In un post pubblicato su Noise from Amerika e ripreso
con enfasi dal sito di Fermare il Declino, Andrea Moro parla del Concorsone per
la Scuola affermando:
Il concorso, che serviva a
preselezionare i candidati in attesa del concorso vero e proprio, è stato
generalmente ritenuto "difficile" forse anche a causa dell'esito
mediamente negativo. Non mancano le lamentele di chi
non è passato, sostenendo che le domande erano poco attinenti alle
capacita' pedagogiche dei candidati. Non hanno torto: non c'e' dubbio che le domande
non verificassero in alcun modo la capacita' di insegnare. Ma era questo lo scopo? In
questo articolo pongo una questione diversa: vogliamo che i nostri figli
imparino da persone che non riescono a passare un semplice test? E quanto
semplice era questo test?
Io credo che il test fosse abbastanza semplice. E no, non vorrei
che gli insegnanti di mia figlia fossero persone incapaci di passarlo. Mi
sento un po' a disagio, perche' con oltre 150mila bocciati la probabilita' che
ci sia qualche lettore di nFA e qualche amico non e' bassa. Sono percio' pronto
ad essere smentito: se la pensate diversamente, distruggetemi nei commenti.
Pero' vorrei provare a convincere il lettore che ho ragione, fornendo qualche
esempio di domanda.
Bene, io non sono stato concorrente e quindi neppure bocciato,
ma non avrei saputo rispondere a parecchie domande e molte altre ritengo
(riteniamo in tanti) demenziali, prodotto di menti che non sanno cosa sia la
logica o la matematica. Eppure sono persone la cui identità è sconosciuta e
foraggiate con denaro pubblico, che non risponderanno del loro operato che è
servito a bocciare persone più competenti di loro.
Ad esempio: io non so – e non mi vergogno di non sapere – quale
sia il tasto funzione che si utilizza in ambiente Windows per aggiornare la
finestra attiva: F3, F12, F5, F1. Tra l’altro perché uso l’ambiente OSX. Potrei
usare Linux o altri ambienti. Chi li ha fatti questi test: uno stipendiato di
Microsoft? Né vedo perché sia un prerequisito per essere un insegnante sapere
quella gran frescaccia, su cui una persona intelligente e capace può
aggiornarsi quando serve, a differenza di un imbecille che ha bisogno di
passarci sopra ore e leggersi manuali. Anzi, alla sola idea che mio figlio
abbia un insegnante preselezionato sulla base di questa cretinata mentre è
stato escluso uno capace che non la sa, mi fa rabbridividire.
Mi limito ad altri due esempi.
Andrea Moro ritiene ragionevoli e facili i test in cui si chiede
di integrare certe successioni numeriche secondo una “legge” che apparirebbe
dai termini dati. Ebbene, non perdo tempo ad argomentare: in questo blog due
lettori (si vedano i commenti al post http://gisrael.blogspot.it/2012/12/la-letterina-non-pubblicata.html)
dimostrano quanto questi test siano assurdi, sbagliati, frutto di chi non ha la
minima idea di cosa sia una successione numerica. Una persona competente di
matematica avrebbe risposto qualsiasi cosa, non sbagliando.
Andrea Moro prende per buoni dei test in cui si chiede di
individuare la relazione insiemistica tra termini (sic!) dati: e i “termini”
sarebbero l’insieme dei numeri pari, i numeri divisibili per 6 e altre amenità.
Anche qui un lettore ha spiegato come chi ha pensato test del genere abbia in
testa una confusione logica pazzesca.
Ora, a me non interessa “distruggere” Andrea Moro – anche se ci
ha fatto una bruttissima figura – ma mi chiedo: sono queste le idee con cui si
vuole “fermare il declino” della scuola? Test formulati da ignoranti che non si
sa chi sono ma che si ingrassano con commesse e consulenze statali? Leggo che
si propone una valutazione degli insegnanti con coefficienti numerici stilati
da ditte private esperte in management. Ma, per favore… Avete idea di cosa dite?
