Il radicale Strik Lievers sul decreto Gelmini
(da Tempi, testo di Elena Inversetti)
È questione di realismo. «La scuola primaria è diversa dalla secondaria. Alle elementari il bambino non ha bisogno di spinte contraddittorie, ma di un’unica figura di riferimento. Perciò la protesta seguita all’introduzione del maestro unico da parte del ministro Gelmini non si spiega se non con motivazioni ideologiche, frutto di una mentalità sindacalista». Non si risparmia Lorenzo Strik Lievers, radicale della prima ora e docente di Storia e didattica della storia all’Università di Milano Bicocca. «È pretestuoso parlare di progressismo e pluralismo, non si fa altro che avvalorare una logica miope che arriva a strumentalizzare i bambini per fini politici». La battaglia per una giusta educazione, «che secondo me è anzitutto una questione di libertà», ha sempre trovato Lievers in prima linea, fin da quando, nel 1990, «da senatore vidi arrivare la proposta di legge che avrebbe introdotto nella scuola primaria i cosiddetti moduli: tre insegnanti equamente divisi su due classi. Una riforma dovuta fondamentalmente a ragioni di tipo sindacale, per garantire nuovi posti di lavoro. Sono impallidito: se la pluralità dei docenti, che insegnano cose diverse con metodi diversi, è l’ideale per favorire l’apprendimento e lo sviluppo della capacità critica di un liceale, per un bambino è drammatico. Quando gli insegnanti vogliono collaborare e vanno d’accordo non insorgono grossi problemi, ma se invece, come normalmente accade, non si riesce a concordare criteri omogenei, il bambino è disorientato». Lievers all’epoca presentò un emendamento alla legge a favore dell’insegnante prevalente, «che io preferisco chiamare insegnante stellare, perché si tratta dell’insegnan-te che si serve delle materie principali per educare una persona. Dove poi il docente non è in grado di arrivare, per esempio nell’insegnamento dell’inglese o della musica o dell’educazione motoria, allora si affiancherà un altro insegnante, diciamo “secondario”. Una soluzione che poi è stata introdotta da Letizia Moratti per le prime classi, mentre, da parte nostra, riuscimmo a ottenere che nelle scuole paritarie il modulo non fosse obbligatorio, quindi la Gelmini non ha fatto altro che rendere stabile una realtà già esistente». Nessun paese europeo, del resto, prevede nella scuola primaria la pluralità dei docenti. «Solo in Italia vige l’organizzazione modulare. Perciò, anche in questo caso, la Gelmini ha scoperto l’acqua calda».
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Di passaggio: consiglio vivamente la lettura del commento di Barbara al mio articolo su "la rivoluzione pedagogica che fabbrica le teste vuote".
E inoltre il link:
http://groups.google.it/group/it.politica/browse_thread/thread/8a1667eb7d7e062f/0f1c81e884291dd7?lnk=st&q=%22giorgio+israel%22#0f1c81e884291dd7
41 commenti:
Riporto di seguito la mia risposta ad un caro amico che mi ha chiesto di considerare che non tutti condividono la soluzione del maestro unico come me.
Premettendo che la scelta è largamente condivisa dalla gente, lo so benissimo che molti docenti non sono d’accordo. Si tratta più precisamente di:
-precari che perderanno il posto a causa della riforma;
-insegnanti di ruolo che non se la sentono di lavorare troppo, perchè tornare ad essere da soli in classe significa fare il doppio e assumersi una grossa responsabilità;
-docenti che apportano le loro motivazioni, nessuna delle quali però riesce a convincermi. Le passo in rassegna e le commento. Dicono così:
- Lasciamo tutto com’è perché la primaria, a differenza di quella secondaria, va benone come attestano i dati ocse pisa.
Chi parla in questo modo non sa che i dati citati sono di tipo strutturale, si basano su parametri quantitativi riguardanti le risorse impiegate. E, considerando quanta gente lavora dentro le elementari, quanto denaro vi è speso in stipendi, è ovvio che la scuola primaria risulti ben posizionata. Le lamentele che vengono dalle scuole medie relativamente ai requisiti di base con cui partono i bambini usciti dalla primaria la dicono lunga, invece, sulla preparazione reale.
- Gli alunni, grazie al team, imparano a relazionarsi con più insegnanti.
Ma non ne hanno il benché minimo bisogno! Ce ne sono già troppe di figure adulte fuori dalla scuola (due papà, due mamme, otto nonni, istruttori, educatori, esperti, catechisti....). Per non parlare del fatto che, nella stragrande maggioranza dei casi, ognuno dei docenti del gruppo, come è naturale e umano, ha un modo particolare e diverso di rapportarsi ai bambini, di insegnare e di organizzarsi il lavoro. Quindi ne viene fuori per gli insegnanti un senso di costrizione e di frustrazione (di solito il più giovane o il più debole deve sottostare alle condizioni imposte dal più forte o dal più anziano) e per i bambini un senso di disorientamento.
- Stare insieme dà la forza per contrastare, compatti, le prepotenze dei genitori.
Beh, a parte il fatto che, al contrario, in molti casi gli alunni si associano ai genitori (i migliori sindacalisti dei figli) e all’insegnante preferita (cioè quella che gli regala voti più alti) per fare triangolo contro l’altro docente. E poi, ci rendiamo contro di quale debolezza e miseria denuncia questa motivazione? A che gioco stiamo giocando? Può essere la paura la ragione per mantenere in vita il modulo?
- Il maestro unico dovrebbe essere o un genio o un incosciente perché si troverebbe ad insegnare tutto (il tuttologo di cui si fa un gran parlare). Il maestro disciplinare, invece, è più preparato e permette all’alunno di approfondire meglio le conoscenze. Questo è il punto nodale per il quale occorre spendere qualche parola di più. Il fatto è che la scuola primaria, se vuole tornare ad essere competitiva e di eccellenza come lo era anni fa destando invidia al mondo, deve tornare ad essere scuola “elementare”, dove cioè vengono consegnati gli elementi di base introducendo l’alunno nel mondo della consocenza. Il bambino non ha bisogno della frammentazione del sapere a cui oggi è ansiosamente costretto. Tant’è vero che, per fare troppo, si finisce per sfornare degli incapaci perfino a leggere e comprendere un semplice testo, mentre i registri traboccano di obiettivi altisonanti da università o meglio da iperuranio (visto che risultano anche incomprensibili). Per di più, tutto questo difendere le discipline non ha senso, visto che in realtà dietro al modo attuale di fare scuola invece di esserci più conoscenza, ce n’è al contrario molta, molta meno. Le conoscenze (le conoscenze vere, dico, non quelle di cui sono zeppi i libri di testo e che si riducono solo a mere tecniche) vengono snobbate e censurate dall’onnipresente ideologia metodologico-scientista. Quindi tre maestri, o quattro o cinque per insegnare nella facciata tantissimo e nella sostanza il nulla.
Una testimonianza dimostra come la scuola si sia tra l’altro disastrosamente trasformata in un centro di iniziative che ruotano intorno al fumo dell’apparenza: una mia vicina di casa, madre di un bambino di quinta elementare, mi racconta che l’altro giorno insieme ad altri genitori è andata a pregare il preside di evitare almeno i festeggiamenti del carnevale, visto che gli alunni dell’anno precedente, a causa di tutto il tempo immolato ai progetti e alle feste, hanno studiacchiato solo cinque regioni dell’Italia. (!!!) E considera che i curricoli non sono più ricorsivi ma lineari, per cui alle medie si inizia con un veloce ripasso dell’Italia e poi si va subito all’Europa. Ma anche alle medie le feste e i progetti sono tanto quotati... E quindi ti puoi immaginare!
Aggiungo solo un altro dato: i Paesi che sono in vetta alle classifiche lavorano con il maestro unico e soprattutto hanno programmi tradizionali, con obiettivi chiari, precisi, conoscitivi (vedi Corea del sud e India, da cui l’America importa i cervelli; vedi il Massachusetts dove, senza aumentare l’investimento di risorse, ma seguendo curriculum severi e tradizionali si sono ottenuti risultati definiti “uno spettacolare miracolo educativo”. Il Massachusetts è schizzato al primo posto nelle valutazioni federali sugli apprendimenti di lingua e matematica.
L’unica mia perplessità su tutta la riforma è questa: le proposte avanzate dalla Gelmini sono positive, ma rischiano di rivelarsi fallimentari se prima non si mette mano ai programmi, cioè se prima non ci si chiede che cosa vogliamo lasciare come testamento ai nostri figli. E ancora prima questo lavoro richiede la massima chiarezza su chi siamo e dove vogliamo andare come Stato e come civiltà. Non è un problema accessorio, ma generativo di tutto il resto. Quindi, di fronte ad un governo e ad una società che lasciano cadere nell'oblio tutto ciò che rigaurda la sostanza delle cose e il loro senso, dico che questa è la mia reale preoccupazione.
Sono totalmente d'accordo sulla questione dei programmi! Qualsiasi cosa si faccia rischia di assomigliare a quelle autostrade la cui costruzione è stata interrotta e finiscono nel vuoto. O peggio, nel marasma dei programmi Bertagna rev. Ceruti.
Francamente non sono mai riuscito a farmi un'idea precisa se sia meglio, didatticamente e pedagocigamente parlando, il maestro unico o il "team" di maestri. Ma l'esperienza che ho avuto io con il maestro unico e' stata disastrosa: la mia classe delle elementari ha cambiato quattro maestri in cinque anni; tra questi quattro c'erano anche un maestro con la tubercolosi, attaccata a quasi tutta la classe, ed una maestra depressa che non era capace di tenerci tranquilli nemmeno per un secondo. Quarant'anni dopo, invece, i miei figli se la sono cavata benissimo con i tre maestri ed il modello modulare e la loro esperienza alle scuole elementari e' stata una gioia (il piu' piccolo ne uscira' quest'anno). E sicuramente piu' positiva e piu' fruttifera dell'esperienza alle scuole medie del mio maggiore (che ha avuto comunque e continua ad avere rendimenti altissimi anche alle superiori).
Allora, quando si dice che il maestro unico e' la soluzione migliore e che chi lo contesta lo fa solo per motivi sindacali, si dovrebbe per lo meno aggiungere che i vantaggi del maestro unico potrebbero essere annichiliti, e perfino diventare handicap pesanti, se tale maestro/a dovesse cambiare ogni anno, o se le classi venissero affidate a maestri incompetenti, etc. Il passaggio al maestro unico, allora, dovrebbe essere accompagnato anche da una seria politica di stabilizzazione (anche dal punto di vista economico !!) degli insegnanti e da una seria procedura di valutazione del loro operato, anche con possibilita' di mandarli via quando non dovessero funzionare. Forse nei paesi dove vige il maestro unico queste condizioni ausiliarie sono gia' in opera ...
