Gentile professore, spesso non sono d’accordo con lei, ma in questa intervista non trovo da eccepire su una sola virgola. La crisi che stiamo attraversando avrebbe potuto essere un’opportunità per ripensare il ruolo delle tecnocrazie e per demolire il dogma che la complessità possa essere governata da un pugno di illuminati. Avrebbe anche dovuto essere il viatico per un futuro in cui ognuno potesse nuovamente assumersi le proprie responsabilità, che sono responsabilità politiche, da quelle del primo ministro a quelle degli elettori. Invece, dopo le alte strida iniziali e i salvataggi tutti keynesiani imposti agli stati (e a tutti noi), è partita una reazione così assertiva da aver convinto tutti che la medicina per la crisi fosse nient’altro che un’ulteriore somministrazione del veleno che l’ha generata. Monetarismo in dosi più massicce, ulteriore trasferimento di poteri dalla politica alle tecnocrazie, accanimento (non terapeutico) su dipendenti e pensionati, autoritarismo e conformismo in dosi massive. La scuola non è esente da questo clima, e lei ha ragione a denunciarlo. Ma qual è la soluzione, se la politica ha dato e sta continuando a dare una prova così scadente di sé? Non è (soprattutto) colpa dell’inettitudine della classe dirigente, e quindi di tutti noi che l’abbiamo selezionata, l’esproprio selvaggio delle prerogative del pubblico in favore di un modello produttivistico-aziendalista?
Esattamente, è colpa soltanto della politica e di noi che continuiamo ad accontentarci di una destra inconsistente e incoerente e di una sinistra perpetuamente attaccata a miti di decenni fa.
LOL!!! Ai miei bambini ho chiesto (quando avevano forse 4 anni) "secondo voi, come cade un oggetto, dipende dal suo colore?" ("NO!") e poi gli ho enunciato l'argomentazione, credo risalente alla scuola di Parigi (qualcuno puo' commentare?) dell'oggetto leggero attaccato a quello pesante. Credo che sia ovvio a qualsiasi bambino dei nostri tempi che il paracadute, l'aereo e la mongolfiera funzionano per via dell'aria e che questo non c'entra niente con la gravita', anche se non hanno una laurea in fluidodinamica. Certamente ai tempi di Galileo, forse il bambino medio non lo sapeva, ma la tecnologia dobbiamo usarla solo per stupidizzarci?!
PS Siccome sono cattiva anche nel 2012, vi segnalo il lettore (non io, io commento quasi soltanto qua, altrove e' tempo perso: mi censurano...) che ha giustamente commentato "Favoloso! Quindi il 20% di studenti che vanno a lezione e stanno a sentire, impareranno allo stesso ritmo degli alcolizzati! Adesso sapranno tutti che due palline di peso diverso cadono contemporaneamente, ma non sapranno nient'altro. Grazie NPR di abbracciare calorosamente questa erosione ancora piu' rapida e ancora piu' profonda dell'istruzione negli USA."
Lei forse è cattiva, ma io sono certamente un deficiente. Ho capito soltanto che, per me, quel signore americano è un cretino. Per il resto, ho capito ben poco. Che vuol dire NPR e dove ha scritto quel lettore? Per cortesia, non evochi commenti sulla scuola di Parigi: tengo corsi di storia della meccanica da anni e non amo affatto la conoscenza costruita a base di commenti a post, nello stile "a me me pare che".
Si trova nei commenti, sepolto da centinaia di altri commenti (molti dei quali entusiastici), dei quali non sono responsabile. NPR=National Public Radio. Una volta erano seri e si occupavano in maniera "leggera" ma comunque valida, di cultura, arte, musica.
Obama sta dichiarando guerra commerciale alla cina e quindi diventa priorita' strategica riempire di nuovo le aule delle universita' di "hard science" ad ogni costo. Possibilmente abbassando la percentuale di statunitensi con gli occhi a mandorla (e siccome e' difficile cacciare i piu' bravi, da un lato si abbassa l'asticella, dall'altro avanti con le "affirmative acttion"). Questa e' la strada che hanno intrapreso. Naturalmente fra qualche decennio sprofonderanno nell'irrilevanza, nel frattempo dovremo subire, noi e i nostri figli.
Penso che una bibliografia ragionata di storia della meccanica sarebbe cosa gradita a tanti lettori.
Libri, quaderni, lavagne e gesso, chi si intende di istruzione sa bene che queste "tecnologie" sono di gran lunga superiori a quanto escogitato nel tentativo (per ora vano) di migliorare l'efficacia delle lezioni scolastiche. Non voglio negare che perfino una LIM, se usata in modo adeguato possa pur servire a qualcosa oltre che stare appesa, ma aspettarsi che lo "svecchiamento" della didattica passi dall'introduzione di nuovi mezzi tecnologici è un feticcio ricorrente, che naturalmente i progressi dell'informatica e gli interessi dell'industria continuano ad alimentare: ora arriva il momento del tablet, già mi pare di vederli a picchiettare sullo schermo...e su qualcuno dei mille giochini di android. Nel commento di Maria Ventura sul "Sussidiario" si dice che col tempo ha "ridotto notevolmente le ore in aula computer" e ha invece "aumentato il numero di ore in cui spiego usando la forma del dialogo con gli studenti." Bene, brava. Per me non c'è paragone possibile: il vecchio metodo socratico o "insegnamento dinamico" come lo definiva felicemente F.Enriques è insostituibile per coinvolgere gli studenti e superare (in un certo senso) la criticata lezione frontale, altro che tablet. Naturalmente coloro che lavorano nel business della didattica è giusto che difendano i loro vari congegni ed espedienti, ma com'è che gli esperti della formazione van loro dietro? Mai stati in una classe? Ma forse è semplicemente una questione di immagine: molto più facile promettere miracoli con l'uso dei PC o delle LIM o dei test quando in realtà non si sa che inventarsi. Questo ministro per me ha almeno un merito, dalla Gruber ha parlato di maggior "bidirezionalità" fra docente e ragazzi. E' l'unica parola che ha risvegliato il mio interesse, nel solito elenco di ripetitive "innovazioni".
Il Miur è governato da una dirigenza (di gran lunga più influente del ministro perché inamovibile) che punta tutto sulla digitalizzazione. Gli "esperti" di didattica vanno dietro per non essere tagliati fuori dai "processi". Ci vorrebbe un ministro che la pensi come Nautilus o Maria Ventura, con una prospettiva di anni davanti, con la possibilità di dominare realmente la dirigenza, con una determinazione di ferro e uno staff adeguato. Fantascienza.
Scuola tecnicistica confezionata per l'inserimento nel lavoro, o scuola di formazione di ragazzi che dovranno crescere nella sapienza? Se è ormai assodato che giunti all'età del lavoro - cioè tra ii 18° e il 24° anno di età - i giovani iniziano una attività che non può dare alcuna sicurezza di longevità, allora come potranno cavarsela con quel diploma o quella laurea ottenuti studiando come rispondere a un numero di test? Non è proprio la struttura economica della società contemporanea che pretende una scuola che, pur orientando il ragazzo a un tipo di professionalità a lui più idonea, formi la sua capacità di studiare e apprendere nuove tecnologie o nuovi orientamenti culturali. Anche se una tale scuola richiedesse uno o due anni di più, risparmierà certamente anni e anni di precariato. Ed è in questi anni che la vita scorre più veloce! Ciò "a me pare" così ovvio che esito a inviare questo post.
Ho letto l'articolo segnalato da Daniela e devo ringraziarla, è per me molto molto interessante. Anche se probabilmente la mia valutazione è diversa dalla sua. Se ho capito si tratta di questo: alcuni insegnanti di fisica americani si sarebbero resi conto che la lezione tradizionale "unidirezionale" non dà buoni risultati, gli studenti sembrano seguire ma non c'è una vera comprensione dei concetti, oltre le definizioni e le formule. Come esempio viene riportato il risultato di un test (dai!) in cui è stato chiesto il tempo di caduta di due sfere di ugual diametro ma peso diverso, un classico della dinamica. I risultati sono stati cattivi. Insomma, a quanto pare quegli studenti sapevano a perfezione il principio di Newton ma non l'avevano capito veramente. Che scoperta sorprendente... Un esempio del genere mi lascia perplesso riguardo (tanto per cambiare) alla natura del test: quand'anche gli studenti avessero risposto correttamente significava forse una comprensione maggiore del fenomeno? I nostri liceali probabilmente lo farebbero bene ma quanti sarebbero in grado di spiegare "perchè"? La quale dovrebbe essere la VERA domanda da fare altrimenti non si esce dal nozionismo, alla faccia del test. Comunque sia, il punto è che viene appurato (deo gratias) che spiegare la fisica versando parole nelle orecchie passive degli studenti darebbe come risultato che dopo 6 mesi solo il 14% dei concetti viene assimilato, e che solo il 10% dei ragazzi capisce davvero: quelli che avrebbero capito da soli lo stesso, anche senza l'insegnante. Percentuali a parte glielo potevo dire anch'io, comunque l'importante è che ci siano arrivati e, come dice l'articolo, attraverso dati "obiettivi" (immagino test). Avrebbero insomma dimostrato che la lezione tradizionale fallisce, almeno per la fisica. E allora? E allora son passati dal "lecturing" al "talking", ovvero si somministra un problema ad un gruppo ridotto di studenti, se ne propongono diverse soluzioni fra cui scegliere e naturalmente la prima scelta comporta una percentuale bassa della giusta soluzione (29%) Poi si fanno discutere fra loro e alla fine si rifà la stessa domanda e la percentuale è salita al 62. Poi l'insegnante guida una discussione di approfondimento ulteriore. Questo metodo lo han chiamato "peer Instruction", istruzione fra pari, credo. A me mi piace. PS Ah, "they use a mobile device to vote for their answer.", così si dà soddisfazione anche ai patiti del tablet.
Caro Giorgio, nella mia esperienza al 50% di insegnante part time e funzionario aziendale ti posso assicurare che nelle decine di scuole di Roma che ho girato non ho mai incontrato neppure un esempio lontano di queste nuove scuole aziende che tanto ti spaventano. Mi ha invece sempre intimorito la spaventosa lontananza tra il mondo della scuola e quello aziendale. Quando cominciai a lavorare in un laboratorio dopo la laurea compresi che né la scuola né l’università mi avevano fornito strumenti adeguati per cercare, trovare e svolgere un lavoro! Ed io sono un chimico, non un sociologo o uno storico dell’arte. Vuoi sapere cosa mi mancava? L’elenco è lungo. Lo comincio soltanto con ciò che mi è costato più fatica imparare da solo: la capacità di sintesi, la capacità di cercare informazioni, la capacità di rapportarmi con altri in modo cooperativo, la capacità di dialogare facilmente in inglese, la capacità di scrivere su una tastiera. Mi rendo conto di essere una mosca bianca tra i miei colleghi quando faccio lavorare gli studenti in laboratorio nella risoluzione di problemi reali invece di riproporre i soliti triti esperimenti dei manuali di scienze. Uso sempre la LIM ma siamo solo in 4 professori a farlo in tutto l’istituto. Uso un blog come il tuo per ogni classe e obbligo i miei studenti a postare i commenti ai filmati di scienze che inserisco ogni giorno. Ho insegnato ai ragazzi ad usare Powerpoint e li valuto facendogli presentare alla classe monografie guidate. Riprendo i video dei miei studenti, li metto on line e li faccio autovalutare nei punti di forza e nelle aree di miglioramento. I risultati sono: una discreta soddisfazione dell’utenza ed un alto numero di studenti che si iscrivono alla facoltà di Scienze MCFN. Tutto quello che insegno l’ho imparato da solo oppure in quelle aziende dove ho lavorato. Mi permetto di completare quella stupenda citazione di Don Ernesto Bonaiuti che conclude il tuo articolo: “Noi crediamo e sappiamo che la nuova spiritualità nascerà solo dal messaggio di chi, tagliando nelle viscere più profonde della nostra anima col vomero di una irresistibile speranza, ci darà la sensazione vibrante che i simboli stanno per cedere il posto alla Realtà santa ed intera. Il sogno del mistico cisterciense attende ancora il suo compimento. Io credo che Don Bonaiuti (che meriterebbe di essere ricordato ogni volta che lo si cita) avrebbe preferito rileggere il suo brano completo perché la Realtà santa di cui parla è il contrario di questa scuola italiana fatta di simboli vuoti. Altra digressione: i migliori insegnanti del mio istituto usano la ICT con disinvoltura, avendone apprezzato i vantaggi. I peggiori insegnanti non sono in grado neppure di mandare una e-mail. Perché? Dopo millenni di zappa e vanga nei campi della scuola è arrivato il trattore ma pochissimi se ne sono accorti. La scuola-azienda è un pericolo come una carie per un malato terminale.