Avete mai provato a pensare cosa sono le ditte che preparano per le tesi? Forse
si riuscirà a far passare una simile cosa contraria al merito nel
modo più assoluto – è l’unica sostanza dell’agenda Monti per l’istruzione (test+Invalsi+Anvur+h-index+IF+mediane+…)
ma resterà una cosa demenziale, ignorante e becera, con la quale si
fabbricheranno generazioni di ignoranti e di incapaci.
21 commenti:
Nel film americani si vedono spesso professori che vengono allontanati dal comitato di gestione del collage perchè troppo innovativi. Ma a parte la trama dei film che fa tifare per il prof, ritengo che se in Italia l'autonomia scolastica risalente a Berlinguer fosse utilizzata bene si avrebbe un risparmio ed un innalzamento della qualità.
Cioè se la scuola potesse assumere con contratti a tempo determinato, rinnovabili con intervalli sempre maggiori si verificherebbe quanto segue:
1) Risparmio del concorsone
2) Valutazione diretta delle capacità didattiche ed evitare, come accade, che esistano dei prof "strani" che però da un punto di vista dei titoli sono OK, e rovinano classi.
3) E' vero che i presidi + organi collegiali potrebbero attuare favoritismi, ma poi la scuola ne risentirebbe e a loro ci rimetterebbero.
4) E' vero che ci sarebbero docenti precari, ma il precariato esiste comunque, e quello che esiste non è selettivo della qualità.
Il miglior modo per frenare il declino e fidarsi delle capacità di scelta dei diretti interessati.
Sulla correttezza delle domande espresse nel test, soprattutto nella parte logica-matematica, mi trova abbastanza d'accordo. Anche sulle questioni del sistema Windows.
Avrei preferito qualche piccolo problema di matematica o di geometria al posto di queste cose da "Settimana Enigmistica".
Però vorrei aggiungere qualcosa, per quanto imprecisi, la difficoltà di fare 35 domande giuste sulle 50 richieste per passare il test, era veramente bassa. Ho fatto fare il test a mia madre (diplomata e non laureata, casalinga non lavorante dal 1973) ed è riuscita a fare 39, soprendentemente rispondendo correttamente a quattro risposte sulle 7 di "competenze informatiche" (sorprendentemente perchè è autodidatta sui computer e sa fare poche cose).
Per questo, sono d'accordo con lei che vada criticata la preparazione del test, ma il risultato terribile (34% solo di ammessi alla fase successiva) andrebbe anche messo sul piatto. Perchè se questa è la situazione dei nostri laureati c'è ben più di una considerazione da fare...
Anche io ho avuto modo di commentare l'articolo di Moro.
Se qualcuno è così curioso di sapere come la penso può leggere là i miei commenti.
Qui vorrei soffermarmi su qualche paradosso in cui incappa il prof. Israel.
Ho notato che lei, prof., sembra avere una pessima idea della autonomia scolastica, che avrebbe permesso l'intrufolarsi nella didattica di vere e proprie castronerie.
In quest'ultimo post, però, lamenta che anonimi compilatori ministeriali hanno prodotto pessime domande, a cui sono stati sottoposti tutti i candidati della Repubblica.
Allora forse non sarà che il centralismo è ancora peggio dell'autonomia? Gli errori del centro si sono abbattuti sulla periferia che ne dipende e nessuno ci ha potuto fare niente.
(Si potrebbe fare la stessa osservazione sulle castronerie dei libri di testo, che sono prodotti sulla base di indicazioni nazionali e diffusi ovunque, insieme con le loro castronerie, senza che i singoli insegnanti possano opporvisi, visto che l'indicazione di un libro di testo è obbligatoria).
Il concorso e i libri di testo non hanno dimostrato che ci vuole PIU' autonomia, non MENO?
E venendo all'Invalsi: le castronerie dette dagli insegnanti che lei cita sono aneddotiche, ma se tali fesserie sono diffuse nelle nostre scuole, il danno rischia di essere rilevante.
Come facciamo, però, a denunciarlo, questo danno, se non abbiamo batterie di dati oggettivi (nei limiti dell'umano) e analizzabili?
