La discussione sull’ora di religione islamica sta prendendo una brutta piega: quella della confusione. Secondo il senatore Urso l’ipotesi di introdurre l’ora di religione islamica è compatibile con i Concordati del 1929 e del 1984. È vero che, a norma delle intese raggiunte con lo Stato, anche gli ebrei potrebbero avere le loro ore di ebraismo, ma a spese loro. Si continua però a trascurare il fatto che simili intese sono state possibili per l’esistenza di un referente unico – l’Unione delle Comunità Ebraiche – che i musulmani non hanno. Qualcuno pensa di accollare allo Stato il compito di federatore del variegato mondo islamico italiano per darsi un interlocutore? E anche se questa fantasia si avverasse, chi pagherebbe gli insegnanti? Se l’insegnamento fosse a spese della “comunità” islamica non si vede come intervenire nella scelta degli insegnanti, chi ne compilerebbe gli albi. Quantomeno dovrebbero essere create commissioni miste. È facile immaginare quale contenzioso sorgerebbe visto che persino nel caso cattolico la scelta degli insegnanti è di pertinenza del Vicariato. Se invece si decidesse di finanziare gli insegnanti di religione islamica, si creerebbe una inaccettabile disparità con le altre religioni.
Già queste questioni formali mostrano in quale ginepraio ci si sta muovendo disinvoltamente. Poi c’è la questione dei numeri, su cui pure si sorvola e che pone un problema di sostanza pesante come un macigno. Sono i numeri a rendere virtuale il diritto degli ebrei alla loro ora di religione. Anche se il numero dei musulmani in Italia è cresciuto si tratta comunque di una minoranza stretta, distribuita in modo non uniforme, senza contare che non sappiamo quanti di loro sono interessati all’insegnamento religioso. Si pensa di costituire classi di una o due alunni? Quanti insegnanti sarebbero necessari? Oppure si pensa di procedere a un accorpamento dei musulmani in classi in cui siano più numerosi? Ma si è già visto a cosa portino simili concentrazioni. Chi pensa di andare in questa direzione gioca col fuoco del comunitarismo, ovvero della frantumazione della società in gruppi separati. Un’autentica follia.
Poi ci sono le vere questioni di sostanza. Ora, piaccia o non piaccia, non esistono esempi di società dotate di una minima capacità di aggregazione che non abbiano una cultura dominante, il che non significa (o non deve significare) prevaricante. Molti paesi europei sono a cultura cattolica prevalente, altri sono a cultura protestante, la costituzione degli Stati Uniti (il paese “multiculturale” per eccellenza) riflette chiaramente una precisa visione religiosa, Israele ha una cultura ebraica dominante, e persino la città di Salonicco – da cui venne la mia famiglia – aveva una cultura dominante ebraica e quando la perse si dissolse come esperienza originale. Mi sono permesso di avanzare su questo giornale la tesi che sarebbe bene rafforzare, attraverso un ripensamento dell’insegnamento della religione a scuola, le radici giudaico-cristiane caratterizzzanti la cultura storica del nostro paese. Sono consapevole che questo è molto chiedere, ma ora constato che traballa anche la proposta più pragmatica: e cioè che, constatando che il 90% per cento degli alunni ancora frequenta l’ora di religione cattolica, è opportuno non mettere in discussione questa istituzione in quanto espressione di una perdurante religiosità di maggioranza che esprime un fattore identitario prevalente nella comunità nazionale.
Pare che anche diverse autorità del mondo cattolico siano poco convinte di questo. Siamo sinceri. Trovo che abbia ragione Alberto Melloni sul Corriere della Sera a denunciare i limiti dell’ora di religione «che ha fabbricato più agnostici della scuola brezneviana». Aggiungo che ciò deriva anche dal suo carattere equivoco: non un’ora di cultura, ma, si dice, neppure di catechesi. Però è confessionale, altrimenti non sarebbe gestita dalla Chiesa. Il risultato è che, da un lato, continua ad essere prevaricatoria nei confronti degli alunni di altre religioni – anche per le pretese di collocazione in orari centrali; dall’altro, trasmette – anche per il livello di certi insegnanti che nulla sanno di religione e teologia – una religiosità “debole”, e spesso un pasticciato sociologismo buonista o addirittura postcomunista. Proprio per questo a me pare che l’unica soluzione, per quanto difficile, sia quella di un radicale ripensamento dell’ora di religione. Ma, a quanto pare, il fronte della discussione è molto più arretrato. Qui pare che si profili uno strano compromesso tra l’accanita difesa dell’istituzione “ora di religione cattolica” nelle forme attuali, e la concessione di uno spazio analogo alla religione islamica. Insomma, l’orizzonte diventa davvero il comunitarismo, anche se per il momento ci si arrocca, senza entusiasmo né speranze, sulla linea di resistenza di una maggioranza declinante. Se la vedranno i nostri figli o nipoti. Sembra che alcuni cattolici non vedano che su questa linea si schierano anche settori laicisti che sembrano accettare l’idea dell’ora islamica più come ariete contro il primato dell’ora di religione cattolica che per autentica convinzione.