Gentile Mauri, la familiarità con cui mi scrive fa presupporre che si sia stati ieri a cena insieme ma non è così. Con questa familiarità lei mi muove il rimprovero per il modo con cui ho citato Buonaiuti, che aveva ragioni che non sto a dire. Casca proprio male. Non è proprio a me che deve insegnare il rispetto per Buonaiuti. Buonaiuti era familiare a casa mia, essendo stato mio padre suo stretto allievo e amico. Anche per questo ho tutte le sue opere a casa e anche qualche cosa di più. Prima di fare questo appunto avrebbe dovuto pensare che ci poteva essere qualche ragione per il modo in cui avevo fatto la citazione. Sono certo che Buonaiuti sarebbe inorridito a sentir dire che la scuola di un tempo (la sua) era quella della zappa e vanga mentre quella di oggi sarebbe quella del trattore. Che senso ha questo disprezzo per una scuola che ha formato personalità italiane di cui oggi non esiste neppure l'ombra? Anzi,tutta la cultura del passato (per millenni!!)m sarebbe stata roba di vanga e zappa… Che affermazione oltre che ridicola anche piena di uno sprezzo per una cultura del passato che ci dovrebbe intimidire, altro che. E il trattore sarebbe arrivato sotto forma di cosa? Di Lim, Power Point, blog ecc.? Questo darebbe anima alla scuola? Ma ci faccia il piacere, avrebbe detto Totò… Personalmente so usare tutti questi strumenti a perfezione, ma 1) li uso con moderazione (cfr. il mio articolo "insegnare senza effetti speciali", 2) posso farlo perché non sono vuoto di contenuti mentali e culturali. Mi guarderei bene dall'indirizzare studenti o i miei figli all'uso di strumenti prima che abbiano materia di pensiero e conoscenze. L'idea che sia fondamentale insegnare agli studenti a usare Power Point e analoghi strumenti mi trova in dissenso totale, come quasi tutto quel che ha scritto. La capacità di sintesi verrebbe da Power Point? Ma andiamo…Gli strumenti non suppliscono ai contenuti ed è vano avere un trattore se non c'è nulla da trebbiare. Nel suo commento non c'è altro che un'esaltazione dei mezzi: per comunicare cosa? Che cosa trasmette ai suoi studenti e come, e su cosa e come li valuta? Risolve problemi "reali"? E che vuol dire reali? Non le pare che sia un uso alquanto rozzo della parola? Che cosa è "non reale" per lei? Viva i laboratori… Certamente, pur di entrarci con qualcosa in testa. Pasticciando in laboratorio senza idee e concetti, senza un orizzonte concettuale, è senza senso: non ne esce fuori niente di valido. Per non parlare della scienza teorica, che esiste eccome ed è quanto mai "reale". Quelle persone che pensano di insegnare il principio di inerzia facendo esperimenti non hanno capito un acca di fisica e dovrebbero fare un corso di recupero. Il laboratorio serve soltanto con adeguata preparazione teorica. Peraltro, quando parlo di scuola-azienda, non mi riferisco alla digitalizzazione - che, come è documentabile, nelle scuole di punta americane, tengono alla larga, ma noi siamo sempre i soliti provinciali - ma all'idea di una gestione di tipo aziendale della scuola. E che questo sia un obbiettivo di quegli ambienti confindustriali che spendono e spandono per tenere in piedi fondazioni per dire a scuola e università cosa fare, è indubbio. È una cosa vergognosa, perché non danno un centesimo per il sistema, ma mirano soltanto a impadronirsene gratis. Chissà chi erano quegli ingegneri di un'importantissima azienda italiana che sono venuti a fare un coaching di storia della scienza da me? Erano dei trogloditi. Con vanga e zappa. Se avesse sentito cosa dicevano sarebbe rimasto di sasso (sostanzialmente quel che sta scritto sopra). Eppure da uno di loro è dipeso un'innovazione tecnologica che ha dato prestigio al paese.
è un po' che non intervengo nel suo blog, che comunque non manco mai di leggere assiduamente.
L'argomento nuove tecnologie mi interessa molto, perché anche io ne sono un'utilizzatrice.
Tuttavia considero gli strumenti didattici per quello che sono, ovvero strumenti, che possono indubbiamente aiutare ma che non si devono mai sostituire a quello che è e sempre sarà l'unico modo di apprendere: usare il cervello, pensare, studiare, riflettere, esercitarsi.
Se poi: - con un video su posso far vedere ai miei ragazzi un esperimento significativo che non potrei mai fare in laboratorio per mancanza cronica di attrezzature
- con un blog posso proporre un brano da commentare risparmiando sulla spesa per le fotocopie fotocopie
- attivando un forum permetto ai miei studenti di comunicare con me e tra loro, estendendo le poche, pocchissime ore di lezione settimanale che hanno a disposizione
tutto questo ben venga, ma sempre "cum grano salis".
La rete è un mare di possibilità. Molte volte mi trovo a pensare a quanto vorrei avere avuto io, cresciuta nel classico paesino di provincia, la possibiltà di attingere a tutte le informazioni che mi interessavano per studiare per conto mio argomenti che i programmi scolastici non includevano, o approfondire ciò su cio i libri di testo "glissavano" oppure erano palesemente imprecisi.
Ma se utilizzare internet significa presentare come ricerca una pagina di wikipedia su cui si è fatto copia e incolla, allora è meglio il pomeriggio passato nella biblioteca del paesino alla disperata ricerca di qualche informazione tra testi datati.
Le nuove tecnologie devono stuzzicare la sete del sapere, non spegnerla con un clic.
Sono d'accordo al cento per cento. Sono un assiduo utilizzatore di internet ma so cosa e come andare a cercare. La prima cosa da fare con studenti e figli è dar loro la cultura per orientarsi in modo consapevole. Ma quando assisto al fatto che non posso più dare una ricerca perché troppi fanno copia e incolla da qualsiasi sito a tiro, e chi lo fa produce sempre il peggio; quando mi sento chiedere da uno studente (Erasmus) se per fare il mio esame di storia della matematica (universitario) basta leggersi l'articolo storia della matematica su Wikipedia; allora, d'accordo, mille volte meglio le biblioteche di paese o comunali.
Credo che ci troviamo in una situazione un po' piu' complicata.
Questo e' un articolo vecchiotto: pur non ritenendomi l'ultima arrivata, pur avendo competenze di security e audit di sistemi informatici da oltre vent'anni ormai, sono certa che sono ben lontana dall'essere blindata anche solo lontanamente. Senza contare i dati "volontariamente" consegnati, ad esempio uso gmail e sono registrata su Facebook.
Questo un articolo di sei mesi fa, che in informatica sarebbe a dire quasi dell'eta' della pietra: http://www.nybooks.com/articles/archives/2011/aug/18/how-google-dominates-us/?pagination=false
Vi domanderete come mai uso gmail. Beh, tutti i miei provider, uno per volta, hanno chiuso. I protocolli di posta elettronica sono stagni come un colino, soprattutto oggi che il 90% del volume del traffico e' spam. Non ce la faccio a fare il mailserver manager di me stessa, gratis. Dovrei sottrarre il mio tempo ad altre cose, e quindi, come tutti noi, rinuncio.
Sono oltre dieci anni che a Stanford la posta elettronica interna e' stata sostanzialmente smantellata e i docenti invitati a utilizzare gmail. A fronte di un servizio che deliberatamente aveva pecche di ogni genere - dallo spazio limitato, allo spam, agli svitati che hanno una teoria crackpot (e che gmail manda con efficienza spaventosa nella casella "Non importante") - la migrazione ha avuto percentuali bulgare.
Adesso Stanford propone dei corsi online. Presto MITx seguira'. Non si tratta di educazione a distanza vecchia maniera, quella della Open University o di MIT (o del dipartimento scuola educazione, o della NPR cosi' fortemente voluta da Kennedy), ne' tanto meno della scuola di matematica per corrispondenza di Gelfand in URSS. Dei corsi moderni! Anzi se qualcuno ha tempo da perdere e decide di iscriversi, e' davvero istruttivo guardare il traffico di rete (dentro ai pacchetti non sono capace di guardare, ma mi basta quello che vedo e mi basta il volume di traffico "overhead"). Ma in perfetto stile google, le cose vengono dette esplicitamente: tanto non c'e' nessuno che le legge.
Non illudedevi che l'Europa si fermi a procedure da bottegaio, quali buttare alle ortiche la cultura e la scuola e vendere tablet a mucchi. L'Europa provvedera' invece a smantellare pezzo per pezzo il sistema scolastico e universitario, che e' ingombrante e il cui valore mercantile sta negli asset quali il marchio, il personale docente, l'expertise costruita in decenni di lavoro serio e anche un po' negli ultimi decenni di lavoro non tanto serio (che, comunque, sono lontani anni luce dall'edutainment). Naturalmente gli istituti prestigiosi acquisteranno i fiori all'occhiello - per esempio con l'ultimo bilancio Stanford ha dichiarato 22.3 miliardi di dollari di consolidated assets - quali Roma o Parigi, mentre altri si accontenteranno di nomi meno risonanti. Comunque, l'Europa avra' liquidita' da inghiottire e con la quale senza dubbio si ungeranno eserciti interi di consulenti e burocrati per "monitorare" con un "libro bianco" la "nuova istruzione".
A quel punto sara' un problema. A quel punto verra' fatto, in stile anglosassone, un discorso straightforward al personale docente e in particolare ai titolari di cattedre prestigiose. Dovranno partecipare a operazioni di edutainment, dando con la loro presenza un "marchio di qualita'". Ovviamente le lezioni devono essere stupide in maniera terrificante, e sono gia' state scritte: si deve solo recitare nella parte di se' medesimi. Come Mike Bongiorno in Toto' lascia o raddoppia. (So che era stato chiesto anche ad Einstein, ma credo che la replica "mi avete preso per una scimmia ammaestrata?" sia apocrifa.) Naturalmente non vi e' nessun obbligo di fare questo, pero', il docente e la sua famiglia fanno affidamento sullo stipendio che percepiscono; pero' i fondi pensione sono tutti sprofondati - un vero disastro - soprattutto quelli USA dove le universita' avevano investito a nome dei loro dipendenti, sara' un caso naturalmente; pero' il docente, dopo una vita dedicata allo studio e alla ricerca, non ha facilita' immediata di reinventarsi, tantomeno in questo clima economico, ammesso che lo voglia. Quindi, forse, Lei prof Israel non accettera', ma tanti Suoi colleghi accetteranno, cosi' come tanti oltreoceano hanno, obtorto collo, accettato. Benvenuti nel mondo nuovo.... Anche se a volte basta un granello di sabbia a fermare una macchina.
A proposito dell'Invalsi, neanche io sono d'accordo che, come qualsiasi altro ente, possa sostituire gli insegnanti nel valutare gli allievi, peculiarità che deve essere restitutita completamente al docente, che solo conosce l'alunno e solo può valutarlo in tutta la sua completezza.
La "visione aziendalista della scuola" toglie alla scuola quello che più la nobilita e la caratterizza per la sua stessa istituzione: la formazione di concetti nella persona e la crescita della sua umanità.
