io non leggo molto i giornali. Non ne ho il tempo. Non so quindi se questa mia affermazione è veritiera oppure no. Da quel po’ che leggo sul web (ad esempio questo blog), che vedo alla TV e che sento alla radio, mi pare di potere dire che, a proposito dell'istruzione, il problema considerato attualmente il più grosso sia “maestro unico, si”, “maestro unico, no”. Dei problemi dell’università pare che non se ne interessi nessuno, se non chi ci lavora dentro. In quest’articolo Lei fa un cenno fugace alle modalità concorsuali di reclutamento ma tutto il resto ….. E’ evidente che la debolezza del mondo universitario sta nel non avere dietro sindacati che la difendono, non che mi auguri che avvenga la sindacalizzazione anche dell’università, ma è un dato di fatto, siamo una categoria poco coesa. Non siamo stati capaci di rigettare una 3+2 che non piaceva a nessuno (Ricordo bene le proteste e le obiezioni). Della cultura importa solo a pochi, e questo è notorio, ma della “rivoluzione” che deriverà dai tagli all’università non pare che se ne voglia parlare molto. A detta di qualche “esperto” una delle conseguenze non potrà che essere l’aumento delle tasse universitarie. Il problema dovrebbe quindi riguardare tutti, giacché oramai il numero di diplomati che prosegue gli studi è cresciuto tantissimo. Perché allora se ne parla così poco?
Se fossimo stati fortemente sindacalizzati il 3+2 sarebbe passato più velocemente ancora... Quanto alle tasse universitarie, sarebbe un dovere elementare aumentarle. Abbiamo le università più economiche del mondo, l'equivalente di una pizza con birra alla settimana. Siamo un paese culturalmente maleducato, in cui si ritiene normale spendere 150 euro per una scarpa sportiva griffata e uno "spreco" 20 euro per un libro. Se le università potessero definire le tasse con maggiore libertà, si potrebbe chiedere conto di quel che fanno anziché sovvenzionarle a pié di lista e vincerebbe l'offerta migliore.
Prof. Israel, sa vero che con questa frase lei si è attirato le ire di coloro che le diranno che vuole creare un'università "per pochi", "solo per ricchi", "ricreare privilegi medievali" e via discorrendo?
Oramai sono uscito dal mondo universitario e mi sembrerebbe troppo comodo dire che lei ha ragione tout court (qualcuno mi potrebbe obiettare che è comodo dare ragione a qualcuno quando non si paga), ma mi ricordo bene le lezioni del primo anno quando quelli che non avevano voglia di fare assolutamente NIENTE facevano un baccano maledetto, occupavano i posti inutilmente e, addirittura, lanciavano le gomme da masticare ai "secchioni della prima fila" (dopo la prima sessione di esami si erano però decisamente ridotti... ero ad ingegneria). Forse, se avessero dovuto pagare un pelo di più ci avrebbero pensato 2 volte... Ma solo forse...
Non scandalizzatevi leggendo questo commento, ho semplicemente troppe gomme da masticare attaccate ai maglioni...
Universita' per pochi, ... universita' per ricchi,... universita' poco o tanto sindacalizzata, ...
E se si avesse il coraggio di dire "Universita' per i piu' bravi"? Magari con esami di ammissione, ma senza "combine" dovute a rapporti di parentela, familiare o accademica!! Con aiuti (statali!!) per coloro che si trovano in difficolta' economica, e senza via di scampo per i figli di un medico o di un avvocato potente ma con scarse capacita'?
Proprio così. Università per i più bravi con tasse adeguate. Con robuste borse di studio per chi è bravo e ha bisogno. Senza raccomandazioni e senza sindacati, e distacchi sindacali.
Gentile Prof. Israel, Quando penso alle tasse universitarie e ai cosidetti privilegi non posso fare a meno di pensare che io mi sono laureato in matematica, pagandomi le tasse andando a lavorare come magazziniere nei mesi estivi, cosa che oggi non molti studenti sarebbero disposti a fare. Forse più sull'aumento delle tasse occorrerebbe focalizzarsi sulla meritocrazia e sulla scuola superiore vero banco di prova per l'università. Sempre per mia esperienza personale della mia classe delle vecchie scuole medie su 18 persone io sono stato l'unico laureato, al liceo su una classe di 31 persone alla fine siamo usciti in 15 e nessuno ha mai avuto nulla da ridire. Resto dell'opinione che non è che per forze tutti devono andare all'università, così come resto dell'opinione che i figli degli avvocati non devono per forza diventare avvocati. Se un giovane non ha voglia di fare, che sia figlio di o no. lo si manda a lavorare in catena di montaggio, avrà tempo di capire i suoi errori. Tuttavia rimarco il fatto che in un paese in cui nessuno ha voglia di imparare, l'educazione e la formazione di alta qualità resteranno sempre dei traguardi troppo difficoltosi da raggiungere. zerocold
Io credo che il vero nocciolo della questione non sia quello di toccare le tasse universitarie.
Così come in assenza di un Authority forte e seria non è affatto automatico che liberalizzando le tariffe si avvantaggi il consumatore, e lo dimostrano i nostri canoni su telefono e internet, allo stesso modo prevedo che un'Università con la tassazione studentesca svincolata finirebbe per spremere le famiglie a partire da un posizione di monopolio incontrollato.
In fondo, oggi le tasse universitarie di un ateneo sono bloccate al 20% del suo budget annuale. La media nazionale è 18%: quale ateneo ha provato, faccio un'ipotesi volutamente molto fantasiosa, a tenerle al 10% per rubare migliaia di iscritti agli atenei più costosi, e quindi recuperare per altra via maggiori fondi statali? Nessuno.
In assenza di vincoli, allo stato attuale delle cose, si assisterebbe semplicemente a un innalzamento delle tasse. E ciò porterebbe il diritto allo studio indietro di 50 anni, con le occasioni di formazione vincolate al reddito. Infatti, ad oggi non valutiamo gli studenti dei licei, non abbiamo metodi per scovare i migliori talenti e mandarli a studiare nelle migliori università. L'unico fattore di giustizia sociale che abbiamo in questo ambito sono appunto le tasse universitarie basse. Triste da constatare, se vogliamo, ma si deve essere onesti su questo punto.
