È significativo che il violento attacco con cui il rabbino capo di Venezia Richetti ha accusato Benedetto XVI di aver demolito 50 anni di dialogo ebraico-cristiano sia apparso sul mensile dei gesuiti “Popoli”. Peraltro, basta attenersi ai fatti, senza ricorrere alla mediocre pratica della dietrologia, per rendersi conto che in questa diatriba vi sono moventi che con il merito hanno poco a che fare.
Si noti che non uno degli argomenti opposti ai duri attacchi di parte del rabbinato italiano è stato mai preso in considerazione. Anzi, dopo che il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha apprezzato l’affermazione del Papa secondo cui, in senso stretto il dialogo interreligioso è impossibile – perché, dice Di Segni, è meglio evitare il dialogo teologico – ecco che Richetti la indica, all’opposto, come prova che non si vuol dialogare!… Il fatto è che, mentre Di Segni, per quanto cauto e diffidente, segue una linea di razionalità – «Il dialogo è un processo che deve andare avanti malgrado le difficoltà. Papa Benedetto XVI continua a dare un originale e determinante contributo, anche se le sue posizioni non sempre sono condivisibili» – c’è chi ha deciso che bisogna litigare a tutti i costi col Papa e non fatica a trovare dall’altra parte chi risponde con simmetrico zelo, anche a costo di riattizzare mai spenti sentimenti antigiudaici. Qui siamo in presenza di uno scontro interno al mondo cattolico in cui una parte del mondo ebraico italiano si sta prestando alla funzione del Settimo Cavalleggeri.
Vorrei citare un episodio sintomatico che risale un anno e mezzo fa. Mi colpirono allora alcuni passaggi del libro “Le tenebre e la luce” del Cardinale Martini. Vi si faceva riferimento al processo a Gesù come alla prova del « crollo di un’istituzione [il Sinedrio] che avrebbe avuto il compito primario di riconoscere il Messia, verificandone le prove» e che invece testimoniava la «decadenza di un’istituzione religiosa»: «si leggono ancora i testi sacri, però non sono più compresi, non hanno più forza, accecano invece di illuminare». E si concludeva duramente circa la «necessità di giungere a superare le tradizioni religiose quando non sono più autentiche» indicando la seguente visione del dialogo: «il nostro cammino interreligioso deve consistere soprattutto nel convertirci radicalmente alle parole di Gesù e, a partire da esse, aiutare gli altri a compiere lo stesso percorso» – parole espresse nel Discorso della montagna, «assolutamente autentiche e affidabili, perché contengono anche la giusta critica alle tradizioni religiose degradate». Chiesi come si poteva accettare una simile visione del dialogo basata su un’idea di conversione: altro che preghiera del Venerdì santo. Oltre alle prevedibili stizzite risposte di qualche seguace del cardinale, l’attacco più virulento mi venne dalle colonne del Bollettino della Comunità ebraica di Milano, dove fui addirittura accusato di “pugnalare alle spalle” vilmente un amico degli ebrei e con esso tutto il dialogo…
Poi sono venute le polemiche sulla preghiera del Venerdì santo che hanno condotto all’attuale sospensione del dialogo, decretata anche nei termini di un divieto alle Comunità di incontrare ecclesiastici. Da tale sospensione dissentimmo Guido Guastalla ed io in una lettera al Corriere della Sera (26 novembre 2008) dai toni pacati e senza l’ombra di polemica. Ne ricevemmo in cambio una violenta risposta firmata dal rabbino Laras (Presidente dei Rabbini italiani), dal Presidente dell’Unione Giovani Ebrei e (fatto significativo) non dal Presidente ma da un ex-Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche, nella persona di Amos Luzzatto. In questa lettera – a parte l’intimazione grottesca a non occuparsi del dialogo, in quanto di esclusiva competenza dei rabbini (soli “interlocutori” e “ufficiali responsabili della rappresentanza religiosa” – si identificava la capitale del dialogo ebraico-cristiano in Milano e nelle persone dei cardinali Martini e Tettamanzi da un lato e da Laras e un elenco di altri tra cui noi… mancavamo all’appello. Guarda caso, siamo sempre lì, a Milano, attorno al cattolicesimo ambrosiano e all’ebraismo di sinistra. L’audace affermazione che «i rapporti tra ebraismo e Islam generalmente sono stati più proficui e sereni rispetto a quelli intercorsi tra Ebraismo e Cristianesimo» – accompagnata dall’accusa nei nostri confronti di strumentalizzare il dialogo allo scontro con l’islam – riceveva pronta risposta da alcuni rappresentanti della Grande Moschea di Roma, che attestavano quanto la lettera fosse stata apprezzata. Naturalmente, in questo idillio la domanda del perché mai quegli stessi rappresentanti non ne vogliano sapere di varcare la soglia della Sinagoga di Roma resta inevasa, anzi non viene neppure fatta.