E non sarebbe il caso che un Istituto esterno alle scuole, come l'Invalsi, denunciasse ufficialmente, con i dati di cui sopra, le deficienze didattiche di quegli insegnanti?
Oppure le deficienze didattiche e teoriche di insegnanti impreparati le affrontiamo aneddoticamente?
Grazie dell'attenzione.
Francesco Rocchi
Non pretendo certo che lei sia un mio esegeta!… Tuttavia, è da un pezzo che mi batto contro il centralismo ministeriale: quello dei test, quello delle circolari e direttive di ogni sorta, quello delle griglie di valutazione e della certificazione delle competenze, quello delle indicazioni nazionali che non indicano soltanto i contenuti imprescindibili dell'insegnamento ma prescrivono le metodologie.
Sono anche contro l'autonomia selvaggia, quella stile ddl Aprea prima versione, in cui ogni scuola fa da sé, ma non contro un'autonomia ragionevole e "controllata", al contrario. (Il ddl Aprea versione finale è la sommatoria dell'autonomia sbagliata e del centralismo soffocante…). Naturalmente occorre dire che significa controllata. E anche qui non pretendo che sia mio esegeta, ma ho scritto precisamente che cosa intendo con valutazione (un sistema di ispezioni incrociate, tanto per dirla rozzamente), perché un'autonomia senza valutazione diventa arbitrio selvaggio e lascia le porte aperte all'ignoranza incontrollata, ma non una valutazione centralistica.
In generale, non è vero che le castronerie sono soltanto derivanti dall'alto. Né soltanto episodi, aneddoti isolati. La legge dissociativa dell'addizione non è prescritta dal ministero, ma è diventata una vulgata imposta da certo didattichese ignorante. Gli esempi che ho fatto nel bestiario non sono quasi mai barzellette isolate, ma riflettono un'ideologia diffusa che talora è presente anche nelle IN (vedi gli "indicatori topologici"), altre volte (legge dissociativa e certe assurdità sull'insiemistica) sono frutto della "letteratura" del didattichese deteriore.
L'Invalsi è meglio che taccia perché ha contribuito non poche volte a diffondere idee sbagliate e non ha nessuna autorità scientifica per dettare legge su contenuti e modalità dell'insegnamento. Ma lei ha idea di chi sono i competenti p.es. di matematica dell'Invalsi? Persone che hanno detto che loro hanno introdotto la "matematica argomentativa". E un buon insegnante dovrebbe stare a sentire questi signori? E non sarebbe un'altra forma di centralismo dare le redini all'Invalsi?
Istituto "esterno" alle scuole… Nominato come, con che garanzie di competenze e controllato e valutato da chi? L'idea che esista un organismo di valutazione al di sopra di tutto è delirante. O meglio è in piena contraddizione con l'idea di valutazione. La valutazione o è incrociata o non è.
Le deficienze didattiche e teoriche si affrontano con operazioni culturali (si parva licet, il nostro libro "Pensare in matematica" risponde anche a questo scopo), e con un serio processo di valutazione, che operi ex post, lasciando a insegnanti e dirigenti l'autonomia metodologica, fatti salvi gli obbiettivi generali.
Può non condivider quanto dico, ma non c'è né paradosso né contraddizione.
A me però non risulta che l'Invalsi stili programmi e metodologie. Né che abbia l'autorità di imporre alcunché.
Certo, nel momento in cui valuta, valuta secondo taluni criteri, ma questi criteri sono pubblici e possono essere discussi e migliorati. E l'uso che se ne deve fare viene deciso dalle nostre istituzioni, che si spera siano democratiche.
Come si sarà capito, non sono un amante del centralismo e della gerarchia burocratica, però trovo utile poter confrontare dati omogenei relativi a diversi tipi di scuola, a diverse classi, a diverse aree geografiche.
Sappiamo che al Sud c'è un problema anche grazie all'Invalsi: senza i suoi dati, e senza quelli OCSE-PISA, staremmo ancora a raccontarci storielle.
L'Invalsi ha peraltro prodotto risultati che sono fondamentalmente omogenei con la sua analisi: abbiamo un problema serio con la matematica, sia nel senso della sua didattica, sia del valore che le si attribuisce (noi umanisti siamo mostruosamente pavidi nei suoi confronti e assolutamente colpevoli).
