mercoledì 10 marzo 2010

BESTIARIO MATEMATICO n. 3


La teoria degli insiemi ha visto la luce nella seconda metà dell’Ottocento ad opera di Georg Cantor. In più di duemila anni di matematica, da Euclide a Poincaré, nessuno ne ha avuto bisogno. Ciò detto, oggi, soprattutto in branche come la topologia, la combinatoria, calcolo delle probabilità, ecc. ecc. è un ottimo e vantaggioso linguaggio sintetico. Un linguaggio, niente più.
Ma non bisogna dimenticare che Cantor l’ha introdotta essenzialmente per costruire una teoria dei numeri infiniti” o “transfiniti”. Il punto di partenza è l’osservazione che la numerazione di un gruppo di oggetti si fa mettendolo in corrispondenza biunivoca con un altro insieme più semplice: p. es. le dita di una mano, una manciata di sassolini, ecc. Il fatto che due insiemi finiti siano in corrispondenza biunivoca equivale al fatto che abbiano lo stesso numero di elementi.
Nel campo dell’infinito non è così: un sottoinsieme strettamente contenuto in un altro (e quindi intuitivamente più “piccolo”) può essere posto in corrispondenza biunivoca con il secondo. Il classico esempio (illustrato anche da Galileo) è l’insieme dei numeri pari che è in corrispondenza biunivoca con l’insieme di tutti i numeri naturali (ad ogni numero n corrisponde il numero pari 2n, e viceversa), ma è strettamente contenuto in esso (più “piccolo”). Persino i numeri razionali (frazioni) possono essere posti in corrispondenza biunivoca con i numeri interi e con i pari… Perciò potremmo dire che hanno lo stesso tipo di infinità, hanno lo stesso “numero infinito” o “cardinalità”, “potenza”, o “numero transfinito”, pur essendo contenuti strettamente l’uno nell’altro.
Ovviamente qui non entriamo nella teoria cantoriana dei numeri transfiniti e nei paradossi cui ha condotto. Ma l’essenziale è questo: questa teoria è stata inventata assieme alla teoria degli insiemi per manipolare matematicamente l’infinito – obbiettivo riuscito soltanto a metà.

Conseguenza: nel caso finito, la teoria della cardinalità o potenza degli insiemi non serve assolutamente a niente, perché in questo caso il concetto di “cardinalità” o “potenza” coincide con quello di “numero” di elementi dell’insieme.

E questo spiega anche perché insistere sulla teoria degli insiemi è fuori luogo, poiché essa è davvero utile, anche nel caso finito, soltanto come linguaggio che abbrevia una serie di lunghi discorsi in contesti tecnici più avanzati.

Ebbene, nelle primarie è invalso il malcostume di introdurre il concetto di potenza di un insieme. D’altra parte gli insiemi considerati sono sempre finiti: sarebbe semplicemente irresponsabile e idiota pensare di introdurre un bambino al difficile e astratto concetto di potenza di un insieme infinito invece di insegnargli le tabelline. Pertanto questa nozione è assolutamente inutile, superflua, un aggravio di definizioni, una violazione del sano principio del rasoio di Ockham.

E invece…. Non soltanto questa nozione viene introdotta ma si dà luogo a un linguaggio non si sa se più idiota o osceno, insegnando al bambino che un insieme di 8 mele è “più potente” (sic!) di un insieme di 6 arance e l’insieme di 6 arance è “meno potente” (sic!) dell’insieme di 8 mele.

Basterebbe dire che il primo è più numeroso del secondo. No, bisogna dire che è “più potente”, termine ridicolo, mai usato da nessun matematico.

E così invece di manipolare numeri e apprendere a contare, i bambini vengono addestrati a una casistica ridicola con un linguaggio ancor più ridicolo.

16 commenti:

peppe ha detto...

Mi piace molto il Suo Bestiario Matematico. Segnalo anche che questo tipo di controllo sui libri di testo è una pratica molto diffusa nei Paesi anglosassoni. Un esempio è il sito "Science Myths in K-6 Textbooks and Popular culture" (http://amasci.com/miscon/miscon.html) che rimanda anche ad altri siti altrettanto utili ed interessanti. Ne approfitto per aggiungere che condivido fino all'ultima virgola il Suo articolo sull'Università pubblicato oggi sul Messaggero.

Lucio ha detto...

Bhe', stavolta mi trova d'accordo. E ricordo quando il mio figlio piu' grande, che ora e' in terza liceo ed e' avviato a diventare un matematico di professione, torno' a casa, quand'era alle elementari, tutto contento di sapere quando due insiemi (finiti, ovviamente) si dice che sono "idempotenti".

Lucio Demeio.

Kummer ha detto...

Caro Professor Israel,
sono un insegnante di matematica, nonché suo ex allievo. Devo dire che ho letto con vero interesse e soddisfazione quanto lei scrive a proposito dell’insiemistica (già il nome…) nelle scuole primarie.
Non ho esperienza di insegnamento nelle scuole elementari e non potrei aggiungere nulla di interessante; posso solo dire che mi sembra difficile non concordare con le sue tesi.
Quello che posso dirle in base alla mia esperienza, senza credere di insegnarle nulla, è che per trovare errori nei libri di matematica si può andare a cercare “oltre” i libri destinati alle scuole elementari, fino ad arrivare ai testi destinati alla formazione degli insegnanti. Quando lei vorrà parlarne io potrò fornirle alcuni esempi.
A presto
Maurizio Iurlo - maurizioiurlo.com

Unknown ha detto...

che dire... se fossimo su facebook, non avrei esitazioni a cliccare "mi piace"

Alessandra ha detto...