Un'ultima considerazione; anche ammettendo (ma non concedendo, eh?!) che la scuola elementare italiana non sia cosi' all'avanguardia come si vuol far credere, mi pare fuor di dubbio che le scuole medie inferiori e superiori sono messe molto peggio. Allora, volendo riformare la scuola, perche' non cominciare da li?
Cordialmente,
Lucio Demeio
Sono totalmente d'accordo sulla necessità assoluta della stabilità. E quando cambiano a rotta di collo i maestri plurimi?...
Quanto ai maestri competenti... Non sogniamo la luna. Con quello che sfornano le Facoltà di Scienze della Formazione? I corsi di laurea in cui matematica è opzionale con pediatria?... Lasciamo perdere.
Non soltanto la scuola elementare italiana è pessima (è all'avanguardia sulla via della dissociazione mentale), ma il fatto che le medie siano messe peggio è una leggenda metropolitana. Le inferiori vanno male assai, le superiori sono di gran lunga le meno peggio. Cominciare dalle superiori è il sogno di quelli che vogliono togliere il latino...
Lasciamo pure in pace le superiori, anche se dire che sono "le meno peggio" e' plausibile solo se ci si restringe ai licei. Se mettiamo nel paniere gli ITIS, IPSIA, Geometri etc., il discorso cambia. Ed anche per i licei, non sono sicuro che siano poi cosi' diversi da quando ci andavo io, 45 anni fa circa. In una societa' molto, molto cambiata!
Ma sul confronto medie-elementari credo proprio che rimaniamo cordialmente in disaccordo.
Mi permetto pero' di correggere un'informazione errata o quantomeno incompleta data sul link cui lei fa riferimento nel post (e l'ho segnalato anche li'). Mi pare che gliel'avessi gia' segnalato in precedenza, ma forse mi sbaglio. Non e' vero che la valutazione internazionale sulle scuole elementari si limiti ai criteri "strutturali". Ci sono dati valutativi dell' IEA-PIRLS, ad esempio 2006, scaricabili al link
http://www.invalsi.it/invalsi/download.php?page=Convegno07
Non ho letto tutto, ma la valutazione sulla "literacy" (e quindi non su elargizione di fondi) pone l'Italia tra i primi nel mondo. I test sono fatti su bambini di IV elementare.
Un ulteriore spunto (disgiunto dai precedenti): ho trovato, da qualche parte ma non ricordo dove (forse nel blog da lei citato? Mah) la seguente giustificazione (parziale, si capisce) al fatto che i quindicenni italiani non vanno bene ai test Ocse-Pisa: in Italia non siamo abituati ai test scritti, ma siamo piu' abituati agli esami orali ed alle interrogazioni (orali); quindi, di fronte ad una prova scritta, lo studente italiano si trova male. Ma ci rendiamo conto che siamo l'unico paese al mondo a fare esami orali fino all'universita', e persino in discipline come la matematica, la fisica, la scienza delle costruzioni o l'informatica?? Non e' forse ora di cambiare?
Cordialmente,
Lucio Demeio.
Conosco le valutazioni IEA.PIRLS. Non cambiano nulla, e non dimostrano che la scuola italiana sarebbe tra le migliori, come ha dimostrato analizzandoli in dettaglio Scotto di Luzio.
E comunque, non siamo mica ridotti al punto che dobbiamo soltanto ragionare tramite i dati di questi enti, spesso molto discutibili, sia sul piano statistico che interpretativo. Guardiamo ai programmi: fanno semplicemente schifo. Gli obbiettivi di apprendimento sono ridicolmente modesti. Il confronto con i programmi indiani o sudcoreani, per esempio per la matematica, è impietoso: tre anni di scarto. Queste cose le ho scritte, dette e ripetute ma non ho mai avuto l'onore di una risposta. Semplicemente perché non c'è risposta. Un obbiettivo di apprendimento delle tabelline alle terza elementare è vergognoso: in India è dato alla fine delle materne. Di fronte a questo spariscono tutti i sondaggi.
Quanto agli esami scritti, non esageriamo. Personalmente faccio soltanto scritti da quindici anni, e tutti i colleghi che ho intorno fanno la stessa cosa. La verità è un'altra e cioé che il parametro "ti finanzio quanto più laurei in tempo" ha semplicemente distrutto ogni rigore universitario. Sui test alle scuole starei attento: non sono esami scritti, sono test chiusi, ovvero quiz, e valutare le conoscenze su questa base è impossibile. Ma tanto delle conoscenze non gliene importa più niente a nessuno...
I vantaggi del maestro unico:
1) Il maestro unico sarà (speriamo!) costretto ad una sana semplificazione didattica che favorirà la riconversione della scuola primaria in scuola elementare.
2) Con il maestro unico si assicureranno stabilità e continuità didattica. Finirà, infatti, il via vai di supplenti che coprono i numerosissimi posti vacanti avvicendandosi, se va bene, ogni anno, se no anche cambiando più volte nel corso dei mesi con conseguenze disastrose sui bambini.
3) Il maestro unico distribuirà in maniera più ragionevole il carico di lavoro a casa per gli alunni (con il team docenti spesso si fa a gara a chi ne assegna di più per sottolineare l’importanza delle proprie discipline. Oppure a volte non ci si rende neanche conto di esagerare visto che non si è da soli nella classe, mentre i bambini sono sempre gli stessi).
4) Il maestro unico potrà dire “io” entrando in classe e “miei” riferendosi agli alunni. Non c’è cosa più bella. Queste due parole, che ora è vietato pronunciare (pena l’accusa di pretendere di possedere i bambini, di voler primeggiare sugli altri docenti, di non rispettare la neutralità e il distacco deontologici), sono invece il segno di un legame umano che sta alla base di qualunque reale processo di apprendimento. Essere attaccati affettivamente porta a risultati migliori anche dal punto di vista professionale.
5) Probabilmente, siccome il team con cui accordarsi non ci sarà più, scompariranno come una benedizione dal cielo le due ore di pianificazione del lavoro, momento in cui si accumulano più mal di testa e arrabbiature di tutta la settimana, in cui si discute mai dei bambini e sempre del contorno ( progetti, feste, corsi di aggiornamento, circolari...), in cui devi districarti tra il mare magnum degli obiettivi da riportare sul registro dopo averli contrattati con gli altri del team e con gli insegnanti delle classi parallele (come se tutti i bambini di tutte le classi seguissero lo stesso ritmo!) e in cui infine si perde mezz’ora per inventarsi frasi roboanti per compilare il verbale. Poi torni a casa con il sangue avvelenato e il giorno dopo, come ogni mattina, ti alzi all’alba per pianificare veramente il tuo lavoro.
Un punto debole che potrebbe diventare una soluzione per i precari.
Il maestro unico, visto l’aria di risparmio che tira, si troverà dentro a classi di 27-30 bambini. Non si tratterà, già lo sappiamo, dei bambini timorosi ed obbedienti del passato, di cui ci raccontano le nostre colleghe anziane quasi si trattasse di una fiaba. La situazione continuerà ad essere sempre più complessa, ci si troverà ad affrontare le difficoltà più disparate: bulli, figli di divorziati, rom, figli di immigrati, portatori di handicap, svantaggiati, dislessici, disgrafici.
Invece, per lavorare bene assicurando a tutti il massimo della qualità, dovrebbe essere un imperativo categorico:
- la formazione di classi di 15, massimo 20 alunni,
- l’istituzione di classi speciali in cui mandare per un paio d’anni gli immigrati ad imparare la lingua e la cultura italiana
- la presenza massiccia e costante di insegnanti di sostegno, specialisti e assistenti sociali per ciascuno dei bambini con handicap, svantaggio, difficoltà di apprendimento, disturbo specifico dell’apprendimento (dislessia, diffusissima).
Non si tratta affatto di discriminare questi soggetti, ma di rispondere seriamente alle loro reali esigenze, evitando nel contempo di arrecare danni enormi a tutti gli altri, che avranno pure loro il diritto a stare di scuola come si deve!
Se queste diventassero le nuove condizioni della vita scolastica, i precari potrebbero salvare il lavoro in parte entrando in ruolo per il posto comune, in parte coprendo i posti deputati all’insegnamento specialistico della lingua inglese, in parte trovando impiego nelle classi speciali per gli stranieri o nel sostegno e nell’assistenza ai bambini in difficoltà.
Sono profondamente in accordo con quanto espresso dal signor Lucio Demeio, una delle poche voci fuori dal coro nel suo blog, professor Israel, e questo mi incoraggia a proporre il mio forse troppo lungo intervento per difendere me stessa, il mio lavoro e la categoria a cui appartengo.
Sono un'insegnante di scuola primaria, insegno in una scuola a tempo pieno di Bologna e sono profondamente indignata per la campagna diffamatoria e quasi persecutoria che il governo sta portando avanti contro gli insegnanti, servendosi a tal scopo di ogni possibile canale, dagli organi ufficiali di informazione, ben poco pluralisti in questo frangente, ai vari contenitori televisivi tipo “Questa domenica” di Paola Perego, in cui i problemi della scuola vengono mescolati al gossip, ai vari blog. La nuova linea dura nei confronti del corpo docente è stata peraltro confermata dalle recenti parole del ministro Brunetta: gli insegnanti percepiscono uno stipendio intero per un lavoro che, in effetti, è solo part time. Da questo punto di vista, allora, ben più colpevoli dovrebbero essere i docenti universitari, che, fra i docenti, sono quelli che guadagnano di più, hanno l'obbligo di un carico orario molto inferiore rispetto ai docenti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria, e devono far fronte ad un carico di responsabilità molto minore; ma tant'è, siamo un paese corporativo e ciascuno di noi cerca di difendere il proprio orticello, operazione dalla quale nemmeno il ministro Brunetta appare immune, visto che riveste l'incarico di professore ordinario di Economia del Lavoro presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Chiusa questa parentesi un po' polemica, vorrei iniziare il mio intervento con alcune precisazioni di carattere tecnico relative al funzionamento della scuola. Il tempo pieno è cosa completamente diversa dal tempo modulare. Nel tempo pieno infatti su ogni classe lavorano due insegnanti, con l'aggiunta dell'insegnante di religione cattolica, specialista la cui funzione non mi pare sia stata messa in discussione dalla signora Gelmini, e, se necessario, dell'insegnante di sostegno; esiste ancora lo specialista di lingua inglese, ma tale figura sta progressivamente scomparendo, visto che ormai molti insegnanti di classe sono in possesso dell'abilitazione per l'insegnamento della lingua straniera. Questi insegnanti si suddividono equamente la didattica delle varie discipline e si alternano alla mattina e al pomeriggio, proponendo un'organizzazione che garantisce un tempo scuola di 40 ore settimanali, 8 ore al giorno dalle 8,30 alle 16,30 dal lunedì al venerdì, mensa compresa. Per il funzionamento di un corso completo dalla classe 1^ alla classe 5^ occorrono quindi 10 insegnanti. Il tempo modulare invece necessita di tre insegnanti su due classi, per la 1^ e la 2^ elementare, e quattro insegnanti su tre classi, in 3^, 4^ e 5^ elementare, per un totale di 7 insegnanti per corso; tale modello garantisce un tempo scuola di 27 – 30 ore settimanali, con uno, due o tre rientri pomeridiani, dal lunedì al sabato o dal lunedì al venerdì. Mi pareva importante tale precisazione perché dagli organi di informazione e dalle parole dello stesso ministro Gelmini, emerge una notevole confusione e scarsa chiarezza.