Se questa è la linea che si profila è evidente che essa non può essere accettata passivamente da chi ha a cuore la sopravvivenza, ed anzi la rivitalizzazione su idealità rinnovate e ripensate, dei fondamenti della nostra civiltà – il che non è retorica passatista o arroccamento, ma la volontà di promuovere e sviluppare una visione della società che è stata costruita nei secoli sulla base di una concezione della vita associata radicata nell’etica e nella morale ebraico-cristiana. Fatte salve le differenze teologiche e di pratica religiosa è questo il terreno comune su cui si sono costruiti, attraverso tanti sacrifici i diritti della persona. In questo contesto può trovare posto la presenza musulmana, con l’esclusione però tassativa che si creino zone separate dominate da leggi e regole diverse. L’idea di una società divisa in zone cattoliche, ghetti ebraici e quartieri sotto la giurisdizione della sharia fa rabbridividire. Se questa fosse la tendenza – come fanno temere certi commenti confusi e apatici – e la scuola ne fosse il primo laboratorio, allora la risposta non potrà che essere rigorosamente laica: nessuna ora di religione a scuola, di alcun tipo, ed eventualmente un’ora di storia delle religioni, però tenuta da insegnanti diplomati con un’apposita laurea magistrale e abilitati in una classe ideata allo scopo. Se la tendenza fosse al cedimento verso la società comunitarista, allora questa sarebbe la sola possibile linea di resistenza, la quale potrebbe riscuotere molti più consensi di quanto si pensi. È questo che si vuole? (Il Giornale, 22 ottobre 2009)
30 commenti:
... un’ora di storia delle religioni, però tenuta da insegnanti diplomati con un’apposita laurea magistrale e abilitati in una classe ideata allo scopo. ...
Sono dell'opinione che questa sia l'unica impostazione ragionevole in ogni caso, cioe' indipendentemente dalle richieste provenienti dalle varie comunita' religiose, tra cui quella islamica. Sembra, dall'epilogo del suo articolo, che non sia quello che lei vuole, anche se caldeggia un ripensamento della situazione attuale. Quale sarebbe la sua soluzione?
Cordialmente,
Lucio Demeio
Caro professore,
sono assolutamente d'accordo con lei e ne sono davvero felice
il pericolo è proprio la ghettizzazione dei nostri bambini che sono figli di genitori di religione cattolici, figli di genitori che non si riconoscono in alcuna religione (che ricordiamo sono la maggioranza tra le minoranze contando circa 1'000'000 di allievi facendo una valutazione conservativa), figli di genitori di religione ebraica, genitori di religione musulmana ecc ecc
l'unica soluzione è proprio un insegnamento laico e per tutti questi bambini e sicuramente storia delle religioni (e delle concezioni del mondo) è una delle soluzioni migliori
a tal proposito ricordo che esiste già una laurea statale proprio di storia delle religioni (scienza delle religioni/storia delle religioni) e credo esista da quasi 10 anni
aggiungo inoltre che il dato del 90% di allievi che seguono l'IRC è falsato dall'enorme difficoltà che s'incontra nel tentare di far seguire altre lezioni (sopratutto ai bambini dell'asilo e delle elementari dove le ore di IRC sono ben 2 a settimana), se fosse davvero garantito il diritto previsto dallo stesso concordato che prevede l'IRC probabilmente la % di bambini che frequentano l'IRC crollerebbe ulteriormente.
cordialmente, Fabio Milito Pagliara
Chiediamoci perché la soluzione più ovvia e cioé l'istituzione a scuola di scienza delle religioni, non sia mai stata presa in considerazione.
Non starebbe bene alle varie Chiese perché vedono con sospetto trattata la religione, e soprattutto la loro religione, come fatto culturale e non confessionale.
Non starebbe bene a certo laicismo puro e duro che considerano la dimensione religiosa come una fuga dalla realtà, una sorta di oppiaceo, una favoletta inventata per fare stare buoni i bambini cattivi e gli adulti vitali.
Eppure la disciplina esiste da più di un secolo,vanta autori come Gerardus van der Leeuw, Raffaele Pettazzoni, Mauss, Rudolf Otto, Mircea Eliade, Ernesto De Martino, Rolaid Bainton, ed innumerevoli altri illustri studiosi.
Questo è un tipico esempio di una semplice verità che non passa perché contrastata da ideologie...religiose e atee.
Gentile dott. Rizzitiello,
in effetti le ore di Scienza delle Religioni erano nelle carte all'inizio degli anni 80, vennero buttate alle ortiche quando fu fatto il concordato dell'84
peccato
cordialmente, Fabio Milito Pagliara
La religione come propedeuticità alla storia. Quando gli insegnanti dell'Istituto svedese che ha una connessione con l'ITIS dove insegnava mia moglie l'ha spiegata in questo modo, i docenti italiani l'hanno capita in pochi. Non è "scienza delle religioni", è "religione". Allora?
Caro Lucio, il professore scrive: “ Mi sono permesso di avanzare su questo giornale la tesi che sarebbe bene rafforzare, attraverso un ripensamento dell’insegnamento della religione a scuola, le radici giudaico-cristiane caratterizzanti la cultura storica del nostro paese.”
Se non capisco male è questa la soluzione proposta mentre, come dici tu, l’ora di storia delle religioni è vista solo come “male minore” rispetto alla divisione delle classi e della società in base alle comunità religiose.
“su questa linea si schierano anche settori laicisti che sembrano accettare l’idea dell’ora islamica più come ariete contro il primato dell’ora di religione cattolica che per autentica convinzione.”