Una volta una maestra di mia conoscenza mi ha detto come spiega l'addizione in prima elementare.

Dati due insiemi (tipo 5 arance e 6 arance) prima si costruisce l'insieme unione e poi si determina la cardinalità di tale insieme (11).

Bello vero?
Della serie, come complicare le cose semplici.

Giorgio Israel ha detto...

A Maurizio:
Lo so benissimo, e non creda che alcuni di questi esempi e altri che verranno non siano tratti da questi libri. Anzi, sono molto imbarazzato dal fatto che alcuni esempi che farò sono stati proposti per le indicazioni nazionali da "autorità" ancora più in alto... Comunque spedisca pure gli esempi. È una battaglia da fare. Bisognerebbe aprire un blog apposito, ma confesso di non averne il tempo.
A Alessandra. Guardi che non è "una volta". È così che insegnano a sommare a mio figlio alle elementari. Il suo quaderno è pieno di "unioni" di insiemi di cui poi deve contare la cardinalità....

Unknown ha detto...

gentile Professore,

nella speranza di alleggerire un po' il discorso - e senza alcuna pretesa di essere pubblicato - le faccio notare che nel suo post dice: "i bambini vengono ADDESTRATI..." non e' che a furia di parlare di somari, e' caduto in un piccolo lapsus? :)

detto questo, cio' che leggo nel suo blog mi inquieta molto, e sono veramente preoccupato per la salute mentale delle mie nipotine in Patria. Con mia moglie (tra 4 mesi) inglese, ho sempre vantato la qualita' dell'insegnamento pubblico italiano rispetto al disastrato sistema inglese (se non si hanno i soldi per mandare i figli nelle scuole private). Temo ahime' di sbagliarmi. Pertanto, al di la' delle divergenze su questo o quell'argomento, le auguro di poter proseguire nella sua opera di razionalizzazione dell'istruzione.

cordiali saluti,

A.G.

Giorgio Israel ha detto...

Perché lapsus? Quando si propinano concetti che non si riesce a controllare propriamente e si propinano ricette manipolatorie, si addestra, come in un circo. Quando ho sentito mio figlio dire che un insieme è più potente di un altro, ho avuto un gran senso di pena.

mike ha detto...

sono phd in fisica delle particelle al cern di ginevra:
la potenza degli insiemi e' un concetto che fin qui non ho ancora trovato necessario.
basta per eliminarla dai programmi :) ?

buona serata, e buona battaglia, professor Israel

Unknown ha detto...

... nulla da eccepire! e capisco che Lei e' doppiamente adirato, come professore e come genitore.

di nuovo buon lavoro,

A.G.

Gianfranco Massi ha detto...

Poveri bambini! Non c'è proprio nessun tipo di controllo di cosa e come insegnano i maestri delle elementari?
Le assicuro professore che ho più volte conosciuto insegnanti che hanno appreso la "Teoria degli insiemi" dalle prefazioni (!) di qualche libro di Matematica.
G. Massi

Kummer ha detto...

Caro Professore,
lei mi ha invitato a segnalare gli errori da me trovati nei libri di testo e io aderisco volentieri al suo invito.
Per il momento vorrei iniziare, vista la sua “battaglia” contro la proprietà dissociativa, a chiederle se è d’accordo con me nel ritenere che a volte la proprietà associativa venga mal presentata.
In molti libri (e anche in un dizionario di matematica) ho trovato la seguente definizione (relativamente alla somma di numeri):
“Proprietà associativa: La somma di piú numeri non cambia se a due o piú di essi si sostituisce la loro somma.”
A parte questioni di forma, non è vero, per esempio, che a + b + c = (a + c) + b soltanto per la proprietà associativa. Perché ciò sia vero occorre applicare prima la proprietà commutativa.
È ben noto che non tutte le operazioni associative sono anche commutative, come per esempio l’operazione di moltiplicazione definita nei quaternioni.
A me l’errore non sembra trascurabile.
Cordialmente
Maurizio Iurlo

Giorgio Della Rocca ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Giorgio Della Rocca ha detto...
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Prof. Woland ha detto...

@Giorgio (non Israel)
La pregherei di essere più umile e di non classificare tutti gli esseri umani in base al suo credo religioso. Si tratta di una prepotenza e di un'arroganza.
Rispettosamente Massimo B.

Giorgio Della Rocca ha detto...

Da un po' di tempo ho deciso di non intervenire più, in blog e siti vari, su commenti non firmati in modo completo, ma per il signor Massimo B. farò uno strappo alla regola (cogliendo anche l'occasione per una precisazione). Ho scritto, in base alla mia fede cristiana, che tutti gli esseri umani sono figli del Dio della Bibbia (Antico e Nuovo Testamento), ma il termine "figli" è da intendersi in senso (ontologicamente) creaturale [Libro della Genesi 1, 27-29], giacché - sempre in base alla mia fede cristiana - il divenire autentici figli del Dio della Bibbia è subordinato all'accogliere in maniera effettiva Cristo Gesù, il Figlio diletto di Dio [ad esempio: Vangelo di Marco 1, 9-11, Vangelo di Giovanni 1, 9-14, Lettera di Paolo agli Efesini 1, 3-6 e 4, 1-6]. In ogni caso, non ho mai avuto intenzione di imporre la mia fede religiosa, ma solo di proporre alcune riflessioni; se poi secondo lei, signor Massimo, queste riflessioni non hanno un significato oggettivo, si tratta più di una scelta sua che di un problema mio, non le pare?

Saluti (in particolare al professor Giorgio Israel), Giorgio Della Rocca