giovedì 12 giugno 2014

INVALSI, un ente da rifondare e l'irresistibile impulso alla provocazione

Si vorrebbe avere un atteggiamento il più possibile pacato nei confronti dell’Invalsi, soprattutto ora che una nuova presidenza inaugura una gestione il cui orientamento programmatico è tutto da conoscere. Inoltre, le prove Invalsi di quest’anno sono in corso: quelle delle primarie sono già state effettuate e a giorni avranno luogo quelle delle scuole medie, le più importanti in quanto faranno media nell’esame di licenza. Un atteggiamento pacato suggerirebbe di attendere e poi di aprire una fase di valutazione dei test proposti e di riflessione generale sugli indirizzi da prendere nel futuro. Invece i corridoi dell’ente sono evidentemente pervasi da un’atmosfera eccitata che influenza i suoi collaboratori e li anima a dar conferma del detto secondo cui “un bel tacer non fu mai scritto”. Così, invece di lasciar finire la fase operativa conclusiva di un lavoro preparatorio dei test che, a quanto si dice, dura da due anni, e invece di lasciare che sia il presidente a prendere per primo la parola, ecco che qualche collaboratore non riesce a trattenersi dall’esternazione, magari dicendo cose che sembrano pensate apposta per far saltare la mosca al naso.
Così nella versione in rete di un noto quotidiano la collaboratrice dell’Invalsi prof. Daniela Notarbartolo mette le mani avanti contro possibili analisi critiche: i test Invalsi sono frutto di rigore, lavoro di squadra e verifiche, non chiamateli quiz, contengono domande a risposta multipla, domande aperte, richieste di argomentazioni, dimostrazioni. Essi sono il frutto di una squadra di 250 docenti, tutti «con grande esperienza didattica e disciplinare». Forse, ma dobbiamo crederci perché lo dice uno di loro? Viene spontaneo chiedere: su quali basi si può affermare con tanta sicurezza che hanno grande esperienza didattica e disciplinare? chi e come li ha selezionati? con prove “oggettive standardizzate” come i test, magari in un processo durato due anni? Sono domande legittime cui le assicurazioni “soggettive” di un collaboratore non possono dar risposta e che sono al centro di una delle questioni più scottanti, e cioè del fatto che l’ente agisce, da quando esiste, al di fuori di ogni controllo, mentre pretende di atteggiarsi a valutatore insindacabile e oggettivo degli apprendimenti degli studenti.
Non mi soffermo sulla descrizione che viene proposta delle procedure seguite. Si parla di 15-18 mesi per costruire una “prova standardizzata”: e come viene riempito un così lungo lasso di tempo? Poi le domande vengono «selezionate e riconfezionate da un gruppo ristretto di docenti»: con quali criteri e come è scelto questo “gruppo ristretto”? Infine, le domande vengono «testate su un campione statistico”, e anche questo è un passaggio su cui occorrerebbe la massima trasparenza, perché sarebbe a dir poco discutibile che la scelta finale delle domande piuttosto che basarsi su una valutazione di contenuto sia appesa a qualche modello matematico-statistico, come fortemente sospettiamo.
Ma il peggio viene alla fine, quando si dice che «chi paragona le prove Invalsi alle verifiche di classe sbaglia, perché noi costruiamo strumenti di misurazione analoghi a quelli utilizzati nelle scienze sperimentali». Qui si resta a bocca aperta e riesce difficile fare un commento qualsiasi: non c’è neppure bisogno di avere un minimo di cultura scientifica per rendersi conto dell’assurdità di pretendere che il supporto di modelli statistici (immaginiamo, del tipo il modello di Rasch) elevi le le cosiddette “misurazioni” dell’Invalsi al rango delle misurazioni che vengono fatte in un laboratorio di fisica. Ebbene, se l’attività dell’Invalsi si sviluppa sulla base di idee e di “competenze” simili, allora davvero c’è qualcosa di grave e profondo da correggere. Altro che pretendere di misurare gli altri, qui è la qualità del lavoro dell’ente che va rivisitata da cima a fondo. Dispiace di doverlo dire mentre pensavamo che fosse meglio attendere la fine delle prove per aprire una discussione costruttiva, ma è proprio vero che “un bel tacer non fu mai scritto”.


(Il Mattino, 12 giugno 2014)

3 commenti:

pupipupi ha detto...

Quest'idea puramente quantitativa della valutazione, in cui l'individuo è solo un numero i cui prodotti vanno testati insieme a una quantità gigantesca di altri prodotti, la trovo profondamente antiumana ancora prima che antiumanistica. Da una quarantina d'anni l'istruzione è diventata la sentina di tutti gli esperimenti sociali, ideologici e affaristici della società occidentale. Ci vedo un profondo disprezzo per la cultura e per lo studente come persona (a meno che non sia, ovviamente, BES DSA etc., nel qual caso va anche avanti senza fare nulla). La scuola sta smarrendo se stessa, la sua missione, la sua dignità.

paolo casuscelli ha detto...

L'invalsi serve a tutti, pacifica tutti, escono tutti con la coscienza pulita. Sono prove obbiettive, scientifiche, democratiche, strizzano perfino l'occhio al merito. I mediocri si sforzano di riuscir bene con i test, gli insegnanti s'impegnano nelle esercitazioni di scaltrezza. E sulle contraddizioni si stende un velo, altro che pietoso, diabolico, che serve a tranquillizzare la cattiva coscienza.
Sarebbe semplice, e tremendamente problematico nei suoi effetti, pensare a migliorare la qualità della scuola: basterebbero ispezioni sulla didattica, gente che entri nelle classi e veda e ascolti cosa vi accade, cosa e come si spiega, come si comportano insegnanti e alunni. Ma, si facesse questo, poi bisognerebbe assumersi responsabilità, prendere decisioni. E mica sono scemi... Meglio i test politicamente corretti. Altro che rifondare: andrebbe chiusa l'infausta, inutile, sprecona, demagogica parentesi.
Mi ha fatto sorridere, amaramente, leggere che i test, quest'anno, conterranno “richieste di argomentazioni”. Come gestire oggettivamente le argomentazioni sarà un'impresa. Argomentazioni in quale spazio? Da incasellare come? Secondo criteri e specchietti imposti dall'Invalsi? Ma mi facciano il piacere... Sorridevo perché ieri ho letto e valutato ventotto temi: ho cominciato alle 9,00 del mattino e, senza interruzione, mangiando un panino e leggendo, ho finito alle 18,30.

Pat Z ha detto...

15-18 mesi? E in quante persone? Con quali compensi? 15-18 mesi per preparare UNA prova? Mi propongo come collaboratrice all'Invalsi per un'assunzione a tempo determinato: in 15-18 mesi preparo da sola dalle 150 alle 180 prove, se m'impegno anche di più. Qualità garantita, soddisfatti o rimborsati, prezzi modici, e con un piccolo investimento siete a posto per i prossimi 150-180 anni. Si offre e si richiede massima serietà, astenersi perditempo.