L'unica disciplina scientifica in grado di dare definizioni assolutamente univoche è la matematica. È quindi comprensibile che le altre discipline scientifiche aspirino alla stessa oggettività. Si dimentica però che la matematica vi riesce a un prezzo molto alto: svuotare di significato le sue definizioni, che diventano puri asserti formali. È la situazione che il celebre logico Bertrand Russell descriveva dicendo che la matematica è quella scienza in cui «non si sa mai di cosa si sta parlando né se quello che si dice è vero». È difficile che un simile approccio possa servire in scienze che perdono senso se perdono il rapporto con la concretezza.
Per questo lasciano interdetti i tentativi di scimmiottare il rigore matematico, come nel caso della nota definizione di «minimo livello di coscienza» (Mcs) che interviene persino nella legislazione per distinguere questo livello dagli stati vegetativi (Vs) e gestire il fine vita in modo bioeticamente corretto. In questi giorni, un'importante scoperta di un gruppo di ricercatori italiani ha fatto parlare della possibilità di «misurare la coscienza». L'affermazione è sorprendente, perché se la coscienza fosse una variabile misurabile il suo minimo sarebbe evidentemente lo zero. È chiaro che si è alla ricerca di un valore minimo non nullo, ma allora – restando sul piano quantitativo – tale minimo non esiste: comunque si prenda un valore non nullo ne esiste sempre uno più piccolo per il quale esiste comunque coscienza.
Quindi il valore "minimo" di coscienza è un concetto qualitativo e arbitrario indefinibile in termini oggettivi, tantomeno quantitativi, oltretutto perché non esiste alcuna definizione "oggettiva" di coscienza. La definizione corrente di Mcs è un tipico esempio di discorso qualitativo e vago. Se si pretende di farla passare per una definizione rigorosa salta agli occhi il suo carattere tautologico. Lo stato di coscienza minima è definito come una condizione di coscienza gravemente alterata in cui è dimostrabile un'attività comportamentale minima ma definita di una consapevolezza di sé o ambientale. Non soltanto il "minimo" viene definito con il "minimo", ma la coscienza viene definita con la consapevolezza, il che impone di definire cosa sia la consapevolezza, in un gioco di rimandi senza fine. Non è affatto strano che la definizione di coscienza sia tanto difficile e sfuggente: lo sappiamo da secoli. Strana è la pretesa di darne una definizione di stile matematico, che l'operatore sanitario possa usare allo stesso modo con cui stima il livello di colesterolo nel sangue. Tuttavia, siccome è noto che le diagnosi che confondono tra Mcs e Vs superano il 40% c'è sempre chi spera di realizzare un kit diagnostico di coscienza minima.
La ricerca del dott. Massimini dell'Università di Milano e dei suoi collaboratori si è basata sull'osservazione che stati riferibili a forme di autocoscienza si manifestano anche in assenza della capacità di rapporti con l'esterno, come nella veglia attenta o nel sogno. Si è rilevato che questi stati sono spesso associati alla capacità di interagire di aree corticali specializzate e si è elaborata un'efficace tecnica – basata su una combinazione di stimolazione magnetica transcranica ed elettroencefalogramma – per stimare la presenza di tale attività interattiva. Questa ricerca ha sollevato clamore in vari organi di informazione che hanno proclamato in modo stentoreo che finalmente si è in grado di “misurare la coscienza". Sono comportamenti che fanno torto alla scienza e alla serietà di ricerche come queste, sul cui merito non c'è nulla da obiettare. Si è elaborata una tecnica per misurare le attività interattive tra aree del cervello. Dire che queste ultime siano la coscienza è un postulato privo di qualsiasi fondamento. La definizione di coscienza resta totalmente aperta e ancor più quella del suo "stato minimo", ammesso che abbia senso.
Ecco l'ennesimo esempio di una brutta tendenza a non rispettare le regole di un procedere davvero scientifico: compostezza, prudenza, rigore. Prevale invece il desiderio scomposto e compulsivo di usare risultati scientifici per dimostrare assunto ideologici, nella fattispecie che la coscienza è una variabile misurabile come il tasso d'inflazione. È legittimo crederci e tentare di provarlo, ma non imporlo con proclami gridati sulla base di castelli in aria.
(Il Giornale, 21 gennaio 2012)
E la storia continua:
Esce oggi un articolo sempre sul Giornale che racconta questa notizia: un ricercatore italiano ha inventato un microchip cerebrale che trasforma sogni e pensieri in immagini, il primo prototipo di tecnoneurone.
Sorprendente oppure no? Dipende dalle immagini ottenute dal tecnoneurone, da quel che dicono. Cerchiamo invano la risposta a questa domanda cruciale. O meglio, una rispostina c'è: «La qualità delle "scene", adesso, è più simile a ombre sfocate che a una pellicola in 3D". Certo, perché come con la risonanza magnetica quel che si misura sono attività elettromagnetiche o flussi sanguigni che danno luogo a immagini, come può essere il tracciato di un encefalogramma, in una versione colorata più divertente. Si tratta di corrispondenze tra attività cerebrali e rappresentazioni geometriche, immagini di queste attività ma che con il loro contenuto e il loro senso non hanno nulla a che vedere; come un encefalogramma ci darà conto di alterazioni ma non dirà mai "cosa" si sta pensando. E poi che vuol dire "immagini del pensiero"? Quale immagine potrà mai corrispondere alla parola "coscienza", alla parola "pensiero", al concetto "la coscienza è (o non è) una variabile misurabile"? I pensieri non sono immagini, soprattutto i pensieri astratti e, se si può associare loro delle immagini simboliche, questa associazione è una scelta intuitiva "nostra", umana, del tutto convenzionale. Non è quindi possibile (come è stato detto) un dizionario di immagini che traduca univocamente i pensieri e i concetti. Che discorsi poco seri… Se c'era bisogno di dare un'ulteriore prova che siamo in pieno nella situazione descritta dal mio articolo, è arrivata immediatamente.