Egr. Professore, in effetti ha ragione: non ho mai cenato con lei. Peccato, sarebbe stata una cena stimolante! Anche perché abbiamo visioni diametralmente opposte sulla didattica delle scienze. Nonostante questo forse lei mi ringrazierebbe perché a causa dei miei metodi e grazie alla passione che metto nell’insegnamento molti miei ex alunni hanno scelto di iscriversi a Fisica, Matematica, Chimica e Biologia e Geologia proprio alla Sapienza di Roma. Qualcuno si è anche già laureato in matematica. Peccato che non ci siamo intesi nemmeno nell’esempio del trattore. Mi meraviglia la sua interpretazione del mio scritto. Dove leggerebbe un mio disprezzo per la scuola di un tempo? Dove ho dileggiato la zappa e la vanga? La zappa uno strumento fantastico: i calli che si formano zappando sono un’esperienza che consiglio a tutti. Fare un filare dritto e ben dissodato, adagiare le piantine nelle buche, innaffiare senza esagerare. Avere cura della crescita. Per chi mi ha preso? Io per certe cose sono un tradizionalista! Ma poi viene il trattore e tutto cambia. Nota bene: il trattore serve per arare, non per trebbiare. Il trattore moltiplica per 10 i tuoi sforzi: è un dono di Dio! Ma se non lo sai usare i solchi vengono storti, il seme si disperde e si sprecano tempo e denaro. Per questo il trattore lo usa solo chi ha molto da seminare. Se hai poche idee, poca speranza nel futuro, poca voglia di dare il tuo contributo al sogno cistercense, non usi nemmeno zappa e vanga ma paletta e rastrello.
Caro Mauri è divertente, non siamo d'accordo su nulla! Era ora che qualcun o si facesse vivo sostenendo le LIM ecc.! Come dici poi, quel che conta è il risultato, se funziona (nel senso che i ragazzi s'interessano e imparano) va bene qualunque metodo, ognuno deve usare quello che gli è più congeniale, perfino una LIM! Scherzo, devo dirti però che la tua contrapposizione trattore-vanga dà per scontato che sia arrivato uno strumento nuovo e più potente che metterà in soffitta il vecchio. Per me, e lo dici anche tu, non dipende dallo strumento ma da come lo si usa, temo però che una LIM sia di ben più difficile maneggevolezza (in senso lato) rispetto a gesso e lavagna. Tu lavori in un lab. di chimica io in uno di fisica e uso correntemente foto e telecamere digitali, proiettori e PC, mi dessero una LIM proverei a mettere a profitto anche quella ma la loro utilità è marginale, quando non li avevo le esperienze funzionavano ugualmente ed erano altrettanto istruttive. Da noi quando arrivò il primo PC fu accolto come la promessa del futuro, solo 4 insegnanti sapevano cosa farci diventandone quindi i fanatici profeti. Da decenni non li usan più neanche loro, il che non ha impedito che si ammucchiassero una settantina di PC in aule speciali quasi sempre deserte. Con mia segreta soddisfazione, avendo decretato fin dai primi giorni che il loro valore didattico era prossimo allo zero. Pur facendo fisica, dove magari un PC non è del tutto inutile. Poi da qualche parte ci sarà un eroe che è riuscito invece a farne il perno della propria didattica, ma nella generalità non è accaduto affatto, e non credo per analfabetismo digitale, come nota il prof. Israel, ormai quasi tutti i docenti usano il computer. Onestamente delle LIM non so nulla, ne ho solo vista una spenta però avevo trovato il giudizio di un pluripremiato (per la didattica) docente americano che, avendone ricevuta una in prova, ne aveva constatato l'inutilità. Dirai che un caso singolo non conta e hai ragione. Infine un memento, valido per tutti noi che insegnamo: nell'articolo americano postato da Daniela il docente di fisica universitario che ha cambiato metodi dice:" For a long while, I thought I was doing a really, really good job", ma poi s'è accorto che non era esattamente così.
Caro Nautilus, la LIM è un tema marginale. Io ho commentato l’articolo “Tutti i motivi per dire no alla nuova scuola-azienda” perché lo ritengo un falso problema. Prima di tutto la scuola italiana oggi viene gestita non come una azienda ma come un ministero: quasi tutti lavorano poco, male e senza preparazione adeguata. In secondo luogo i ragazzi sono talmente demotivati che entro 10 anni tutto cadrà come il muro di Berlino: la scuola di Stato sparirà dalle scene come i dischi di vinile e sarà sostituita da aziende educative no profit. Creo che l’unica cosa alla quale potremmo dire no sia questa scuola preistorica incapace di comprendere i cambiamenti epocali degli ultimi anni. Questa è l’unica protesta sensata. Il resto è solo noia. E non è necessario stracciarsi le vesti: la tecnologia non chiede il permesso per cambiare in meglio la vita delle persone. Lo fa e basta.
Che la scuola vada malissimo è indubbio e non faccio che battagliare da anni sul tema: farmi passare come un difensore di questa scuola o è detto in malafede o per non volersi dare la pena di leggere. Questo disastro è conseguenza della dittatura del pedagogismo costruttivista. Che la salvezza derivi da una ricetta aziendalista è più che discutibile perché la scuola nella sua essenza non è un'azienda. Si rischia di curare la malattia con una medicina che la aggrava sommando disastro a disastro. Il guaio è proprio che oggi pedagogisti costruttivisti e aziendalisti si sono alleati per completare questo disastro: è pazzesco vedere a braccetto Berlinguer, De Mauro e Confindustria. La tecnologia può aiutare a migliorare la vita delle persone che hanno una motivazione e delle idealità. Può aiutare a peggiorarla se non hanno alcuna motivazione o idealità. Basta vedere l'effetto di videogiochi, playstation ecc. sui bambini demotivati e abbandonati a sé stessi: passano le giornate come ebefrenici davanti allo schermo. A casa mia la playstation non è mai entrata, anche se tutti ci dicevano che era una battaglia persa. I miei figli usano il computer per scopi ben precisi e ristretti, leggono molti più libri di altri bambini. Loro e i loro amici le cui famiglie agiscono analogamente sono i migliori della scuola.
Anche i miei figli sono stati i migliori della scuola ma hanno sempre giocato con la Play, con l’X-Box e con al Wii. Ci siamo divertiti moltissimo e non vedo l’ora che anche l’ultimo mio bimbo che ha 2 anni cresca per giocare anche con lui. La percentuale di schizofrenici è molto più elevata nei corsi di laurea in Matematica che davanti ai videogame. Se mi consente di parlare francamente, certe esecuzioni sommarie sono insopportabili: come si può sensatamente affermare che il disastro della scuola è conseguenza della dittatura del pedagogismo costruttivista?! Il disastro della scuola è dovuto al centralismo burocratico che, tra l'altro, impone anche una pedagogia di Stato. Che questa pedagogia scelta dallo Stato sia costruttivista, cognitivista o aziendalista è un falso problema! Battiamoci invece perché venga applicato il titolo V della Costituzione e perché non sia lo Stato a dettare la pedagogia. Uniamoci perché le scuole siano autonome veramente e perché i cittadini che mandano i figli alle scuole private siano sovvenzionati come avviene in tutta Europa.
Insopportabile è la presunzione con cui lei liquida delle analisi approfondite e documentate come esecuzioni sommarie, che tali non sono perché hanno molto diestro. Tra l'altro la pedagogia di Stato esiste proprio perché esiste questa alleanza tra alta burocrazia e pedagogia costruttivista. Studi con modestia e si astenga dal sentenziare.
Caro Mauri, mi consenti di parlare francamente? Chi vuol mandare i suoi figli alle private se le paghi! :) Perdonami, ma è tutta la vita, insieme a tanti colleghi, che cerco di fare il mio dovere al meglio nella scuola pubblica proprio perchè è pubblica. Avendo anche lavorato un poco nelle private italiane mi son fatto l'idea che profitto e istruzione, come profitto e sanità, non van tanto d'accordo. La scuola pubblica che ho frequentato io nei '60-'70 era buonissima, lo stato dettava la pedagogia ma nessuno sentiva il bisogno di scuole private tranne certe classi che le preferivano per questioni confessionali o ambientali. Secondo me (e qui dissento sia da te che dal prof. Israel) è la società che è cambiata e la scuola ha subito le conseguenze di questo cambiamento, prima fra tutte la demotivazione (che giustamente citi anche tu) dei ragazzi rispetto agli studenti di trent'anni fa. Poi va bene, la burocratizzazione, "teorie pedagogiche sgangherate" (questa è del Prof.) la mancanza di un sistema di premi e sanzioni ecc.ecc. peggiorano le cose, ma all'origine c'è il fatto che nè famiglie nè studenti sentono più la scuola come il passaporto indispensabile per una vita migliore, nè la cultura come un fatto desiderabile di per sè, altri sono ormai i valori dominanti. Naturalmente è solo una mia opinione, non più valida di altre che girano fra noi "addetti ai lavori".
Ma guardi che io sono d'accordo che la società è cambiata e, come è ridicolo essere misoneisti (nemici a priori del nuovo, laudatores temporis acti), è altrettanto ridicolo lodare tutto ciò che è nuovo "a prescindere". D'altra parte, è proprio lei a osservare che la cultura non è vista come un fatto desiderabile in sé, ecc. Poiché faccio lo storico di professione, so bene che questi corsi e ricorsi storici sono frequenti, e probabilmente siamo in uno di quei periodi (non nuovi) in cui la conoscenza è stata considerata un intralcio e anche una cosa da fare a pezzi. La mia critica del pedagogismo "sgangherato" non è una critica ristretta a una visione particolare della scuola (assenza di premi e sanzioni, successo formativo garantito, ecc.), ma una critica a un'ideologia che esprime e santifica questo mutamento anticulturale, ecc. La loro enorme colpa sta nel loro servilismo intellettuale, nel loro fare appunto i lodatori del "progresso" quale che esso sia - ovvero semplicemente accodarsi all'andazzo prevalente - mentre il dovere di un intellettuale degno di chiamarsi tale è di usare i propri strumenti per analizzare i processi senza asservimenti mentali, a costo di andare controcorrente. Se qualcuno non fosse andato controcorrente nei secoli IV-VII, non avremmo neppure ereditato la scienza e la cultura dell'antichità, e non avremmo neppure avuto la rivoluzione scientifica.
Egr. Mauri, capita spesso che la scuola italiana venga descritta come "preistorica" e "incapace di comprendere i cambiamenti epocali", ma di solito da persone che invece ritengono di averli compresi eccome. Se la pensa così, allora vorrei che mi spiegasse come mai la scuola di certi paesi lontani, Cina e India in primis, di certo tra gli indiscussi protagonisti di questi grandi cambiamenti, resta così simile a un modello che in occidente è tutto sommato abbastanza tradizionale. Sono anni che si discute del come e del perché, dalle formule più astruse ai metodi più bizzarri per rinnovare la scuola italiana, per migliorare la preparazione dei nostri adolescenti e, da un pò di tempo a questa parte, per cercare di arginarne il crollo. Hanno prevalso certe scelte, sono state imboccate certe strade e il panorama che possiamo ammirare oggi non è certo confortante. Eppure eccoci a discutere ancora di LIM, di playstation, di demotivazioni e di tanto altro ancora. Forse in quei paesi che citavo prima si discute ancora più che da noi (anche se ne dubito), ma di certo ciò che permea la vita scolastica degli adolescenti di quei paesi è prima di tutto e soprattutto lo studio. Lo studio, lo studio vero e proprio, lo studio delle discipline, quello studio faticoso che richiede tempo, applicazione ed esercizio. E non esiste liberalizzazione o sburocratizzazione di sorta che, applicata al nostro sistema scolastico, possa rendere in termini di preparazione e conoscenza nella stessa misura di quel tipo di studio. E' anche questo che va imputato al pedagogismo costruttivista: ricondurre tutto e sempre a procedure e metodi (organizzativi, didattici, di apprendimento, ecc.) a prescindere da ciò che si debba effettivamente insegnare o imparare; sostituire sempre e comunque il "cosa" con il "come". Poi, certo, come ha magistralmente sintetizzato Nautilus: "nè famiglie nè studenti sentono più la scuola come il passaporto indispensabile per una vita migliore, nè la cultura come un fatto desiderabile di per sè, altri sono ormai i valori dominanti".
P.S.: essendo un laureando magistrale in matematica, volevo dire che, almeno nel mio dipartimento, di schizofrenici ce ne sono davvero pochi. Abbondano invece gli studenti impreparati (e io sono senz' altro uno di questi). Gente che sa meno della metà di quanto sapevano i nostri coetanei anche solo una ventina di anni fa. E questo a preoccuparmi molto, ben più della schizofrenia...