Detto questo vorrei anch'io, come ha fatto il signor Lucio, parlare un po' della mia esperienza scolastica.
Ho frequentato la scuola elementare negli anni Settanta, con il maestro unico, con un orario scolastico unicamente antimeridiano (8,30 – 12.30 senza mensa dal lunedì al sabato) e con la possibilità, ovviamente a pagamento, di un doposcuola nel pomeriggio; nella civilissima e progreditissima Bologna, ho avuto anch'io esperienza, come il signor Lucio, di ben 12 insegnanti per le prime tre classi e di un maestro, che noi 33 bambini, tanti eravamo in classe, abbiamo avuto la sfortuna di avere stabilmente in quarta e quinta elementare. Dico sfortuna perché didatticamente non ci ha lasciato nulla (non saliva sulla pertica, come ho avuto modo di leggere nell'intervento commosso di un frequentatore del Suo blog, anche perché la mia scuola non aveva la palestra, non sapeva nulla di musica, insegnava pochissima storia, per lo più aneddotica, le ricerche di geografia sulle regioni italiane che ci assegnava per casa non sono mai state corrette, ecc..) e da un punto di vista umano ha commesso, a mio giudizio, molti errori, proponendo a noi bambini l'analisi di problematiche non certamente alla nostra portata: spendeva infatti moltissimo tempo in lunghi ed articolati discorsi sulla crisi energetica e sulle responsabilità in questo della moderna società, delineava scenari apocalittici su come si sarebbe evoluta la situazione internazionale nel giro di pochi anni e concludeva quasi sempre questi “comizi” facendoci sentire colpevoli della congiuntura internazionale e imprecando contro di noi al grido di “lavativi” e “mangiapane a tradimento”. Ovviamente l'epoca era ancora quella del "maestro che ha sempre ragione" e nessuno dei nostri familiari si è mai azzardato a protestare; in tal modo quella persona ha concluso la sua carriera in questo modo, rovinando l'infanzia ad altri bambini.
Si tratta ovviamente di una delle tante esperienze scolastiche, che non va in alcun modo generalizzata o assolutizzata, ma che è da considerare come un piccolo indizio di quale incubo possa diventare per un bambino un maestro unico di tal genere. Relativamente poi all'aspetto dell'apprendimento, il nostro maestro non appariva in alcun modo preoccupato del fatto che tutti o solo una parte di noi fossimo in grado di riprodurre ed applicare le tecniche e i contenuti che lui stesso ci trasmetteva e, d'altra parte, pretendere che con 33 bambini in classe potesse preoccuparsi anche di questo, appariva agli occhi di tutti i nostri genitori impossibile e irrealizzabile. Il risultato era quindi che progredivano nelle conoscenze solo quelli di noi che potevano contare sull'aiuto a casa o su capacità di apprendimento un po' superiori alla norma, mentre gli altri rimanevano, per così dire, al palo; della mia classe, non a caso, solo pochissimi, meno di una decina, hanno avuto una carriera scolastica di un certo successo e rari sono coloro che attualmente occupano posizioni professionali di rilievo.
Ultimo ricordo che vorrei riportare è relativo alla “selezione sociale” che veniva operata nella creazione delle classi. Ho ancora ben vivo il ricordo del fatto che, mentre la mia classe, composta per lo più da figli di operai quando non figli di nomadi e giostrai (già allora cominciavano ad essere accolti nelle scuole!), ha avuto esperienza di un vero e proprio carosello di insegnanti, la classe parallela, composta da figli di avvocati, medici e liberi professionisti, ha avuto lo stesso insegnante per cinque anni, poteva disporre di un pianoforte in classe e poteva contare su tutta una serie di ausili didattici a noi sconosciuti e per i quali alcuni di noi provavano una profonda invidia (io per prima!).
Tengo a ribadire che la mia esperienza è una delle tante esperienze, ma mi consenta di dire che uno dei problemi di tutto questo polverone che si è alzato intorno agli insegnanti sta proprio in questo: ognuno di noi ha avuto esperienza di scuola e ciascuno ne conserva un ricordo chiaro e preciso, alla luce del quale si sente perfettamente autorizzato a tradurre questa sua particolarissima esperienza in legge universale, procedimento questo profondamente errato da un punto di vista epistemologico, non sorretto da alcuna valutazione di ordine pedagogico (se non quella, velata da un alone di nostalgia e di buonismo, per cui “io ho avuto un maestro unico e sono stato bene”) e poco “politically correct”, soprattutto quando viene attuato dalle alte cariche dello Stato.
Altro aspetto che vorrei affrontare è quello della preparazione dei bambini della scuola primaria e, in generale, degli studenti della scuola italiana. Gli organi di informazione riferiscono continuamente i dati di statistiche che ci vedono come fanalino di coda in Europa e nel mondo sul piano della preparazione culturale, poi però, sul piano concreto, quando i nostri ragazzi si recano all'estero, anche nella tanto blasonata America, per viaggi di istruzione o per scambi culturali (e di questo ho avuto esperienza diretta ben prima che si sollevasse tutto questo polverone sulla scuola) si confrontano con coetanei che loro stessi giudicano “ignoranti”, che sanno poco di matematica, nulla di latino, conoscono solo pochissimi dettagli di storia, non comprendono alcun gioco di parole in cui siano chiamati in causa riferimenti culturali e svolgono negli ultimi anni di corso liceale programmi che loro stessi hanno affrontano nel corso del biennio di scuola superiore o addirittura alla scuola media. Posso parlare inoltre, sempre per esperienza diretta, della blasonata Scuola Internazionale di Ginevra, impostata, a scelta dell'utente (meglio dire del cliente, viste le rette!), sul modello anglosassone o sul quello francese: proprio nel modello anglosassone, in terza elementare non solo le tabelline sono un continente del tutto sconosciuto (personalmente le inizio a proporre, come del resto penso facciano tutti i docenti di scuola primaria, non certo alla materna, ma in seconda elementare sì!), ma si è ancora molto lontani dall'acquisizione del concetto di decina, argomento che nelle scuole primarie italiane viene affrontato normalmente al termine del primo quadrimestre della classe prima. Ovviamente i miei dati sono, appunto, semplici dati e non hanno la pretesa di essere statistiche, tuttavia ho il sospetto, e so quanto sto per dire farà molto arrabbiare un matematico come Lei, che i numeri che ci vengono propinati siano abilmente manipolati, strumentalizzati e utilizzati per veicolare immagini, visioni e punti di vista tutt'altro che reali ed oggettivi.
Un ulteriore aspetto su cui mi vorrei soffermare è legato all'iter che ha portato all'introduzione del tempo modulare e del tempo pieno.
Si legge spesso, e mi pare che tale posizione sia emersa anche all'interno del Suo blog, che la pluralità dei docenti è stata una scelta compiuta per far fronte alla disoccupazione degli insegnanti a fronte del calo demografico degli anni Ottanta e Novanta, per moltiplicare i posti di lavoro e per fare della scuola un ammortizzatore sociale. Vorrei precisare che, in realtà, i fatti non si sono svolti esattamente in questo modo. Il cammino che ha portato all'approvazione delle leggi n. 148 e n. 820, che hanno istituito rispettivamente il tempo modulare e il tempo pieno, è stato il prodotto di un processo di sperimentazione sul campo piuttosto lungo, realizzato tenendo presente alcuni elementi indiscutibili, cioè una società che stava mutando, un moltiplicarsi dei saperi a cui il docente “tuttologo” non poteva più far fronte e la richiesta pressante ed insistente da parte delle famiglie di un tempo scuola più lungo, e che aveva come presupposto i Programmi del 1985, ancora oggi un punto di riferimento apprezzato e forte nelle scuole primarie italiane. Mi pare, per la verità, che molte di tali questioni siano ancora oggi all'attenzione dell'attuale ministro, che ha promesso che non cancellerà il tempo pieno, ma che anzi lo potenzierà (deve però chiarire, ma chiarire sul serio alle famiglie come farà, orari dei bambini e degli insegnanti alla mano), che garantirà l'insegnamento della lingua inglese e che incentiverà l'uso degli ausili tecnologici; non a caso sono stati stanziati proprio nel mese di ottobre dalla signora Gelmini, qualcosa come 20 milioni di euro per l'acquisto di 11.000 lavagne interattive multimediali, collegabili a computer ed anche alla rete Internet, senza tenere conto però del fatto che molte scuole sono pressoché sprovviste di computer e che non dispongono di collegamento ad Internet.
Che dire quindi?
Il mio particolare punto di vista su tutta questa vicenda è questo: si vuole mascherare dietro fantasmagoriche motivazioni di ordine pedagogico e didattico (l'importanza dell'unicità del docente per bambini che molto spesso fanno esperienze familiari di due padri o due madri!) un'operazione che è solo di carattere economico-finanziario. Il ministro Tremonti, il grande manovratore di tutto, si trova a fare i conti con un bilancio disastroso e ha bisogno di risparmiare: perchè non iniziare dalla scuola?
Chiarito questo, penso però che per rispettare il lavoro onesto e faticosissimo di tanti docenti e per non ingannare le famiglie che, mai come ora, chiedono un tempo scuola lungo, vero e non semplici parcheggi magari a pagamento, bisognerebbe avere il coraggio e l'onestà di chiamare le cose con il loro nome e parlare chiaramente anche di problemi economici e non unicamente di docenti ignoranti, assenteisti o non meritevoli del loro stipendio, di ristrettezza di risorse e non solo di studenti ignoranti, di necessità di fare sacrifici, ma in vista di investimenti futuri sulla scuola pubblica. Di tale onestà finora, ahimè, non vedo però alcuna traccia.
Vuole sapere quale penso sarà l'effettivo esito di tale operazione che viene fatta passare per riforma della scuola? Forse qualche risparmio in termini di bilancio, sicuramente un servizio peggiore per le famiglie e, cosa ben più grave, la perdita da parte degli insegnanti della fiducia in stessi e nel significato del loro lavoro.
Cordialmente
Roberta Musolesi
Pubblico il suo lunghissimo messaggio ma mi lasci dire che non contiene nulla di sostanza. Per cui alla fine l'affermazione che tutto si riduce a questione economica è un'asserzione apodittica.