6 commenti:
Mi scuso. Per una manovra errata ho eliminato i commenti a questo post e al precedente. Per fortuna, mi sono fermato prima di eliminarne altri...
Sono riuscito a recuperare questo e la risposta
GC ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Lo stato di "coscienza minima" non si misura":
Sono abbastanza daccordo con la sostanza di quello che dice, ma mi permetto di segnalarle questo filmato
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=6FsH7RK1S2E
che permette di rendersi conto un pò meglio di che cosa si stia parlando.
Partendo dall'assunzione che il pattern dell'attività cerebrale sia correlato a quello che si vede, si cerca di invertire questa correlazione, mi sembra con risultati interessanti. Si tratta di qualcosa di più di immagini astratte, ma proprio qui sta il punto.
Mi pare che l'esistenza di questa correlazione non sia affatto sorprendente: nessuno si stupirebbe ovviamente se la ricostruzione fosse fatta misurando le attività dei recettori della retina, invece che della corteccia visuale.
Può sorprendere di più che la cosa funzioni anche per un sogno, ma di nuovo diverse interpretazioni sono possibili, e al solito non si deve confondere correlazione con causazione.
Mi sembra che il tecnoneurone dell'ingegnere italiano aspiri a qualcosa di più. Queste sono ricostruzioni tipiche della tecnica della neuroimaging con risonanza magnetica. Oltre a quello che lei dice, e cioé che nessuno si stupirebbe se la ricostruzione fosse fatta misurando le attività dei recettori della retina, oltre al fatto che le immagini sono a dir poco vaghe e nessuno ne ricaverebbe alcunché se non le confrontasse con l'originale, l'inversione della correlazione viene fatta con dei modelli: in che modo questi modelli interferiscono sul risultato? Questo andrebbe capito. Inoltre siamo al livello della pura e semplice visione e non certamente dei pensieri, come si pretende. Questo è uno stadio totalmente intoccato da questi esperimenti: come interpreto quel che vedo e, ancor di più cosa ne penso. Quanto poi al fatto che da questo è illecito trarre alcuna relazione causale, è evidente, tanto più che - ripeto - siamo al primo e più elementare strato: quello delle percezione visiva.
E anche questo:
Raffaella ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Lo stato di "coscienza minima" non si misura":
Preg.mo Professore,
Forse si intende che, prima o poi, la misurazione della coscienza sarà possibile. Non oggi. Ma il semplice fatto che ci si muova in tale direzione è di per sè qualcosa di sensazionale, benchè non sia una novità.
Scrive Antonio Damasio, famoso neuroscienziato portoghese, nel suo libro "Emozione e Coscienza": "La coscienza è la parte della mente legata al senso di sè ed al conoscere in quanto ci appare. La mente non si esaurisce nella coscienza e può essere presente senza la coscienza, come dimostrano certi pazienti." L’idea di A. Damasio è che la coscienza sia al suo livello basico un aspetto aggiuntivo della regolazione biologica della nostra vita.
Interessanti saranno i dialoghi che avranno luogo domenica 28 gennaio al Teatro Giovanni da Udine, a Udine, fra Antonio Damasio ed il teologo Hans Kueng, entrambi a Percoto in occasione della 37° edizione del Premio Nonino.
Cara Raffaella, si misurano le grandezze misurabili e le grandezze misurabili debbono essere suscettibili di una definizione - almeno operativa - univoca. Non esiste alcuna definizione condivisa della coscienza. Dal punto di vista scientifico dire che prima o poi una cosa sarà possibile, non oggi: quando lo si farà sarà dimostrato possibile. Dirlo prima, equivale ad asserire che prima o poi riusciremo a diventare immortali. Si entra dal campo della scienza in quello della fantascienza. Perciò non basta muoversi in una direzione sia di per sé qualcosa di sensazionale. Finora tutte queste teorie hanno prodotto aria fritta e non ci hanno fatto avanzare di un centimetro nella conoscenza dei processi mentali. Damasio non mi convince per nulla: non condivido il suo punto di vista, e ritengo che l'idea che la coscienza sia un aspetto aggiuntivo della regolazione biologica della vita sia un postulato del tutto indimostrato e indimostrabile. Una tesi metafisica mascherata da tesi scientifica. Ritengo che non abbia capito bene neppure il pensiero di Cartesio, altrimenti, dal suo punto di vista, non parlerebbe neppure di un suo "errore". Ma questi sono discorsi troppo complicati da sviluppare in un blog.
Sarà mai possibile proiettare – o rendere in qualche modo possibile che altri percepissero– l’immagine del pensiero prodotta da un vivente che pensa di pensare?
gentile Prof. sul numero di gennaio di "Mente e cervello" c'è un interessante dossier sulla coascienza dove tra le altre il prof.Tononi parla di un modello matematico " teoria della elaborazione integrata" della coscienza elaborato dal suo gruppo. Volevo sapere il suo pensiero .
Grazie dell'informazione. Occorre che lo legga prima di dare un giudizio, evidentemente.
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