Egr. professore, le voglio raccontare che sono entrato per sbaglio nel suo forum incuriosito dalla segnalazione di una mia collega. Stiamo preparando insieme l’orale del concorso per Dirigenti e lei mi ha proposto la lettura di questo suo articolo. Era molto allarmata: “Ma questo Israel dice tutto il contrario di quello che abbiamo studiato finora!” Lei in effetti è una voce fuori dal coro e sa farlo abbastanza bene. Per altri versi il suo blog ospita numerose voci misoneiste come quella di Marinelli che loda la scuola tradizionale cinese e Nautilus per il quale “la scuola pubblica che ho frequentato io nei '60-'70 era buonissima” !!! AIUTOOO, fatemi uscire da questo BLOG! Eppure una forza invisibile mi fa continuare a scrivere perché questo strano mix di conservatorismo ed anticonformismo è comunque una novità interessante che merita attenzione. Se mi capita leggerò ancora i suoi articoli e spero un giorno di poterla incontrare sul ring di qualche tavola rotonda per contestarle con maggiore precisione i suoi postulati. Le contesterei ad esempio questo infelice rapporto causa-effetto “la pedagogia di Stato esiste proprio perché esiste questa alleanza tra alta burocrazia e pedagogia costruttivista”. Quindi senza l’alleanza MIUR-Morin lo Stato rinuncerebbe a dettare le linee pedagogiche? Se la causa del centralismo del MIUR fosse Morin ed i suoi amici, le garantisco che anche io sarei al suo fianco nella battaglia contro il costruttivismo. Purtroppo lo Stato è centralista “motu proprio” ed in democrazia è tanto più centralista quanto più i liberi cittadini glielo lasciano fare. Caro Professore, non si accontenti del suo piccolo entourage di finti sovversivi, si aggreghi a chi combatte il centralismo burocratico, vero cancro della società e della scuola.
Io non sono una voce fuori dal coro, bensì da un certo coro. Se lei avesse idea delle lettere di consenso che ricevo, degli inviti che ricevo, anche da sindacati e associazioni, vedrebbe le cose in modo diverso e non parlerebbe di strano mix, ecc. come di una novità… Ma dove vive lei? Cosa vuole contestare i miei "postulati" se ancora fatica a capire quel che voglio dire e lo confonde con la tesi che Morin sono la "causa" del centralismo del Miur. Non conosce visibilmente la storia della scuola italiana e delle correnti pedagogiche degli ultimi trenta anni. Studi e rifletta prima di sparare a casaccio. Se crede di mettere in discussione i miei convincimenti semplicemente invitandomi a liberarmi di un "entourage" di finti sovversivi (???), come se le mie idee fossero appese al consenso dei lettori del blog, sta perdendo il suo tempo: ci vogliono argomenti e non esche psicologiche di quart'ordine e raffiche agitate di commenti ai post. Sia più riflessivo: è la dote che dovrebbe avere un buon insegnante. Non dia una cattiva immagine dell'imprenditore insegnante.
Egr. Mauri, darmi del misoneista solo sulla base delle opinioni che ho espresso nel mio ultimo commento è un atteggiamento che può cortesemente essere definito solo come molto incauto. Specie se ho ragione di pensare che lei non abbia compreso molto di quanto io abbia detto. Non ho "lodato" alcuna scuola, meno che mai la "scuola tradizionale cinese" (che non esiste; la scuola in Cina è per molti aspetti la scuola che c' era anche da noi fino a 30 anni fa). Anche perché il modello cinese (chiamiamolo così) presenta anche degli aspetti negativi tutt' altro che irrilevanti (per esempio una maniacale competizione tra gli studenti nella corsa al raggiungimento dei primi posti). Mi sono semplicemente permesso di far osservare come un tipo di scuola, per molti aspetti somigliante a un modello per noi abbastanza tradizionale, resista nonostante la società in cui è immersa stia cambiando vorticosamente. E io credo che ci sia un motivo ben preciso per cui questo avviene, ma avevo posto questa domanda a lei. Inoltre, come fa a sapere che provo ostilità, o anche solo diffidenza e scetticismo, nei confronti di ogni novità e innovazione (significato del termina misoneista)? Casomai, sono solo alcune (e ben precise) innovazioni che mi lasciano perplesso. Curiosamente, quando si fanno questi tipi di discorsi finisce sempre allo stesso modo: vengono applicate etichette di vario genere (conservatore, misoneista, ecc.) senza entrare nel merito delle questioni sollevate. Addirittura sarebbe misoneista Nautilus perché ha vantato la qualità della scuola che ha frequentato lui? "la scuola pubblica che ho frequentato io nei '60-'70 era buonissima": senza nulla togliere ai difetti che aveva, non è forse così?
La scuola statale che ho frequentato io non era buona, era eccellente. Liceo Ennio Quirino Visconti. Docenti come il prof. Rizzo, grecista di livello nazionale, professori di matematica di prim'ordine. Molti compagni figli di famiglie umilissime che sono diventati dirigenti, avvocati di fama, presidi di facoltà. Poteva bastare quel modello? Certo che no. Ma il modo di passare a una scuola di massa secondo l'ideologia di certa pedagogia è stato un fallimento totale. Dire che quella era una scuola eccellente tira addosso l'accusa di misoneismo o di "laudator temporis acti", o di "gentiliano"? Ma sapete quanto me ne infischio...
Egr. Prof. ISRAEL, perché ogni volta che contesto le sue idee lei mi dà dell’ignorante scrivendo “Non conosce visibilmente la storia della scuola italiana”. Le devo dare ragione per forza? Io le ho contestato la frase virgolettata che ha scritto lei e non io: “la pedagogia di Stato esiste proprio perché esiste questa alleanza tra alta burocrazia e pedagogia costruttivista”. Se l’ha scritta per sbaglio mi dica che ha sbagliato e la chiudiamo così.
Egr. Marinelli, mi scuso se ha avuto l’impressione di essere giudicato un misoneista. Non era mia intenzione. Si trattava del giudizio di massima che percepivo non tanto sul suo post quanto sul contesto di molte affermazioni dell’articolo e dei commenti. Un riprova ci viene dall’ultimo post di Giorgio Israel che scrive: “La scuola statale che ho frequentato io non era buona, era eccellente”. Non ho altro da aggiungere.
Non l'ho scritta per sbaglio e la confermo. Se conoscesse la storia della scuola italiana saprebbe che circa un trentennio fa vi è stata un massiccio interesse da parte di una forte corrente dei pedagogisti italiani per una riforma della scuola in un senso che lei forse condivide e io no (dissenso legittimo). Questo interesse si è concretizzato in una presenza massiccia nelle istituzioni e nel ministero, come è provato dal fatto che tutti i massimi consiglieri dei ministeri dell'ultimo ventennio sono pedagogisti della medesima corrente. Di qui è nata una saldatura tra dirigenza e burocrazia ministeriale e questi gruppi. Il che non significa che Morin ha determinato lo statalismo (questo non l'ho mai detto, ovviamente). Poiché lei considera semplicemente folle enunciare questa tesi, che è supportata da una larghissima bibliografia, mi permetto di constatare che non conosce la storia della scuola italiana. Punto. Per il resto è inutile che si scusi con Marinelli e poi citi me come "riprova". Di che? Che siamo tutti misoneisti, o che io sono l'anima malvagia che plagia i frequentatori di questo blog salvo lei.
Beh, se lei Mauri è convinto che la scuola dei 60-70 (quel modello che forse ha frequentato anche lei) fosse pessima capisco perchè è in fiduciosa attesa delle scuole private. D'altra parte è vero che l'aveva dichiarato subito (stupendomi, le devo dire): "né la scuola né l’università mi avevano fornito strumenti adeguati per cercare, trovare e svolgere un lavoro!" Bene, a me invece sì. "Vuoi sapere cosa mi mancava? L’elenco è lungo." Il mio è cortissimo: non mi mancava proprio nulla, a meno che il non saper scrivere su una tastiera non fosse una deficienza gravissima...ma non me ne sono accorto, visto che alla necessità l'ho imparato senza sforzo. Che dirle, avrò avuto una fortuna sfacciata coi miei professori o lei è stato sfortunatissimo. Però a dir la verità ricordo qualche grande maestro (pochissimi) e numerosi ma onesti travet dell'insegnamento, il resto l'ha fatto proprio quel vecchio modello di scuola, che evidentemente con me ha funzionato e con lei noi, visto che ha dovuto "imparare da solo" (chissà chi e che cosa lo aveva messo nelle condizioni di farlo, solo il suo personale talento immagino). E meno male che scrive: "Dove leggerebbe un mio disprezzo per la scuola di un tempo?", per poi ribadirlo con maggior forza se qualcuno la difende, magari estendendo il disprezzo anche a chi ha osato tanto. Ovvìa Mauri, speravo che lei smuovesse un po' le acque per un proficuo contraddittorio ma lei le confonde e basta: non è uguale. E nemmeno interessante, purtroppo.
Egr. Mauri, a me scoccia che Lei in un altro post abbia preso di mira la categoria specifica dei docenti (perche' non i baristi, i guidatori di autobus, e i precari?) ma a parte questo, io non sarei neanche del tutto contraria a inviare chi e' fisicamente idoneo a lavorare una settimana in miniera (o in fabbrica, o nei campi come braccianti agricoli....) - una settimana o due nella vita sarebbero sufficienti. A parte che non si sentirebbero piu' lamentele su quanto sia *faticoso* studiare, e chissa' forse risuonerebbe qualche opportuno GRAZIE nei confronti di chi svolge un lavoro essenziale per quanto di scarso prestigio (che significa, poi?), non mi sembrerebbe una cattiva idea che tutti riflettessimo sulla tematica del lavoro oltre che sulle modalita' di funzionamento di una societa' moderna dove siamo tutti interconnessi e dove il docente di lettere antiche ha bisogno di una industria siderurgica funzionante. En passant, dopo una settimana, magari in ascensore il latinista trovera' il coraggio di dire al caposquadra che in un paese che funziona, serve non soltanto l'acciaio ma anche il dipartimento di lettere antiche. Sono certa che i colleghi temporanei applaudiranno e gli stringeranno la mano, senza contare che la settimana successiva, l'ansia di catturare l'attenzione di studentelli un po' annoiati sara' svanita per sempre dalla sua mente, come un pezzo di carta nella colata di un altoforno.... Se poi qualcuno che prima non ci aveva mai pensato, dovesse appassionarsi e scegliere di farlo di mestiere, si tratta di un lavoro rispettabilissimo e onorevole e di cui andare fieri. Invece guardi un po' questi cretini http://www.repubblica.it/esteri/2012/01/14/foto/gb_tunnel_sotto_il_bancomat-28116102/1/ hanno lavorato sei mesi (in due? in tre?) per rubare 7mila euro da un bancomat... li avrebbero potuti guadagnare in maniera onesta, e magari con un contratto a tempo indeterminato. Comunque Mauri io credo che nessuno qui si faccia illusioni su presunte proprieta' miracolose o taumaturgiche della cultura. L'Europa dei tempi che furono, dalle profonde e solide radici culturali, non ha saputo evitare genocidi e guerre, ne' il ruolo degli intellettuali e' apparso particolarmente incisivo in tal senso. Ma se la cultura non e' la bacchetta magica che da sola risolve i problemi di una societa', men che meno di un continente che a fatica e fra tante contraddizioni tenta di costruire un futuro comune, Lei crede davvero che ci riuscira' l'ignoranza? In ultima analisi, e molto prima delle scelte pedagogiche (che in quanto tali ciascuno di noi puo' condividere o meno), molto prima anche delle scelte ideologiche (che informano il pensiero di ciascuno, ma che non determinano in quanto tali la qualita' del lavoro impostato e svolto), e' stata questa la scommessa di una certa corrente di pensiero, che in molti giudichiamo perdente.