Se è per questo sembra vi siano anche settori cattolici favorevoli all’ora islamica perchè ciò dovrebbe comportare l’accettazione dei laici dell’ora cristiana.
Insomma, grande è la confusione, ha ragione il Prof. Israel nelle osservazioni iniziali su chi sarebbe il referente per l’Islam (mi viene in mente una classe contenente sciti e sunniti, per es.) o su chi dovrebbe pagare gli insegnanti, dubbi che non sfiorano nemmeno i nostri politici, abituatissimi a parlare a vanvera. D’altra parte, quando il ministro dell’Istruzione vuol risparmiare 1,5 miliardi di euro facendo pulire le scuole ai bidelli dimostrando di non sapere quello di cui sta parlando, cosa possiamo aspettarci?
Non pretendo certo che si faccia "esegesi" del mio pensiero... Ero in viaggio. È semplice. A me l'ora di religione non piace e ne ho spiegato i motivi più volte. Preferirei un'ora non confessionale, ma neppure puramente storica, che introduca ai fondamenti spirituali, etici, morali dell'ebraismo e del cristianesimo, ovvero delle religioni monoteiste che da almeno otto secoli sono a fondamento della civiltà europea, ecc. ecc.... non entro nel merito. Non credo, realisticamente, che tale proposta - che potrei articolare - abbia possibilità concrete. Vedo, al contrario, un'apertura che ritengo sconsiderata verso "ore" di religione (islamica, ebraica, valdese, ecc.) che determinerebbero una tendenza al comunitarismo. A fronte di questa tendenza è di gran lunga preferibile una linea rigorosamente laica: nessuna ora di religione, assolutamente nessuna, e quindi abrogazione del Concordato su questo punto. Poi si può anche decidere di introdurre un'ora di storia delle religioni, ma a questo punto del tutto analoga all'ora di storia della filosofia.
Quindi sì, preferirei qualcosa di diverso, ma siccome non sono un illuso penso che questa sia la soluzione ottimale (nel senso matematico del termine....)
Caro professore,
se in italia si riuscisse a passare l'idea della soluzione ottimale saremmo già a buon punto della ripresa morale ed economica del paese.
In fondo la laicità è proprio questo la scelta ottimale, perché consente a tutte le altre idee di esprimersi, altre scelte non lo permettono.
Cordialmente, Fabio Milito Pagliara
Lo studio delle religioni deve far parte dei programmi scolastici perchè la religione è uno dei più importanti elementi fondativi delle culture umane.
Eliminarlo sarebbe una perdita secca per tutti, credenti e non credenti.
L'ipotesi "ottimale" di introdurre l'ora di storia delle religioni gestita da insegnanti aconfessionali è ragionevole ma, nell'attuale clima di intolleranza verso il ruolo pubblico da riconoscere al pensiero di ispirazione religiosa, la vedo fonte di infinite polemiche e difficilmente realizzabile.
Occorrerebbe una svolta, c'è troppa gente, anche fra quella che "conta", che considera la religione una materia per "menti deboli" e "superstiziose". Bisogna riconquistare un clima di tolleranza e rispetto reciproco.
“E' questo che si vuole?”. La peggiore soluzione possibile? Un'alternativa politicamente corretta, laicista, come risposta all'assurda pretesa dell'insegnamento della religione islamica nelle scuole di Stato?
L'insegnamento della “storia delle religioni” sarebbe una scelta di comodo e molto pericolosa. Non si può semplicemente presupporre che questa disciplina possa garantire, rispetto ad altre, una imparzialità di fondo, perseguita attraverso una neutra esposizione dei fondamenti delle molteplici religioni. Ma, anche qualora ciò fosse possibile, è sicuro che una neutralità espositiva sia ciò che serve per una cultura che apra al religioso? Ad esempio, mettere tutte le religioni sullo stesso piano, come le religioni sacrificali e quelle che rivelano l'innocenza della vittima, sarebbe educativo?
Resta il dato di fatto che nella scuola l'ora di religione, spesso, trascorre malissimo, tra catechesi in pillole e il solito caos, legittimato da chi, nella scuola stessa, considera quell'insegnamento una materia che non ha vero e proprio titolo. Che fare? Il concetto di fondo espresso dal professor Israel mi sembra l'unico sensato. Quindi: che lo Stato formi insegnanti di religione a cui si spieghi che non serve né catechismo, né distacco imparziale, ma, al contrario, una adesione ai valori che la tradizione giudaico-cristiana ha consegnato alla civiltà europea, conferendole, senza offesa per la parolaccia, un primato morale. Certo, questi insegnanti, dovrebbero conoscere la “storia delle religioni” e capire le differenze, oltre che gli elementi comuni, tanto amati dal relativismo di certa antropologia.
D'accordo, infatti ho già detto che non è una soluzione realistica, ma allora l'unica soluzione è quella pragmatica indicata dal rabbino Di Segni (e che io ho accolto): lasciare tutto com'è, chiedendo soltanto che l'ora di religione cattolica non sia prevaricante (orari all'inizio e alla fine e non in mezzo, nessun tentativo di costringere i bambini a seguirla, ecc.). Se però anche parte della Chiesa e del mondo cattolico inizia a dichiararsi d'accordo con l'ora di religione islamica, ovvero con una scelta che va verso il comunitarismo, mi si dica quale soluzione esiste per evitare lo sfascio totale se non la linea puramente laica che ho detto. Mi metto pure dalla parte del mondo cattolico, ma non capisco: ci si vuole suicidare? Ognuno è libero di fare quel che vuole, anche di suicidarsi, ma esiste anche la libertà di non andare appresso nel burrone.