Nessuno - quantomeno non i demagoghi - attacca gli insegnanti. Piuttosto si mette in discussione il sistema educativo e i programmi. E su questo lei non dice una parola. Sono reduce dall'aver sfogliato un libro di mio figlio (elementari) pieno di educazione all'affettività, stradale, ecc. e sono confermato nel mio disgusto per questa didattica pezzente, ignorante, cialtronesca, che è la vera causa dello sfacelo della scuola. Provi a mettere in discussione tutto ciò, il modo indegno in cui si impone agli insegnanti di insegnare storia, matematica, geografia, e poi ne riparliamo. Oggi abbiamo l'insegnante plurimo per una didattica tuttologa che appiattisce le materie importanti sulle più insulse cialtronerie. Perciò, nessun attacco agli insegnanti: lei non immagina peraltro quanti insegnanti mi scrivono, e non soltanto qui, per lamentare la riduzione della scuola a questo indegno carnevale. Ma troppi evitano di parlare di contenuti, e preferiscono riempirsi la bocca di slogan sulle innovazioni didattiche, su Ocse-Pisa, e del gergo pedagoghese-didattichese, per poi concludere sul solito anatema contro Tremonti. (Salvo che quando i tagli li fa un Mussi nessuno fiata). Cerchiamo, per favore, di parlare da insegnanti. A me dei dati importa poco e non mi arrabbio di certo: la invito soltanto ad aprire gli occhi e - ripeto - a guardare a programmi di matematica come quelli indiani. L'acquisizione del concetto di decina - cara professoressa - è alla portata di un bambino di quattro anni, anche di tre, altro che della prima elementare! Dove si studia un numero al mese e se il bambino da mostra di andar oltre viene redarguito perché le tabelline si debbono conoscere soltanto in terza... Non creda che io non conosca quel che si fa alle elementari di matematica (e anche del resto). Lo conosco a menadito, ed è su questo che mi baso. Che in altri paesi occidentali vada anche peggio lo so benissimo, ma non è certo una scusa. Difatti, quel che sta accadendo è lo sfacelo della scuola occidentale che altri stanno ereditando.
Giorni fa un pedagogista, al termine di una discussione, se ne è uscito dicendo: "Il guaio è che tu, anche per aver figli alle elementari, sai come sono fatte". Una confessione più penosa e squallida del fatto che chi è responsabile di questo scandalo sa benissimo come stanno le cose ma cerca di nasconderlo per non essere chiamato a rispondere, non immaginavo di poterla sentire.
Non sarebbe meglio per un insegnante ribellarsi invece di accodarsi ai distruttori della scuola?
Per quanto riguarda i programmi, dovremmo davvero imparare dalla scuola dei paesi orientali o indiani e non solo per quanto riguarda la matematica. Quando leggo che non si è capaci di fare uscire dalle elementari bambini capaci di leggere adeguatamente in italiano, mi ricordo che i bambini cinesi e giapponesi escono dalle elementari capaci di leggere circa metà degli ideogrammi necessari per leggere i quotidiani. Quindi durante gli anni delle elementari imparano circa 800 ideogrammi e vari modi di leggerli, mentre la nostra scuola non riesce ad insegnare neanche il nostro limitato alfabeto e le nostre poche regole di lettura. Ora, presumendo che i nostri bambini non siano sottosviluppati, forse la nostra scuola elementare ha qualche mancanza. Come ha mancanze serie anche l'insegnamento delle scienze in tutti i gradi di insegnamento. Sto insegnando chimica in una terza superiore di un istituto tecnico ed i ragazzi non hanno conoscenze di fisica neanche basilari. Ovviamente non hanno neanche mai fatto chimica. Cioè due delle materie che dovrebbero essere la base dell'istruzione scientifica. Ma come è possibile arrivare in terza superiore senza avere mai fatto né chimica né fisica? Ma quali insegnamenti scientifici vengono impartiti precedentemente se anche la matematica viene trascurata? Sarebbe importante che ora ci si concentrasse sui programmi. Se vogliamo avere una scuola che dia risultati importanti nelle scienze, dobbiamo inserirle nei programmi. Altrimenti ci ritroveremo con le solite facoltà scientifiche deserte e con nugoli di immatricolati a scienze della comunicazione, attirati da una laurea che poi vale nulla. Una buona cosa che ho letto nelle bozze di programma (non so quanto attendibili però), è finalmente lo sdoganamento delle lingue extra-europee negli insegnamenti previsti. Sarebbe bello che ogni scuola potesse scegliere se attivare sezioni di cinese, giapponese, arabo o quello che sarà, ma senza vincoli. Perché oggi potrebbe essere utile il cinese, ma in alcune zone potrebbe essere più utile per l'hindi, per altre il giapponese. E una riforma non si potrebbe fare tutti gli anni.
Credo che il discorso sui contenuti vada visto da scuola a scuola. Ho seguito da vicino i miei figli alle elementari e francamente non trovo che i programmi siano cosi' male. La questione della geografia ridotta a questioni topologiche o della storia ridotta alla linea temporale non e' vera: questi concetti valgono per le prime lezioni, poi si parte con contenuti veri e propri; chi era Giulio Cesare e che cos'ha fatto, le catene montuose i fiumi e i laghi italiani od europei, etc. etc. La matematica, e' vero, continua ad essere insegnata piu' come un insieme di regole ed algoritmi da memorizzare piuttosto che come modo di ragionare; ma se questo aspetto e' molto presente alle elementari, dalle medie in su diventa dominante in modo deprimente. Poi ti arrivano all'Universita' con un cervello impostato su schemi del tipo "si puo' o non si puo' fare?" invece di ragionare sui concetti. Ma non per colpa delle elementari.
Lucio Demeio.
Certo, perché poi i bravi insegnanti "dissidenti" fanno quel che pare a loro, con somma ira dei pedagogisti... Ma quando seguono le indicazioni nazionali... Ma le ha mai lette? Come fa a dire che la questione della geografia ridotta a questioni tolopogiche etc. non è "vera"? Questo non lo direbbe neanche uno dei pedagogisti più accaniti.
Aggiunta: mio figlio è in terza elementare e di storia ha studiato soltanto gli uomini primitivi... di matematica sta ancora a fare addizioni e sottrazioni banali (salvo quello che gli facciamo fare a casa clandestinamente). Non parlo dei figli di amici che stanno ancora disegnando mappe del percorso da casa a scuola, in quarta elementare...
Qualcuno mi ha chiesto quale sia il fondamento della mia affermazione:
«I processi di formazione degli insegnanti (in particolare dei maestri) hanno visto un’espansione geometrica della parte dedicata alle materie psico-pedagogico-relazionali a discapito di quelle disciplinari, ridotte talora al 20% del curriculum».
Ci si chiede se esistano statistiche oggettive che la convalidino al di là delle impressioni personali.
Due commenti:
1) È davvero curiosa, e segno dei tempi, questa idolatria della statistica, come se non si sapesse quanto i dati vengono manipolati a piacimento e quanto dipendano da scelte soggettive nel modo di prelevarli, selezionarli e presentarli. Ma oltretutto la statistica non è una scienza esatta e oggettiva, forse non è neppure una scienza.
Ricordiamo la pungente frase di Vito Volterra:
"Su quale solida base giace la proposizione fondamentale della teoria degli errori? Eppure, tutti ci credono, disse un giorno il Lipmann al Poincaré, perché gli sperimentatori si immaginano che essa sia un teorema di matematiche, mentre i matematici ritengono che sia un fatto sperimentale."
2) In questo caso, la base dell'affermazione è molto più solida di qualsiasi statistica. Essa consiste semplicemente nei fatti. Si vadano a vedere gli ordinamenti delle Lauree in Scienze della Formazione delle varie università italiane e si calcoli la percentuale obbligatoria di materie disciplinari che uno studente deve seguire per diventare maestro. In certi casi siamo ben al disotto del 20%... Qualche volta vicini allo zero... Poi ci sono i corsi di laurea seri che rialzano la percentuale, ma quel che conta è che certe cose sia possibile farle.
mio figlio è in terza elementare e di storia ha studiato soltanto gli uomini primitivi... di matematica sta ancora a fare addizioni e sottrazioni banali (salvo quello che gli facciamo fare a casa clandestinamente)
In effetti, per quanto riguarda la storia, c'e' stato un cambio di marcia negli ultimi anni. Lo vedo, di nuovo, dall'esperienza dei figli. Mio figlio maggiore ha fatto le elemenari tra il 1999 ed il 2004, e di storia faceva tutto, dalla preistoria alle guerre mondiali del secolo scorso. Alle medie, ha iniziato dal Medioevo, per finire nuovamene con il XX secolo. Il mio secondo figlio, invece, segue ora la quinta elementare (siamo a cinque anni di differenza) ed il programma arriva fino al V secolo d.C. La conseguenza, pero', non e' che alla fine ne sapra' di meno, semplicemente non ripete quindici secoli di storia.
Sulla matematica, ripeto quanto ho gia' detto in altri commenti: si tende a trascurare la trasmissione dei concetti e della logica, e si insiste sulla ripetizione mnemonica delle regole. Pagine e pagine di divisioni con una cifra, poi con due, poi con tre, etc. Ma, devo dire, anche confrontando la "mia" esperienza con quella di amici e colleghi, molto dipende dall'insegnante. Penso, tutto sommato, che i miei figli siano stati fortunati, magari piu' di alcuni e meno di altri.
Lucio Demeio
x Giorgio Israel: il commento di Roberta Musolesi "non contiene nulla di sostanza" ? mi cadono le braccia. Se lei non vede nulla di sostanza in quel commento (e lei è uno dei consulenti del Ministro Gelmini) ... e più oltre sempre riferendosi a Roberta Musolesi: "si mette in discussione il sistema educativo e i programmi. E su questo lei non dice una parola" ???? Chi non dice una parola su questo è proprio il ministero, mi permetta. Ma poi: il ministero (e i massmedia) hanno chiesto agli insegnanti e alla associazioni di insegnanti di esprimersi sui programmi? E anche: il ministero (e i massmedia) sono in grado di recepire i pareri degli insegnanti e delle loro associazioni? Io credo proprio di no: i Panebianco, i Della Loggia, la Gelmini e lei stesso (scusi la franchezza) non mi sembrate propensi ad ascoltare se non i pareri di chi la pensa come voi... Quanto alla "scelta largamente condivisa dalla gente" di cui parla Barbara anche qui ho delle obiezioni da fare: quali informazioni per poter esprimere giudizi vengono date alla "gente" se nei media e nei talkshow passano sempre le stesse persone e non si ascoltano le voci degli insegnanti? comunque sia non sono poi così sicuro , cara Barabara, che certe scelte siano davvero "largamente condivise dalla gente".
