della tecnologia ha aspetti irresistibilmente comici. In effetti, il nostro scenario tecno-didattico è di una comicità degna di una sequenza di Hollywood Party. Pur di osservarlo dall’esterno, però. Altrimenti, ha ragione il mio corrispondente a dire che starci dentro equivale a scendere in un inferno, e neppure animato come quello di Dante. 

(Tempi, 16 marzo 2011)

15 commenti:

oblomov ha detto...

Più che di "didattica" sembra di assistere a una scena in cui i conquistadores cercano di comprare terra e pietre preziose dando in cambio perline di vetro luccicanti. Questo è marketing, delle società informatiche nei confronti delle scuole e, chissà, anche delle scuole (private) nei confronti dei genitori ("abbiamo la lavagna elettronica!").

Se l'intento fosse realmente educativo l'informatica andrebbe compresa, non subita e per quello sarebbe sufficiente avere professori preparati, vecchi computer dismessi e magari una bella lavagna con il gesso.

Nautilus ha detto...

Sono assolutamente prevenuto contro qualunque tipo di ausilio alla didattica oltre il gesso e la lavagna.
Essendone ben conscio, a ogni novità cerco di avvicinarmi con animo aperto e ben disposto ma in questo caso le mie perplessità son le stesse del prof. Israel. Verificare il livello di apprendimento di una lezione richiede di fare le "domande giuste" e capire quanto e fino a che le risposte dimostrino una vera comprensione.
A parte il caso 4x7 un questionario non può risolvere il problema, non esistono tali domande miracolose.
Un buon insegnante è sempre capace di penetrare oltre l'apparenza di risposte "giuste" nella forma ma incerte nella sostanza, ma ha bisogno di dialogo e di confronto, anche se brevissimo, non certo di una crocetta sul foglio, da lì non ricaverà granchè.

Il Disagiato ha detto...

Gentile prof. Israel
sono d'accordo in toto con il suo articolo. Mi permetta prò si segnalarle che i versi da lei citati di Dante, tratti dal Paradiso, suonano esattamente così:
La gloria di colui che tutto move...

Giorgio Israel ha detto...

Giustissimo

Unknown ha detto...

Vorrei essere ottimista, ma stavolta non posso non pensare che questo approccio alla didattica non sia una boiata. Non basta un bottone per certificare alcunché, sarebbe comunque l'equivalente tecnologico dell'atono e afono "ho capito prof" che la maggior parte degli studenti risponde senza convinzione al docente che onestamente chiede: "Tutto chiaro?" Mi par che ci sia poco da dire in merito.

giulia.gole ha detto...

Certo, markentig da venditori di pentole. Nessun insegnante, che abbia studiato un minimo per diventare tale, potrebbe mai nemmeno prendere in considerazione simili cialtronate. Direi che non vale neanche la pena discuterne, ma occorre denunciare con riferimenti precisi tale sedicente società e spiegare anche se essa ha una qualche seppur minima credenziale presso il MIUR. Non credo, ma meglio verificare e sottolineare la necessità di un'opera di filtro da parte del Ministero rispetto ad offerte del sempre più florido e insulso mercato delle offerte formative. Bisogna che qualcuno con santa pazienza spieghi tutto ciò al Ministro. Grazie

Gianfranco Massi ha detto...

Il marketing di applicazioni informatica nel settore didattico,ha fatto buoni affari con le scuole di addestramento tecnico, sia in campo militare che industriale, dove ha sviluppato apparecchiature e sistemi che, in quei campi, hanno sfondato con successo.
Ora si sta accingendo ad occupare il campo della Scuola, ed è chiaro che si trova ad affrontare problemi di verifica dell’apprendimento di natura completamente diversa. E’ come se si pretendesse di usare nella “quarta dimensione” i sofisticatissimi sistemi di orientamento e di guida in dotazione ai tanks che si muovono nei deserti africani.
Prima o poi si renderanno conto dell’impossibilità dell’ipresa. Almeno si spera …!

Giorgio Israel ha detto...