Ho capito, si tratta di scegliere il male minore. Qualche volta mi sembra che il mondo cattolico sia incline all'anarchia. Altro che infallibilità del Papa!
Carissimi,
infatti il problema nasce proprio dalla disparità di trattamento, come più volte denunciato dalle varie associazioni che seguono la cosa (comprese quelle di chiese cristiane minoritarie) è molto molto difficile ottenere un insegnamento alternativo che pure dovrebbe essere garantito anche per l'ipocrisia che dovrebbe organizzarlo gestirlo e pagarlo la scuola nella sua autonomia
Giustamente la scuola nella sua autonomia preferisce scoraggiare (negando un diritto e violando la legge) e tenersi i soldi del fondo d'istituto per pagare le supplenze e non lasciare i bambini da soli.
Quanti genitori sono disposti ad affrontare la melassa burocratica che viene frapposta tra la richiesta di un insegnamento alternativo e la sua effettiva realizzazione?
A mio parere una soluzione ancor più realistica sarebbe avere un'insegnamento alternativo organizzato dal ministero, un insegnamento laico e plurale in modo da garantire quel diritto previsto dalle vigenti leggi a tutti (se poi le scuole vogliono anche organizzare altre attività alternativa bene), ma almeno così si garantisce tutti e si comincia a sperimentare quale potrebbe essere quest'insegnamento.
Si osservi che laico non significa denigrare questa o quella religione. A mio parere un insegnamento davvero laico sarebbe quello che consenta ai bambini di confrontarsi liberamente sulle risposte che danno religioni e filosofie ai grandi problemi filosofici (senza dire che questa risposta è giusta e quella è sbagliata ovviamente!), esistono svariate metodologie che riescono a fare questo dall'asilo in poi.
cordialmente, Fabio Milito Pagliara
Dice Junco:
Il concetto di fondo espresso dal professor Israel mi sembra l'unico sensato. Quindi: che lo Stato formi insegnanti di religione a cui si spieghi che non serve né catechismo, né distacco imparziale, ma, al contrario, una adesione ai valori che la tradizione giudaico-cristiana ha consegnato alla civiltà europea, conferendole, senza offesa per la parolaccia, un primato morale.
Francamente non capisco cosa dovrebbe fare l'insegnante di religione se non fa catechismo e nemmeno deve tenere un atteggiamento equilibrato fra le varie religioni. Non credo che una via di mezzo possa esistere, se non quella di dare alla didattica l'indirizzo laico di una storia delle religioni, come stiamo appunto discutendo. Poi, e' chiaro che all'interno di questo contenitore non si potra' non rimarcare la relazione esistente tra la religione cristiana, la tradizione ebraica ed i fondamenti della nostra civilta' e cultura occidentale. Tutto sommato, non mi sembra il male minore.
Vorrei pero' commentare su una frase del post:
constatando che il 90% per cento degli alunni ancora frequenta l’ora di religione cattolica, è opportuno non mettere in discussione questa istituzione in quanto espressione di una perdurante religiosità di maggioranza che esprime un fattore identitario prevalente nella comunità nazionale
Francamente, non so quanto sia sincera questa "perdurante religiosità di maggioranza", anzi spesso e' contraddittoria e persino ipocrita. Nella mia stessa famiglia, annovero esempi di persone che sono/erano (alcuni sono morti) comunisti, con genitori comunisti, eppure si sono sposati in chiesa ed hanno battezzato i loro figli. E quelle occasioni sono rimaste le uniche nelle quali hanno messo piede in un luogo sacro. Tra l'altro: nelle statistiche ufficiali, le persone battezzate (anch'io, quindi) figurano come appartenenti alla comunita' cristiana, anche se non si sentono tali. Credo che sia un fenomeno che coinvolge buona parte di quel 90% di cui si parla nel post. I miei figli seguono l'ora di religione a scuola semplicemente perche' altrimenti verrebbero isolati dagli altri loro compagni e/o si troverebbero senza alternative valide per un'ora. E so che ci sono tanti casi del genere. Dico tutto questo non per far polemica (ne ho gia' fatta abbastanza, anche qui), ma per spiegare che trovo l'argomento dell 90% un po' troppo debole per giustificare la continuazione dell'ora di religione.
Chiedo scusa per la lungaggine,
cordialmente,
Lucio Demeio.
Mi dispiace ma credo che l'insegnamento asettico e livellante ipotizzato da Pagliara, in cui tutte le religioni sono equivalenti anche sul piano didattico non sia la soluzione.
Il nostro compito e quello della scuola, in Italia, in Europa, è far comprendere la cultura che si è stratificata nel corso dei secoli e ci ha portato ad essere quello che siamo.
Abbiamo il dovere di far conoscere ai nostri figli (indipendentemente dal credo dei loro genitori) i tratti fondamentali della tradizione giudaica cristiana dandogli la libertà di avvicinarsene o allontanarsene.
In caso contrario ci addossiamo la responsabilità della loro ignoranza, da una parte, e, dal'altra, ripudiamo la nostra storia, e quindi, noi stessi.
Non è un caso che Cacciari (non certo un beghino) ci sia andato giù pesante dichiarando, altro che ora coranica, ora di religione cattolica obbligatoria per tutti!