Dicevo che il nodo non sono le tasse. Secondo me il nodo è la totale assenza di valutazione, che di fatto impedisce qualsiasi scelta razionale e fondata in ambito di politiche universitarie.
Nessuno sa nulla del lavoro svolto nelle università! Se un ricercatore/professore produce articoli di qualità, se forma giovani capaci di trovare lavoro o di fare ricerca, se ottiene fondi europei o finanziamenti privati, se, insomma, fa il suo lavoro oppure no, bene, non c'è ministro o rettore o preside di facoltà che lo sappia e lo possa premiare. Non c'è un meccanismo che metta a disposizione di questo bravo professore/ricercatore dei finanziamenti per assumere nuovi ricercatori o professori, che gli permetta di controllare delle borse di dottorato, che lo premi con l'avanzamento della sua carriera.
Insomma, non c'è valutazione dei singoli e, a cascata, dei dipartimenti, delle facoltà, degli atenei.
Leggo molti proclami dall'attuale governo in tale direzione, ma finora cosa è successo? I tagli della 133 sono a pioggia. Il blocco del turn-over cancella settori di ricerca per puro demerito statistico: dove ci sono molti docenti anziani, se pur bravi, scompare un gruppo di ricerca, e non lo si può ricreare. Questa è la negazione della meritocrazia!
Quindi, prima si mettano in piedi meccanismi di valutazione adatti alle varie discipline e ai vari campi di ricerca. Tutto il mondo lo fa, da decenni, non può diventare un problema farlo in Italia. E solo allora avremo un quadro chiaro di come e dove intervenire.
La ringrazio per il suo blog che rappresenta un'opportunità di confronto su questi temi cruciali.
Francesco Maggi, Ricercatore, Università di Firenze
Sono d'accordo con Francesco, vorrei pero' anche aggiungere una cosa: bisogna anche trovare i meccanismi per responsabilizzare le persone; vale a dire, se io "recluto", nel mio dipartimento o facolta', persone di scarso valore o che si impegnano poco, e lo faccio perche' ci sono conoscenze o raccomandazioni - sia anche in forma "mild" o innocente - poi DEVO PAGARE, pagare in termini di fondi per la ricerca o turnover del personale.
Caro professore, non condivido nella maniera più assoluta quanto lei dice sulle tasse universitarie. Le racconto la mia storia. La farà riflettere. Ho conseguito la maturità scientifica con il massimo dei voti nell'anno 1999; iscrivendomi all'università ho potuto usufruire di una borsa di studio che comprendeva anche il servizio di vitto e alloggio. Ma, causa una depressione, il primo anno non sono riuscito a sostenere esami, e dato che la concessione di aiuti economici è prevista in base al merito e non al reddito, ho perso la possibilità di accedere alle sovvenzioni. Una malattia mi avrebbe fermato: mio padre lavorava in campagna a 25 euro al giorno, non era pensabile andare avanti. Eppure sin dalla prima elementare ero sempre stato un alunno modello, cui gli insegnanti avevano dato giudizi del tipo "possiede un'intelligenza cronologicamente superiore alla media". Io e i miei genitori non abbiamo voluto demordere. La città del sud in cui ho studiato permetteva di pagare affitti non esorbitanti. Trovai un posto letto in una casa vecchissima, senza riscaldamenti, con il bagno e i pavimenti che non venivano rifatti dall' epoca mussoliniana, al costo di circa 80 euro al mese (era il 2000; faccio il passaggio dalle lire). Una cosa che mi ha permesso di andare avanti è stato il fatto che con il mio merito zero riuscivo nonostante tutto a pagare solo 300 euro di tasse all'anno (queste sì, per fortuna, livellate in base al reddito). Oggi sono laureato; come sempre nella mia vita ho raggiunto il massimo dei voti e credo fermamente che l’università pubblica debba essere finanziata dallo Stato, che se trova i soldi per il ponte sullo Stretto, se trova 140.000.000 di euro per l’amico Scapagnini, dovrebbe trovarli anche per qualcosa di più importante. Professore, la sinistra non dice bugie... Combatte contro l'idea elitaria della scuola che hanno i pensatori di destra, e contro le sciagurate posizioni sull'educazione dei politici della destra che neanche pensano. La scuola dev'essere di tutti, prof. Israel, ricchi o poveri, in salute o in malattia. A proposito di bugie della “sinistra” e di scuola come un costo da tagliare, questa mattina Italo Bocchino affermava che non ci saranno licenziamenti nella scuola. Ma chi ha un briciolo di senno capisce che bloccare il turn-over perché l' "azienda" scuola è in perdita, significa non assumere per i prossimi tre anni 140.000 persone, e cioé "licenziare" i lavoratori possibili del prossimo triennio prima ancora che siano assunti. Chi dice più bugie? E inoltre, non una parola sui programmi. Ciò che interessa è tagliare, e lo si fa sull'educazione dei nostri giovani, mentre di ridurre i costi della politica stranamente non si parla più, i parlamentari resteranno nel numero di mille, perché la casta non si tocca. Distinti saluti
L'ho scritto e argomentato in tutti i modi possibili e immaginabili e quindi non ho voglia di ripetere questi argomenti. Ribadisco solo che vera scuola di classe l'ha creata la sinistra negli ultimi trent'anni, con la sua gestione come ammortizzatore sociale e con l'egualitarismo. Questa è la scuola di classe elitaria... quella in cui tutti vanno avanti ma coloro che vanno avanti davvero sono i figli dei ricchi e degli acculturati. Gli altri si beccano il livello miserando e dequalificato dell'attuale insegnamento. Vi piace così? Bene. Ognuno si contenta come può. La scuola degli anni cinquanta era molto più democratica di questa. E la sinistra che non dice bugie... fa soltanto ridere.