35 commenti:
Gentile professore, spesso non sono d’accordo con lei, ma in questa intervista non trovo da eccepire su una sola virgola. La crisi che stiamo attraversando avrebbe potuto essere un’opportunità per ripensare il ruolo delle tecnocrazie e per demolire il dogma che la complessità possa essere governata da un pugno di illuminati. Avrebbe anche dovuto essere il viatico per un futuro in cui ognuno potesse nuovamente assumersi le proprie responsabilità, che sono responsabilità politiche, da quelle del primo ministro a quelle degli elettori. Invece, dopo le alte strida iniziali e i salvataggi tutti keynesiani imposti agli stati (e a tutti noi), è partita una reazione così assertiva da aver convinto tutti che la medicina per la crisi fosse nient’altro che un’ulteriore somministrazione del veleno che l’ha generata. Monetarismo in dosi più massicce, ulteriore trasferimento di poteri dalla politica alle tecnocrazie, accanimento (non terapeutico) su dipendenti e pensionati, autoritarismo e conformismo in dosi massive. La scuola non è esente da questo clima, e lei ha ragione a denunciarlo. Ma qual è la soluzione, se la politica ha dato e sta continuando a dare una prova così scadente di sé? Non è (soprattutto) colpa dell’inettitudine della classe dirigente, e quindi di tutti noi che l’abbiamo selezionata, l’esproprio selvaggio delle prerogative del pubblico in favore di un modello produttivistico-aziendalista?
Maurizio
Esattamente, è colpa soltanto della politica e di noi che continuiamo ad accontentarci di una destra inconsistente e incoerente e di una sinistra perpetuamente attaccata a miti di decenni fa.
Non lo ho postato nel messaggio di auguri per non rovinare il 2012 fin dal suo inizio, ma....
http://www.npr.org/2012/01/01/144550920/physicists-seek-to-lose-the-lecture-as-teaching-tool
LOL!!! Ai miei bambini ho chiesto (quando avevano forse 4 anni) "secondo voi, come cade un oggetto, dipende dal suo colore?" ("NO!") e poi gli ho enunciato l'argomentazione, credo risalente alla scuola di Parigi (qualcuno puo' commentare?) dell'oggetto leggero attaccato a quello pesante. Credo che sia ovvio a qualsiasi bambino dei nostri tempi che il paracadute, l'aereo e la mongolfiera funzionano per via dell'aria e che questo non c'entra niente con la gravita', anche se non hanno una laurea in fluidodinamica. Certamente ai tempi di Galileo, forse il bambino medio non lo sapeva, ma la tecnologia dobbiamo usarla solo per stupidizzarci?!
PS Siccome sono cattiva anche nel 2012, vi segnalo il lettore (non io, io commento quasi soltanto qua, altrove e' tempo perso: mi censurano...) che ha giustamente commentato "Favoloso! Quindi il 20% di studenti che vanno a lezione e stanno a sentire, impareranno allo stesso ritmo degli alcolizzati! Adesso sapranno tutti che due palline di peso diverso cadono contemporaneamente, ma non sapranno nient'altro. Grazie NPR di abbracciare calorosamente questa erosione ancora piu' rapida e ancora piu' profonda dell'istruzione negli USA."
Lei forse è cattiva, ma io sono certamente un deficiente. Ho capito soltanto che, per me, quel signore americano è un cretino. Per il resto, ho capito ben poco. Che vuol dire NPR e dove ha scritto quel lettore? Per cortesia, non evochi commenti sulla scuola di Parigi: tengo corsi di storia della meccanica da anni e non amo affatto la conoscenza costruita a base di commenti a post, nello stile "a me me pare che".
Si trova nei commenti, sepolto da centinaia di altri commenti (molti dei quali entusiastici), dei quali non sono responsabile.
NPR=National Public Radio. Una volta erano seri e si occupavano in maniera "leggera" ma comunque valida, di cultura, arte, musica.
Obama sta dichiarando guerra commerciale alla cina e quindi diventa priorita' strategica riempire di nuovo le aule delle universita' di "hard science" ad ogni costo. Possibilmente abbassando la percentuale di statunitensi con gli occhi a mandorla (e siccome e' difficile cacciare i piu' bravi, da un lato si abbassa l'asticella, dall'altro avanti con le "affirmative acttion"). Questa e' la strada che hanno intrapreso. Naturalmente fra qualche decennio sprofonderanno nell'irrilevanza, nel frattempo dovremo subire, noi e i nostri figli.
Penso che una bibliografia ragionata di storia della meccanica sarebbe cosa gradita a tanti lettori.
Libri, quaderni, lavagne e gesso, chi si intende di istruzione sa bene che queste "tecnologie" sono di gran lunga superiori a quanto escogitato nel tentativo (per ora vano) di migliorare l'efficacia delle lezioni scolastiche. Non voglio negare che perfino una LIM, se usata in modo adeguato possa pur servire a qualcosa oltre che stare appesa, ma aspettarsi che lo "svecchiamento" della didattica passi dall'introduzione di nuovi mezzi tecnologici è un feticcio ricorrente, che naturalmente i progressi dell'informatica e gli interessi dell'industria continuano ad alimentare: ora arriva il momento del tablet, già mi pare di vederli a picchiettare sullo schermo...e su qualcuno dei mille giochini di android.
Nel commento di Maria Ventura sul "Sussidiario" si dice che col tempo ha "ridotto notevolmente le ore in aula computer" e ha invece "aumentato il numero di ore in cui spiego usando la forma del dialogo con gli studenti." Bene, brava.
Per me non c'è paragone possibile: il vecchio metodo socratico o "insegnamento dinamico" come lo definiva felicemente F.Enriques è insostituibile per coinvolgere gli studenti e superare (in un certo senso) la criticata lezione frontale, altro che tablet.
Naturalmente coloro che lavorano nel business della didattica è giusto che difendano i loro vari congegni ed espedienti, ma com'è che gli esperti della formazione van loro dietro? Mai stati in una classe? Ma forse è semplicemente una questione di immagine: molto più facile promettere miracoli con l'uso dei PC o delle LIM o dei test quando in realtà non si sa che inventarsi.
Questo ministro per me ha almeno un merito, dalla Gruber ha parlato di maggior "bidirezionalità" fra docente e ragazzi. E' l'unica parola che ha risvegliato il mio interesse, nel solito elenco di ripetitive "innovazioni".
Caro Professore, glielo assicuro per esperienza personale: dialogare con gli alcolisti è come governare gli Italiani; non è difficile, è inutile.
Il Miur è governato da una dirigenza (di gran lunga più influente del ministro perché inamovibile) che punta tutto sulla digitalizzazione. Gli "esperti" di didattica vanno dietro per non essere tagliati fuori dai "processi". Ci vorrebbe un ministro che la pensi come Nautilus o Maria Ventura, con una prospettiva di anni davanti, con la possibilità di dominare realmente la dirigenza, con una determinazione di ferro e uno staff adeguato. Fantascienza.
Scuola tecnicistica confezionata per l'inserimento nel lavoro, o scuola di formazione di ragazzi che dovranno crescere nella sapienza? Se è ormai assodato che giunti all'età del lavoro - cioè tra ii 18° e il 24° anno di età - i giovani iniziano una attività che non può dare alcuna sicurezza di longevità, allora come potranno cavarsela con quel diploma o quella laurea ottenuti studiando come rispondere a un numero di test?
Non è proprio la struttura economica della società contemporanea che pretende una scuola che, pur orientando il ragazzo a un tipo di professionalità a lui più idonea, formi la sua capacità di studiare e apprendere nuove tecnologie o nuovi orientamenti culturali. Anche se una tale scuola richiedesse uno o due anni di più, risparmierà certamente anni e anni di precariato. Ed è in questi anni che la vita scorre più veloce!
Ciò "a me pare" così ovvio che esito a inviare questo post.
Ho letto l'articolo segnalato da Daniela e devo ringraziarla, è per me molto molto interessante. Anche se probabilmente la mia valutazione è diversa dalla sua.
Se ho capito si tratta di questo: alcuni insegnanti di fisica americani si sarebbero resi conto che la lezione tradizionale "unidirezionale" non dà buoni risultati, gli studenti sembrano seguire ma non c'è una vera comprensione dei concetti, oltre le definizioni e le formule.
Come esempio viene riportato il risultato di un test (dai!) in cui è stato chiesto il tempo di caduta di due sfere di ugual diametro ma peso diverso, un classico della dinamica.
I risultati sono stati cattivi. Insomma, a quanto pare quegli studenti sapevano a perfezione il principio di Newton ma non l'avevano capito veramente. Che scoperta sorprendente...
Un esempio del genere mi lascia perplesso riguardo (tanto per cambiare) alla natura del test: quand'anche gli studenti avessero risposto correttamente significava forse una comprensione maggiore del fenomeno?
I nostri liceali probabilmente lo farebbero bene ma quanti sarebbero in grado di spiegare "perchè"? La quale dovrebbe essere la VERA domanda da fare altrimenti non si esce dal nozionismo, alla faccia del test.
Comunque sia, il punto è che viene appurato (deo gratias) che spiegare la fisica versando parole nelle orecchie passive degli studenti darebbe come risultato che dopo 6 mesi solo il 14% dei concetti viene assimilato, e che solo il 10% dei ragazzi capisce davvero: quelli che avrebbero capito da soli lo stesso, anche senza l'insegnante.
Percentuali a parte glielo potevo dire anch'io, comunque l'importante è che ci siano arrivati e, come dice l'articolo, attraverso dati "obiettivi" (immagino test).
Avrebbero insomma dimostrato che la lezione tradizionale fallisce, almeno per la fisica.
E allora? E allora son passati dal "lecturing" al "talking", ovvero si somministra un problema ad un gruppo ridotto di studenti, se ne propongono diverse soluzioni fra cui scegliere e naturalmente la prima scelta comporta una percentuale bassa della giusta soluzione (29%) Poi si fanno discutere fra loro e alla fine si rifà la stessa domanda e la percentuale è salita al 62. Poi l'insegnante guida una discussione di approfondimento ulteriore. Questo metodo lo han chiamato "peer Instruction", istruzione fra pari, credo.
A me mi piace.
PS Ah, "they use a mobile device to vote for their answer.", così si dà soddisfazione anche ai patiti del tablet.
Caro Giorgio,
nella mia esperienza al 50% di insegnante part time e funzionario aziendale ti posso assicurare che nelle decine di scuole di Roma che ho girato non ho mai incontrato neppure un esempio lontano di queste nuove scuole aziende che tanto ti spaventano. Mi ha invece sempre intimorito la spaventosa lontananza tra il mondo della scuola e quello aziendale. Quando cominciai a lavorare in un laboratorio dopo la laurea compresi che né la scuola né l’università mi avevano fornito strumenti adeguati per cercare, trovare e svolgere un lavoro! Ed io sono un chimico, non un sociologo o uno storico dell’arte.
Vuoi sapere cosa mi mancava? L’elenco è lungo. Lo comincio soltanto con ciò che mi è costato più fatica imparare da solo: la capacità di sintesi, la capacità di cercare informazioni, la capacità di rapportarmi con altri in modo cooperativo, la capacità di dialogare facilmente in inglese, la capacità di scrivere su una tastiera.
Mi rendo conto di essere una mosca bianca tra i miei colleghi quando faccio lavorare gli studenti in laboratorio nella risoluzione di problemi reali invece di riproporre i soliti triti esperimenti dei manuali di scienze. Uso sempre la LIM ma siamo solo in 4 professori a farlo in tutto l’istituto. Uso un blog come il tuo per ogni classe e obbligo i miei studenti a postare i commenti ai filmati di scienze che inserisco ogni giorno. Ho insegnato ai ragazzi ad usare Powerpoint e li valuto facendogli presentare alla classe monografie guidate. Riprendo i video dei miei studenti, li metto on line e li faccio autovalutare nei punti di forza e nelle aree di miglioramento.
I risultati sono: una discreta soddisfazione dell’utenza ed un alto numero di studenti che si iscrivono alla facoltà di Scienze MCFN.
Tutto quello che insegno l’ho imparato da solo oppure in quelle aziende dove ho lavorato.
Mi permetto di completare quella stupenda citazione di Don Ernesto Bonaiuti che conclude il tuo articolo:
“Noi crediamo e sappiamo che la nuova spiritualità nascerà solo dal messaggio di chi, tagliando nelle viscere più profonde della nostra anima col vomero di una irresistibile speranza, ci darà la sensazione vibrante che i simboli stanno per cedere il posto alla Realtà santa ed intera. Il sogno del mistico cisterciense attende ancora il suo compimento.
