Prescriverei la lettura nelle scuole dei brani sulla “conoscenza per testimonianza”. La prescriverei come medicina quotidiana per coloro che ripetono sventatamente i futili protocolli dell’“autoapprendimento” e dell’“autoformazione”. «Tutta la cultura umana si basa sul fatto che uno incomincia da quello che ha scoperto l’altro e va avanti». Banale? Ovvio? Non direi proprio, a stare a sentire chi predica che l’alunno deve ricostruirsi tutta la conoscenza da solo, che nessuno deve insegnare l’algoritmo della divisione o la fonetica, perché sarebbe violenza sui minori, educazione “trasmissiva”, lezione “ex-cathedra”. Non è né banale, né ovvio: è semplicemente vero perché dettato dal buonsenso. Diceva Cartesio che il buonsenso è equamente ripartito ma non tutti sanno usarlo. Qui c’è chi, lungi dal saperlo usare, lo disprezza.
Per convincersi che l’acqua può essere scissa in ossigeno e idrogeno sarà forse necessario rifare l’esperienza di Lavoisier? Si riporrà piuttosto fiducia nella testimonianza di chi l’ha fatta. Certo, occorre che la testimonianza sia affidabile. Ed è giusto essere capaci di verificare questa affidabilità e di riappropriarsi attivamente del sapere trasmesso. Ma chi potrà creare questa capacità se non un autentico maestro? Quando un alunno avrà acquisito questa capacità autonoma sarà in grado di rendersi conto che gli articoli dell’Enciclopedia Treccani sono affidabili mentre quelli di Wikipedia non lo sono. Se nessuno gli avrà insegnato – trasmesso – la capacità di muoversi sul terreno bibliografico andrà allo sbando. Solo chi abbia acquisito a fondo queste capacità – derivanti da conoscenze consolidate nel tempo – sarà in grado di rendersi conto che il Dizionario Biografico degli Italiani fin ad ora pubblicato è affidabile, mentre il seguito, se verrà fatto con i metodi di Wikipedia, non lo sarà.
Ma ora la parola d’ordine dell’autoapprendimento è persino superata. L’ultimo grido è l’“apprendimento personalizzato”, tagliato su misura per ogni studente e che garantisca il “successo educativo”. La perdita del buonsenso trionfa quando si promuove un seminario dal titolo «Perché mi bocci?», appena svoltosi a Bologna con tanto di autorevoli partecipanti. «Ti boccio perché non studi, perché non hai senso del dovere malgrado quel che si sta facendo per te, perché sei un nullafacente» – risponderebbe il buonsenso. Nient’affatto. Agli «studenti che si sentono alieni in classe, insofferenti ai ritmi delle lezioni, alle prescrizioni degli insegnanti, che non sopportano i riti e le regole di questa istituzione che ancora chiamiamo scuola» bisogna offrire «soluzioni educative accattivanti» - recita il depliant. Ma quando si parla di «soluzioni accattivanti» si promuove quella pseudocultura che, per dirla con Zygmunt Bauman, «non ha gente da educare, ma piuttosto clienti da sedurre». Né passa per la mente il dubbio che, se la scuola non funziona, è perché è governata dalle soluzioni imposte da qualche decennio dalla dittatura del pedagogismo dell’autoapprendimento.
No, si vuol raddoppiare la dose di questa cattiva medicina. Secondo l’“esperto” inglese Charles Leadbeater, personalizzare significa «partecipazione e co-creazione». A suo dire, gli studenti sono già co-creatori. Non sono «solo diventati i co-produttori di un nuovo servizio e di nuovi impieghi per il telefono mobile, ma i creatori di una nuova ortografia coniata sulle conversazioni digitali, rapida, snella, abbreviata, fonetica, che dai cellulari sta via via invadendo più generali forme di scrittura».
Insomma, signori dell’Accademia della Crusca e dell’Invalsi, siete inutili cariatidi. Mentre vi lamentate perché gli studenti non sanno più scrivere e usare la logica nel comporre testi, il mondo vi scorre sotto i piedi e i “co-creatori” edificano un nuovo mondo dotato di una nuova lingua. Anzi, toglietevi di mezzo. Lo ammonisce Leadbeater, assieme ai suoi allievi italiani: «dare voce in capitolo a coloro che apprendono».