Forse era una esagerazione, ma da l'idea di come, prima di modificare l'esistente, è opportuno chiarirsi bene le idee.
Caro Attento,
mi sarò espresso male ma non capisco dove sarebbe questo livellamento.
Non capisco poi come mai in queste discussioni ci si dimentica che nei programmi di scuola ci sono già materie come storia, italiano, arte e simili dove non si può non parlare dell'apporto della religione cattolica in questi campi.
Non capisco perché si vuole trasformare la storia e la tradizione in un arma contundente contro non si sa cosa o chi, nell'IRC non si fa storia della cultura cattolica (o figuriamoci della tradizione giudaico-cristiana) ma si spiega quali sono i valori ritenuti validi dalla religione cattolica che non sono gli stessi di tutti i cristiani o di tutte le altre concezioni del mondo presenti nella variegata storia europea, tanto è vero che l'IRC è prevista come materia facoltativa, e i fedeli delle altre tradizioni giudaico-cristiane religioni sono in prima linea per questa battaglia (Valdesi, Luterani, Avventisti, Ebraici ecc).
Non capisco neanche di cosa si abbia paura a fare una storia delle religioni o ancor meglio un programma aperto al dialogo, visto che comunque la maggioranza della popolazione si sente cattolica (non nei numeri dati dalla chiesa ma sicuramente la maggioranza) possibile che non si vede la necessità di evitare la ghettizzazione dei nostri giovani e di prepararli a dialogare in qualsiasi campo?
Da un punto di vista educativo cosa gli stiamo dicendo?
Forse che quando si parla di religione non si può discutere?
Non mi sembra una bella cosa neanche dal punto di vista dei credenti.
Inoltre possibile che chi sostiene la centralità dell'Insegnamento della Religione Cattolica sia talmente insicuro della solidità del proprio messaggio da doverlo proteggere da eventuali contaminazioni? Visti i risultati non mi sembra una buona strategia.
Cordialmente, Fabio Milito Pagliara
Io sono d'accordo con Attento e potrei anche mettermi a tavolino a scrivere come dovrebbe essere fatto un insegnamento del genere, non catechistico e neppure confessionale ma non ridotto a mera storia e centrato sulla tradizione spirituale-morale giudaico-cristiana. Ma è una pura perdita di tempo. Se un gran numero di voci dal mondo cattolico non difendono neppure l'ora di religione concordataria e aprono all'ora di religione islamica, allora dovremmo essere dei non credenti (come Cacciari) o ebrei (come me) a far da "supplenti"?... Suvvia... Di fronte al rischio di qualcosa di molto peggiore della situazione attuale ovvero l'insegnamento di stato della sharia e la ghettizzazione, resta soltanto la soluzione: fuori tutti, nessuna ora di religione. Non è una questione di male minore, di ripiego . È una trincea dignitosa.
Mi scusi, ma la sciocchezza e' l'ora di religione IN SE'.
Pure di quella cattolica. La Chiesa, accecata dalla sua presunzione non lo capisce, ma questo sono fatti loro.
Quello che mi stupisce sono i cosiddetti laici multiconfessionali.
Professore Israel,
qui non c'è di mezzo il potere mal gestito della chiesa cattolica, ma altro. C'è che siamo tutti sulla stessa barca, quella della civiltà europea, ebrei e atei compresi, ugualmente corresponsabili, soprattutto quando la barca rischia di andare al fondo (chiedo scusa per la banale metafora). Se qualcuno dorme, è doveroso svegliarlo. Non conviene a nessuno dire: peggio per lui.
“Mettersi a tavolino” non è perdita di tempo, è necessario e doveroso.
In effetti è singolare che siano personaggi non cattolici o addirittura atei a capeggiare la lotta per la difesa dell'ora di religione fatta come si deve.
Il fatto è che questi personaggi hanno mantenuto una maggiore lucidità nell'analizzare rischi e pericoli del'erosione dell'identità europea.
Invece, molti intellettuali cattolici e il clero anti ratzingeriano sono ancora immersi nel clima di rinuncia e rassegnazione consolidatosi nel corso degli utimi 40 anni.
Ma qualche segno di ripresa si intravvede.
Nel popolo italiano, come dice Demeio, nonostante la secolarizzazione e le ideologie, permane un legame, a volte tenue, con i riti e i significati proposti dalla religione cattolica.
E' solo una questione di forma? O è la manifestazione di un bisogno inestinguibile di attribuire un senso profondo almeno ai momenti chiave dela propria vita (nascita, maturità, matrimonio, morte)?
Io credo che continuiamo a portare dentro di noi questo seme, solo che siamo stati indotti a metterlo nel congelatore. Ma prima o poi ne sentiremo talmente bisogno che saremo costretti a tirarlo fuori e farlo germogliare.
Il cieco è chi non vede il legame profondo tra la tradizione giudaico-cristiana, la storia dei nostri Paesi europei e la bellezza delle nostre città. San Pietro, la Sinagoga di Roma, la Mole Antonelliana di Torino (originariamente tempio ebraico, ricordiamo), San Petronio a Bologna, il Duomo di Milano, eccetera.
La cecità non è della Chiesa, o dell'Ebraismo, ma di chi, accecato (questo sì) da un ateismo d'accatto nato dall'essere transfuga dall'una o dall'altro, sbaglia sistematicamente obiettivo, e si riduce ad essere oggetto di una tragedia: quella dell'uomo ridicolo, povero prometeo da quattro soldi, senza neppure la grandezza di quello del mito greco.