Anche io sono favorevole ad un sistema capillare di ispezione, ma avere un quadro sintetico e fungibile della situazione, per quanto perfettibile, ribadisco, non mi sembra né una brutta idea né impossibile: se in Calabria fioccano i 100 ma poi i risultati Invalsi sono tra i più deludenti d'Italia, forse qualcosa da indagare c'è.
Passo ad un altro punto per illustrare come tali test possano indicare qualcosa, pur non spiegando o descrivendo tutto. Per capire meglio il suo pensiero ho fatto una ricerchina veloce con google e ho trovato un documento del 2010 (http://www.comune.bologna.it/iperbole/coscost/valutazione/valutazione_israel.pdf -se il testo è vecchio e non risponde più al suo pensiero mi scuso già) in cui lei discute come il metodo dei test a risposta chiusa sia poco atto a valutare le capacità di problem solving degli studenti, facendo notare che ci sono tanti modi per arrivare alla stessa conclusione, che non tutti i modi sono ugualmente validi (alcuni sono più occamicamente eleganti di altri) e che il test non nota la differenza.
Ecco: è vero che il test non nota le differenze tra le varie risposte *giuste*, ma se lo stesso test fa notare che la metà ha dato una risposta semplicemente *sbagliata*, allora il test non è stato inutile, anzi.
E considerando il quadro che lei dipinge della didattica della matematica, direi che forse non è così assurdo immaginare tante risposte sbagliate...
Concludo con un'altra nota a latere: lei trova che il didattichese sia deleterio. Da quando ho dovuto leggere il Frabboni (manuale di pedagogia), mi è diventato difficile difendere pedagogia e didattica, però proprio il fatto che, come lei nota, ci siano tante le possibilità di ragionamento e soluzione di fronte allo stesso problema, sta ad indicare che ci sono tanti modi di sollecitare l'intelligenza dei bambini e dei ragazzi. Che la scuola approfondisca la metodologia didattica per favorire quella ricchezza intellettuale dubito possa essere considerato un male.
FR
Mi perdonerà se condivido poco di quanto scrive, ma per rispondere su tutti i punti dovrei riscrivere vari articoli e anche un pezzo di un libro e mi concederà che non posso farlo. A titolo di esempio, noto soltanto che quel che lei commenta sui test era una critica alla pretesa di valutare le competenze sui test, e non soltanto le conoscenze minime. L'Invalsi, e vari enti analoghi pretendono di far questo. Con i test questo è impossibile. Mentre è possibile verificare il possesso di nozioni minimali: su questo non ho obiezioni. Ma ripeto: loro pretendono di far ben altro e si accingono addirittura a sostituirsi agli insegnanti nel giudizio degli alunni. Da questo esempio capisce che sarebbe troppo lungo risponderle per chiarire molte cose sviluppate in dettaglio. Anche sulla didattica dovrei invitarla a leggere tutto quello che ho scritto prima di giudicare, ma non pretendo tanto. Osservo solo che sarebbe necessaria un po' di prudenza in tema di matematica, visto che lei ammette un problema serio con essa. Sulla base di quali elementi si sente di affermare con tanta sicurezza che l'Invalsi ha prodotto (o non ha prodotto) risultati omogenei con la sua analisi o che c'è un problema serio con la matematica?
Io i rapporti Invalsi ed Ocse-Pisa li ho letti, ho visto i raffronti con le altre nazioni, ho visto i risultati per regioni e per ordini di scuola.
E per quel che può vedere, vedo i ragazzi a scuola e sento i miei colleghi (c'è da dire però che io non lavoro nella primaria, bensì nelle superiori).
A meno che non mi sia perso qualcosa nell'ultimo periodo, è falso che l'Invalsi si voglia sostituire ai professori: le sue valutazioni sono da intendersi come strumenti diagnostici a disposizione dei docenti, e lo ripetono fino allo sfinimento.