E che vuol fare? Sarò un cretino... Il mondo è fatto così. E forse è per questo che vengo invitato da tante associazioni di insegnanti per tutta Italia, tanto che debbo rifiutare se no non combinerei più niente. Si vede che gli insegnanti sono masochisti e adorano parlare con chi non li ascolta. E io sono talmente vittimista che mi sento sempre più circondato dall'indifferenza, visto che nessuno mai ha replicato alle critiche che ho fatto alle Indicazioni Nazionali (morattiane e fioroniane, quali siano peggiori è tema per me affascinante) e che mi inducono (scandalo) a desiderare con tutto il cuore che vengano sbaraccati l'attuale sistema educativo e gli attuali programmi. E debbo essere pure un allucinato perché pensavo che nei media e nei talkshow (?) si sentissero soprattutto le solite vocine. La Repubblica, per esempio... Mi ero sbagliato.
Ma professor Israel, che si condividano o meno questa ed altre riforme del sistema educativo italiano (dalla materna all'universita') nel corso dei decenni, comprese le "innovazioni" morattiane, mussiane e gelminiane, mi pare evidente che sono sempre state fatte senza tener conto della voce del personale docente, senza consultarlo od ascoltarlo (se non forse in minima parte), non crede?
Lucio Demeio.
Ma - scusate la franchezza - che idee avete della democrazia? Che vuol dire "tener conto"? Naturalmente non si può tener conto di quello che dicono i singoli, sono troppi. Si tiene inevitabilmente conto delle aggregazioni: associazioni, sindacati, organi di stampa associativi e pareri di quelli che contano di più per prestigio, ecc.
Un buon legislatore dovrebbe dotarsi di consulenti capaci di captare questi pareri, di ascoltare, ecc. e, sulla base di quanto questi propongono, decidere - a meno che lui stesso non sia un "competente". Ma alla fin fine, si decide, e poi giudicheranno gli elettori. La democrazia consociativa o assembleare è un ossimoro, roba da buttare al secchio, perché lascia spazio soltanto a chi strilla di più, o passa il suo tempo a far politica militante.
Nei decenni passati l'università è stata gestita dai gruppi di pressione accademici e i risultati si sono visti: le uniche cose ragionevoli, come il meccanismo di assunzione a liste di idonei è stato messo da parte a favore dell'assurdo meccanismo concorsuale locale. Ecc. Sull'università domina il Cun, che sarebbe salutare abolire. In tal senso, la voce del personale docente ha pesato, eccome, ma in modo sbagliato.
Per quanto riguarda la scuola, chi ha avuto il peso determinante, quasi esclusivo, è stato il sindacato, assieme a una serie di associazioni "culturali" del genere Cidi. Tutti costoro hanno trovato rappresentanza di esperti in un nucleo di pedagogisti che si sono succeduti con poche varianti ai vertici ministeriali negli ultimi quindici anni, sempre gli stessi, inutile fare i nomi, li conoscete.
Quindi, se riteniamo che sindacati, associazioni "democratiche" e pedagogisti "progressisti" siano rappresentativi degli insegnanti, il personale docente ha contato eccome, anzi ha comandato. Se invece ritenete che la realtà del mondo docente sia più complessa e che la sovrapresenza sindacale sia una stortura, allora non è così. E siete d'accordo con me... Infatti, io credo che sia stata soffocata, intimidita, terrorizzata la voce di migliaia di insegnanti che non accettavano questa dittatura falsamente rappresentativa, di stile soviet. E ne ho le prove.
Ascoltare significa non soltanto sentire le solite voci di chi strilla di più, ma anche le tante voci di chi rappresenta il malessere della scuola, significa raccogliere elementi di ogni tipo, non soltanto statistiche ma valutazioni di contenuti, esaminare i programmi, ecc. ecc. E poi assumere delle decisioni.
Non sono affatto certo che le cose andranno bene. Vedremo. L'importante è che ognuno faccia la sua parte abbandonando una volta per tutte i vecchi stili falsamente democratici.
l'idea che ho io della democrazia è che non si debba a procedere a colpi di decreto in una riforma scolastica ampiamente osteggiata proprio da chi nella scuola ci lavora e ci vive. Mi sembra una cosa completamente sbagliata quella di voler imporre le cose in questo modo. Le promesse fatte da sinistra e destra in campagna elettorale erano di aumentare gli investimenti nel campo della scuola e della ricerca, ora si fa tutt'altro. Passano anche sotto silenzio massmediatico anche decisioni assurde come quella, presa quest'estate dal ministro Gelmini, di esautorare l'astrofisico Bignami dalla presidenza della Agenzia Spaziale Italiana per sostituirlo con un oscuro ingegnere di nomina prettamente politica. Le sembra una democrazia completa quella in cui solo pochi addetti al lavoro conoscono queste cose e i media non ne parlano? si è mai chiesto quale percentuale dei media italiani è posseduta dall'attuale capo del governo? si è mai chiesto come mai nei Tg (le vere corazzate sono quelle, altro che i giornali letti da pochissimi in Italia) si parla così poco del processo Mills? Olmert in Israele si è dimesso per molto, molto meno e difenderà le proprie ragioni davanti ai giudici. Noi qui invece proponiamo leggi che aboliscono reati o che immunizzano gli imputati. Dobbiamo poi subire passivamente tutto ciò che viene fatto da questo governo solo perchè una minoranza televisiva di elettori gli ha dato una maggioranza in parlamento? Se c'è da far sentire la nostra voce è ora, non tra cinque anni. Io intervengo in modo polemico in questo blog proprio perchè rispetto l'intelligenza di chi ci scrive e di chi lo legge. Che poi io, qui, sia minoranza non importa.
Che vuol dire che una minoranza "televisiva" ha dato una maggioranza in Parlamento? La maggioranza elettorale è tale e basta. Se avesse vinto il centro-sinistra sarebbe stato accettato il risultato o no? (Da me certamente sì). "Televisiva" vuol dire di imbecilli rintontiti dalla televisione e antropologicamente inferiori? O che?
mi pare di averle chiarito con i due punti (Mills e Bugnami) a cui non ha risposto cosa intendo per "minoranza televisiva". E' televisiva perchè ha la televisione come unica fonte di informazione ed è minoranza perchè non mi risulta che il centrodestra abbia avuto piùà del 50% dei voti. Ha ovviamente diritto a governare, ma se a colpi di decreto prende decisioni di questo tipo spero che si abbia ancora il diritto di opporsi. Lei invece sembra pretendere che si debba tutti stare zitti e buoni. C'è molta gente che, indipendentemente dagli schieramenti politici, si oppone a provvedimenti che giudica sbagliati. Le ho fatto l'esempio del possesso dei media perchè qualcuno (Barbara) ha scritto che il governo ha "il largo consenso della gente". La "gente" che i media mostrano in TV è quella convinta che gli insegnanti lavorino poco e siano troppo pagati. Salvo poi farli diventare degli eroi quando succede che qualche studente caratteriale li prenda a pugni. Decidetevi: siamo dei lazzaroni o siamo degli eroi?
Che chi vota il centro destra abbia come unica fonte d'informazione la televisione è un'affermazione che ha un fondamento nullo, è semplicemente un pregiudizio. Non è l'esercito degli ebefrenici, mentre l'altra è l'esercito dei raziocinanti. Questa è il complesso di superiorità della sinistra antropologica "antipatica" (Ricolfi) che la porta sistematicamente alla rovina.
Il ricorso ai decreti legge l'ha fatto ogni governo, quelli di sinistra non meno di altri, semplicemente perché il sistema è barocco e va riformato. Questo non giustifica nulla, ma non si può protestare quando lo fa qualcuno e tacere quando lo fanno gli amici.
(Come all'università di tace quando Mussi taglia le risorse del 20% e poi si strepita come ossessi quando lo fa la Gelmini: un po' di coerenza, diciamo pure di dignità).
DecideteVI chi? Noi "gente televisiva"? Intanto io non sono politicamente organico a niente, ho collaborato anche con Fioroni. Sono un insegnante anch'io e non penso che "siamo" ("siete") o lazzaroni o eroi: "siamo" ("siete") un po' lazzaroni un po' eroi, come tutti gli altri italiani. Prendendo l'esempio specifico: eroe è certamente il professore di Novara, lazzaroni sono quelli che non l'hanno sostenuto. Eroi sono quelli che cercano di insegnare senza piegarsi ai conformismi, quali che siano. Lazzaroni sono quelli che hanno dettato ai bambini delle elementari i proclami contro il governo. Lazzaroni sono quelli che dicono che l'anno prossimo gli esuberi saranno messi a lavorare negli uffici postali. Ecc.
Chi pretende che si debba stare zitti e buoni? Ma okkupare le scuole con i bambini, andare in piazza a bruciare grembiulini e a urlare in modo belluino slogan violenti, esibire foto del ministro con una pistola puntata alla tempia, approfittare della propria posizione di pubblico ufficiale per propagandare scioperi, e cose analoghe, è roba da lazzaroni. Come è da lazzaroni ripetere come dischi rotti che il centro destra vuole distruggere la scuola migliore del mondo, senza neanche tentare di articolare un discorso di replica a chi sostiene il contrario. Per esempio, lei invece è persona che argomenta (anche se non mi convince), e quindi non si comporta da lazzarone (come certi sindacalisti o politici).
Mi scuserà se non farò altre repliche per un po'.
solo due osservazioni e poi finisco anch'io: 1) ho forse detto che chi vota il centrodestra ha come unica fonte di informazione la televisione? io ho detto che una gran parte degli italiani ha come unica fonte di informazione la televisione e chi possiede le televisioni può quindi esercitare un'influenza molto grande. 2) lei non capisce che chi protesta ora contro l'abuso dei decreti ha protestato anche in passato. A me non importa nulla di destra o sinistra, mi importa che chi si trova al governo non possegga anche i mezzi di informazione come succede in tutti i paesi civili del mondo occidentale e come NON succede in Italia. Con mr. Brlusconi siamo a un potere mediatico che in Europa ha forse il solo Putin in Russia.
Mi sembra che si sia usciti dal terreno della discussione per entrare in quello della polemica. Purtroppo, l'argomento scuola ed educazione e' uno di quelli che hanno necessita' di un accordo globale per essere oggetto di riforma, altrimenti succede quello che e' gia' successo altre volte: ad ogni cambio di governo si cancella (tutto o parte di) quello che e' stato fatto dal governo precedente e si cambia. Con grave danno per il sistema, alunni, studenti e docenti a tutti i livelli. L'unico modo per evitarlo, e per introdurre regole e percorsi stabili e duraturi e', appunto, di cercare un consenso ampio, non solo tra le forze politiche, ma anche all'interno della societa' civile. Ed anche con il rischio di impiegarci molto piu' tempo. E' il decreto-legge lo strumento piu' adatto per fare cio'?