Posso essere d'accordo sull'egualitarismo, su alcuni residui del Sessantotto che hanno rovinato la scuola, posso rievocare Pasolini che dopo i disordini di Villa Giulia vedeva i "proletari" nei poveri meridionali della forze dell'ordine, e non nei figli di papà che occupavano le aule universitarie avendo le spalle ben parate... Posso finanche citare una canzone degli Afterhours sulle false ideologie di sinistra di alcuni miei coetanei o adolescenti; si chiama "Sui giovani d'oggi ci scatarro su" e recita: "come pararsi il culo e la coscienza è un vero sballo sabato in barca a vela lunedì al leonkavallo l'alternativo è il tuo papà sui giovani d'oggi ci scatarro su"; tutto ciò per dimostrare che non sono un partigiano coi paraocchi. Ma quel suo titolo così esplicito sulle bugie della sinistra mi sembrava un voler fare di tutta l'erba un fascio. Come se la verità fosse invece tutta altrove. Che l'università pubblica debba finanziarsi con le tasse di chi non le potrà pagare non lo trovo giusto, così come trovo ridicolo parlare di "sponsor" per la scuola e di manovra-"manutenzione". Il fatto che lei citi il prof. Canfora, pensatore di sinistra, sul "vaniloquio pedagogico" delle ssis mi fa pensare che quella mia impressione sul suo conto di cui parlavo supra debba essere corretta. Volevo aggiungere una piccola considerazione. Leggo Repubblica e ne riconosco la perzialità, quindi posso ben comprendere le riserve che un uomo di scienza come lei, il quale parte da opinioni nettamente differenti, nutre nei confronti di questo quotidiano. Ma leggo talvolta anche il Giornale (non una sola campana sente chi vuol essere critico nei confronti della realtà), e devo assicurarle che la testata di Giordano, oltre a sembrarmi di una parzialità senza limiti,mi pare manifesti spesso una certa ostilità preconcettà e maleducata nei confronti di chi la pensa diversamente. La ricerca delle pose fotografiche più buffe dei leader dell'opposizione è cosa risaputa. Ma l'altro giorno ho notato un fatto ancor più grave. Si parlava del pubblico che applaudiva ad una conferenza del prof. Galimberti come di un "pubblico lobotomizzato che legge solo Repubblica". Io non credo di essere lobotomizzato. Ecco,sono certo che questa maleducazione non la troverò mai, in Repubblica. Non crede come me che sia un atteggiamento indegno di qualsiasi giornalista? Ps La ringrazio per le sue cortesi e puntuali risposte. Sono la stessa persona che tempo fa le scrisse dell'ipotesi del cancellamento del latino da alcune sezioni dei licei scientifici. Continuo come allora ad apprezzare il suo blog. A presto
Posso essere d'accordo sull'egualitarismo, su alcuni residui del Sessantotto che hanno rovinato la scuola, posso rievocare Pasolini che dopo i disordini di Villa Giulia vedeva i "proletari" nei poveri meridionali della forze dell'ordine, e non nei figli di papà che occupavano le aule universitarie avendo le spalle ben parate... Posso finanche citare una canzone degli Afterhours sulle false ideologie di sinistra di alcuni miei coetanei o adolescenti; si chiama "Sui giovani d'oggi ci scatarro su" e recita: "come pararsi il culo e la coscienza è un vero sballo sabato in barca a vela lunedì al leonkavallo l'alternativo è il tuo papà sui giovani d'oggi ci scatarro su"; tutto ciò per dimostrare che non sono un partigiano coi paraocchi. Ma quel suo titolo così esplicito sulle bugie della sinistra mi sembrava un voler fare di tutta l'erba un fascio. Come se la verità fosse invece tutta altrove. Che l'università pubblica debba finanziarsi con le tasse di chi non le potrà pagare non lo trovo giusto, così come trovo ridicolo parlare di "sponsor" per la scuola e di manovra-"manutenzione". Il fatto che lei citi il prof. Canfora, pensatore di sinistra, sul "vaniloquio pedagogico" delle ssis mi fa pensare che quella mia impressione sul suo conto di cui parlavo supra debba essere corretta. Volevo aggiungere una piccola considerazione. Leggo Repubblica e ne riconosco la perzialità, quindi posso ben comprendere le riserve che un uomo di scienza come lei, il quale parte da opinioni nettamente differenti, nutre nei confronti di questo quotidiano. Ma leggo talvolta anche il Giornale (non una sola campana sente chi vuol essere critico nei confronti della realtà), e devo assicurarle che la testata di Giordano, oltre a sembrarmi di una parzialità senza limiti,mi pare manifesti spesso una certa ostilità preconcettà e maleducata nei confronti di chi la pensa diversamente. La ricerca delle pose fotografiche più buffe dei leader dell'opposizione è cosa risaputa. Ma l'altro giorno ho notato un fatto ancor più grave. Si parlava del pubblico che applaudiva ad una conferenza del prof. Galimberti come di un "pubblico lobotomizzato che legge solo Repubblica". Io non credo di essere lobotomizzato. Ecco,sono certo che questa maleducazione non la troverò mai, in Repubblica. Non crede come me che sia un atteggiamento indegno di qualsiasi giornalista? Ps La ringrazio per le sue cortesi e puntuali risposte. Sono la stessa persona che tempo fa le scrisse dell'ipotesi del cancellamento del latino da alcune sezioni dei licei scientifici. Continuo come allora ad apprezzare il suo blog. A presto
Sono una persona libera e quando qualcosa non mi piace la critico da qualunque parte provenga. Io ce l'ho con quel ha fatto e quel che sta facendo la sinistra sulla scuola. Ma non ho mai taciuto le critiche più nette nei confronti del ministero Moratti (che conservò tutti i consulenti del precedente ministero). Se ha la pazienza di guardare su questo blog o sul mio libro troverà tutto. Incluse le critiche a colui che contribuì in modo decisivo alla sfascio: D'Onofrio, ministro del primo governo Berlusconi. Ma non dica che certe maleducazioni non le troverà mai su Repubblica! Io stesso ne sono stato vittima, quando quel giornale ha pubblicato insulti da querela nei miei confronti da parte di Odifreddi ("collaborazionista di un sito parafascista") e si è rifiutato di pubblicare una mia lettera di protesta, a meno che non accettassi di tagliarla come volevano loro, per cui ho dovuto pubblicarla altrove.
E vai!!! Hanno "riempito le piazze"! (ed ovviamente ottenuto un feedback mediatico impressionante!)