Si tolgano di mezzo anche quei genitori che pretendono dai figli un rendimento di qualità, rigore, disciplina, concentrazione. Il potere andrà agli alieni in classe e a quei genitori che fanno i sindacalisti della nullafacenza contro l’istituzione «che ancora chiamiamo scuola». E si tolgano di mezzo gli insegnanti che pretendono di insegnare. Una valutazione severa è riservata soltanto a loro, per gli altri c’è soltanto il successo garantito.
Occorrerebbe rileggere e mandare a memoria il celebre brano de La Repubblica di Platone in cui si spiega come dall’eccesso di libertà si passi alla tirannide:
«Forse adunque l’insaziabilità di quel bene che la democrazia si prefigge, la manda in rovina? — Ma quale bene? — La libertà — E in che modo? — Quando uno Stato retto a democrazia, assetato di libertà, si trovi ad avere per capi cattivi coppieri, ed oltre il dovuto si inebrii di libertà non annacquata, allora esso punisce i suoi governanti se non sono molto miti e non concedono molta libertà, e li accusa di essere tristi e oligarchici. Ed è inevitabile che il disordine penetri anche nelle case private e finisca per ingenerarsi l’anarchia anche fra gli animali. — In che modo? — Così: che il padre si avvezzi a divenire simile al figlio e a temere i figli; ed il figlio si faccia simile al padre e non rispetti e non tema i genitori … in tale ambiente il maestro teme e adula gli scolari, e gli scolari fanno poco conto dei maestri e dei pedagoghi; e in tutto i giovani si mettono alla pari con gli anziani e con essi gareggiano a parole e in atti; e i vecchi, cedendo ai giovani, si mostrano pieni di arrendevolezza e di gentilezza, ed imitano i giovani per non sembrare sgraditi né autoritari. … tutto questo ammollisce l’anima dei cittadini… infine non si danno pensiero delle leggi né scritte né non scritte per non avere nessun padrone. Questo veramente è il bello e baldanzoso principio da cui si genera la tirannide».
(Il Giornale, 1 marzo 2010)
15 commenti:
Benjamin Franklin una volta disse "un genio senza educazione è come l' argento in miniera", ma non saranno certo quei "trogloditi dei nostri padri e antenati" (vero prof. Israel?) a pretendere di poterci insegnare qualcosa! Beati noi europei privilegiati, che possiamo permetterci di coltivare amorevolmente quei preziosi e precoci virgulti dei nostri scolari! Menti brillanti e creative come non se ne sono mai viste dacché c' è chi insegna e chi apprende! Giovani dotati di ogni talento, per i quali ogni ambizioso progetto "nominato appena a fior di labbra diventa già pronto alla realizzazione, anzi già realizzato", direbbe Alexandre Dumas. E che dire, invece, di quei mascalzoni del più remoto oriente asiatico che tiranneggiano i loro studenti, li opprimono con la loro severità, pretendono addirittura che passino ore sui libri! Il binario su cui procede la locomotiva del loro sviluppo economico e culturale è chiaramente morto! Sarcasmo a parte, talvolta penso alla mia età (24 anni) e mi domando cosa dovrò ricordare nella mia vita. Un giorno mi piacerebbe molto avere degli studenti e poter essere in grado di trasmettere loro anche solo una briciola di sapere, ma non è improbabile che il Ministero (a questo punto non so se dell' Istruzione o della Propaganda, si vedrà) stabilirà che saranno loro a dover fare lezione a me.
L'era delle caverne prossima ventura.
«Tutta la cultura umana si basa sul fatto che uno incomincia da quello che ha scoperto l’altro e va avanti». Questa frase, che mi sembra di dedurre sia di Don Giussani, andrebbe scritta in tutte le aule scolastiche, come "La legge è uguale per tutti" nei tribunali. Con la speranza che non sia ipocrita come questa...
Progresso umano: Dalla Repubblica di Platone alla Repubblica di Scalfari.
(Ovviamente fuori blog!).