Egregio Professore, talvolta mi sembra di vivere in un mondo del quale il vecchio Tito Livio potrebbe riscrivere: “ Dum Romae consulitur... “.
Non vorrei dar troppa corda ai miei timori, sostenendo l'idea - per me fondamentale e determinante nella questione, un'idea che aleggia comunque su ogni commento - che l'Islam si manifesta nei confronti della nostra civiltà diversamente dalle altre religioni (tutte?). E, per non girare anch'io intorno all'argomento, scopro l'acqua calda e dico che l'Islam ci pone (da secoli tuttora, in declinazioni differenti) una sfida globale, configurandosi come un “oppositore” che punta ad una egemonia che fa rima con sottomissione. In fin dei conti (noi) cristiani di questi comportamneti e dei loro risultati – basta che guardiamo anche superficialmente alla nostra, proprio la nostra, storia passata – dovremmo aver qualche consapevolezza.
Dice peraltro Lei stesso:”... rischio di qualcosa di molto peggiore della situazione attuale ovvero l'insegnamento di stato della sharia e la ghettizzazione...” e si domanda altrove se i cattolici cerchino il suicidio. E “junco” parla della barca europea che tiene a galla anche ebrei e atei: corresponsabili nella rotta, non sabotatori per l'affondamento. Credo pure che il Cacciari citato da Attento proprio questo intenda con le sue parole (mi sembra di ricordare del resto il laico Cacciari – o forse Giordano Bruno Guerri, altro celebre mistico cattolico - assai più risoluto e, incredibili dictu, motivato di un incerto ed esitante Cardinale Tonini nel fronteggiare in un dibattito TV l'interlocutore islamico).
La nostra religione, fatte salve le mille lecite perplessità sul 90% di adesioni, con i suoi ascendenti e il suo retaggio, anche eretico, informa la nostra civiltà. E' la nostra civiltà - per noi - una delle tante? Merita d'esser tutelata e trasmessa con speciali premure? Se la mia non è esagerata cautela o addirittura ansia apportatrice d'errore - almeno dell'errore di prospettiva - è questo il cuore del problema.
Se parlare di laicità della Scuola, di soluzioni tecniche che contemplino l'equivalenza delle religioni, di insegnanti aconfessionali, di pluralità e di equilibrio, mi genera un senso di insofferenza significa che sta fruttificando in me il seme dell'intolleranza? Il momento non è tale da richiamare ad ogni costo ad una concretezza lucida senza dispersioni, che non perda di vista la posta?
Dice Attento di chiarirsi bene le idee; ecco, ho l'impressione di essere abbastanza prossimo al suo punto di vista. Alla fine una risposta all'istanza sull'ora di religione islamica sarà data.
Quando un argomento mi coinvolge divento logorroico: mi scuso per il discorso approssimativo e prolisso.
Carissimi, il problema non è cancellare la religione cattolica nessuno si sognerebbe di cancellare il millenario apporto alla civiltà europea il problema è che l'IRC NON è in alcun modo un ora in cui si spiega la storia la tradizione o quant'altro, nulla di tutto questo si spiega la visione antropologica secondo la Religione Cattolica (quindi niente cultura giudaico-cristiana a meno di non volerle ridurre alla religione cattolica). Inoltre c'è il problema che non esiste più una religione di stato per cui meglio qualcosa che lo stato possa insegnare piuttosto che per difenderlo scompostamente si consenta d'insegnare l'islam, l'induismo e perché no la religione azteca di qualche immigrato messicano.....
Anche per difenderci dalla sottomissione dobbiamo avere leggi che siano tali e non scuse per aggirare i diritti di ogni cittadino
Cordialmente, Fabio Milito Pagliara
L'equivoco della discussione sta nella funzione che l'ora di religione debba assolvere a scuola.
I fautori del "funzionalismo etico" naturalmente vorrebbero un'ora di catechismo, magari plurimo, in cui la religione possa assolvere alla sua funzione di supremazia di una determinata visione spirituale.
Di contro i fautori del laicismo ateo non vorrebbero proprio l'ora di religione o, male che vada vorrebbero che fosse assorbita nella trattazione della storia delle civiltà.
L'ERRORE è che così si nega la funzione culturale e conoscitiva della religione che ha un suo oggetto specifico:il sacro.
Trovo banale l'argomento che questo porterebbe i vari fenomeni della religiosità su un piano equivalente e perciò livellante, allo stesso modo come banale sarebbe chi volesse sostenere assurda la trattazione poetica perché porterebbe a mettere sullo stesso piano e a livellare Parini, Dante, Vincenzo Padula, Goethe, Emilio Praga.
Il catechismo si fa in Chiesa, a scuola un sano agnosticismo non metafisico ma metodologico.
L'aridità paventata è solo in chi è già povero di emozioni e privo di passione.
Se gli insegnanti italiani sono inadeguati in capacità comunicative questo non giustifica argomentazioni in cui sia lecito imbrigliarli ancor di più con catene dogmatiche.