L'introduzione delle prove Invalsi tra quelle d'esame ha anche un significato preciso, per quanto possa essere visto come una forzatura: evitare che il test venga fatto tanto per fare.
Mi rendo conto infine che non posso ora approfondire tutta la sua bibliografia in tempi utili per questa discussione. Però questo mi sembra, mi passi l'espressione, un po' un buttare la palla in tribuna. Ma effettivamente non possiamo sviscerare qua tutta la faccenda.
Spero di averle lasciato almeno l'impressione di una discussione interessate e la saluto.
FR
Non tiro la palla in tribuna. Semplicemente, mi pare dispersivo dover riscrivere in un post quel che uno ha scritto ordinatamente e con metodo altrove. In questo blog trova il link a un dibattito sulle competenze pubblicato su Scuola Democratica in cui sono sviluppati molti di questi temi. Non basta leggere i rapporti Invalsi o Ocse-Pisa, bisogna approfondirne il senso. Per esempio, la mia analisi sull'insegnamento della matematica in Finlandia dice molto sulla fallacia degli indicatori Ocse-Pisa. Temo inoltre che si sia perso qualcosa, perché l'idea di attribuire all'Invalsi il doppio ruolo di valutazione degli studenti e dei professori è un intento esplicito di gruppi molto influenti sulle politiche ministeriali e l'introduzione di prove su prove agli esami va in questa direzione. Infine, osservo che il senso dei test si perde se si accetta che si pratichi l'addestramento a superare i test a scuola, e si pubblicano manuali in tal senso, parecchi dei quali scritti da consulenti dell'Invalsi (un caso grave di conflitto d'interessi). Inoltre, ciò conduce al deprecabile "teaching to the test", ormai condannato anche negli USA. A proposito: perché non si legge di Diane Ravitch, "The Death and Life ot the Great American School System"? Contiene una critica frontale al sistema dei test e dell'accountability da parte di uno dei massimi consulenti del settore. Lo compra in rete a pochi dollari in qualche minuto. E vale la pena, per uscire dai luoghi comuni del provincialismo esterofilo nostrano.
Io ho argomentato nel merito. Lei non mi ha risposto, se non in bibliografia, ma mi devo tenere i "luoghi comuni del provincialismo esterofilo -dopo non aver mininamente parlato dell'estero.
Lei un maleducato. Si nota anche dalla protervia dei giudizi che emette, non tanto nel merito, quanto nella facilità con cui vede malafede o superficialità nelle convinzioni altrui.
Mi dispiace aver tempo perso con lei. Buona giornata.
FR
Chi le ha detto che "i luoghi comuni del provincialismo esterofilo" si riferisse direttamente a lei? Ha la coda di paglia? Mi riferivo all'abitudine di dare per scontato che "all'estero si fa così" e non mi riferivo a lei, sebbene abbia parlato di statistiche e confronti con l'estero. Ho detto soltanto che la lettura di quel libro è utile e opportuna.
Non vedo alcuna malafede in lei, non l'ho mai detto e quindi non faccia il vittimista. Io scrivo da qualche anno su questi temi: forse un paio di centomila battute, senza contare un libro in gran parte dedicato alla crisi educativa. Perciò non è protervia pregare di leggere quanto ho scritto prima di criticarlo sulla base di qualche frase. Protervia è pretendere che io risponda "localmente" a sue asserzioni globali quando una risposta globale l'ho già data altrove, e dedicandoci sopra tempo e fatica, e considerare un'offesa il mio invito cortese a leggersi questi scritti. Ma chi si crede di essere?
Non ho usato alcun termine aggressivo, né ho dato giudizi di alcun tipo sulla sua persona. Lei lo ha fatto. E così ha dimostrato di essere proprio lei un arrogante villano e a quali forme di malcostume possa indurre l'idea che in rete si possa fare qualsiasi cosa. Sono io ad aver perso fin troppo tempo con un perditempo come lei. Non vorrei che fosse un insegnante dei miei figli.
La malafede non era nei miei confronti, ma come sistema generale.
Elegante il ricordare al suo interlocutore di aver scritto tantissimo, per non rispondere nel merito.