Mah, a dir la verità dopo trent’anni nella scuola mi pare d’aver capito che i ragazzi non cercano la libertà, cercano una guida. Ne hanno un bisogno direi costituzionale, mentale e fisico. Se non la trovano sono infelici, si sbandano, si rivoltano. Quella che appunto sembra una ribellione all’autorità è la protesta per la sua mancanza. Si vedono classi con insegnanti di poco polso abbandonate a se stesse: ridono, scherzano, parlano di divertimenti...in realtà sono sfessati e scontenti. Quando qualcuno afferra le redini magari mugugnano ma sotto sotto lo preferiscono, hanno più rispetto per lui e quindi per loro stessi.
Ho letto un episodio della vita del generale Grant: agli inizi della guerra gli fu affidato un reggimento di volontari entusiasti ma indisciplinati e privi di rispetto per i superiori, che si ammassarono per vedere il nuovo ufficiale. Uomini politici li avevano arringati suscitando clamori e presentato che fu il colonnello Grant essi avevano cominciato a gridare:”Un discorso! Parli! Parli!” Egli si avanzò e tutto quel che disse fu:”Uomini! Ritiratevi nei vostri accantonamenti!”
E così tutti capirono che da quel momento una mano ferma teneva le briglie, e che per il reggimento il tempo dei comizi era finito, cominciava l’ora di fare sul serio.
Autentica o no, questa storia contiene qualche verità, mi pare.
Per questo ritengo che la prima qualità di un insegnante, prima ancora della cultura e della conoscenza, sia la sua capacità di essere guida e riferimento per i ragazzi. Ovvio che quanto migliore sarà la sua competenza tanto più facile sarà conquistarne il rispetto, ma la dote fondamentale del docente attiene più alla personalità che alle nozioni possedute.
Poi, posso sbagliare, anche trent’anni di scuola possono non insegnare nulla...lo si vede ogni giorno.
Detto ciò, concordo con l’articolo, Wiki a parte.
Non ho avuto figli, la più grande fra le scalogne della mia vita. È dunque per me comodo e avventato al tempo stesso fare certi discorsi: sono fra quanti pensano che proprio a partire da una precisa generazione (la mia!!! come mi rimprovera mia sorella insegnante, la quale - nata appena prima degli anni sessanta - ha una decina d'anni meno di me; posso ribatterle infastidito che ci sono generazioni che han fatto di peggio), da una generazione facile a inzupparsi di dottrine che qualcuno potrebbe definire “accattivanti”, sia iniziato l'andazzo diffuso della rinuncia al ruolo di adulto, e di genitore in primis, ruolo che viene “prima” di quello di insegnante.
È difficile capire se questo confuso rimescolio e perverso appiattimento di ruoli e responsabilità potrà continuare ancora a lungo; che rechi buoni frutti pare non si possa più sostenere. Fra gli insegnanti di sicuro - ma anche in altre categorie - molti patiscono un soffocamento da aria stantia e viziata ormai intollerabile: o si aprono le finestre per un bel ricambio o diventa brutta davvero.
"Il rischio educativo" di Don Giussani è un piccolo (per numero di pagine) libro che dovrebbe essere letto da chiunque abbia una responsabilità educativa. Occorrerebbe leggerlo e rileggerlo per disintossicare la mente da quella cultura antiautoritaria che ci hanno propinato, a partire da una certa lettura di Don Milani, passando attraverso il '68 e continuando con l'anarchia attuale (di vario colore politico).
Qual è il problema? Don Giussani è morto il 22 febbraio 2005, quindi sono cinque anni dalla morte...
Se poi lei vuol alludere al fatto che l'articolo non è uscito il 22 febbraio... beh... allora io non resisto a dire (scherzosamente, per carità) che bisogna guardarsi dalla tentazione di fare il cacaspilli...
Caro professore, stamperò questo suo lucidissimo articolo e lo metterò in sala insegnanti, accanto alla - ahimé, molto significativa - lettera pubblicata vicino al suo articolo (e che si può leggere qui).