Lucio Demeio
Non ho nessuna intenzione di fare polemica per la polemica ma, in questo momento, dopo aver visto i quaderni di mio figlio, con la maestra che ha dettato "col cavolo" e l'altra maestra "plurima" che ha spiegato alla lavagna (in terza elementare!) che cos'è il metodo scientifico... che consisterebbe nell' "osservare un metodo"... va bene si è sbagliata, doveva dire un fenomeno, comunque era una cosa sbagliata, soprattutto è assolutamente grottesco parlare di cose simili - ah, la metodologia - prima di parlare di fatti. Per favore, se vogliamo avere un atteggiamento costruttivo su queste faccende, guardiamo la realtà in faccia. L'unica cosa seria che si può fare è rimboccarsi le maniche per spianare a zero il disastro che è stato fatto con il rullo compressore e ricominciare daccapo. È una questione di emergenza nazionale. È una questione di senso di responsabilità.
Il Prof. Demeio le scrive un post contenente una seria e pacata riflessione sui pericoli dei continui cambiamenti di regole sul mondo della scuola.
Lei risponde come un qualsiasi uomo della strada portando l'esempio dei suoi figli e concludendo con un ancor piu qualunquistico "facciamo tabula rasa di tutto ciò che è stato con un bel rullo compressore".
Non le sembra di offendere l'intelligenza del Prof. Demeio e degli altri partecipanti al suo blog?
Gentile professore
Mi scuserà in anticipo se intervengo da perfetto incompetente sul tema: faccio il commercialista e quindi ho qualche attenuante. La scorsa estate ho letto il suo libro sui Nemici della scienza (approfittando del sonnellino pomeridiano dei mio piccolo, che ha 2 anni) alla ricerca di qualche ulteriore buon motivo per disapprovare Odifreddi: ne avevo già moltissimi di mio, sfortunatamente non ne ho trovati altri di significativi. Pur essendo io nettamente anti – berlusconiano leggo volentieri (quando posso) i suoi commenti, con i quali sono quasi sempre in disaccordo più o meno netto (ove sia in condizioni di esprimere un giudizio, ovviamente, cosa che non posso fare su questioni tipo i test PISA etc.).
Non la tedierò oltre anche perché Lei si è già diffuso ampiamente nell’argomentare, né ovviamente ho molto tempo per interloquire perché debbo lavorare (anche se confesso che mi piacerebbe). Quindi mi limito ad un rilievo: è a tutti evidente che la c.d. riforma Gelmini sarà approvata così com’è e non vi è nessuna ragionevole possibilità che le varie proteste, scioperi etc. possano minimamente scalfire la decisione governativa. Né d’altro canto nessuno tra i sostenitori (politici o intellettuali che siano) della legge Gelmini valuta anche solo meramente possibile che una qualche piccola buona ragione possa esistere anche tra i sostenitori del c.d. modulo, quindi mi pare che non ci sarà allo stato alcuna possibilità di una mediazione sul tema. Sono quindi personalmente rassegnato a che ci saranno a breve classi di 30 bambini (ivi compresi bambini immigrati senza conoscenza d’italiano e disabili) affidate ad un solo insegnante e questa sorte toccherà tra qualche anno anche al mio piccolo. Però (nonostante non ho letto nulla di ciò sul suo blog) sono convinto che perfino a Lei la cosa possa suscitare (di per sé e a prescindere da tutto il resto di cui Lei è convinto: programmi, sindacati comunisti, etc.) un briciolo di perplessità.
Poiché mi pare ovvio che per lo spazio che ottiene sui giornali della destra Lei ne è un intellettuale ascoltato, nel caso in cui ritenesse almeno parzialmente inopportuno il fatto di classi così numerose affidate ad un solo insegnante, sarei grato se vi esponesse pubblicamente tale rilievo. Nel caso avesse già provveduto mi scuserà se mi è sfuggito: normalmente non li compro.
Cordialità
Stefano Zanetta
A Dorina. Non mi sembra affatto e ritengo di pubblicare qui già abbastanza interventi che offendono la mia.
A Stefano Zanetta. La sua deduzione che vi saranno classi di 30 insegnanti del tipo che descrive è perfettamente gratuita e infondata. L'insegnante "unico", in realtà prevalente, sarà accompagnato da diversi altri insegnanti (inglese, musica, disegno, motoria). Si tratterà solo di ridurre una serie di attività superflue ed eccessivamente frantumate. Oggi le elementari sono un emporio in cui c'è tutto e di più. È stato ripetutamente detto che non ci sarà aumento del numero nelle classi e del tempo pieno. Ma tanto parlare non serve a niente.
Non sono un militante di destra. Scrivo su giornali come Libero o Il Foglio, perché gli altri non mi danno spazio, ma quando me lo danno (come è accaduto con Il Messaggero e il Riformista) sono pronto a farlo. Ma tanto è inutile dire anche questo. In questo paese chi critica il comunismo è fascista (e viceversa). E la sua lettera trasuda semplicemente antipatia, ma questo risulterà perfettamente normale alla precedente interlocutrice.
Perche' mai uno deve andare a caccia di motivi per disapprovare qualcuno (Odifreddi in questo caso)? Se lo conosce a sufficienza, si faccia un parere, altrimenti vada a caccia di motivi per approfondirne la conoscenza, poi decidera'. Si tratta di un personaggio sufficientemente controverso per stimolare qualunque tipo di reazione; io stesso ne ammiro alcuni aspetti ma non altri (ma forse non e' questa la sede per parlarne).
Per Dorina:
Ringrazio del messaggio, ma non penso sia necessario che lei accorra in mia difesa, posso tranquillamente farlo da solo. Tanto piu' che spetta a me sentirmi offeso o meno, e non lo ero proprio. Per quanto riguarda il riferimento ai figli, e' un riferimento che ho fatto io stesso piu' volte, ed e' normale che tra genitori che ci confronti anche riportando le proprie esperienze personali. Anzi, spesso valgono piu' quelle di tanti altri discorsi teorici o astratti, forse perche' ci toccano di piu'.
Sempre cordialmente,
Lucio Demeio.
Grazie. Anche per il contributo alla civiltà della discussione. Non pretendevo certo di enunciare una teoria generale esponendo una reazione a un fatto avvenuto. Ma anche queste cose contano, e troppe cose nella scuola di oggi portano all'esasperazione. Dell'università meglio non parlare...
Gentile professore
ringrazio per la risposta, atto non dovuto verso chi trasuda antipatia.
1) Prendo atto che secondo lei non sussiste alcun rischio che vi siano classi di 30 bambini: ne sono felice perchè la cosa non mi sarebbe piaciuta affatto; sarei grato se mi indicasse i riferimenti legislativi alla base di tale affermazione, se ve ne sono; ho da più parti letto che non sarebbe stato così ed evidentemente sono stato vittima della guerriglia propagandistica. E’ evidente che non vi è più alcuna ragione di scrivere alcunché. Resta fermo il mio completo dissenso sull’eliminazione del modulo, ovviamente.
2) Prendo atto che vi saranno anche insegnanti (specialisti, immagino) di disegno e di motoria: di questo non avevo letto nulla.
3) Ho letto da più parti che l’insegnante specialista di inglese sarà gradualmente soppresso incentivando l’insegnamento di lingua da parte dell’insegnante prevalente, con l’attivazione di corsi di formazione ad hoc. E’ così? Se sì non mi sembra una buona idea.
4) Avevo invece inteso che ci sarebbe stato un aumento del tempo pieno: lei sostiene il contrario, anche di questo prendo atto, farò una ricerca sul punto.
5) La questione fascismo - comunismo è parzialmente fuori tema e peraltro di non eccelso significato, non reputo utile replicare per non trasudare una involontaria ulteriore antipatia.
Analogamente per la sua militanza politica, argomento mi pare un po’ estraneo al tema della riforma della scuola, e per il riferimento ad Odifreddi (anche con riferimento al post del Prof. Demeio).
Cordialità
Stefano Zanetta
Io mi riferisco alle affermazioni del ministro, ribadendo una volta per tutte che non ne sono il portavoce.
È evidente che nessuno chiederà all'insegnante prevalente di fare ginnastica... e tantomeno inglese. Quantomeno questo posso dirlo in piena conoscenza di causa: nessuno sta pensando a fare corsi di formazione ad hoc. È una leggenda metropolitana. Nel messaggio precedente ho saltato una parola: "non ci sarà aumento del numero nelle classi e diminuzione del tempo pieno". Anzi, come lei dice, il ministro ha parlato di aumento.
Il dissenso sul modulo deve basarsi su argomenti.
Quanto alla mia militanza politica, non sono io che ho sollevato il tema, bensì lei mi ha definito come intellettuale ascoltato dalla destra e ha parlato delle mie opinioni sui comunisti.
Gentile professore
ringrazio per la risposta, replico brevissimamente per dire che ad oggi l’insegnante di team insegna motoria: quindi quando lei scrive che «È evidente che nessuno chiederà all'insegnante prevalente di fare ginnastica» presuppone che ci saranno cambiamenti rispetto alla realtà attuale? Analogamente per il disegno?
Osservo poi brevemente che nel post di Barbara 10/12/2008 08:32:00 AM si affermava testualmente quanto segue: “Il maestro unico, visto l’aria di risparmio che tira, si troverà dentro a classi di 27-30 bambini. Non si tratterà, già lo sappiamo, dei bambini timorosi ed obbedienti del passato, di cui ci raccontano le nostre colleghe anziane quasi si trattasse di una fiaba. La situazione continuerà ad essere sempre più complessa, ci si troverà ad affrontare le difficoltà più disparate: bulli, figli di divorziati, rom, figli di immigrati, portatori di handicap, svantaggiati, dislessici, disgrafici.”
La deduzione “che vi saranno classi di 30 insegnanti del tipo che descrive” (sua precedente risposta) nasce credo anche da questo post: l’avevo presa per buona anche perché Lei stesso aveva parlato in termini elogiativi della persona che lo scriveva così dicendo «Di passaggio: consiglio vivamente la lettura del commento di Barbara [presumo la stessa] al mio articolo su "la rivoluzione pedagogica che fabbrica le teste vuote".» 3:03 PM
Anche per Barbara dovrebbe valere che siano affermazioni ‘perfettamente gratuite e infondate”, quindi.
In tema di modulo è evidente che il mio dissenso andrebbe argomentato: se vorrà sfidare la mia incontrollata antipatia (tempo di lavoro permettendo) e se possibile sarò lieto di scriverle qualche modesta opinione.
In relazione alla militanza politica non credo di aver mentito dicendo semplicemente che Lei è un intellettuale ascoltato dalla destra: do per scontato che ciò non costituisca un insulto di cui risentirsi (cosa per me ovvia, e forse anche per molti che dalle sue idee dissentono).