Sergio Rizzitiello,
mi permetto di consigliarle la lettura di René Girard, cominciando da “La violenza e il sacro”. Perché glielo consiglio? Perché lei ritiene, come molti, del resto, che “la funzione culturale e conoscitiva della religione abbia un suo oggetto specifico: il sacro”. Questo sarebbe l'elemento comune a tutte le religioni. E il compito della storia delle religioni sarebbe l'individuazione di questo elemento comune.
Girard è un antropologo che, testi alla mano (quelli sacrificali e quelli rivelatori: cioè, testi che nascondono l'innocenza della vittima sacrificale e testi che, invece, la rivelano), dimostra che, prima attraverso quello che noi chiamiamo l'Antico Testamento, poi, attraverso il Nuovo, la religione diventa rivelativa dei meccanismi sacrificali, segnando una svolta radicale e una rottura definitiva proprio nei confronti del sacro. In altre parole, la tradizione giudaico-cristiana rompe definitivamente con una concezione della religione fondata sulla violenza sacrificale. E su questa base pone valori nuovi. Sono quei valori trasmessi all'Occidente, di cui oggi molti democratici e laici sembrano vergognarsi.
Vanni,
per questo io non avrei le sue perplessità.
Caro Junco,
mi permetta di entrare nel merito delle sue argomentazioni, ispirate da Girard, sulla rottura del sacrificio sull'elemento del sacro.
A parte che ciò è già un tema di discussione proprio della scienza delle religioni, come in filosofia vi sono stati razionalisti ed empiristi, sostenitori del divenire e dell'essere, materialisti e spiritualisti, le tesi del Girard, da lei sostenute, sono semmai una diversa modalità dell'esperienza del sacro che da una visione sacrificale, per lo più elementare e basata sul tabù, si apre ad una etica, basata sulla libertà.
Però il rapporto è sempre con il sacro che è il fascinosum e il tremendum (vedi Rudolf Otto).
Però, ripeto, qui siamo comunque all'interno della discussione su un tema della scienza delle religioni che in quanto disciplina, strumento di conoscenza, andrebbe introdotta a scuola proprio perché sede deputata alla cultura e alla conoscenza.
Caro Professore,
mi permetto di dissentire dalla tesi che sia meglio introdurre un'ora di "storia delle religioni", per evitare il rischio del comunitarismo, inerente alle ore di religione confessionali.
Pur riconoscendo i limiti di certe ore di religione affidate a insegnanti di dubbia preparazione, traggo spunto dalla sua osservazione che l'ebraismo e il cristianesimo, insieme al pensiero greco, sono al fondamento della civiltà occidentale, per argomentare nonostante tutto in favore del primato dell'insegnamento della religione cattolica.
Se ben fatto, questo insegnamento aiuta a preservare le radici culturali ebraico-cristiane, e questo è nell'interesse di una migliore convivenza.
Certo non deve essere una catechesi, che presuppone appunto la fede in chi ascolta; ma un insegnamento religioso che privilegi e approfondisca primariamente quella religione che ha avuto il maggiore peso nel definire l'identità nazionale.
Proviamo a cambiare punto di vista; in un paese musulmano, cercherei di preservare la fede cattolica dei miei figli, ma sarei contento se la scuola offrisse loro anche una comprensione della fede musulmana, perché questo sarebbe per loro un bagaglio culturale prezioso per integrarsi.
Per contro, un'ora di "storia delle religioni", neutrale e equidistante, mi pare una soluzione debole, che non terrebbe conto della nostra storia e non farebbe sufficiente argine al comunitarismo.
E poi diciamolo, sarebbe possibile insegnare in un'ora alla settimana la molteplice varietà delle esperienze religiose? Cosa ne resterebbe di utile? E quale maestro sarebbe in grado di farlo?
Cordialmente
Andrea Viceré
Mi scusi, ma lei mi ha frainteso. Sostengo che la soluzione migliore è un'ora di religione dedicata all'introduzione delle radici spirituali ebraico-cristiane. In alternativa, lasciare tutto com'è, pur sapendo che l'ora attuale di religione cattolica è una cosa molto mediocre: sociologia buonista o catechismo impartiti da insegnanti per lo più modestissimi. Ma meglio che l'introduzione dell'ora di religione islamica. Se però queste soluzioni (in ordine di preferenza) non vengono accettate e ci si orienta verso l'ora di religione islamica, allora meglio NIENTE (e in questo niente può anche starci un'ora di storia delle religioni, alla pari di un'ora di storia della filosofia). È inutile che mi convinca dei limiti di questa scelta. Mi sono chiari. Ma preferisco una soluzione puramente laica alla francese alla deriva comunitarista di stile inglese.
Sarebbe una trincea difensiva dovuta al fatto che buona parte del mondo cattolico si arrende ed è preso da pulsioni suicide, se non peggio.
Per aver scritto quanto ho scritto - e cioé che non ha senso questo buonismo sull'ora di religione islamica, ecco cosa pullula in rete su di me:
«Giorgio Israel sul settimanale Tempi (n. 44 – 4 novembre), in un articolo dove esprime qualche riserva nei riguardi di coloro che, sostenendo l’opportunità di ricostruire un rapporto tra Occidente e Islam, vedono positivamente l’introduzione nella scuola dell’ora di religione islamica, scrive: “Si possono apprezzare le buone intenzioni che animano queste affermazioni – volersi bene è sempre una bella cosa, purché l’amore sia ricambiato – ma non bisogna esagerare”. L’inciso mette bene in evidenza la novità del concetto dell’amore nel Vangelo, rispetto a quello espresso dall’Antico Testamento. Secondo il Vangelo, voler bene è una bella cosa anche se l’amore non è ricambiato. Anzi, Gesù arriva a parlare così: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici…E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (cf Mt 5,43-48). Ora, amare i nemici non è cosa facile, e neppure essere perfetti, però nei limiti del possibile potremmo anche sforzarci di non imitare il cattivo comportamento altrui, e dare il buon esempio.»