Io credo che Don Bonaiuti (che meriterebbe di essere ricordato ogni volta che lo si cita) avrebbe preferito rileggere il suo brano completo perché la Realtà santa di cui parla è il contrario di questa scuola italiana fatta di simboli vuoti.
Altra digressione: i migliori insegnanti del mio istituto usano la ICT con disinvoltura, avendone apprezzato i vantaggi. I peggiori insegnanti non sono in grado neppure di mandare una e-mail.
Perché? Dopo millenni di zappa e vanga nei campi della scuola è arrivato il trattore ma pochissimi se ne sono accorti. La scuola-azienda è un pericolo come una carie per un malato terminale.
Gentile Mauri, la familiarità con cui mi scrive fa presupporre che si sia stati ieri a cena insieme ma non è così. Con questa familiarità lei mi muove il rimprovero per il modo con cui ho citato Buonaiuti, che aveva ragioni che non sto a dire. Casca proprio male. Non è proprio a me che deve insegnare il rispetto per Buonaiuti. Buonaiuti era familiare a casa mia, essendo stato mio padre suo stretto allievo e amico. Anche per questo ho tutte le sue opere a casa e anche qualche cosa di più. Prima di fare questo appunto avrebbe dovuto pensare che ci poteva essere qualche ragione per il modo in cui avevo fatto la citazione. Sono certo che Buonaiuti sarebbe inorridito a sentir dire che la scuola di un tempo (la sua) era quella della zappa e vanga mentre quella di oggi sarebbe quella del trattore. Che senso ha questo disprezzo per una scuola che ha formato personalità italiane di cui oggi non esiste neppure l'ombra? Anzi,tutta la cultura del passato (per millenni!!)m sarebbe stata roba di vanga e zappa… Che affermazione oltre che ridicola anche piena di uno sprezzo per una cultura del passato che ci dovrebbe intimidire, altro che. E il trattore sarebbe arrivato sotto forma di cosa? Di Lim, Power Point, blog ecc.? Questo darebbe anima alla scuola? Ma ci faccia il piacere, avrebbe detto Totò… Personalmente so usare tutti questi strumenti a perfezione, ma 1) li uso con moderazione (cfr. il mio articolo "insegnare senza effetti speciali", 2) posso farlo perché non sono vuoto di contenuti mentali e culturali. Mi guarderei bene dall'indirizzare studenti o i miei figli all'uso di strumenti prima che abbiano materia di pensiero e conoscenze. L'idea che sia fondamentale insegnare agli studenti a usare Power Point e analoghi strumenti mi trova in dissenso totale, come quasi tutto quel che ha scritto. La capacità di sintesi verrebbe da Power Point? Ma andiamo…Gli strumenti non suppliscono ai contenuti ed è vano avere un trattore se non c'è nulla da trebbiare. Nel suo commento non c'è altro che un'esaltazione dei mezzi: per comunicare cosa? Che cosa trasmette ai suoi studenti e come, e su cosa e come li valuta? Risolve problemi "reali"? E che vuol dire reali? Non le pare che sia un uso alquanto rozzo della parola? Che cosa è "non reale" per lei? Viva i laboratori… Certamente, pur di entrarci con qualcosa in testa. Pasticciando in laboratorio senza idee e concetti, senza un orizzonte concettuale, è senza senso: non ne esce fuori niente di valido. Per non parlare della scienza teorica, che esiste eccome ed è quanto mai "reale". Quelle persone che pensano di insegnare il principio di inerzia facendo esperimenti non hanno capito un acca di fisica e dovrebbero fare un corso di recupero. Il laboratorio serve soltanto con adeguata preparazione teorica.
Peraltro, quando parlo di scuola-azienda, non mi riferisco alla digitalizzazione - che, come è documentabile, nelle scuole di punta americane, tengono alla larga, ma noi siamo sempre i soliti provinciali - ma all'idea di una gestione di tipo aziendale della scuola. E che questo sia un obbiettivo di quegli ambienti confindustriali che spendono e spandono per tenere in piedi fondazioni per dire a scuola e università cosa fare, è indubbio. È una cosa vergognosa, perché non danno un centesimo per il sistema, ma mirano soltanto a impadronirsene gratis. Chissà chi erano quegli ingegneri di un'importantissima azienda italiana che sono venuti a fare un coaching di storia della scienza da me? Erano dei trogloditi. Con vanga e zappa. Se avesse sentito cosa dicevano sarebbe rimasto di sasso (sostanzialmente quel che sta scritto sopra). Eppure da uno di loro è dipeso un'innovazione tecnologica che ha dato prestigio al paese.
Gentile Professor Israel
è un po' che non intervengo nel suo blog, che comunque non manco mai di leggere assiduamente.
L'argomento nuove tecnologie mi interessa molto, perché anche io ne sono un'utilizzatrice.
Tuttavia considero gli strumenti didattici per quello che sono, ovvero strumenti, che possono indubbiamente aiutare ma che non si devono mai sostituire a quello che è e sempre sarà l'unico modo di apprendere: usare il cervello, pensare, studiare, riflettere, esercitarsi.
Se poi:
- con un video su posso far vedere ai miei ragazzi un esperimento significativo che non potrei mai fare in laboratorio per mancanza cronica di attrezzature
- con un blog posso proporre un brano da commentare risparmiando sulla spesa per le fotocopie fotocopie
- attivando un forum permetto ai miei studenti di comunicare con me e tra loro, estendendo le poche, pocchissime ore di lezione settimanale che hanno a disposizione
tutto questo ben venga, ma sempre "cum grano salis".
La rete è un mare di possibilità. Molte volte mi trovo a pensare a quanto vorrei avere avuto io, cresciuta nel classico paesino di provincia, la possibiltà di attingere a tutte le informazioni che mi interessavano per studiare per conto mio argomenti che i programmi scolastici non includevano, o approfondire ciò su cio i libri di testo "glissavano" oppure erano palesemente imprecisi.
Ma se utilizzare internet significa presentare come ricerca una pagina di wikipedia su cui si è fatto copia e incolla, allora è meglio il pomeriggio passato nella biblioteca del paesino alla disperata ricerca di qualche informazione tra testi datati.
Le nuove tecnologie devono stuzzicare la sete del sapere, non spegnerla con un clic.
Sono d'accordo al cento per cento. Sono un assiduo utilizzatore di internet ma so cosa e come andare a cercare. La prima cosa da fare con studenti e figli è dar loro la cultura per orientarsi in modo consapevole. Ma quando assisto al fatto che non posso più dare una ricerca perché troppi fanno copia e incolla da qualsiasi sito a tiro, e chi lo fa produce sempre il peggio; quando mi sento chiedere da uno studente (Erasmus) se per fare il mio esame di storia della matematica (universitario) basta leggersi l'articolo storia della matematica su Wikipedia; allora, d'accordo, mille volte meglio le biblioteche di paese o comunali.
Credo che ci troviamo in una situazione un po' piu' complicata.
Questo e' un articolo vecchiotto: pur non ritenendomi l'ultima arrivata, pur avendo competenze di security e audit di sistemi informatici da oltre vent'anni ormai, sono certa che sono ben lontana dall'essere blindata anche solo lontanamente. Senza contare i dati "volontariamente" consegnati, ad esempio uso gmail e sono registrata su Facebook.
Questo un articolo di sei mesi fa, che in informatica sarebbe a dire quasi dell'eta' della pietra:
http://www.nybooks.com/articles/archives/2011/aug/18/how-google-dominates-us/?pagination=false
Vi domanderete come mai uso gmail. Beh, tutti i miei provider, uno per volta, hanno chiuso. I protocolli di posta elettronica sono stagni come un colino, soprattutto oggi che il 90% del volume del traffico e' spam. Non ce la faccio a fare il mailserver manager di me stessa, gratis. Dovrei sottrarre il mio tempo ad altre cose, e quindi, come tutti noi, rinuncio.
Sono oltre dieci anni che a Stanford la posta elettronica interna e' stata sostanzialmente smantellata e i docenti invitati a utilizzare gmail. A fronte di un servizio che deliberatamente aveva pecche di ogni genere - dallo spazio limitato, allo spam, agli svitati che hanno una teoria crackpot (e che gmail manda con efficienza spaventosa nella casella "Non importante") - la migrazione ha avuto percentuali bulgare.
Adesso Stanford propone dei corsi online. Presto MITx seguira'. Non si tratta di educazione a distanza vecchia maniera, quella della Open University o di MIT (o del dipartimento scuola educazione, o della NPR cosi' fortemente voluta da Kennedy), ne' tanto meno della scuola di matematica per corrispondenza di Gelfand in URSS. Dei corsi moderni! Anzi se qualcuno ha tempo da perdere e decide di iscriversi, e' davvero istruttivo guardare il traffico di rete (dentro ai pacchetti non sono capace di guardare, ma mi basta quello che vedo e mi basta il volume di traffico "overhead"). Ma in perfetto stile google, le cose vengono dette esplicitamente: tanto non c'e' nessuno che le legge.
http://remotelearningproject.com/interviews/peter-norvig/
Non illudedevi che l'Europa si fermi a procedure da bottegaio, quali buttare alle ortiche la cultura e la scuola e vendere tablet a mucchi. L'Europa provvedera' invece a smantellare pezzo per pezzo il sistema scolastico e universitario, che e' ingombrante e il cui valore mercantile sta negli asset quali il marchio, il personale docente, l'expertise costruita in decenni di lavoro serio e anche un po' negli ultimi decenni di lavoro non tanto serio (che, comunque, sono lontani anni luce dall'edutainment). Naturalmente gli istituti prestigiosi acquisteranno i fiori all'occhiello - per esempio con l'ultimo bilancio Stanford ha dichiarato 22.3 miliardi di dollari di consolidated assets - quali Roma o Parigi, mentre altri si accontenteranno di nomi meno risonanti. Comunque, l'Europa avra' liquidita' da inghiottire e con la quale senza dubbio si ungeranno eserciti interi di consulenti e burocrati per "monitorare" con un "libro bianco" la "nuova istruzione".
(segue per limiti di spazio)
(continua)
A quel punto sara' un problema. A quel punto verra' fatto, in stile anglosassone, un discorso straightforward al personale docente e in particolare ai titolari di cattedre prestigiose. Dovranno partecipare a operazioni di edutainment, dando con la loro presenza un "marchio di qualita'". Ovviamente le lezioni devono essere stupide in maniera terrificante, e sono gia' state scritte: si deve solo recitare nella parte di se' medesimi. Come Mike Bongiorno in Toto' lascia o raddoppia. (So che era stato chiesto anche ad Einstein, ma credo che la replica "mi avete preso per una scimmia ammaestrata?" sia apocrifa.) Naturalmente non vi e' nessun obbligo di fare questo, pero', il docente e la sua famiglia fanno affidamento sullo stipendio che percepiscono; pero' i fondi pensione sono tutti sprofondati - un vero disastro - soprattutto quelli USA dove le universita' avevano investito a nome dei loro dipendenti, sara' un caso naturalmente; pero' il docente, dopo una vita dedicata allo studio e alla ricerca, non ha facilita' immediata di reinventarsi, tantomeno in questo clima economico, ammesso che lo voglia. Quindi, forse, Lei prof Israel non accettera', ma tanti Suoi colleghi accetteranno, cosi' come tanti oltreoceano hanno, obtorto collo, accettato. Benvenuti nel mondo nuovo.... Anche se a volte basta un granello di sabbia a fermare una macchina.
A proposito dell'Invalsi, neanche io sono d'accordo che, come qualsiasi altro ente, possa sostituire gli insegnanti nel valutare gli allievi, peculiarità che deve essere restitutita completamente al docente, che solo conosce l'alunno e solo può valutarlo in tutta la sua completezza.
La "visione aziendalista della scuola" toglie alla scuola quello che più la nobilita e la caratterizza per la sua stessa istituzione: la formazione di concetti nella persona e la crescita della sua umanità.