Cordialità
Stefano Zanetta
Gentile professore
A seguito della sua precedente risposta ho fatto una breve ricerca ed ho riscontrato che nello ‘Schema di piano programmatico del MIUR’, quindi un documento ufficiale di fonte governativa che riassume gli obiettivi della Legge Gelmini, la seguente affermazione (pag. 7) «L'insegnamento della lingua inglese è affidato ad un insegnante di classe opportunamente specializzato. Si dovrà prevedere, pertanto, un piano di formazione linguistica obbligatoria della durata di 150/200 ore attraverso l'utilizzo, come formatori, di docenti specializzati e di docenti di lingua della scuola secondaria di I grado. I docenti in tal modo formati, saranno preferibilmente impiegati, già dall'anno scolastico 2009/2010, nelle prime due classi della scuola primaria e saranno assistiti da interventi periodici di formazione.»
Poiché lei nella sua precedente risposta ha scritto che «È evidente che nessuno chiederà all'insegnante prevalente di fare ginnastica... e tantomeno inglese. Quantomeno questo posso dirlo in piena conoscenza di causa: nessuno sta pensando a fare corsi di formazione ad hoc. È una leggenda metropolitana.» chiedo se può darmi qualche delucidazione sull'evidente equivoco.
Cordialità
Stefano Zanetta
Mi scusi, "insegnante di classe opportunamente specializzato e formato sulla base di un piano di formazione linguistica obbligatoria", vuol dire insegnante di inglese. Io ho scritto che non c'è alcuna idea di formare gli insegnanti prevalenti a insegnare inglese, ginnastica ecc. ovvero a insegnare tutto. Difatti, qui si parla di insegnanti opportunamente specializzati.
Gentile professore
mentre mi è ben chiaro il contenuto della sua risposta rilevo che nella relazione tecnico illustrativa allegata al già citato ‘Schema di piano programmatico del MIUR’ (in Italia Oggi 16/9/08) si legge (punto 3)che ‘L’insegnamento della lingua inglese dovrà essere affidato all’insegnante della classe opportunamente specializzato’.
Parrebbe quindi inequivoco dal tenore letterale del testo l’esatto contrario di quello che lei sostiene: cioè che si persegua l’obiettivo di affidare all’insegnante prevalente, una volta specializzato, anche l’insegnamento dell’inglese (con la conseguente soppressione dei c.d. insegnati specialisti di lingua inglese, ivi esposta).
Tale opinione è ripresa anche dall’inserto sul maestro unico della rivista Tuttoscuola (reperibile sul sito) nel quale si legge «Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, il docente, cosiddetto unico, non sarà solo. Sarà frequente che sulla “sua” classe insistano sia l’insegnante di religione sia quello della lingua inglese, rispettivamente per due e per tre ore settimanali, lasciando al maestro unico 19 delle 24 ore di docenza settimanale. Sarà dunque più corretto chiamarlo docente prevalente. Se uno dei due specialisti esterni di Irc o L2 non ci sarà, perché il relativo insegnamento lo gestirà direttamente il maestro “unico” competente in materia e autorizzato o specializzato, il maestro unico potrà arrivare a coprire 21 o 22 delle 24 ore settimanali della classe.»
Tale scelta, peraltro, mi parrebbe coerente (se si può dire così di un provvedimento che reputo incoerente da capo a piedi) con l’obiettivo indicato nello Schema MIUR di supportare il ‘bisogno di una figura unica di riferimento con cui l’alunno possa avere un rapporto continuo e diretto'.
Cordialità
Stefano Zanetta
Senta, io non ce la faccio più, con tutta la disponibilità. L'insegnante della classe "opportunamente specializzato" in inglese in italiano vuol dire l'insegnante di inglese. Anche Tuttoscuola parla di "insegnante di inglese" (SIC) e ipotizza (IPOTIZZA) che, SE non ci fosse tale SPECIALISTA toccherebbe a un insegnante prevalente SPECIALIZZATO in inglese. Il che è quanto dire che istituzionalmente c'è l'insegnante di inglese, e un eventuale carenza non sarebbe comunque coperta con un insegnante qualsiasi ma con uno specializzato.
Ma a lei non interessa questo, interessa soltanto che ci siano i maestri a moduli. Non le importa nulla che non siano specializzati in niente, com'è adesso, visto che oggi è possibile diventare maestri senza neanche aver fatto un corso di matematica e di storia. Quindi oggi abbiamo tanti insegnanti clonati che non sanno niente, più che un insegnante prevalente preparato accompagnato da insegnanti di inglese specializzati che, nel caso - paventato da Tuttoscuola - non siano disponibili saranno comunque insegnanti appositamente formati, come ora non è: gli insegnanti di matematica e di italiano attuali non hanno alcuna specializzazione di matematica e di italiano. Casomai non lo sapesse si informi sulle lauree di SFP.
Ma dispero di perforare i suoi pregiudizi, per cui la discussione per me finisce qui.
Mi scuso se riprendo la diatriba sulla lingua inglese, ma, a parte le inutili speculazioni sull'"estinzione" degli specialisti peraltro avviata dal ministro Fioroni, vorrei far notare che a partire dalla terza classe una delle tre ore di L2 prescritte dalla nornativa è dedicata alla cultura inglese, ragion per cui i bambini studiano per un intero anno usi e costumi del Regno Unito, poi, in quarta, quelli degli Stati Uniti ed infine nel corso della quinta approfondiscono lo Stato australiano. Nessuno si è domandato quanto questo abbia senso dal momento che le ore destinate alla geografia generale e del nostro Paese sono solamente due? Io insegno da più di trent'anni e non ho mai faticato tanto e reso poco come da quando sono stati introdotti i moduli, perciò non posso che essere d'accordo con il ritorno del maestro unico, o stellare che dir si voglia. Le propongo questa mia breve analisi sui pro e i contro dell'organizzazione modulare, pubblicata su un altro blog. Complimenti per il suo articolo, che ho molto apprezzato, soprattutto per il riferimento agli altri Paesi europei,argomento che la sinistra ovviamente evita accuratamente di sollevare.
"Ecco perchè sono favorevole al maestro unico"
Premetto che nutro parecchi timori sull'attuazione del decreto Gelmini sul cosiddetto "ritorno" al maestro unico, perché una cosa è aumentare gli organici come fu fatto negli anni '90 ( e non ci sono dubbi che l'operazione fu di tipo sindacale a fronte del peggior calo demografico del secolo), tutto un altro paio di maniche è invece un’operazione di riduzione dei posti.
Quindi, se si procederà senza buon senso, potrebbe rivelarsi un cambiamento davvero pesante per le aspettative di chi ha investito tempo e risorse confidando in un posto di lavoro nella scuola primaria.
Sarebbe però opportuno che l'opinione pubblica si rendesse meglio conto dei termini della questione.
In che modo l'organizzazione modulare aumentò di circa il 40% gli organici della scuola elementare? Semplicemente ampliando il tempo scolastico dei bambini da 24 a 27/30 ore, alle quali andarono aggiunte le ore della mensa e del gioco del dopo pranzo. Siccome non era possibile rendere obbligatorio il tempo pieno (allora molto mal visto da un gran numero di famiglie che preferiva seguire privatamente i propri figli nel pomeriggio), anche per l'alto costo in termini di personale (due insegnanti per ogni classe), si partorirono gli attuali "moduli".
In condizioni ottimali questo tipo di organizzazione prevede due classi "parallele", cioè due prime, due seconde, ecc., seguite da tre insegnanti che si suddividono gli ambiti.
Naturalmente ciò comporta alcuni benefici: qualche ora di contemporaneità dei docenti per seguire i bambini con problemi di apprendimento, aver la possibilità di effettuare uscite didattiche (durante le visite guidate infatti per legge il rapporto insegnante / alunni non deve essere superiore ad 1/15), poter in qualche modo "specializzarsi" su di un solo ambito disciplinare anziché occuparsi di tutte le materie, condividere la responsabilità delle classi con i colleghi, essere stimolati al confronto ed alla condivisione.
(In realtà la trovata della “specializzazione” è stata un po’ un bluff, perché un docente di scuola primaria non riceve una formazione “disciplinare”, ma di tipo didattico-educativa generale , tant’è che è prevista un’unica classe di concorso e ogni maestro è abilitato all’insegnamento di qualunque materia, ad eccezione della lingua straniera. Infatti nel corso della carriera di ciascuno di noi cambiare ambito è ovviamente all’ordine del giorno.)
Purtroppo però le condizioni ottimali non sono la norma. Vi faccio alcuni esempi.
Molte scuole hanno una sezione a tempo pieno, quindi non si possono organizzare moduli orizzontali tra classi parallele. Lo stesso dicasi per le scuole di paese che normalmente hanno solo 5 classi. Ecco quindi comparire i moduli in verticale: un modulo, ad es., tra la prima e la seconda con tre insegnanti, ed un altro modulo tra le tre classi rimanenti con quattro insegnanti. Il cosiddetto modulo 4 su 3 pone enormi problemi nel fare gli orari, chi è dell'ambiente lo sa, ma non è qui il caso di annoiare con dettagli tecnici.
E veniamo agli effetti collaterali.
Come si sa anche nella scuola esistono lavoratori a part-time: ed ecco che i quattro insegnanti diventano cinque. Spesso il 5^ insegnante che completa la cattedra è a “scavalco” tra diverse scuole, per cui le cose si complicano. Forse non tutti sanno che da quando l’inglese è materia obbligatoria anche nella scuola primaria, esiste un certo numero di docenti specialisti che insegnano solo la lingua inglese ruotando su diverse classi, ed anche costoro quasi sempre lavorano a scavalco. Lo stesso vale per gli insegnanti di religione e per quelli di sostegno.
Risultato: quando, come in questi giorni, ci si ritrova a dover mettere a punto gli orari non è raro trovarsi a dover “intrecciare” le ore di molte scuole diverse. Non ci si meravigli, quindi, di scoprire che per far quadrare il tutto (compresi certi diktat normativi o sindacali, quali il divieto di riunire le ore di inglese di una classe nella stessa giornata, la raccomandazione che un insegnante non abbia troppe “ore buche” o faccia troppi pomeriggi rispetto agli altri…) si finisca per scambiarsi di anno in anno le materie o per costringere i bambini a fare musica alla prima ora e matematica al pomeriggio.
Alcuni pedagogisti ritengono che allungare il tempo scolastico agevoli il processo di apprendimento. La maggioranza degli insegnanti pensa esattamente il contrario: al pomeriggio i bambini sono sfiniti, incapaci di prestare attenzione e di rimanere seduti. Insomma, non rendono. Avrebbero il sacrosanto diritto di riposare, di giocare a pallone, di dedicarsi a ciò che più amano. Purtroppo le nostre scuole non sono campus americani: se la palestra c’è, è una sola e REGOLARMENTE è utilizzata anche dalle scuole limitrofe che ne sono sprovviste. Per cui anche al pomeriggio tutti seduti appassionatamente. Già, perché le aule sono spesso minuscole e sovraffollate.