Domanda: i lavoratori hanno diritto di sciopero? Risposta: ASSOLUTAMENTE SI!!! Se non altro perché mettono sull'altro piatto della bilancia il loro stipendio!
Domanda: gli studenti hanno diritto di sciopero? Risposta (con una domanda): cosa mettono sull'altro piatto della bilancia?
Mah... Sono fiero di non aver mai fatto, nella mia esperienza liceale, buffonate tipo scioperi, autogestioni, ecc...
Esagero? Chiedete ai manifestanti, a campione, se conoscono la riforma Gelmini!
E aggiungiamo questa. Che stanno partendo centinaia di fax e di mail diretti a Napolitano perché non firmi il decreto Gelmini per manifesta incostituzionalità. E quale sarebbe questa incostituzionalità? Che, per la prima volta nella storia repubblicana, si fa una riforma della scuola senza consultare il mondo della scuola e... i pedagogisti. Proprio così... E il tam tam che spinge a scrivere i messaggi dice che così il Presidente capirà dove sta la "vera" volontà del popolo italiano. Non conta chi ha votato, non conta il Parlamento. Conta chi va in piazza e spedisce fax... E poi parlano di morte della democrazia.
Da vari anni a questa parte, non passa settimana, quasi, che non ci sia uno sciopero degli insegnanti indetto da qualche sindacato, o un’assemblea sindacale, e nell’istituto ove insegno (ma anche, a quanto mi risulta, in tanti altri), qualche giorno prima dello sciopero, passa una circolare in cui si avvertono le famiglie degli studenti che, a causa di uno sciopero sindacale, non si assicura per quel giorno il regolare svolgimento delle lezioni. I docenti che non scioperano, quindi, trovano in quel giorno classi con pochi allievi, e non potendo andare avanti col programma didattico, sono costretti a far trascorrere in qualche modo quelle ore scolastiche. Attualmente, io sono iscritto ad un sindacato che si definisce “autonomo”, ma sono, a mia volta, autonomo all’interno dello stesso sindacato, in quanto le volte che ho aderito ad uno sciopero (quello attuale è il mio 19° anno di servizio) si potrebbero contare sulle dita di una mano (anzi, di mezza mano), e così per le volte che ho partecipato a un’assemblea sindacale (ovviamente, solo quando si è svolta nel mio giorno libero). L’impressione personale è, infatti, che la gran parte di questi scioperi sortisca scarsi effetti positivi riguardo a un effettivo miglioramento della scuola nel suo complesso, e anzi, per i motivi esposti prima, provochi spesso una fastidiosa interruzione dell’attività didattica. Non mi si fraintenda: il diritto di sciopero dei lavoratori è legittimo, ma è un’arma a doppio taglio. Del resto, da quando sto partecipando alle discussioni sul blog del prof. Israel, mi sono accorto che difende meglio lui gli insegnanti di qualunque sindacato. Inoltre, per quanto detto prima a proposito delle classi quasi vuote nei giorni di sciopero, non si può negare che gli studenti siano ottimi sostenitori dei docenti…
Mi rendo conto che la frase del mio precedente commento: “Del resto, da quando sto partecipando alle discussioni sul blog del prof. Israel, mi sono accorto che difende meglio lui gli insegnanti di qualunque sindacato” potrebbe dare adito, nonostante il contesto fosse abbastanza chiaro, a interpretazioni diverse, e cioè:
- si può intendere la frase in senso ironico, come se io avessi voluto criticare il prof. Israel per le sue idee sulla scuola e, in particolare, sulla figura dell’insegnante (espresse in questo blog), affermando che egli avrebbe operato una sorta di “lavaggio del cervello” dei lettori per convincerli che lui sarebbe il vero esperto dei problemi scolastici, in opposizione alle varie teorie pedagogico-didattiche avallate da “esperti” e sindacalisti vari;
- si può intendere la frase in senso letterale, cioè: sono convinto che le idee espresse dal prof. Israel sulla scuola e, in particolare, sulla figura dell’insegnante (presenti in questo blog e, ad esempio, nel suo recente libro “Chi sono i nemici della scienza?”) siano valide, sicuramente più adeguate di quelle generalmente espresse da vari “esperti” del settore.
Ebbene, solo lettori un po’ maliziosi possono aver pensato alla prima interpretazione, non certo il prof. Israel, che mi conosce abbastanza bene e, di sicuro, non ha avuto dubbi sul senso che il sottoscritto voleva dare a tale frase. Sono, infatti, d’accordo con lui sul fatto che molti dei mali del nostro attuale sistema d’istruzione dipendano, molto sinteticamente: a) sul versante del profitto scolastico, dall’aver spostato l’attenzione su asettiche metodologie e vuote competenze invece che su corpose conoscenze (“è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”…); b) sul versante della disciplina scolastica, da una parte dall’aver privilegiato un’eccessiva “democratizzazione” - o meglio, “demagogizzazione” - della scuola, dall’altra dall’aver operato una sorta di “aziendalizzazione” del sistema d’istruzione, con l’insegnante trasformato in “gestore” del servizio e gli studenti (e rispettive famiglie) trasformati in “utenti” del servizio stesso, il che ha portato a uno svilimento e a una perdita di autorevolezza della figura dell’insegnante, con conseguenti derive “bullistiche” (più o meno gravi) da parte di alcuni studenti. Penso altresì che pochi come lui abbiano esplicitato con chiarezza le cause fondamentali di molti disagi del nostro attuale sistema d’istruzione. Inoltre, sono anche convinto, dopo una quasi ventennale esperienza di insegnamento con giovani dai 14 ai 20 anni, che, al di là di considerazioni puramente teoriche, sia fondamentale il rapporto umano concreto che si instaura tra il docente e gli allievi, rapporto che va rivissuto e “reinventato” quotidianamente e richiede, molto spesso, che docenti ed allievi sappiano esercitare una notevole capacità autocritica e di reciproca comprensione. Insomma, a monte, c’è anche un problema di coscienza.
Grazie. Saluti. Giorgio Della Rocca (spero di non abusare troppo della disponibilità del prof. Israel; d’altra parte, sono stato [e lo sono ancora!] suo allievo…)
17 commenti:
io non leggo molto i giornali. Non ne ho il tempo. Non so quindi se questa mia affermazione è veritiera oppure no.