Questi atteggiamenti appartengono a una categoria arcinota. Si preferisce andare assieme a coloro con cui si ha consonanza politico-ideologica “a prescindere”. Perciò il dialogo è tra la chiesa ambrosiana – la stessa che assiste condiscendente alle parate islamiche – e un ebraismo di sinistra, indifferente al sentirsi proclamare “tradizione religiosa degradata”, pur di colpire assieme il comune nemico, l’odiato ratzingerismo neocon. Ed è sempre meglio dialogare con l’islam che con il Papa, o… con se stessi, come ha bene espresso su queste pagine Alberto Melloni dicendo che ebraismo e cristianesimo sono religioni pesanti, complicate ed esagerate, mentre l’islam è semplice, essenziale e chiede poco (chissà perché non si converte). A questo punto salta anche agli occhi di un cieco che le questioni di merito sollevate c’entrano come il classico cavolo a merenda. Esse sono soltanto un pretesto per saldare uno schieramento politico e rafforzare una battaglia interna al mondo cattolico, ma anche per colpire l’attuale dirigenza dell’Unione delle Comunità Ebraiche e della Comunità di Roma, ritenute “troppo di destra”.
Che in una situazione drammatica come questa ci sia chi ha voglia di fare simili manovre, a costo di provocare scontri, divisioni e anche di riattizzare vecchie incomprensioni e risentimenti contro i quali il dialogo dovrebbe essere perseguito con la stessa cura con cui si assume un medicamento, è un segno di come l’ideologia sia fonte delle più gravi manifestazioni di irresponsabilità.
(Il Foglio, 16 gennaio 2009)
18 commenti:
Lei ha colto esattamente nel segno.
Come volevasi dimostrare. Il Rabbinato come cavallo di troia per colpire il Papa, in nome delle solite categorie di destra e sinistra, una confusione tra la sfera del religioso e del politico degna di un regno wahabita.
Esprimo la mia piena solidarietà con lo stato e il popolo di Israele, che devono difendersi non solo dal terrorismo armato e fanatico di hamas ma anche da un atteggiamento culturale chiaramente antisemita tutt'oggi presente in vasti ambiti della tradizione politica di ispirazione cattolica e comunista, di cui l'Italia è forse (drammaticamente) la principale esponente.
Roberto Riviello
Trovo davvero offensive, oltre che ingiuste, le parole di Martini. Anche per un cristiano, oltretutto, il popolo ebraico è oggetto, da sempre e per sempre, di una particolare predilezione da parte di Dio, il quale non è mutevole come le cose di questo mondo. Quante volte, in quello che per i cristiani è l'Antico Testamento, il popolo di Israele volta le spalle al Signore? Eppure Dio è fedele anche se noi uomini spesso non lo siamo.
Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato».
Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. (Isaia 49,14-15)
Ma se lo immagina cosa sarebbe successo se Ratzinger avesse detto la metà di quanto ha detto Martini? Io sì.
lei parla di religione di destra e di sinistra. Immagino che metta ratzinger a destra.
E' soddisfatto della posizione ratzingeriana su Israele?
Io una simile idiozia - che esistano le religioni di destra e di sinistra - non l'ho mai detta. Ho parlato di persone che strumentalizzano un discorso religioso ai loro fini politici. Sono loro che definiscono Ratzinger come un "neocon" e di destra, non io. La posizione del Papa su Israele è più equilibrata di altre, ma non mi convince del tutto perché è troppo neutrale e io considero che l'individuazione delle responsabilità sia essenziale.
Non so se sia una bella cosa, ma da un po' di tempo mi trovo spesso d'accordo, io cristiano cattolico, con non-credenti come il prof. Pera e Giuliano Ferrara, con un ebreo come il prof. Israel, con un ex-mussulmano come il dott. Magdi C. Allam, e in disaccordo con molti esponenti della mia Chiesa come i Paolini di Famiglia Cristiana, l'arcivescovo Tettamanzi e il card. Martini. Del quale ultimo non ho mai capito il motivo della grande considerazione di cui gode nel mondo cattolico. Tra l'altro, un suo ex allievo di teologia mi ha detto recentemente che come docente il card. Martini era considerato dai suoi allievi un "mattone" soporifero, e le sue lezioni di una noia mortale.
Non si preoccupi troppo. In fondo lei si trova d'accordo con il Papa, credo, che non è poca cosa. Anch'io ho i miei disaccordi nel mondo ebraico, ma mi trovo d'accordo con il rabbino Neusner e molti altri, che non è poca cosa; e con molti cattolici che in questi giorni mi hanno testimoniato la loro amicizia. Andiamo avanti sulla strada giusta.
Ulderico, lasci perdere le categorie! Destra e sinistra non servono, glielo ho già detto. Gli uomini sono uomini, non sono né marionette di destra ne pupazzi di sinistra. Uomini e basta. Il Papa non è di destra e non è di sinistra: è il Papa e basta. Il Ministro Brunetta, è di destra o di sinistra? Come lui stesso dichiara, è di cultura socialista. Allora? Tutte queste masturbazioni intellettuali, mi passi il termine, professore, sono quanto di più stucchevole, noioso, perditempo si possa immaginare. Un uomo va ascoltato per quello che ha da dire (se ha qualcosa da dire, altrimenti meglio che taccia) senza tentare di costruirgli addosso delle etichette.