Egr. Professore, in effetti ha ragione: non ho mai cenato con lei. Peccato, sarebbe stata una cena stimolante! Anche perché abbiamo visioni diametralmente opposte sulla didattica delle scienze. Nonostante questo forse lei mi ringrazierebbe perché a causa dei miei metodi e grazie alla passione che metto nell’insegnamento molti miei ex alunni hanno scelto di iscriversi a Fisica, Matematica, Chimica e Biologia e Geologia proprio alla Sapienza di Roma. Qualcuno si è anche già laureato in matematica.
Peccato che non ci siamo intesi nemmeno nell’esempio del trattore. Mi meraviglia la sua interpretazione del mio scritto. Dove leggerebbe un mio disprezzo per la scuola di un tempo? Dove ho dileggiato la zappa e la vanga? La zappa uno strumento fantastico: i calli che si formano zappando sono un’esperienza che consiglio a tutti. Fare un filare dritto e ben dissodato, adagiare le piantine nelle buche, innaffiare senza esagerare. Avere cura della crescita. Per chi mi ha preso? Io per certe cose sono un tradizionalista!
Ma poi viene il trattore e tutto cambia. Nota bene: il trattore serve per arare, non per trebbiare. Il trattore moltiplica per 10 i tuoi sforzi: è un dono di Dio! Ma se non lo sai usare i solchi vengono storti, il seme si disperde e si sprecano tempo e denaro.
Per questo il trattore lo usa solo chi ha molto da seminare. Se hai poche idee, poca speranza nel futuro, poca voglia di dare il tuo contributo al sogno cistercense, non usi nemmeno zappa e vanga ma paletta e rastrello.
Caro Mauri è divertente, non siamo d'accordo su nulla! Era ora che qualcun o si facesse vivo sostenendo le LIM ecc.! Come dici poi, quel che conta è il risultato, se funziona (nel senso che i ragazzi s'interessano e imparano) va bene qualunque metodo, ognuno deve usare quello che gli è più congeniale, perfino una LIM!
Scherzo, devo dirti però che la tua contrapposizione trattore-vanga dà per scontato che sia arrivato uno strumento nuovo e più potente che metterà in soffitta il vecchio. Per me, e lo dici anche tu, non dipende dallo strumento ma da come lo si usa, temo però che una LIM sia di ben più difficile maneggevolezza (in senso lato) rispetto a gesso e lavagna.
Tu lavori in un lab. di chimica io in uno di fisica e uso correntemente foto e telecamere digitali, proiettori e PC, mi dessero una LIM proverei a mettere a profitto anche quella ma la loro utilità è marginale, quando non li avevo le esperienze funzionavano ugualmente ed erano altrettanto istruttive.
Da noi quando arrivò il primo PC fu accolto come la promessa del futuro, solo 4 insegnanti sapevano cosa farci diventandone quindi i fanatici profeti.
Da decenni non li usan più neanche loro, il che non ha impedito che si ammucchiassero una settantina di PC in aule speciali quasi sempre deserte. Con mia segreta soddisfazione, avendo decretato fin dai primi giorni che il loro valore didattico era prossimo allo zero. Pur facendo fisica, dove magari un PC non è del tutto inutile.
Poi da qualche parte ci sarà un eroe che è riuscito invece a farne il perno della propria didattica, ma nella generalità non è accaduto affatto, e non credo per analfabetismo digitale, come nota il prof. Israel, ormai quasi tutti i docenti usano il computer.
Onestamente delle LIM non so nulla, ne ho solo vista una spenta però avevo trovato il giudizio di un pluripremiato (per la didattica) docente americano che, avendone ricevuta una in prova, ne aveva constatato l'inutilità. Dirai che un caso singolo non conta e hai ragione.
Infine un memento, valido per tutti noi che insegnamo: nell'articolo americano postato da Daniela il docente di fisica universitario che ha cambiato metodi dice:" For a long while, I thought I was doing a really, really good job", ma poi s'è accorto che non era esattamente così.
Caro Nautilus, la LIM è un tema marginale. Io ho commentato l’articolo “Tutti i motivi per dire no alla nuova scuola-azienda” perché lo ritengo un falso problema. Prima di tutto la scuola italiana oggi viene gestita non come una azienda ma come un ministero: quasi tutti lavorano poco, male e senza preparazione adeguata. In secondo luogo i ragazzi sono talmente demotivati che entro 10 anni tutto cadrà come il muro di Berlino: la scuola di Stato sparirà dalle scene come i dischi di vinile e sarà sostituita da aziende educative no profit. Creo che l’unica cosa alla quale potremmo dire no sia questa scuola preistorica incapace di comprendere i cambiamenti epocali degli ultimi anni. Questa è l’unica protesta sensata. Il resto è solo noia. E non è necessario stracciarsi le vesti: la tecnologia non chiede il permesso per cambiare in meglio la vita delle persone. Lo fa e basta.
Che la scuola vada malissimo è indubbio e non faccio che battagliare da anni sul tema: farmi passare come un difensore di questa scuola o è detto in malafede o per non volersi dare la pena di leggere. Questo disastro è conseguenza della dittatura del pedagogismo costruttivista. Che la salvezza derivi da una ricetta aziendalista è più che discutibile perché la scuola nella sua essenza non è un'azienda. Si rischia di curare la malattia con una medicina che la aggrava sommando disastro a disastro. Il guaio è proprio che oggi pedagogisti costruttivisti e aziendalisti si sono alleati per completare questo disastro: è pazzesco vedere a braccetto Berlinguer, De Mauro e Confindustria.
La tecnologia può aiutare a migliorare la vita delle persone che hanno una motivazione e delle idealità. Può aiutare a peggiorarla se non hanno alcuna motivazione o idealità. Basta vedere l'effetto di videogiochi, playstation ecc. sui bambini demotivati e abbandonati a sé stessi: passano le giornate come ebefrenici davanti allo schermo. A casa mia la playstation non è mai entrata, anche se tutti ci dicevano che era una battaglia persa. I miei figli usano il computer per scopi ben precisi e ristretti, leggono molti più libri di altri bambini. Loro e i loro amici le cui famiglie agiscono analogamente sono i migliori della scuola.
Anche i miei figli sono stati i migliori della scuola ma hanno sempre giocato con la Play, con l’X-Box e con al Wii. Ci siamo divertiti moltissimo e non vedo l’ora che anche l’ultimo mio bimbo che ha 2 anni cresca per giocare anche con lui. La percentuale di schizofrenici è molto più elevata nei corsi di laurea in Matematica che davanti ai videogame.
Se mi consente di parlare francamente, certe esecuzioni sommarie sono insopportabili: come si può sensatamente affermare che il disastro della scuola è conseguenza della dittatura del pedagogismo costruttivista?! Il disastro della scuola è dovuto al centralismo burocratico che, tra l'altro, impone anche una pedagogia di Stato. Che questa pedagogia scelta dallo Stato sia costruttivista, cognitivista o aziendalista è un falso problema!
Battiamoci invece perché venga applicato il titolo V della Costituzione e perché non sia lo Stato a dettare la pedagogia. Uniamoci perché le scuole siano autonome veramente e perché i cittadini che mandano i figli alle scuole private siano sovvenzionati come avviene in tutta Europa.
Insopportabile è la presunzione con cui lei liquida delle analisi approfondite e documentate come esecuzioni sommarie, che tali non sono perché hanno molto diestro. Tra l'altro la pedagogia di Stato esiste proprio perché esiste questa alleanza tra alta burocrazia e pedagogia costruttivista. Studi con modestia e si astenga dal sentenziare.
Caro Mauri, mi consenti di parlare francamente? Chi vuol mandare i suoi figli alle private se le paghi! :)
Perdonami, ma è tutta la vita, insieme a tanti colleghi, che cerco di fare il mio dovere al meglio nella scuola pubblica proprio perchè è pubblica. Avendo anche lavorato un poco nelle private italiane mi son fatto l'idea che profitto e istruzione, come profitto e sanità, non van tanto d'accordo.
La scuola pubblica che ho frequentato io nei '60-'70 era buonissima, lo stato dettava la pedagogia ma nessuno sentiva il bisogno di scuole private tranne certe classi che le preferivano per questioni confessionali o ambientali.
Secondo me (e qui dissento sia da te che dal prof. Israel) è la società che è cambiata e la scuola ha subito le conseguenze di questo cambiamento, prima fra tutte la demotivazione (che giustamente citi anche tu) dei ragazzi rispetto agli studenti di trent'anni fa.
Poi va bene, la burocratizzazione, "teorie pedagogiche sgangherate" (questa è del Prof.) la mancanza di un sistema di premi e sanzioni ecc.ecc. peggiorano le cose, ma all'origine c'è il fatto che nè famiglie nè studenti sentono più la scuola come il passaporto indispensabile per una vita migliore, nè la cultura come un fatto desiderabile di per sè, altri sono ormai i valori dominanti.
Naturalmente è solo una mia opinione, non più valida di altre che girano fra noi "addetti ai lavori".
Ma guardi che io sono d'accordo che la società è cambiata e, come è ridicolo essere misoneisti (nemici a priori del nuovo, laudatores temporis acti), è altrettanto ridicolo lodare tutto ciò che è nuovo "a prescindere". D'altra parte, è proprio lei a osservare che la cultura non è vista come un fatto desiderabile in sé, ecc. Poiché faccio lo storico di professione, so bene che questi corsi e ricorsi storici sono frequenti, e probabilmente siamo in uno di quei periodi (non nuovi) in cui la conoscenza è stata considerata un intralcio e anche una cosa da fare a pezzi. La mia critica del pedagogismo "sgangherato" non è una critica ristretta a una visione particolare della scuola (assenza di premi e sanzioni, successo formativo garantito, ecc.), ma una critica a un'ideologia che esprime e santifica questo mutamento anticulturale, ecc. La loro enorme colpa sta nel loro servilismo intellettuale, nel loro fare appunto i lodatori del "progresso" quale che esso sia - ovvero semplicemente accodarsi all'andazzo prevalente - mentre il dovere di un intellettuale degno di chiamarsi tale è di usare i propri strumenti per analizzare i processi senza asservimenti mentali, a costo di andare controcorrente. Se qualcuno non fosse andato controcorrente nei secoli IV-VII, non avremmo neppure ereditato la scienza e la cultura dell'antichità, e non avremmo neppure avuto la rivoluzione scientifica.
Egr. Mauri,
capita spesso che la scuola italiana venga descritta come "preistorica" e "incapace di comprendere i cambiamenti epocali", ma di solito da persone che invece ritengono di averli compresi eccome. Se la pensa così, allora vorrei che mi spiegasse come mai la scuola di certi paesi lontani, Cina e India in primis, di certo tra gli indiscussi
protagonisti di questi grandi cambiamenti, resta così simile a un modello che in occidente è tutto sommato abbastanza tradizionale. Sono anni che si
discute del come e del perché, dalle formule più astruse ai metodi più bizzarri per rinnovare la scuola italiana, per migliorare la preparazione dei nostri adolescenti e, da un pò di tempo a questa parte, per cercare di arginarne il crollo. Hanno prevalso certe scelte, sono state imboccate certe strade e il panorama che possiamo ammirare oggi non è certo confortante. Eppure eccoci a discutere ancora di LIM, di playstation, di demotivazioni e di tanto altro ancora. Forse in quei paesi che citavo prima si discute ancora più che da noi (anche se ne dubito), ma di certo ciò che permea la vita scolastica degli adolescenti di quei paesi è prima di tutto e soprattutto lo studio. Lo studio, lo studio vero e proprio, lo studio delle discipline, quello studio faticoso che richiede tempo, applicazione ed esercizio. E non esiste liberalizzazione o sburocratizzazione di sorta che, applicata al nostro sistema scolastico, possa rendere in termini di preparazione e conoscenza nella stessa misura di quel tipo di studio. E' anche questo che va imputato al pedagogismo costruttivista: ricondurre tutto e sempre a procedure e metodi (organizzativi, didattici, di apprendimento, ecc.) a prescindere da ciò che si debba effettivamente insegnare o imparare; sostituire sempre e comunque il "cosa" con il "come". Poi, certo, come ha magistralmente sintetizzato Nautilus: "nè famiglie nè studenti sentono più la scuola come il passaporto indispensabile per una vita migliore, nè la cultura come un fatto desiderabile di per sè, altri sono ormai i valori dominanti".