Avrò la coda di paglia, ma forse non si rende conto, fumantino com'è, che gli unici insulti sono i suoi.
Pubblico, pubblico...
L'articolo di Moro, come alcuni dei commenti al seguito, scade nella putroppo comune e squallida reductio della matematica e della logica
all'enigmistica e al saper far di conto, al loro rozzo impiego come accette.
Le domande del concorso erano intrise di una mentalità ancor peggiore, greve e ottusa,
che svilisce la matematica e il lavoro di chi, come me e come tanti altri colleghi, la insegna con passione.
Segnalo un'altra chicca sui quiz. Una tipologia di domande era la seguente:
"Se: ? + ? + ? = # + ?
? = 5
Allora # è uguale a:"(seguono le possibili risposte)
Un banale sistemino dalla forma a dir poco esilarante.
Perché utilizzare punti interrogativi e cancelletti (per non parlare di chioccioline e dollari) per indicare le incognite al posto delle lettere?
Da quando in algebra si impiegano simboli così pittoreschi per il calcolo letterale?
Se a lezione scrivessi quel sistema diventerei lo zimbello dell'istituto e, a quel punto, dovrei mettere 10 ad uno studente che mi riempisse
un compito in classe di paperelle, casette ed elefantini, così come a quell'alunno che svolgesse uno studio di funzione tracciando falli al posto della x.
E non mi si venga a dire che quelle domande testavano meglio la logica dei candidati con i cancelletti e i punti interrogativi piuttosto che con le lettere latine,
perché questo è puro teatrino del demenziale.
c'e` un altro fatto che, forse, non e` stato ancora osservato:
se scrivo un'equazione usando un punto interrogativo al posto di una lettera rappresentante un numero non (ancora) conosciuto, ma uso il punto interrogativo piu` di una volta, non e` chiaro che il valore che si intende indicare con quel punto interrogativo sia lo stesso nelle diverse occorrenze di quel segno
(non mi riferisco all'esempio presentato da Valerio Marini nel suo intervento del 12/30/2012 06:23:00 m., ma ad altri presenti nell'esame)
forse l'estensore delle domande e` rimasto affezionato alla forma che le equazioni avevano nel Rinascimento: ``quando che il cubo con la cosa appresso al numero s'agguaglia ...''
l'uso del punto interrogativo non permette, mi pare, di distinguere equazioni con una incognita da equazioni a piu` incognite
Intromissione brevissima e quasi d'ufficio. Sì perché sono un Andrea Moro anch'io e sto ricevendo molti messaggi su questo dibattito. Ma io sono l'altro, quello meno famoso, il linguista cioè (www.nets.iusspavia.it). E comunque son pure d'accordo con Giorgio (che ho incontrato a Pavia anni fa). Saluti a tutti. PS il test l'ho provato e non l'ho passato. Il che forse fa pensare che su di me sarebbe stato giusto.
L'osservazione di Fausto di Biase è giustissima, tanto è che in alcuni quesiti proposti il simbolo di punto interrogativo assume diversi valori nelle varie occorrenze con cui compare. Porto subito un esempio:
"Completare correttamente la seguente successione numerica: 41; 49; 50; ?; ?; 46; 33; 41
1) 40; 47
2) 49; 38
3) 50; 59
4) 37; 45"
Nei quesiti sulle successioni al ? si associano in genere differenti valori ogni volta che compare, nei quesiti sulle euazioni e sui sistemi si sottintende implicitamente che ? invece assuma sempre lo stesso valore ogni volta che compare. La casualità, la confusione e la raffazzonatura regnano sovrane.
Aggiungo una piccola richiesta all'autore di questo blog: mi è giunta stamattina una mail da parte dell'ADIDA, una nutrita associazione di docenti di III fascia di cui faccio parte (rimando a questo link per chi fosse interessato ai dettagli: https://sites.google.com/site/midanazionale/home/segnalazioni), nella quale si chiede agli associati di segnalare i quesiti del concorso formulati in maniera errata o ambigua, quelli fuori tema e inadeguati a valutare la preparazione dei docenti, ecc..., in modo da adire eventualmente le vie legali e in modo da far sì che, spargendo la voce, si eviti di assistere nei concorsi futuri, se mai ci saranno, a simili quizzoni-lotteria. Vorrei pertanto segnalare all'ADIDA, con il permesso dell'autore di questo blog, quanto riscontrato nei vari post in merito alla scorrettezza di alcune tipologie di quesiti.