In altri termini, piuttosto che farsi difendere da un ebreo, si ricorre all'antigiudaismo cattolico tradizionale.
Caro Professore,
come vede ha scoperchiato un vaso di pandora, sostenere la soluzione laica e liberale alla francese, anche se per lei come ultima sponda, ma a mio parere inevitabile (perché le altre soluzioni sono in contrasto con - in ordine cronologico - la costituzione, la dichiarazione europea dei diritti dell'uomo, il concordato del 1984, i risultati della commissione sull'educazione religiosa nelle scuole da parte dell'OCSE) ha scatenato la furia degli integralisti (che con carità cattolica e furore da sharia incitano a tagliare le mani a chi toglie il crocifisso dalle scuole).
La soluzione adottata è tipicamente all'italiana, puoi fare qualsiasi cosa come alternativa ma avrai enormi difficoltà a realizzarla (soldi, tempo, insegnanti e chi più ne ha più ne metta) contraddicendo così il diritto sancito dallo stesso concordato a svolgere un'attività alternativa. Ora i nodi vengono al pettine e come preconizzato la ferita inferta alla laicità di questa soluzione senza coraggio si è solamente incancrenita.
Personalmente una soluzione temporanea - tenendo conto che il concordato non è qualcosa di facilmente modificabile a meno che non lo voglia anche la chiesa - è quella di un Insegnamento Alternativo con contenuti precisi, docenti laureati e garantito dalla stato allo stesso modo in cui si garantisce l'Insegnamento della Religione Cattolica.
I contenuti li lascio decidere alla prossima commissione che volesse occuparsi del problema ma penso che ci sia solo l'imbarazzo della scelta (Storia delle Religioni, Grandi Temi Filosofici, Educazione ai diritti umani ecc ecc) però se ne scelga uno si faccia un programma dall'asilo al diploma e lo si garantisca sia come visibilità nella scelta dell'alternativa che nella disponibilità di docenti, aule ecc.
Se poi qualche scuola volesse organizzare altre ore alternative potrebbe restare questa opzione, ma ovviamente visto quanto viene realizzata sarebbe una mini minoranza di scuole a farlo.
Cordialmente, Fabio Milito Pagliara
Ricevo, trasmetto la seguente mail (e ovviamente concordo):
"Con l'avvicinarsi del Natale, mi sembra cosa 'buona e giusta' inviarvi il
messaggio che segue per suggerire una semplice riflessione su quale sia il punto ormai di non ritorno al quale siamo arrivati, presi come siamo da concetti di diritti (solo degli altri), doveri (solo nostri).
Il Primo Ministro di Australia: John Howard "Ai musulmani che vogliono vivere secondo la legge della Sharia Islamica, recentemente è stato detto di
lasciare l'Australia, questo allo scopo di prevenire e evitare eventuali attacchi terroristici.
Sembra che il primo ministro John Howard abbia scioccato alcuni musulmani australiani dichiarando:
GLI IMMIGRATI NON AUSTRALIANI DEVONO ADATTARSI!
Prendere o lasciare, sono stanco che questa nazione debba preoccuparsi di sapere se offendiamo alcuni individui o la loro cultura. La nostra cultura
si è sviluppata attraverso lotte, vittorie, conquiste portate avanti da milioni di uomini e donne che hanno ricercato la libertà.
La nostra lingua ufficiale è l'INGLESE, non lo spagnolo, il libanese, l'arabo, il cinese, il giapponese, o qualsiasi altra lingua. Di conseguenza,
se desiderate far parte della nostra società, imparatene la lingua!
La maggior parte degli Australiani crede in Dio. Non si tratta di obbligo di cristianesimo, d'influenza della destra o di pressione politica, ma è un
fatto, perché degli uomini e delle donne hanno fondato questa nazione su dei principi cristiani e questo è ufficialmente insegnato. E' quindi appropriato che questo si veda sui muri delle nostre scuole. Se Dio vi offende, vi suggerisco allora di prendere in considerazione un'altra parte del mondo come vostro paese di accoglienza, perché Dio fa parte delle nostra cultura.
Noi accetteremo le vostre credenze senza fare domande.
Tutto ciò che vi domandiamo è di accettare le nostre, e di vivere in armonia pacificamente con noi.
Questo è il NOSTRO PAESE; la NOSTRA TERRA e il NOSTRO STILE DI VITA. E vi offriamo la possibilità di approfittare di tutto questo. Ma se non fate altro che lamentarvi, prendervela con la nostra bandiera, il nostro impegno,
le nostre credenze cristiane o il nostro stile di vita, allora vi incoraggio fortemente ad approfittare di un'altra grande libertà australiana: IL DIRITTO AD ANDARVENE. Se non siete felici qui, allora PARTITE. Non vi abbiamo forzati a venire qui, siete voi che avete chiesto di
essere qui. Allora rispettate il paese che VI ha accettati.
Se siete d'accordo, fate circolare questo messaggio."
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