P.S.: essendo un laureando magistrale in matematica, volevo dire che, almeno nel mio dipartimento, di schizofrenici ce ne sono davvero pochi. Abbondano invece gli studenti impreparati (e io sono senz' altro uno di questi). Gente che sa meno della metà di quanto sapevano i nostri coetanei anche solo una ventina di anni fa. E questo a preoccuparmi molto, ben più della schizofrenia...
Egr. professore, le voglio raccontare che sono entrato per sbaglio nel suo forum incuriosito dalla segnalazione di una mia collega. Stiamo preparando insieme l’orale del concorso per Dirigenti e lei mi ha proposto la lettura di questo suo articolo. Era molto allarmata: “Ma questo Israel dice tutto il contrario di quello che abbiamo studiato finora!” Lei in effetti è una voce fuori dal coro e sa farlo abbastanza bene.
Per altri versi il suo blog ospita numerose voci misoneiste come quella di Marinelli che loda la scuola tradizionale cinese e Nautilus per il quale “la scuola pubblica che ho frequentato io nei '60-'70 era buonissima” !!! AIUTOOO, fatemi uscire da questo BLOG!
Eppure una forza invisibile mi fa continuare a scrivere perché questo strano mix di conservatorismo ed anticonformismo è comunque una novità interessante che merita attenzione.
Se mi capita leggerò ancora i suoi articoli e spero un giorno di poterla incontrare sul ring di qualche tavola rotonda per contestarle con maggiore precisione i suoi postulati.
Le contesterei ad esempio questo infelice rapporto causa-effetto “la pedagogia di Stato esiste proprio perché esiste questa alleanza tra alta burocrazia e pedagogia costruttivista”. Quindi senza l’alleanza MIUR-Morin lo Stato rinuncerebbe a dettare le linee pedagogiche? Se la causa del centralismo del MIUR fosse Morin ed i suoi amici, le garantisco che anche io sarei al suo fianco nella battaglia contro il costruttivismo.
Purtroppo lo Stato è centralista “motu proprio” ed in democrazia è tanto più centralista quanto più i liberi cittadini glielo lasciano fare.
Caro Professore, non si accontenti del suo piccolo entourage di finti sovversivi, si aggreghi a chi combatte il centralismo burocratico, vero cancro della società e della scuola.
Io non sono una voce fuori dal coro, bensì da un certo coro. Se lei avesse idea delle lettere di consenso che ricevo, degli inviti che ricevo, anche da sindacati e associazioni, vedrebbe le cose in modo diverso e non parlerebbe di strano mix, ecc. come di una novità… Ma dove vive lei? Cosa vuole contestare i miei "postulati" se ancora fatica a capire quel che voglio dire e lo confonde con la tesi che Morin sono la "causa" del centralismo del Miur. Non conosce visibilmente la storia della scuola italiana e delle correnti pedagogiche degli ultimi trenta anni. Studi e rifletta prima di sparare a casaccio. Se crede di mettere in discussione i miei convincimenti semplicemente invitandomi a liberarmi di un "entourage" di finti sovversivi (???), come se le mie idee fossero appese al consenso dei lettori del blog, sta perdendo il suo tempo: ci vogliono argomenti e non esche psicologiche di quart'ordine e raffiche agitate di commenti ai post. Sia più riflessivo: è la dote che dovrebbe avere un buon insegnante. Non dia una cattiva immagine dell'imprenditore insegnante.
Egr. Mauri,
darmi del misoneista solo sulla base delle opinioni che ho espresso nel mio ultimo commento è un atteggiamento che può cortesemente essere definito solo come molto incauto. Specie se ho ragione di pensare che lei non abbia compreso molto di quanto io abbia detto. Non ho "lodato" alcuna scuola, meno che mai la "scuola tradizionale cinese" (che non esiste; la scuola in Cina è per molti aspetti la scuola che c' era anche da noi fino a 30 anni fa). Anche perché il modello cinese (chiamiamolo così) presenta anche degli aspetti negativi tutt' altro che irrilevanti (per esempio una maniacale competizione tra gli studenti nella corsa al raggiungimento dei primi posti). Mi sono semplicemente permesso di far osservare come un tipo di scuola, per molti aspetti somigliante a un modello per noi abbastanza tradizionale, resista nonostante la società in cui è immersa stia cambiando vorticosamente. E io credo che ci sia un motivo ben preciso per cui questo avviene, ma avevo posto questa domanda a lei. Inoltre, come fa a sapere che provo ostilità, o anche solo diffidenza e scetticismo, nei confronti di ogni novità e innovazione (significato del termina misoneista)? Casomai, sono solo alcune (e ben precise) innovazioni che mi lasciano perplesso. Curiosamente, quando si fanno questi tipi di discorsi finisce sempre allo stesso modo: vengono applicate etichette di vario genere (conservatore, misoneista, ecc.) senza entrare nel merito delle questioni sollevate. Addirittura sarebbe misoneista Nautilus perché ha vantato la qualità della scuola che ha frequentato lui? "la scuola pubblica che ho frequentato io nei '60-'70 era buonissima": senza nulla togliere ai difetti che aveva, non è forse così?
La scuola statale che ho frequentato io non era buona, era eccellente. Liceo Ennio Quirino Visconti. Docenti come il prof. Rizzo, grecista di livello nazionale, professori di matematica di prim'ordine. Molti compagni figli di famiglie umilissime che sono diventati dirigenti, avvocati di fama, presidi di facoltà. Poteva bastare quel modello? Certo che no. Ma il modo di passare a una scuola di massa secondo l'ideologia di certa pedagogia è stato un fallimento totale. Dire che quella era una scuola eccellente tira addosso l'accusa di misoneismo o di "laudator temporis acti", o di "gentiliano"? Ma sapete quanto me ne infischio...
Egr. Prof. ISRAEL, perché ogni volta che contesto le sue idee lei mi dà dell’ignorante scrivendo “Non conosce visibilmente la storia della scuola italiana”. Le devo dare ragione per forza? Io le ho contestato la frase virgolettata che ha scritto lei e non io: “la pedagogia di Stato esiste proprio perché esiste questa alleanza tra alta burocrazia e pedagogia costruttivista”. Se l’ha scritta per sbaglio mi dica che ha sbagliato e la chiudiamo così.
Egr. Marinelli,
mi scuso se ha avuto l’impressione di essere giudicato un misoneista. Non era mia intenzione. Si trattava del giudizio di massima che percepivo non tanto sul suo post quanto sul contesto di molte affermazioni dell’articolo e dei commenti. Un riprova ci viene dall’ultimo post di Giorgio Israel che scrive: “La scuola statale che ho frequentato io non era buona, era eccellente”. Non ho altro da aggiungere.
Non l'ho scritta per sbaglio e la confermo. Se conoscesse la storia della scuola italiana saprebbe che circa un trentennio fa vi è stata un massiccio interesse da parte di una forte corrente dei pedagogisti italiani per una riforma della scuola in un senso che lei forse condivide e io no (dissenso legittimo). Questo interesse si è concretizzato in una presenza massiccia nelle istituzioni e nel ministero, come è provato dal fatto che tutti i massimi consiglieri dei ministeri dell'ultimo ventennio sono pedagogisti della medesima corrente. Di qui è nata una saldatura tra dirigenza e burocrazia ministeriale e questi gruppi. Il che non significa che Morin ha determinato lo statalismo (questo non l'ho mai detto, ovviamente). Poiché lei considera semplicemente folle enunciare questa tesi, che è supportata da una larghissima bibliografia, mi permetto di constatare che non conosce la storia della scuola italiana. Punto. Per il resto è inutile che si scusi con Marinelli e poi citi me come "riprova". Di che? Che siamo tutti misoneisti, o che io sono l'anima malvagia che plagia i frequentatori di questo blog salvo lei.
Beh, se lei Mauri è convinto che la scuola dei 60-70 (quel modello che forse ha frequentato anche lei) fosse pessima capisco perchè è in fiduciosa attesa delle scuole private.
D'altra parte è vero che l'aveva dichiarato subito (stupendomi, le devo dire):
"né la scuola né l’università mi avevano fornito strumenti adeguati per cercare, trovare e svolgere un lavoro!"
Bene, a me invece sì.
"Vuoi sapere cosa mi mancava? L’elenco è lungo."
Il mio è cortissimo: non mi mancava proprio nulla, a meno che il non saper scrivere su una tastiera non fosse una deficienza gravissima...ma non me ne sono accorto, visto che alla necessità l'ho imparato senza sforzo.
Che dirle, avrò avuto una fortuna sfacciata coi miei professori o lei è stato sfortunatissimo.
Però a dir la verità ricordo qualche grande maestro (pochissimi) e numerosi ma onesti travet dell'insegnamento, il resto l'ha fatto proprio quel vecchio modello di scuola, che evidentemente con me ha funzionato e con lei noi, visto che ha dovuto "imparare da solo" (chissà chi e che cosa lo aveva messo nelle condizioni di farlo, solo il suo personale talento immagino).
E meno male che scrive:
"Dove leggerebbe un mio disprezzo per la scuola di un tempo?", per poi ribadirlo con maggior forza se qualcuno la difende, magari estendendo il disprezzo anche a chi ha osato tanto.
Ovvìa Mauri, speravo che lei smuovesse un po' le acque per un proficuo contraddittorio ma lei le confonde e basta: non è uguale.
E nemmeno interessante, purtroppo.
Egr. Mauri, a me scoccia che Lei in un altro post abbia preso di mira la categoria specifica dei docenti (perche' non i baristi, i guidatori di autobus, e i precari?) ma a parte questo, io non sarei neanche del tutto contraria a inviare chi e' fisicamente idoneo a lavorare una settimana in miniera (o in fabbrica, o nei campi come braccianti agricoli....) - una settimana o due nella vita sarebbero sufficienti. A parte che non si sentirebbero piu' lamentele su quanto sia *faticoso* studiare, e chissa' forse risuonerebbe qualche opportuno GRAZIE nei confronti di chi svolge un lavoro essenziale per quanto di scarso prestigio (che significa, poi?), non mi sembrerebbe una cattiva idea che tutti riflettessimo sulla tematica del lavoro oltre che sulle modalita' di funzionamento di una societa' moderna dove siamo tutti interconnessi e dove il docente di lettere antiche ha bisogno di una industria siderurgica funzionante. En passant, dopo una settimana, magari in ascensore il latinista trovera' il coraggio di dire al caposquadra che in un paese che funziona, serve non soltanto l'acciaio ma anche il dipartimento di lettere antiche. Sono certa che i colleghi temporanei applaudiranno e gli stringeranno la mano, senza contare che la settimana successiva, l'ansia di catturare l'attenzione di studentelli un po' annoiati sara' svanita per sempre dalla sua mente, come un pezzo di carta nella colata di un altoforno.... Se poi qualcuno che prima non ci aveva mai pensato, dovesse appassionarsi e scegliere di farlo di mestiere, si tratta di un lavoro rispettabilissimo e onorevole e di cui andare fieri. Invece guardi un po' questi cretini http://www.repubblica.it/esteri/2012/01/14/foto/gb_tunnel_sotto_il_bancomat-28116102/1/ hanno lavorato sei mesi (in due? in tre?) per rubare 7mila euro da un bancomat... li avrebbero potuti guadagnare in maniera onesta, e magari con un contratto a tempo indeterminato. Comunque Mauri io credo che nessuno qui si faccia illusioni su presunte proprieta' miracolose o taumaturgiche della cultura. L'Europa dei tempi che furono, dalle profonde e solide radici culturali, non ha saputo evitare genocidi e guerre, ne' il ruolo degli intellettuali e' apparso particolarmente incisivo in tal senso. Ma se la cultura non e' la bacchetta magica che da sola risolve i problemi di una societa', men che meno di un continente che a fatica e fra tante contraddizioni tenta di costruire un futuro comune, Lei crede davvero che ci riuscira' l'ignoranza? In ultima analisi, e molto prima delle scelte pedagogiche (che in quanto tali ciascuno di noi puo' condividere o meno), molto prima anche delle scelte ideologiche (che informano il pensiero di ciascuno, ma che non determinano in quanto tali la qualita' del lavoro impostato e svolto), e' stata questa la scommessa di una certa corrente di pensiero, che in molti giudichiamo perdente.
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