No, io sono ora molto pessimista. Ci sono ora persone, in posizione di comando, che mirano a un'automatizzazione totale. Dico ora, perché fino a qualche tempo fa si poteva sperare... L'unico fronte di resistenza è nelle mani degli insegnanti che, alla fin fine, in classe sono abbastanza liberi di operare in modo autonomo. Fino a che non riusciranno a irregimentare gli insegnanti con un sistema di valutazione automatizzato e a distruggere le classi e a fare la scuola "open space"... Perché è a questo che si mira, e questo è il pericolo massimo.

Gianfranco Massi ha detto...

Ho completa fiducia in lei, professore, io non ho informazioni dirette dalla Scuola.
Quell' augurio di speranza (con tre puntini di sospensione), adesso lo rendo più esplicito: non resta che sperare in una ferma difesa degli interessi della Scuola da parte del Ministero, preso d'assalto da persone che evidentemente hanno altri interessi e mezzi "suadenti".

Giorgio Israel ha detto...

Ecco, è esattamente questo il problema. Le persone cui lei allude stanno già dentro e quindi l'unica ferma difesa può venire da fuori....

vanni ha detto...

Da qualche parte ho letto in passato - e forse scritta proprio da lei, egregio Professore - una critica agli orientamenti - di ispirazione “americana” - ultimamente prevalenti all'interno di Tsahal e tendenti a privilegiare la qualità della tecnologìa rispetto alla qualità e alla motivazione del soldato. Per me motivo di riflessione.

paolo casuscelli ha detto...

Dopo quattro giornate di lavoro, di spiegazione, sulla notte dell'Innominato e la sua crisi esistenziale, ho lasciato un tema in classe, che i miei alunni hanno scritto accompagnati dalle note del Clavicembalo ben temperato (li vizio così). Una mia alunna ha scritto cinque fogli protocollo, pari a venti colonne, che ha dovuto ricopiare in bella il giorno dopo. Ho letto e, compiaciuto per la complessità delle sue riflessioni, ho dato un voto ufficiale, “10”, e un giudizio personale: “non oggettivamente valutabile”.
Quale test “INVALSI” potrebbe verificare il livello di comprensione del testo, raggiunto dalla mia alunna?
Domanda retorica che farei però, concretamente, ad Abravanel. Il quale certamente risponderebbe: tutto sbagliato, qui c'è troppo “cosa” e niente “come”.
Diventa sempre più chiaro il tentativo di conformare un circolo vizioso tra valutazione oggettiva e trasmissione di un sapere oggettivo, il quale non significa altro, bene che vada, che informazione nozionistica, ovvero, negazione della cultura e omologazione verso l'appiattimento.
Saranno poi premiati gli insegnanti “facilitatori” e penalizzati quelli che le cose le complicano: la scuola del merito! 'Sti …

Domanda al prof. Israel: Lei ha chiari i termini della questione circa l'obbligatorietà delle prove Invalsi, in relazione al documento dei Cobas e al pronunciamento dell'avvocatura di Stato? Io no.misonno

Giorgio Israel ha detto...

No, non ho chiari i termini di questa questione. Non mi sono informato. Comunque, il batti e ribatti su questi temi è servito qualcosa se, come vedo, spuntano da tutte le parti interventi al suono di "la scuola si misura", "non è vero che non si può misurare". Però non riesco ad avere l'onore di una risposta diretta ai miei argomenti. Vorrà dire che bisognerà tornare alla carica. Ma non sono ottimista. Se non si concreta una reazione da parte del corpo insegnante (in modo sano e non corporativo) andremo in una brutta direzione, perché è quella di chi ora ha preso il pallino in mano.

Nautilus ha detto...

Dopo aver sentito Abravanel sul CorriereTV e il suo commento qui riferito sul "pessimo marketing" delle università israeliane mi son fatto un'idea: quel che interessa al governo non è tanto introdurre la meritocrazia, quanto poter dimostrare in tempi brevi e a suon di inoppugnabili statistiche che la scuola italiana è migliorata e risalita nelle classifiche internazionali grazie alla sua opera.
Buon click a tutti.

Giorgio Israel ha detto...

A condizione di non dire e, peggio ancora, di credere che siano "inoppugnabili".