Giovanni Corbelli
Egregio Prof. Israel , nel preannunciarLe che domani ,15 marzo , sarò felice di scambiare delle opinioni con Lei , vorrei sin da ora ,chiederLe un parere sul rapporto Rocard e sull'uso del metodo investigativo IBSE ( Inquiry-Based Science Education ).
Anche per questo , al fine di evitare approcci eccessivamente costruttivisti che non porterebbero da nessuna parte , si potrebbe suggerire ,ai fini dell'integrazione con quelli che vengono definiti " tradizionali" metodi deduttivi e ,ancor prima di ripetere ,scimmiottando , quanto fatto da Lavoisier ,di confrontare diversi metodi investigativi .
Dal confronto con i vari scienziati , emergerebbero i loro "pensieri" , i loro studi ( gli studenti capirebbero che senza studiare non è possibile fare scienze ) i problemi posti nelle varie epoche e nei vari campi di indagine variabili da disciplina a disciplina ,piuttosto che l'empirismo fine a se stesso ( i ragazzi si sentono spaesati senza teoria , senza addirittura una " filosofia " , un approccio umanistico a monte ).
Cosa ne penso? Dovrebbe essere chiaro da quanto vado scrivendo da tempo. È la quintessenza dell'idea dell'autoformazione e dell'insegnante come facilitatore. Ne penso tutto il male del mondo. È un cumulo di deleterie sciocchezze, empirismo di bassa lega.
Egregio Prof . Israel , mi duole intanto farLe notare che ,nelle indicazioni per i licei ,è passata la fatidica parola d'ordine " fare scienza " .
Una formulazione che potrebbe dare seguito ai fautori del programma “ la main à la pate “ , che altro non è se non il socio-costruttivismo e la pedagogia attiva e collettiva.
Il monito di Leonardo da Vinci , riportato nel suo blog : “Studia prima la scienza, e poi seguita la pratica, nata da essa scienza . Quelli che s'innamoran di pratica senza scienza son come 'l nocchier ch'entra in navilio senza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada” , non sembra aver guidato o ispirato la commissione nelle sue scelte .
Cito, ancora, a proposito Laurent Laffourgue dal suo libro LA DISFATTA DELLA SCUOLA ,una tragedia incompresa :
“ Una concezione(la main à la pate) che negherebbe la necessità di una rappresentazione preliminare del mondo fisico e del pensiero filosofico ,per ideare esperimenti scientifici e dar loro un significato . Una concezione secondo la quale le cose parlerebbero da sé senza la mediazione delle conoscenze accumulate dalle generazioni precedenti .
In tal modo ,l’apprendimento delle opere dello spirito non sarebbe necessario all’elaborazione del nostro rapporto con il reale ; al limite sarebbe persino d’ostacolo .”
E allora , egregio Professore , basterebbe inserire nelle indicazioni per le Scienze , lo stesso periodo utilizzato per la matematica : “Lo studente dovrà acquisire una consapevolezza critica dei rapporti tra lo sviluppo del pensiero matematico e il contesto storico ,filosofico,scientifico e tecnologico “ , sostituendo al posto del pensiero matematico , il “ pensiero scientifico “ .
Nel momento in cui si aprirà la discussione ,proporrò , così , come è stato proposto per la Matematica e la Fisica ,di far premettere al " fare scienze " , lo "studiare" la scienza ( e gli scienziati , da quelli antichi ai più moderni ) , assegnando la stessa dignità all'aspetto relativo ad un approccio didattico storico-filosofico oltre che fenomenologico – osservativo.
L’approccio storico , pur proposto negli atti ufficiali dall'ANISN ( associazione nazionale insegnanti scienze naturali ) , all'atto dei suggerimenti ,nonostante il numero ridotto di ore assegnate alla scienza , in rapporto all'area umanistica , che precluderebbe di fatto l'approccio empiristico ( a meno di non voler soggiornare nel laboratorio) ,è stato ( volutamente ?) tralasciato .
E' solo dialogando , invece , con gli insegnanti di area umanistica ( nel regolamento viene rimarcato il creare il " nesso tra area umanistica e scientifica "),si riuscirebbe ,ragionevolmente , a sopperire al ridotto numero di ore .