Myosotis, succede anche a me. E succede soprattutto perché sono un cristiano "diventato" e non "tradizionale" (qualcuno li chiama anche "bacchettoni"...).
All'amicizia con il prof. Israel, o con Magdi Cristiano tengo di più che a discolparmi di eventuali "scomuniche" di Martini o Tettamanzi.
Dimenticavo, Myosotis. Vorrei vedere come si fa ad essere d'accordo con la comunità di Sant'Egidio. Anche quella è una bella lotta...
caroli, guarda che la mia era una domanda. Il titolo del post e' ebraismo di sinistra........Io non sapevo che esistesse un'ebraismo di sinistra o di destra. Me lo immaginavo. In quanto al papa, per me ha valore in quanto papa, e' chiaro che ad una lettura laica appaia piu' conservatore di altri.
Il titolo è del Foglio e con ebraismo di sinistra si intendono gli ebrei di sinistra e non la religione ebraica di sinistra che ovviamente non esiste.
mi fa piacere che anche per l'ebraismo ci sia l'unita'. Io sono convinto che per il cristianesimo non ci sia il cristiano di Cefa, quello di Paolo o di altri.....(cosi' dovrebbe essere) e c'e' un primato del papa. Per quello che ne capisco io....comunque la sua lettura e' interessante anche se io sono laico, "sperante cristiano" con una certa "antipatia" vs la marea teocon emblematicamente rappresentata da Ratzinger (gia' sul filo del modernismo) che trovo molto di moda....ed io son sempre stato, purtroppo per me, fuori moda.
Sono pero' per Israele, come gli ho gia' detto e per lo stop all'invasione islamica.
Un'ultima provocazione, tanto per litigare un po', queste sono parole sue:
"si identificava la capitale del dialogo ebraico-cristiano in Milano e nelle persone dei cardinali Martini e Tettamanzi da un lato e da Laras e un elenco di altri tra cui noi… mancavamo all’appello. Guarda caso, siamo sempre lì, a Milano, attorno al cattolicesimo ambrosiano e all’ebraismo di sinistra. "
cordiali saluti
o forse meglio in questa frase:
"Esse sono soltanto un pretesto per saldare uno schieramento politico e rafforzare una battaglia interna al mondo cattolico, ma anche per colpire l’attuale dirigenza dell’Unione delle Comunità Ebraiche e della Comunità di Roma, ritenute “troppo di destra”."
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Comunque, dott. Israel, ritengo di aver capito il suo discorso e al di la' delle mie ambigue sottigliezze semantiche mi fa piacere che ci unisca la difesa delle ragioni di Israele.
cordiali saluti
ps: ritenute di destra infatti non vuol dire ritenute di destra da lei, ma magari da alcuna parte dei fedeli del mondo ebraico
il nostro cammino interreligioso deve consistere soprattutto nel convertirci radicalmente alle parole di Gesù e, a partire da esse, aiutare gli altri a compiere lo stesso percorso» – parole espresse nel Discorso della montagna, «assolutamente autentiche e affidabili, perché contengono anche la giusta critica alle tradizioni religiose degradate». Chiesi come si poteva accettare una simile visione del dialogo basata su un’idea di conversione: altro che preghiera del Venerdì santo.
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TESTIMONIANDO CON LA PROPRIA VITA se nota il cardinale parla in prima persona convertirCI e non come fanno i teocon converTIRE gli altri.
In quanto alla preghiera del venerdi' santo ci passerei sopra, non sono le preghiere che fanno i grossi scontri religiosi. La conversione cristiana se intesa come la intendo io e' una GRAZIA dovuta ad un'annuncio (e semmai ad un'esempio) E NON UN'IMPOSIZIONE.
Caro Professor Israel,
mi permetta una domanda con tutto il rispetto e l'ammirazione che ho per lei e per questo blog: ma non sarebbe giunto il tempo di lasciar perdere le questioni di carattere "teologico" sui rapporti tra cattolicesimo ed abraismo che mi ricordano un pò le eterne dispute medioevali, e concentrarsi invece su una questione fondamentale di carattere politico, e cioè l'ingresso dello Stato di Israele nella Comunità europea, che davvero segnerà una svolta epocale nella storia dei rapporti in concreto e non solo in termini di discorsi?
I miei più cordiali saluti a lei e a tutti quelli che come si considerano amici di Israele,
Roberto Riviello
Una cosa non esclude affatto l'altra. Si tratta di terreni molto diversi, anche se le implicazioni politico-culturali della prima sono notevoli e non si tratta per niente di dispute medioevali - che oltretutto erano rispettabilissime e varrebbe la pena di rileggerle. Non è che perché la politica è importante il resto va messo in soffitta. Oltretutto, l'ingresso di Israele nella Comunità Europea sarebbe la soluzione di tutti i problemi, ma è assai meno realistico (purtroppo) di quanto lo fosse il progetto di Herzl.
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