Certamente
Avevo inviato ieri il seguente messaggio, ma qualcosa dev'essere andato storto:
"Cercare il pelo nell'uovo quando ci sono ciocche mi pare cosa futile."
Mi piacerebbe molto che una new entry come Fermare il Declino decidesse di tenere in considerazione l' insofferenza e lo scoraggiamento, mai emersi così chiaramente come in questi ultimi anni, di buona parte del mondo della scuola e dell' università per lo stato attuale. E che scegliesse di condividere certe istanze di rinnovamento con tutti quelli che auspicano un netto cambiamento di rotta. Penso alle tante famiglie e ai tanti insegnanti che, nonostante tutto, resistono e continuano a fare il loro dovere, lottando contemporaneamente contro tutte le teste dell' Idra: studenti, genitori, Invalsi, "esperti" e Profumi vari. O a quanti, nelle università, non vorrebbero vedere le loro pubblicazioni valutate come si controlla la qualità delle mozzarelle, né rassegnarsi ad essere conferitori di diplomi che attestano solo una preparazione disciplinare di facciata (in realtà spesso praticamente inesistente). Eppure sono convinto che, anche ammesso che le posizioni di Andrea Moro siano condivise in toto da tutti i fondatori del movimento e dalla maggior parte degli aderenti (e non si direbbe, a giudicare dai commenti all' articolo sul concorsone degli insegnanti), sarebbe possibile aprire un dibattito serio (e non fasullo) su scuola e università all' interno di FID. Intendo dire che, a differenza degli altri partiti, i quali da certe orecchie proprio non ci sentono e non ci vogliono sentire, non mi sembra impossibile discutere con persone come Giannino argomenti come "misurazione" del merito, allocazione delle risorse e concorrenza tra scuole e università. Né mi sembra impossibile che rispondano attivamente nello specifico delle questioni.
Avevo persino aderito all'appello di Fermare il declino e mi era stato detto che sarebbe stata richiesta la mia collaborazione, sia pure nella libertà reciproca di opinioni. Invece nulla. E anzi ho letto non solo quella nota sconsiderata di Moro, ma un progetto folle di affidare la valutazione di scuole, insegnanti e docenti universitari a ditte private di management con l'uso di parametri quantitativi del tipo di quelli che si usano in azienda. Ho scritto a Giannino chiedendo se non erano impazziti a buttarsi su una simile linea e se si rendeva conto di cosa sono queste ditte private – congreghe di falliti, come quelle che preparano le tesi di laurea. Ho anche osservato che non capisco per quale diavolo di motivo un funzionario della Banca d'Italia, un funzionario di Confindustria o un manager dovrebbe avere titoli per valutarmi come insegnante e ricercatore. Mi dispiace, per ovvi motivi di riservatezza, di non poter riprodurre la lettera nella sua interezza. Ma va detto che non sono stato degnato neppure di una riga di risposta e neppure è stato dato seguito alla mia richiesta di cancellarmi dalla lista degli aderenti. Mi serva di lezione. Ancora non ho imparato che non bisogna firmare mai niente, salvo i propri scritti… E mi dispiace, ma anche FID è l'ennesima delusione.
Egr. prof. Israel,
se le cose sono andate così condivido
il suo senso di delusione. Un movimento che si fa (e giustamente)
un vanto di non scendere a compromessi con la vecchia politica maneggiona e parolaia e che critica il governo Monti per non aver neanche accennato una risposta alla proposta di presentare un' agenda insieme, non può davvero agire così. Specie quando ha una necessità più che impellente di farsi conoscere e pochissimo tempo per farlo. Chissà se chi ha deciso di non aprire quel dibattito nel movimento ha idea di quanti potenziali elettori potrebbero non aver gradito affatto? Che dire... dispiace.
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