Da quel po’ che leggo sul web (ad esempio questo blog), che vedo alla TV e che sento alla radio, mi pare di potere dire che, a proposito dell'istruzione, il problema considerato attualmente il più grosso sia “maestro unico, si”, “maestro unico, no”. Dei problemi dell’università pare che non se ne interessi nessuno, se non chi ci lavora dentro. In quest’articolo Lei fa un cenno fugace alle modalità concorsuali di reclutamento ma tutto il resto …..
E’ evidente che la debolezza del mondo universitario sta nel non avere dietro sindacati che la difendono, non che mi auguri che avvenga la sindacalizzazione anche dell’università, ma è un dato di fatto, siamo una categoria poco coesa. Non siamo stati capaci di rigettare una 3+2 che non piaceva a nessuno (Ricordo bene le proteste e le obiezioni).
Della cultura importa solo a pochi, e questo è notorio, ma della “rivoluzione” che deriverà dai tagli all’università non pare che se ne voglia parlare molto. A detta di qualche “esperto” una delle conseguenze non potrà che essere l’aumento delle tasse universitarie. Il problema dovrebbe quindi riguardare tutti, giacché oramai il numero di diplomati che prosegue gli studi è cresciuto tantissimo. Perché allora se ne parla così poco?
Se fossimo stati fortemente sindacalizzati il 3+2 sarebbe passato più velocemente ancora...
Quanto alle tasse universitarie, sarebbe un dovere elementare aumentarle. Abbiamo le università più economiche del mondo, l'equivalente di una pizza con birra alla settimana. Siamo un paese culturalmente maleducato, in cui si ritiene normale spendere 150 euro per una scarpa sportiva griffata e uno "spreco" 20 euro per un libro. Se le università potessero definire le tasse con maggiore libertà, si potrebbe chiedere conto di quel che fanno anziché sovvenzionarle a pié di lista e vincerebbe l'offerta migliore.
Prof. Israel,
sa vero che con questa frase lei si è attirato le ire di coloro che le diranno che vuole creare un'università "per pochi", "solo per ricchi", "ricreare privilegi medievali" e via discorrendo?
Oramai sono uscito dal mondo universitario e mi sembrerebbe troppo comodo dire che lei ha ragione tout court (qualcuno mi potrebbe obiettare che è comodo dare ragione a qualcuno quando non si paga), ma mi ricordo bene le lezioni del primo anno quando quelli che non avevano voglia di fare assolutamente NIENTE facevano un baccano maledetto, occupavano i posti inutilmente e, addirittura, lanciavano le gomme da masticare ai "secchioni della prima fila" (dopo la prima sessione di esami si erano però decisamente ridotti... ero ad ingegneria). Forse, se avessero dovuto pagare un pelo di più ci avrebbero pensato 2 volte... Ma solo forse...
Non scandalizzatevi leggendo questo commento, ho semplicemente troppe gomme da masticare attaccate ai maglioni...
Universita' per pochi, ... universita' per ricchi,... universita' poco o tanto sindacalizzata, ...
E se si avesse il coraggio di dire "Universita' per i piu' bravi"? Magari con esami di ammissione, ma senza "combine" dovute a rapporti di parentela, familiare o accademica!! Con aiuti (statali!!) per coloro che si trovano in difficolta' economica, e senza via di scampo per i figli di un medico o di un avvocato potente ma con scarse capacita'?
Lucio Demeio.
Proprio così. Università per i più bravi con tasse adeguate. Con robuste borse di studio per chi è bravo e ha bisogno. Senza raccomandazioni e senza sindacati, e distacchi sindacali.
Gentile Prof. Israel,
Quando penso alle tasse universitarie e ai cosidetti privilegi non posso fare a meno di pensare che io mi sono
laureato in matematica, pagandomi le tasse andando a lavorare come magazziniere nei mesi estivi, cosa che oggi non molti
studenti sarebbero disposti a fare.
Forse più sull'aumento delle tasse occorrerebbe focalizzarsi sulla meritocrazia e sulla scuola superiore
vero banco di prova per l'università. Sempre per mia esperienza personale della mia classe delle vecchie
scuole medie su 18 persone io sono stato l'unico laureato, al liceo su una classe di 31 persone alla fine siamo usciti
in 15 e nessuno ha mai avuto nulla da ridire. Resto dell'opinione che non è che per forze tutti devono andare all'università,
così come resto dell'opinione che i figli degli avvocati non devono per forza diventare avvocati.
Se un giovane non ha voglia di fare, che sia figlio di o no. lo si manda a lavorare in catena di montaggio, avrà tempo di capire i suoi errori.
Tuttavia rimarco il fatto che in un paese in cui nessuno ha voglia di imparare, l'educazione e la formazione di alta qualità resteranno sempre
dei traguardi troppo difficoltosi da raggiungere.
zerocold
Io credo che il vero nocciolo della questione non sia quello di toccare le tasse universitarie.
Così come in assenza di un Authority forte e seria non è affatto automatico che liberalizzando le tariffe si avvantaggi il consumatore, e lo dimostrano i nostri canoni su telefono e internet, allo stesso modo prevedo che un'Università con la tassazione studentesca svincolata finirebbe per spremere le famiglie a partire da un posizione di monopolio incontrollato.
In fondo, oggi le tasse universitarie di un ateneo sono bloccate al 20% del suo budget annuale. La media nazionale è 18%: quale ateneo ha provato, faccio un'ipotesi volutamente molto fantasiosa, a tenerle al 10% per rubare migliaia di iscritti agli atenei più costosi, e quindi recuperare per altra via maggiori fondi statali? Nessuno.
In assenza di vincoli, allo stato attuale delle cose, si assisterebbe semplicemente a un innalzamento delle tasse. E ciò porterebbe il diritto allo studio indietro di 50 anni, con le occasioni di formazione vincolate al reddito. Infatti, ad oggi non valutiamo gli studenti dei licei, non abbiamo metodi per scovare i migliori talenti e mandarli a studiare nelle migliori università. L'unico fattore di giustizia sociale che abbiamo in questo ambito sono appunto le tasse universitarie basse. Triste da constatare, se vogliamo, ma si deve essere onesti su questo punto.