Nel contempo , gli insegnanti di area umanistica , sarebbero ancor più motivati nel trasmettere i principi filosofico-umanistici che stanno alla base della scienza ,provando a far tradurre ( anche questo indicato nel profilo di uscita e nei risultati di apprendimento),ad esempio, dal latino , testi scientifici ,compresi quelli descrittivi ( si pensi a Plinio ) .
Mi auguro che , a seguito di queste proposte , possa essere eliminato a monte questo rischio che corre una scuola,il liceo scientifico ( ma anche tutte le altre , tecnici inclusi )da sempre scuola formatrice di eccellenze .
Gentile signor Giovanni,
lei può ben immaginare che condivido quel che dice.
Mi fa anche piacere che apprezzi la frase sulla matematica: infatti l'ho scritta io.... (le indicazioni per la matematica sono state scritte in una prima versione dal prof. Bolondi e poi riscritte assieme). Spero che quella locuzione si possa estendere, come c'è anche nella fisica.
Ci sono altre cose che non gradisco oltre a quella da lei menzionata. Per esempio, l'intitolazione "profili e competenze" mi provoca accessi di orticaria al solo vederla...
Tuttavia, dalle mie esperienze giovanili ho appreso che i miti palingenetici sono distruttivi. Un conto è il rigore intellettuale: nei libri e anche negli articoli non si può che essere intransigenti sui principi. Altro conto è la realizzazione pratica: la politica è l'arte del possibile.
In questo caso, sarebbe un grave, gravissimo errore non vedere che queste indicazioni nazionali sono una vera e propria conversione a U rispetto all'andazzo pluridecennale sociocostruttivistico e pedagogistico. Non sono soltanto i testi a dimostrarlo, scritti in linguaggio libero, malgrado le molte scorie persistenti, e senza il solito schemino a tre colonne, conoscenze, abilità, competenze. Lei ha idea di che cosa significhi che questo schemino non ci sia più? Sta anche a dimostrarlo la bile e ira malcelate che avvolgono queste indicazioni da parte di noti ambienti. Speriamo piuttosto che passino sostanzialmente indenni come la diligenza di Ombre Rosse....
Perciò un grave, gravissimo, l'ultimo degli errori sarebbe attaccarle confondendole con un'espressione del sociocostruttivismo della pedagogia dell'autoformazione. Si vuole che torni il peggio? Questa è la via. Migliorarle, certamente. Siamo qui per questo e quanto più verranno consigli nella direzione da lei indicata, tanto più vi sarà forza per migliorarle. I signori della main à la pâte sono in agguato, alquanto ammaccati e schiumanti di rabbia, e lanciano frecce sulla diligenza da tutti i lati. Se non si parte del riconoscimento che è stata invertita la tendenza e non si assume questa come base avremo perso un'occasione storica.
Ha letto i programmi di italiano? Avrebbe mai sperato niente del genere qualche anno fa?
Da aspirante insegnante con poche esperienze, sono rimasta basita da queste nuove dottrine cui si viene avvicinati nel momento in cui si frequentano i primi corsi di didattica. Dottrine imperanti, alla moda, appiccicate qua e là su Internet,libri e dispense.
Ma il mio stupore doveva aumentare alle prime esperienze di insegnamento, durante le quali non mi è stato chiesto di trasmettere ciò che sapevo o di approfondire insieme agli allievi, ma di fare l'intrattenitrice, ovvero l'animatrice. Perché è questo che oggi pretendono i presidi, i professori, i genitori e gli alunni (anche gli alunni adulti).
Mi viene il dubbio che tutte queste teorie non siano altro che un risultato della c.d. "parentopoli" universitaria, grazie alla quale si è finanziata una ricerca inutile alla collettività e, anzi, dannosa, su tutti i fronti.
Vorrei solo osservare che il progresso umano e scientifico è stato possibile fino a oggi proprio perché c'è sempre stato un maestro che trasmetteva le proprie esperienze e le altrui ai propri allievi.
Mi conforta leggere questo articolo e vorrei ringraziarla, professore, chiedendole anche di intervenire in altre sedi e far presente il suo punto di vista.
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