Dimenticavo la moda del sabato libero. I genitori gradiscono molto avere i figli con sé il sabato mattina, sia perché non debbono alzarsi per accompagnarli a scuola, sia per qualche gita o ritrovo famigliare. OK. Non tutti sanno però che le scuole che, grazie all’autonomia, propongono la settimana corta con tre o quattro pomeriggi scolastici lo fanno per aumentare il loro organico: più pomeriggi significa più ore di “non lezione”, dedicate a mense e gioco, quindi più ore di docenza da richiedere al Provveditorato. (Di solito sono i dirigenti che spingono, mentre i docenti protestano).
Esiste poi un effetto collaterale particolarmente subdolo, i cui sintomi vengono individuati solo da occhi particolarmente attenti ed allenati.
Per accorgersene bisogna mettersi nei panni di un bambino e poi in quelli di un insegnante.
Alcuni l'hanno definito effetto della "precoce secondarizzazione della scuola primaria".
Facciamo l’esempio di un caso abbastanza frequente: nella stessa classe ci sono “quella di italiano”, “quella” di matematica, “quella” di storia e geografia, “quella” di informatica, “quella” di inglese, “quella” di religione, l’insegnante di sostegno statale che si alterna all’ educatore comunale, e adesso ci possono essere anche “quelle” delle attività opzionali!
Non c'è dubbio che con questo tipo di organizzazione gli orari si complichino e i tempi si irrigidiscano, ma soprattutto è certo che manchino figure di riferimento, a scapito della continuità e della coerenza educativa. I bambini più attrezzati, quelli cioè più maturi, più dotati o più seguiti, ce la fanno comunque. I bambini più fragili, meno autonomi, quelli che hanno famiglie meno capaci e meno presenti, risultano penalizzati.
Con tutta la buona volontà del mondo un insegnante non ce la fa a risultare completamente efficace in simili condizioni. Abbiamo bambini piccoli, dai sei agli undici anni!
Lavorare su due o tre classi significa avere a che fare con cinquanta, settanta alunni…Ma quale individualizzazione dell’insegnamento è praticabile in tali condizioni? Quanta attenzione può essere data ai diversi stili di apprendimento, alle modalità soggettive di relazione, alle problematiche psicologiche di ciascuno, quanta attenzione in sostanza può essere accordata alla singola “persona”?
Non credo sia un caso se l'esempio italiano non è stato seguito da nessun altro in Europa, mentre invece il nostro modello di integrazione dei bambini disabili sta riscuotendo successo e in molti paesi europei si comincia ad abbandonare la soluzione delle scuole speciali. Nel resto d'Europa c'è un solo insegnante per classe, affiancato però spesso da specialisti di lingua straniera, ed. fisica e musica.
Spero che il ministro Gelmini riesca a realizzare una riforma graduale e seria, che non escluda una certa pluralità di presenze educative per arricchire l'esperienza scolastica, ma che garantisca ai bambini un punto di riferimento fermo e chiaro.
Ho alcune domande. Sto seguento con molto interesse il suo Blog e sto cercando di capire, di avere una visione il meno ideologica possibile, di guardare i fatti.
Ho alcune semplici domande:
1) i futuri maestri pur facendo una facoltà dove matematica è esame opzionale (grave) non sono comunque più preparati dei precedenti che venivano dalla scuola magistrale ? Non è bene forse proporre una riforma di Scienze della Formazione ammettendo però che l'esistenza di questa facoltà è già un qualcosa di positivo (da migliorare) che va nella giusta direzione?
2) i futuri docenti della scuola superiore, pur proveniendo da SSIS molte delle quali impostate male (ma non tutte!!) non sono almeno più preparati dei precedenti prof. i quali senza alcune esperienza venivano "gettati in classe" senza avere nessuna previa esperienza?
Gli stessi docenti della SSIS dovendo superare (da laureati) un test di ammissione selettivo in proporzione quasi quanto un dottorato (mi riferisco ai dati della SSIS del lazio) non dimostrano anche loro di avere come minimo buone conoscenze di base
Il Tirocinio presente nella SSIS + una infarinatura di discipline come pedagogia e psicologia (per quanto sono d'accordo con lei dovrebbero essere limitate) non era una buona cosa da mantenere ? Le "semplici" conoscenze non sono già impartite attraverso la normale Laurea?
In questione quindi non sono le conoscenza da impartire ma il come impartirle? Non è forse vero che "Sapere infatti non è sapere insegnare" ?
Non è d'accordo anche lei?
3) Non crede che del mestiere di insegnante dovrebbe essere considerato non solo il numero di ore scolastiche (che equivale ad un part-time) ma anche il numero di riunioni+preparazione delle lezioni + correzione dei compiti ?
Se fosse un mestiere così facile come si spiega il problema del bourn-out della professione docente (+ alto, secondo le statisiche, di quello molti lavoratori di ufficio che fanno 40 ore settimanali)?
4) Se la riforma Gelmnini è una razionalizzazione vuol dire che i soldi vengono spesi meglio non è vero? Il che vuol dire che TUTTI i soldi che si risparmieranno tagliando insegnanti e "bidelli" verranno investiti da subito in aumento degli stipendi, laboratorio, incentivi ai docenti èiù capaci, corsi di aggiornamento e quant'altro? Mi conferma questo ? O non è, come mi sembra di capire, che solo una parte dei soldi risparmiati verrà reinvestita? Il termine più esatto non sarebbe dunque "TAGLIO"?
5) Se i prof sono una categoria così "scassata" e con "poca voglia di lavorare" non sarebbe più prudenziale mantenere il team di insegnanti almeno fino a quando dopo un adeguato periodo di corsi di aggiornamento il livello degli stessi è aumentato? Perchè se è vero che sono così scarsi non sarebbe assolutamente la presenza di insegnanti per aumentare la possibilità che mio figlio incontri almeno un insegnante decente (non so quanto Bossi ne capisca di matemantica.. ma quando ha detto che "con più insegnanti è + probabile che almeno uno sia buono decente" forse ci ha preso non trova? )
6) Non constata la più totale mancanza di ricerca didattica relativamente all'insegnamento di materie scientifiche al livello di scuola media e superiore? E' sicuro che i corsi della SSIS peggiori sono proprio quelli di area pedagocica? Lei ha insegnato alla SSIS e non so come era il suo corso... ma si rende conto che la ricerca didattica non può essere portata avanti da professori universitari e basta che quando li senti fare le loro proposte di insegnamento VERAMENTE si capisce che non si rendono conto che propongono cose impossibili ?
Non sarebbe sensato investire in strutture come quelle di altri paesi (dove chi fa la SSIS è PAGATO dallo STATO e dove esistono strutture in cui professori universitari di didattica delle diverse discipline sono affiancati da figure di insegnanti-ricercatori che cercano di sperimentare alcune modifiche nell'insegnamento).
7) Perchè non esce mai fuori che il vero problema dell'insegnamento in italia è l'esistenza degli insegnanti MONADI che lavorano ognuno per conto suo senza mai confrontarsi (alle elementari sono è prevista questa cosa) ?
Lei lo sa che se c'è un professore X molto bravo in una scuola dopo 35 anni quando lui va in pensione tutto questo si perde?
Non è forse questa la prima e vera razionalizzazione degli spreci da fare? Impedire che questo bagaglio positivo vada perso?
Mi sembra che in paesi come il giappone i prof. sono pagati per fare ore in cui si incontrano tra loro tra discipline comuni per lavorare ogni anno su un tema.
Si immagini tutti i docenti matematica che riflettono insieme (pagati dallo stato) su come insegnare meglio un anno i limiti,l'anno dopo le derivate, l'anno successivo gli integrali e questo tutta la loro carriere. Aggiungiamo l'idea che il risultato di queste loro riflessioni e sperimentazione nelle classi sia messo per iscritto in modo da rimanere tra i documenti della biblioteca della scuola (come appunto fanno in giappone).
Non sarebbe questa l'unica vera razionalizzazione della scuola ? NON DISPERDERE L'ESPERIENZA POSITIVA DI TANTI DOCENTI ?
la ringrazio delle sua eventuale pubblicazione e per le sue eventuali risposte.
Continuerò a seguire il Blog in maniera critica.
Chi ha mai detto che gli insegnanti sono dei lavativi? È il contrario. I migliori insegnanti sono gli anziani, coloro che continuano a studiare e a riempire i vuoti lasciati dalla pessima preparazione attuale, coloro che non danno retta ai fanatismi pedagogistici, coloro che sanno cosa significa essere maestri anziché facilitatori.
1) Non sono per niente più preparati dei precedenti. Per niente. Ha mai visto cos'erano le prove di concorso di 30 anni fa? Quale maestro di oggi sarebbe in grado di superarle? Certo che occorre fare una riforma.
2) Idem. Non sono d'accordo. Si impara a insegnare andando a bottega e non seguendo le prescrizioni a tavolino degli specialisti del "saper insegnare".
3) D'accordo, purché cancelli "riunioni". Fosse per me, sopprimerei gli organi collegiali.
4) Non ho risposta in merito. Spero che non siano meri tagli.
5) Per niente d'accordo per i motivi già detti. L'argomento probabilistico - mi permetta - è ridicolo. Allora facciamo un team di 20 insegnanti... Inoltre il team esiste solo in Italia. E i risultati si vedono...
6) Assolutamente sì. I corsi SSIS peggiori sono quelli a più alta componente metodologica. Ma si rende conto di quale pretesa pazzesca sia insegnare a insegnare sul nulla, seguendo il principio che "già si sa" e quindi non bisogna ampliare più le conoscenze? Come se non si dovesse studiare tutta la vita...
7) I rapporti e gli scambi sono fondamentali. Ma non credo per niente nel lavoro di gruppo paritario. Si è rivelato un disastro in ogni ambito. Il lavoro collaborativo deve fondarsi sulla presenza di un "maestro", ovvero di uno che ne sa di più, che ha più esperienza e che guida e insegna. Una società senza maestri e discepoli si avvia a morire e la scuola non è basata sulla democrazia. Scusi la brutalità, ma è ora di affermare con forza questo principio.
Le esperienze positive si trasmettono valorizzando l'apporto e l'esperienza di tanti insegnanti di valore, magari impiegandoli anche dopo la pensione, apprendendo da loro come insegnare, non coinvolgendoli in attività collegiali in cui tutti sono alla pari, e anche un moccioso presuntuoso e senza esperienza si permette di pontificare di quello che non sa.
RISPETTO PER I MAESTRI. Questo è il precetto fondamentale per non disperdere l'esperienza positiva di tanti docenti, non quello di affogarli nel nullismo sindacalistico degli organi collegiali e della burocrazia. Quindi d'accordo, purché in questa cornice.
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