Dicevo che il nodo non sono le tasse. Secondo me il nodo è la totale assenza di valutazione, che di fatto impedisce qualsiasi scelta razionale e fondata in ambito di politiche universitarie.
Nessuno sa nulla del lavoro svolto nelle università! Se un ricercatore/professore produce articoli di qualità, se forma giovani capaci di trovare lavoro o di fare ricerca, se ottiene fondi europei o finanziamenti privati, se, insomma, fa il suo lavoro oppure no, bene, non c'è ministro o rettore o preside di facoltà che lo sappia e lo possa premiare. Non c'è un meccanismo che metta a disposizione di questo bravo professore/ricercatore dei finanziamenti per assumere nuovi ricercatori o professori, che gli permetta di controllare delle borse di dottorato, che lo premi con l'avanzamento della sua carriera.
Insomma, non c'è valutazione dei singoli e, a cascata, dei dipartimenti, delle facoltà, degli atenei.
Leggo molti proclami dall'attuale governo in tale direzione, ma finora cosa è successo? I tagli della 133 sono a pioggia. Il blocco del turn-over cancella settori di ricerca per puro demerito statistico: dove ci sono molti docenti anziani, se pur bravi, scompare un gruppo di ricerca, e non lo si può ricreare. Questa è la negazione della meritocrazia!
Quindi, prima si mettano in piedi meccanismi di valutazione adatti alle varie discipline e ai vari campi di ricerca. Tutto il mondo lo fa, da decenni, non può diventare un problema farlo in Italia. E solo allora avremo un quadro chiaro di come e dove intervenire.
La ringrazio per il suo blog che rappresenta un'opportunità di confronto su questi temi cruciali.
Francesco Maggi,
Ricercatore,
Università di Firenze
Sono d'accordo con Francesco, vorrei pero' anche aggiungere una cosa: bisogna anche trovare i meccanismi per responsabilizzare le persone; vale a dire, se io "recluto", nel mio dipartimento o facolta', persone di scarso valore o che si impegnano poco, e lo faccio perche' ci sono conoscenze o raccomandazioni - sia anche in forma "mild" o innocente - poi DEVO PAGARE, pagare in termini di fondi per la ricerca o turnover del personale.
Lucio Demeio.
Caro professore, non condivido nella maniera più assoluta quanto lei dice sulle tasse universitarie. Le racconto la mia storia. La farà riflettere. Ho conseguito la maturità scientifica con il massimo dei voti nell'anno 1999; iscrivendomi all'università ho potuto usufruire di una borsa di studio che comprendeva anche il servizio di vitto e alloggio. Ma, causa una depressione, il primo anno non sono riuscito a sostenere esami, e dato che la concessione di aiuti economici è prevista in base al merito e non al reddito, ho perso la possibilità di accedere alle sovvenzioni. Una malattia mi avrebbe fermato: mio padre lavorava in campagna a 25 euro al giorno, non era pensabile andare avanti. Eppure sin dalla prima elementare ero sempre stato un alunno modello, cui gli insegnanti avevano dato giudizi del tipo "possiede un'intelligenza cronologicamente superiore alla media". Io e i miei genitori non abbiamo voluto demordere. La città del sud in cui ho studiato permetteva di pagare affitti non esorbitanti. Trovai un posto letto in una casa vecchissima, senza riscaldamenti, con il bagno e i pavimenti che non venivano rifatti dall' epoca mussoliniana, al costo di circa 80 euro al mese (era il 2000; faccio il passaggio dalle lire). Una cosa che mi ha permesso di andare avanti è stato il fatto che con il mio merito zero riuscivo nonostante tutto a pagare solo 300 euro di tasse all'anno (queste sì, per fortuna, livellate in base al reddito). Oggi sono laureato; come sempre nella mia vita ho raggiunto il massimo dei voti e credo fermamente che l’università pubblica debba essere finanziata dallo Stato, che se trova i soldi per il ponte sullo Stretto, se trova 140.000.000 di euro per l’amico Scapagnini, dovrebbe trovarli anche per qualcosa di più importante. Professore, la sinistra non dice bugie... Combatte contro l'idea elitaria della scuola che hanno i pensatori di destra, e contro le sciagurate posizioni sull'educazione dei politici della destra che neanche pensano. La scuola dev'essere di tutti, prof. Israel, ricchi o poveri, in salute o in malattia. A proposito di bugie della “sinistra” e di scuola come un costo da tagliare, questa mattina Italo Bocchino affermava che non ci saranno licenziamenti nella scuola. Ma chi ha un briciolo di senno capisce che bloccare il turn-over perché l' "azienda" scuola è in perdita, significa non assumere per i prossimi tre anni 140.000 persone, e cioé "licenziare" i lavoratori possibili del prossimo triennio prima ancora che siano assunti. Chi dice più bugie? E inoltre, non una parola sui programmi. Ciò che interessa è tagliare, e lo si fa sull'educazione dei nostri giovani, mentre di ridurre i costi della politica stranamente non si parla più, i parlamentari resteranno nel numero di mille, perché la casta non si tocca. Distinti saluti
L'ho scritto e argomentato in tutti i modi possibili e immaginabili e quindi non ho voglia di ripetere questi argomenti. Ribadisco solo che vera scuola di classe l'ha creata la sinistra negli ultimi trent'anni, con la sua gestione come ammortizzatore sociale e con l'egualitarismo. Questa è la scuola di classe elitaria... quella in cui tutti vanno avanti ma coloro che vanno avanti davvero sono i figli dei ricchi e degli acculturati. Gli altri si beccano il livello miserando e dequalificato dell'attuale insegnamento. Vi piace così? Bene. Ognuno si contenta come può. La scuola degli anni cinquanta era molto più democratica di questa. E la sinistra che non dice bugie... fa soltanto ridere.
Posso essere d'accordo sull'egualitarismo, su alcuni residui del Sessantotto che hanno rovinato la scuola, posso rievocare Pasolini che dopo i disordini di Villa Giulia vedeva i "proletari" nei poveri meridionali della forze dell'ordine, e non nei figli di papà che occupavano le aule universitarie avendo le spalle ben parate... Posso finanche citare una canzone degli Afterhours sulle false ideologie di sinistra di alcuni miei coetanei o adolescenti; si chiama "Sui giovani d'oggi ci scatarro su" e recita: "come pararsi il culo
e la coscienza è un vero sballo
sabato in barca a vela
lunedì al leonkavallo
l'alternativo è il tuo papà
sui giovani d'oggi ci scatarro su"; tutto ciò per dimostrare che non sono un partigiano coi paraocchi. Ma quel suo titolo così esplicito sulle bugie della sinistra mi sembrava un voler fare di tutta l'erba un fascio. Come se la verità fosse invece tutta altrove. Che l'università pubblica debba finanziarsi con le tasse di chi non le potrà pagare non lo trovo giusto, così come trovo ridicolo parlare di "sponsor" per la scuola e di manovra-"manutenzione". Il fatto che lei citi il prof. Canfora, pensatore di sinistra, sul "vaniloquio pedagogico" delle ssis mi fa pensare che quella mia impressione sul suo conto di cui parlavo supra debba essere corretta. Volevo aggiungere una piccola considerazione. Leggo Repubblica e ne riconosco la perzialità, quindi posso ben comprendere le riserve che un uomo di scienza come lei, il quale parte da opinioni nettamente differenti, nutre nei confronti di questo quotidiano. Ma leggo talvolta anche il Giornale (non una sola campana sente chi vuol essere critico nei confronti della realtà), e devo assicurarle che la testata di Giordano, oltre a sembrarmi di una parzialità senza limiti,mi pare manifesti spesso una certa ostilità preconcettà e maleducata nei confronti di chi la pensa diversamente. La ricerca delle pose fotografiche più buffe dei leader dell'opposizione è cosa risaputa. Ma l'altro giorno ho notato un fatto ancor più grave. Si parlava del pubblico che applaudiva ad una conferenza del prof. Galimberti come di un "pubblico lobotomizzato che legge solo Repubblica". Io non credo di essere lobotomizzato. Ecco,sono certo che questa maleducazione non la troverò mai, in Repubblica. Non crede come me che sia un atteggiamento indegno di qualsiasi giornalista? Ps La ringrazio per le sue cortesi e puntuali risposte. Sono la stessa persona che tempo fa le scrisse dell'ipotesi del cancellamento del latino da alcune sezioni dei licei scientifici. Continuo come allora ad apprezzare il suo blog. A presto
Posso essere d'accordo sull'egualitarismo, su alcuni residui del Sessantotto che hanno rovinato la scuola, posso rievocare Pasolini che dopo i disordini di Villa Giulia vedeva i "proletari" nei poveri meridionali della forze dell'ordine, e non nei figli di papà che occupavano le aule universitarie avendo le spalle ben parate... Posso finanche citare una canzone degli Afterhours sulle false ideologie di sinistra di alcuni miei coetanei o adolescenti; si chiama "Sui giovani d'oggi ci scatarro su" e recita: "come pararsi il culo
e la coscienza è un vero sballo
sabato in barca a vela
lunedì al leonkavallo
l'alternativo è il tuo papà
sui giovani d'oggi ci scatarro su"; tutto ciò per dimostrare che non sono un partigiano coi paraocchi. Ma quel suo titolo così esplicito sulle bugie della sinistra mi sembrava un voler fare di tutta l'erba un fascio. Come se la verità fosse invece tutta altrove. Che l'università pubblica debba finanziarsi con le tasse di chi non le potrà pagare non lo trovo giusto, così come trovo ridicolo parlare di "sponsor" per la scuola e di manovra-"manutenzione". Il fatto che lei citi il prof. Canfora, pensatore di sinistra, sul "vaniloquio pedagogico" delle ssis mi fa pensare che quella mia impressione sul suo conto di cui parlavo supra debba essere corretta. Volevo aggiungere una piccola considerazione. Leggo Repubblica e ne riconosco la perzialità, quindi posso ben comprendere le riserve che un uomo di scienza come lei, il quale parte da opinioni nettamente differenti, nutre nei confronti di questo quotidiano. Ma leggo talvolta anche il Giornale (non una sola campana sente chi vuol essere critico nei confronti della realtà), e devo assicurarle che la testata di Giordano, oltre a sembrarmi di una parzialità senza limiti,mi pare manifesti spesso una certa ostilità preconcettà e maleducata nei confronti di chi la pensa diversamente. La ricerca delle pose fotografiche più buffe dei leader dell'opposizione è cosa risaputa. Ma l'altro giorno ho notato un fatto ancor più grave. Si parlava del pubblico che applaudiva ad una conferenza del prof. Galimberti come di un "pubblico lobotomizzato che legge solo Repubblica". Io non credo di essere lobotomizzato. Ecco,sono certo che questa maleducazione non la troverò mai, in Repubblica. Non crede come me che sia un atteggiamento indegno di qualsiasi giornalista? Ps La ringrazio per le sue cortesi e puntuali risposte. Sono la stessa persona che tempo fa le scrisse dell'ipotesi del cancellamento del latino da alcune sezioni dei licei scientifici. Continuo come allora ad apprezzare il suo blog. A presto
Sono una persona libera e quando qualcosa non mi piace la critico da qualunque parte provenga. Io ce l'ho con quel ha fatto e quel che sta facendo la sinistra sulla scuola. Ma non ho mai taciuto le critiche più nette nei confronti del ministero Moratti (che conservò tutti i consulenti del precedente ministero). Se ha la pazienza di guardare su questo blog o sul mio libro troverà tutto. Incluse le critiche a colui che contribuì in modo decisivo alla sfascio: D'Onofrio, ministro del primo governo Berlusconi. Ma non dica che certe maleducazioni non le troverà mai su Repubblica! Io stesso ne sono stato vittima, quando quel giornale ha pubblicato insulti da querela nei miei confronti da parte di Odifreddi ("collaborazionista di un sito parafascista") e si è rifiutato di pubblicare una mia lettera di protesta, a meno che non accettassi di tagliarla come volevano loro, per cui ho dovuto pubblicarla altrove.
E vai!!! Hanno "riempito le piazze"!
(ed ovviamente ottenuto un feedback mediatico impressionante!)
Domanda: i lavoratori hanno diritto di sciopero?
Risposta: ASSOLUTAMENTE SI!!! Se non altro perché mettono sull'altro piatto della bilancia il loro stipendio!
Domanda: gli studenti hanno diritto di sciopero?
Risposta (con una domanda): cosa mettono sull'altro piatto della bilancia?
Mah... Sono fiero di non aver mai fatto, nella mia esperienza liceale, buffonate tipo scioperi, autogestioni, ecc...
Esagero? Chiedete ai manifestanti, a campione, se conoscono la riforma Gelmini!
E aggiungiamo questa. Che stanno partendo centinaia di fax e di mail diretti a Napolitano perché non firmi il decreto Gelmini per manifesta incostituzionalità. E quale sarebbe questa incostituzionalità? Che, per la prima volta nella storia repubblicana, si fa una riforma della scuola senza consultare il mondo della scuola e... i pedagogisti. Proprio così... E il tam tam che spinge a scrivere i messaggi dice che così il Presidente capirà dove sta la "vera" volontà del popolo italiano. Non conta chi ha votato, non conta il Parlamento. Conta chi va in piazza e spedisce fax... E poi parlano di morte della democrazia.
AUTONOMIA AL QUADRATO
Da vari anni a questa parte, non passa settimana, quasi, che non ci sia uno sciopero degli insegnanti indetto da qualche sindacato, o un’assemblea sindacale, e nell’istituto ove insegno (ma anche, a quanto mi risulta, in tanti altri), qualche giorno prima dello sciopero, passa una circolare in cui si avvertono le famiglie degli studenti che, a causa di uno sciopero sindacale, non si assicura per quel giorno il regolare svolgimento delle lezioni. I docenti che non scioperano, quindi, trovano in quel giorno classi con pochi allievi, e non potendo andare avanti col programma didattico, sono costretti a far trascorrere in qualche modo quelle ore scolastiche.
Attualmente, io sono iscritto ad un sindacato che si definisce “autonomo”, ma sono, a mia volta, autonomo all’interno dello stesso sindacato, in quanto le volte che ho aderito ad uno sciopero (quello attuale è il mio 19° anno di servizio) si potrebbero contare sulle dita di una mano (anzi, di mezza mano), e così per le volte che ho partecipato a un’assemblea sindacale (ovviamente, solo quando si è svolta nel mio giorno libero). L’impressione personale è, infatti, che la gran parte di questi scioperi sortisca scarsi effetti positivi riguardo a un effettivo miglioramento della scuola nel suo complesso, e anzi, per i motivi esposti prima, provochi spesso una fastidiosa interruzione dell’attività didattica.
Non mi si fraintenda: il diritto di sciopero dei lavoratori è legittimo, ma è un’arma a doppio taglio.
Del resto, da quando sto partecipando alle discussioni sul blog del prof. Israel, mi sono accorto che difende meglio lui gli insegnanti di qualunque sindacato.
Inoltre, per quanto detto prima a proposito delle classi quasi vuote nei giorni di sciopero, non si può negare che gli studenti siano ottimi sostenitori dei docenti…
Giorgio Della Rocca
Mi rendo conto che la frase del mio precedente commento: “Del resto, da quando sto partecipando alle discussioni sul blog del prof. Israel, mi sono accorto che difende meglio lui gli insegnanti di qualunque sindacato” potrebbe dare adito, nonostante il contesto fosse abbastanza chiaro, a interpretazioni diverse, e cioè:
- si può intendere la frase in senso ironico, come se io avessi voluto criticare il prof. Israel per le sue idee sulla scuola e, in particolare, sulla figura dell’insegnante (espresse in questo blog), affermando che egli avrebbe operato una sorta di “lavaggio del cervello” dei lettori per convincerli che lui sarebbe il vero esperto dei problemi scolastici, in opposizione alle varie teorie pedagogico-didattiche avallate da “esperti” e sindacalisti vari;
- si può intendere la frase in senso letterale, cioè: sono convinto che le idee espresse dal prof. Israel sulla scuola e, in particolare, sulla figura dell’insegnante (presenti in questo blog e, ad esempio, nel suo recente libro “Chi sono i nemici della scienza?”) siano valide, sicuramente più adeguate di quelle generalmente espresse da vari “esperti” del settore.
Ebbene, solo lettori un po’ maliziosi possono aver pensato alla prima interpretazione, non certo il prof. Israel, che mi conosce abbastanza bene e, di sicuro, non ha avuto dubbi sul senso che il sottoscritto voleva dare a tale frase.
Sono, infatti, d’accordo con lui sul fatto che molti dei mali del nostro attuale sistema d’istruzione dipendano, molto sinteticamente:
a) sul versante del profitto scolastico, dall’aver spostato l’attenzione su asettiche metodologie e vuote competenze invece che su corpose conoscenze (“è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”…);
b) sul versante della disciplina scolastica, da una parte dall’aver privilegiato un’eccessiva “democratizzazione” - o meglio, “demagogizzazione” - della scuola, dall’altra dall’aver operato una sorta di “aziendalizzazione” del sistema d’istruzione, con l’insegnante trasformato in “gestore” del servizio e gli studenti (e rispettive famiglie) trasformati in “utenti” del servizio stesso, il che ha portato a uno svilimento e a una perdita di autorevolezza della figura dell’insegnante, con conseguenti derive “bullistiche” (più o meno gravi) da parte di alcuni studenti.
Penso altresì che pochi come lui abbiano esplicitato con chiarezza le cause fondamentali di molti disagi del nostro attuale sistema d’istruzione.
Inoltre, sono anche convinto, dopo una quasi ventennale esperienza di insegnamento con giovani dai 14 ai 20 anni, che, al di là di considerazioni puramente teoriche, sia fondamentale il rapporto umano concreto che si instaura tra il docente e gli allievi, rapporto che va rivissuto e “reinventato” quotidianamente e richiede, molto spesso, che docenti ed allievi sappiano esercitare una notevole capacità autocritica e di reciproca comprensione.
Insomma, a monte, c’è anche un problema di coscienza.
Grazie. Saluti.
Giorgio Della Rocca
(spero di non abusare troppo della disponibilità del prof. Israel; d’altra parte, sono stato [e lo sono ancora!] suo allievo…)
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